Il risarcimento del danno biologico o esistenziale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale.
E’ la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione che lo ha confermato con la sentenza numero 6797/2013, depositata il 19 marzo scorso. Il caso. Telecom Italia veniva condannata dai giudici di merito al pagamento, in favore di un dipendente, in ordine alla già accertata dequalificazione della somma di oltre 12mila euro. Dopo l’accertamento del danno biologico richiesto, emergeva che tale danno era da riconoscersi nella misura del 6% e che, essendo stato richiesto solo il danno biologico, a tale titolo, tenuto conto delle tabelle in uso, spettava la somma suddetta. Il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non è automatico. L’unico motivo meritevole di accoglimento, secondo gli Ermellini, è il settimo, riguardante le spese di lite. Ma il punto importante sulla quale la Corte di legittimità si concentra è un altro. Infatti, a conferma della sentenza di merito, sulla questione, la Corte di Cassazione ha richiamato il principio di diritto secondo cui «in tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale». Serve la prova del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale. In sostanza, non è sufficiente dimostrare la «mera potenzialità lesiva della condotta datoriale», incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova del danno non patrimoniale articolo 2697 c.c. e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 febbraio – 19 marzo 2013, numero 6797 Presidente Roselli – Relatore Arienzo Svolgimento del processo Con sentenza definitiva del 10.6.2008, la Corte di Appello di Roma condannava la s.p.a. Telecom Italia al pagamento, in favore di B.A. , in ordine alla già accertata dequalificazione sentenza non definitiva del I.6.2006 della somma di Euro 12.088,24, oltre accessori di legge, compensando per 1/3 le spese di lite del doppio grado, per i residui 2/3 poste a carico della Telecom. Rilevava che la stessa Corte territoriale, con sentenza non definitiva del 4.4.2002, aveva rigettato la domanda principale ed ammesso la prova richiesta dall'appellante in ordine alla domanda subordinata e che, con successiva sentenza non definitiva del 1.6.2006, aveva dichiarato l'illegittimità della dequalificazione operata dalla Telecom e subita dal B. dal dicembre 1995, ordinando alla Telecom di restituire all'appellante le mansioni precedentemente svolte o altre equivalenti ex articolo 2103 c.c. e disponendo la prosecuzione del giudizio in ordine all'accertamento del danno biologico richiesto. Da tale accertamento era emerso che il danno biologico in ordine a malattie sofferte da porsi in correlazione causale con gli eventi di causa era da riconoscere in misura del 6% e che, essendo stato richiesto solo il danno biologico, a tale titolo, tenuto conto delle tabelle in uso, spettava la somma suddetta. Per la cassazione di tale decisione ricorre il B. , con sette motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Resiste, con controricorso, la Telecom Italia s.p.a., che propone ricorso incidentale, affidato ad unico motivo, anch'esso illustrato con memoria, rispetto al quale il B. resiste con proprio controricorso. Motivi della decisione Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c Con il primo motivo, il B. denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. ex articolo 360 numero 3 c.p.c., rilevando che dall'esame del ricorso introduttivo e dagli altri atti depositati nei precedenti gradi del giudizio emergeva che era stata in via subordinata formulata domanda di risarcimento del danno alla professionalità e del danno biologico e riporta il tenore della richiesta relativa al demansionamento subito dal dicembre del 1995, proposta subordinatamente per l'ipotesi che fosse stato ritenuto che la dedotta dequalificazione per il periodo precedente a tale data e le richieste giudiziali connesse rientrassero nella transazione sottoscritta con la datrice di lavoro. Osserva che il danno alla professionalità doveva ritenersi in re ipsa e che anche in sede di gravame esso istante aveva impugnato i capi della sentenza che avevano ritenuto inammissibili le istanze istruttorie al riguardo, ribadendo la richiesta di risarcimento del pregiudizio alla professionalità, quantificato con riferimento alla misura della retribuzione mensilmente percepita, richiamando sentenza della S. C. numero 14443/2000 sulla non necessità di specifica prova del pregiudizio. Rileva che il richiesto danno non patrimoniale era da intendersi anche sotto il suo profilo del pregiudizio esistenziale, autonomamente risarcibile in quanto connesso a provvedimenti discriminatori adottati dall'azienda in ragione dell'attività sindacale da esso ricorrente svolta e che il perdurante mancato svolgimento, per più di otto anni, delle mansioni conseguite per effetto della progressione di carriera aveva comportato un impoverimento della sua professionalità e mortificazione interiore. Formula quesiti di diritto in ordine alla esistenza di domanda svolta in via subordinata, ribadita anche in sede di gravame, al fine di evidenziare la violazione dell'articolo 112 c.p.c. laddove era stato ritenuto che il ricorrente avesse richiesto il solo danno biologico. Con il secondo motivo/lamenta l'omissione di pronuncia, ai sensi dell'articolo 360, numero 4, c.p.c., sempre in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e formula quesiti analoghi ai precedenti. Con il terzo motivo, ribadisce lo stesso vizio della sentenza sotto il profilo della omissione della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il quarto, il quinto ed il sesto motivo, il ricorrente prospetta vizi analoghi a quelli delineati nei precedenti tre motivi, anche per quel riguarda la domanda relativa al pagamento della retribuzione illegittimamente trattenuta, per un importo complessivo di lire 557.562, con riguardo ai giorni dei mesi di dicembre 1996 e di gennaio 1997, in cui aveva usufruito dei permessi sindacali ai sensi dell'articolo 23 della legge 300/70. Espone che il giudice di primo grado aveva ritenuto generici ed inammissibili i mezzi istruttori anche perché riferiti ad altro soggetto sindacalista, ed aveva rilevato che i permessi richiesti non erano quelli fruibili da dirigente nazionale e che la Corte di Appello, pure essendo stati impugnati i relativi capi della decisione, non aveva statuito al riguardo. Con il settimo motivo, deduce la nullità della sentenza, ex at. 360, numero 4, c.p.c, in relazione alla violazione e falsa applicazione degli articolo 112,132, 156, secondo comma, c.p.c., e degli articolo 429, 431 e 438 c.p.c, ai sensi anche dell'articolo 360 numero 3, c.p.c., osservando che, in ordine alle spese di lite ne era stata erroneamente, nel dispositivo d'udienza, prevista la compensazione dei 2/3, con condanna della società al pagamento dei residui 2/3, che la correzione del dispositivo era stata richiesta congiuntamente dalle parti, ma che il giudice del gravame non si è ancora pronunciato, derivando dalla mancata correzione un insanabile contrasto tra sentenza e dispositivo. I primi tre motivi di ricorso - da trattare congiuntamente, perché prospettano analoga questione, sia pure nella differente articolazione di vizi di violazione di legge e di motivazione, con valutazione di profili che attengono o all'interpretazione data alla domanda in sentenza o all'obiettiva consistenza delle richieste formulate, - sono infondati. Al riguardo deve rilevarsi che il ricorrente, pur richiamando le domande spiegate per ottenere il risarcimento del danno da dequalificazione, relativamente al periodo successivo al dicembre 1995 v. sentenza del giudice del gravame numero 8432/09 per il periodo coperto da transazione intercorsa tra le parti , e le censure proposte in sede di gravame, non ha, tuttavia, fatto specifico e puntuale riferimento ad allegazioni e richieste di prova specificamente riguardanti la sussistenza di un pregiudizio concreto subito per effetto della dequalificazione. Al riguardo vale richiamare il principio espresso in sede di legittimità, alla cui stregua In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio - dell'esistenza di un pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex articolo 2697 cod. civ. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale cfr., in termini, tra le altre, Cass. 17.9.2010 numero 19785, cui è conforme Cass. 23.3.2012 numero 4712 . Anche gli altri tre motivi del ricorso principale sono infondati, atteso che, comunque, al di là della omissione di pronunzia sui motivi di gravame, il ricorrente aveva prospettato a fini probatori, come si evince dalla stessa narrazione della vicenda processuale contenuta nei motivi, circostanze riferite ad altro sindacalista ed aveva richiesto permessi sindacali invocando una norma di legge che a sua volta richiama, all'articolo 30 dello Statuto dei lavoratori, come ulteriore fonte regolatrice, norme della contrattazione collettiva non riportate e comunque non prodotte, delle quali non si da atto di una avvenuta acquisizione agli atti di causa nei gradi di merito, non indicandosi neanche i dati necessari al relativo reperimento cfr., Cass., S. U., numero 22726/2011 . Merita, invece, accoglimento il settimo motivo del ricorso principale, atteso che la motivazione si pone in contrasto insanabile con il dispositivo emesso all'udienza, quanto alla statuizione sulle spese di lite, delle quali era stato previsto, nella prima, la compensazione di 1/3 ed il pagamento dei residui 2/3 a carico della Telecom e, nel secondo, la compensazione in ragione di 2/3 ed il pagamento, da parte del B. , dei 2/3. Orbene, posto che la evidenziata discrasia determina la nullità del corrispondente capo della sentenza, deve, tuttavia, ritenersi, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell'articolo 111, comma secondo, Cosi, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale articolo 384 cod. proc. civ., ispirata a tali principi, che, una volta dichiarata la nullità - con conseguente cassazione - della sentenza impugnata nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo , la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo cfr. Cass. 25.11 2011, numero 24914 . Nel caso considerato la statuizione sulle spese di lite dei giudizi di merito deve essere conforme a quella di cui alla sentenza di appello depositata il 10.6.2008. Il ricorso incidentale della società, con il quale si denunzia l'omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'articolo 360, numero 5, c.p.c., deve dichiararsi inammissibile. Con lo stesso di formula una critica generica alla consulenza tecnica d'ufficio ed alle argomentazioni della sentenza che alle conclusioni della stessa fanno richiamo, rilevandosi che non era stata considerata la struttura psicologica del B. e che la valutazione della stessa avrebbe assunto una rilevanza decisiva per escludere il nesso causale tra accertato demansionamento e danno biologico. Al riguardo deve richiamarsi insegnamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, potendo limitarsi ad un mero richiamo di esse, soltanto nel caso in cui non siano mosse alla consulenza precise censure, alle quali, pertanto, è tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di motivazione tale vizio è però denunciabile, in sede di legittimità, solo attraverso una indicazione specifica delle censure non esaminate dal medesimo giudice e non già tramite una critica diretta della consulenza stessa , censure che, a loro volta, devono essere integralmente trascritte nel ricorso per cassazione al fine di consentire, su di esse, la valutazione di decisività cfr., in tali termini, Cass. 6.9.2007 numero 18688 e, tra le altre, in senso conforme, Cass. 4.5.2009 numero 10222 e Cass., ord. sez. 6, 3.2.2012 numero 1652 . Nella specie non risulta il vizio prospettato in termini conformi a quelli enunciati nel richiamato insegnamento, onde deve pervenirsi, come già detto, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso della società. La reciproca soccombenza giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il settimo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri motivi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese dei giudizi di merito in misura conforme al dispositivo della sentenza di appello del 10.6.2008. Compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio.