E’ l’impugnante a dover provare che la nullità della notifica gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20975/2012, depositata il 27 novembre. Il caso. Il Comune di Formia veniva condannato dalla Corte d’appello al risarcimento danni in favore di una coppia. Contro la sentenza, lo stesso Comune aveva proposto impugnazione per revocazione, deducendo l’inesistenza della notifica dell’atto di appello in riassunzione proposto dai due coniugi . Niente da fare, la Corte d’appello respingeva l’impugnazione per revocazione e condannava il Comune al pagamento delle spese a favore delle parti. L’avvocato del sindaco non rappresentava anche il Comune. Il Comune, nell’appello, si lamentava del fatto che l’atto di citazione in riassunzione era stato notificato al Comune in persona del sindaco pro tempore, che aveva eletto domicilio presso il proprio avvocato. Il problema – secondo l’ente – consisteva nel fatto che il Comune era rappresentato da un altro legale, pertanto la notificazione eseguita in questa maniera risultava posta in essere con l’inganno dalla controparte, al fine di impedire al Comune qualsiasi attività processuale. Nessun dolo revocatorio. Ma la Corte adita, come già detto, non aveva accolto i motivi di appello, in quanto non poteva ritenersi integrata l’ipotesi del dolo revocatorio, «che indica un’attività deliberatamente fraudolenta, concretatasi in artifici e raggiri, tali da impedire al giudice l’accertamento della verità», cosa che, secondo i giudici, non è avvenuta nel caso in esame. Notificazione inesistente? Il Comune si rivolge pertanto ai giudici di legittimità, i quali rilevano che la notificazione effettuata non alla parte personalmente, ma a procuratore che non abbia alcun tipo di relazione o collegamento con l’intimato, «è giuridicamente inesistente». Più precisamente, la Cassazione osserva che «nel caso in cui l’impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio di inesistenza dell’atto introduttivo, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume “iuris tantum”», è quindi onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha comunque avuto contezza del processo. Altrimenti, nel caso in cui la notificazione è nulla, si presume “iuris tantum” la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’impugnante, e «dovrà essere quest’ultimo a provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto» Cass. numero 18243/2008 e numero 9980/2008 . Di conseguenza, il ricorso del Comune viene rigettato.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre – 27 novembre 2012, numero 20975 Presidente Vitrone – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Con sentenza numero 2385 del 19/6-2/7/2001, la Corte d'appello di Roma accoglieva l'appello proposto da P.G. e S.L. , avverso la sentenza del Tribunale di Latina del 31/1/94 e per l'effetto condannava il Comune di Formia al risarcimento dei danni in favore degli appellanti, come accertati e quantificati nella pronuncia, mentre respingeva l'appello proposto nei confronti di F.A. e L. . Avverso detta sentenza, notificata il 29/1/2003, proponeva impugnazione per revocazione il Comune di Formia, con atto notificato il 29/4/2003, deducendo l'inesistenza della notifica dell'atto di appello in riassunzione, proposto dai coniugi P. - S. a seguito della mancata iscrizione a ruolo del giudizio, e chiedeva che venisse dichiarata l'inammissibilità dell'appello. F.L. ed A. chiedevano che fosse dichiarata la propria carenza di legittimazione passiva, in subordine, l'inammissibilità della domanda di revocazione, in via ulteriormente gradata, il rigetto dell'appello. P. e S. chiedevano il rigetto della revocatoria. La Corte d'appello di Roma, con sentenza 9/2-17/5/2006, ha respinto l'impugnazione per revocazione e condannato il Comune alle spese a favore delle altre parti. La Corte del merito nello specifico ha rilevato che con l'atto di impugnazione per revocazione, il Comune aveva sostenuto che l'atto di citazione in riassunzione, come risultante dagli atti, era stato notificato al Comune di Formia in persona del sindaco pro tempore rapp.to e difeso dall'avv. Michele Nardi, nonché elett.te dom.to presso lo stesso procuratore , mentre il Comune, già contumace in primo grado, non era rappresentato dall'avv. Michele Nardi, e che tale notificazione era stata posta in essere dalla controparte con inganno, per impedire al Comune qualsiasi attività processuale. Ciò posto, la Corte d'appello ha rilevato che tale attività non poteva ritenersi integrare l'ipotesi del dolo revocatorio, che indica un' attività deliberatamente fraudolenta, concretatasi in artifici e raggiri tali da impedire al giudice l'accertamento della verità che nel caso di omessa notifica dell'atto di riassunzione alla effettiva destinataria, e di notifica effettuata invece a persona priva di rappresentanza, stante la mancata rinnovazione della notifica dell'atto di gravame, ricorreva un'ipotesi di nullità del giudizio e della sentenza di secondo grado, da far valere nelle forme e nei termini di legge per l'accertamento della nullità che nella specie, attesa la notificazione della sentenza al Comune il 29/1/2003, l'impugnazione proposta con l'atto notificato il 29/4/93 era tardiva. Ricorre per cassazione il Comune, sulla base di due motivi. Si difendono P. e S. con controricorso. I F. non hanno svolto difese. Il Comune ha depositato controricorso. Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, il Comune ricorrente denuncia vizio di omessa motivazione sull'esistenza dell'attività deliberatamente fraudolenta integrante dolo revocatorio, costituente fatto controverso e decisivo per il giudizio l'Amministrazione ha fondato il ricorso ex articolo 395 numero 1 c.p.c. sulla condotta di P. e S. , che hanno occultato reiteratamente ed ingannevolmente l'inesistenza della notificazione, con l'indicazione, nella prima pagina dell'atto d'appello mai iscritto a ruolo, nella prima pagina dell'atto di riassunzione e nelle relate di notifica al Comune, della inesistente rappresentanza, difesa e domiciliazione dell'avv. Nardi, soggettivamente diretta ed oggettivamente idonea a paralizzare la difesa del Comune e ad impedire al Giudice l'accertamento della verità, scopi entrambi conseguiti. La Corte d'appello, continua il ricorrente, si è limitata a riportare il pacifico principio giurisprudenziale in materia, ma non ha valutato la specifica attività deliberatamente fraudolenta, denunciata dall'ente. 1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente censura la pronuncia per vizio di omessa motivazione sull'esistenza dell'attività deliberatamente fraudolenta, necessaria per integrare l'ipotesi del dolo revocatorio, costituente fatto controverso e decisivo per il giudizio nonché per vizio di violazione degli articolo 125 disp. att. c.p.c., 138 e 145 c.p.c., 160 c.p.c., di erronea applicazione dell'articolo 372, 2 comma c.p.c., di violazione degli articolo 325, 326, 396 c.p.c, anche in relazione al combinato disposto dell'articolo 161, 1 e 2 comma c.p.c Il Comune reitera sotto il profilo del vizio di cui all'articolo 360 numero 3 c.p.c la doglianza relativa all'occultamento da parte di S. e P. della inesistenza della notifica, con gli artifici dell'indicazione della inesistente rappresentanza, difesa e domiciliazione dell'avv. Michele Nardi sulla prima pagina dell'atto d'appello mai iscritto a ruolo, sulla prima pagina dell'atto di riassunzione e nelle relate di notifica al Comune. La Corte d'appello ha erratamente equiparato l'inesistenza della notifica dell'atto di riassunzione all'ipotesi, non sussistente nel caso, della semplice nullità della notificazione, che determina nullità del giudizio, da far valere nei termini e nelle forme di legge per l'accertamento della nullità il Comune era stato contumace in primo grado, per cui l'atto di riassunzione dell'appello andava notificato alla parte personalmente ex articolo 125 disp.att. c.p.c. l'avv. Nardi non aveva mai ricevuto l’incarico di patrocinio da parte del Comune, né vi era alcun elemento da cui ipotizzare un collegamento tra il compianto avv. Nardi ed il Comune. Nello specifico, continua il Comune, dalla relata della notifica dell'atto d'appello si evince che l'Uff. giudiziario addetto alla Pretura di Gaeta non ha sottoscritto il 13/6/95 la notifica al Comune, l'Uff. giud. addetto alla diversa della Pretura di Minturno, il giorno dopo, fuori sede, senza autorizzazione del Presidente del Tribunale, ha sottoscritto la notifica eseguita all'avv. Diana, collega di studio dell'avv. Nardi, quale domiciliatario eletto. Infine, il ricorrente deduce che la revocazione è stata proposta in termini, avendo scoperto il dolo degli appellanti dopo la scadenza del termine per proporre appello, e nella specie non ricorrono le ipotesi dell'articolo 327 c.p.c., né del primo, né del secondo comma, in quanto la notificazione al Comune è da ritenersi inesistente e la sentenza emessa è pertanto insuscettibile di passare in giudicato. 2.1- I due motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente in quanto strettamente collegati, sono da ritenersi infondati. È bene premettere, come affermato dalle pronunce 23866/2008 e 4396/2010, che il dolo processuale di una delle parti in danno dell'altra in tanto può costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell'articolo 395, numero 1, cod. proc. civ., in quanto consista in un'attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare o sviare la difesa avversaria ed impedire al giudice l'accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale è stato anche affermato che il dolo processuale revocatorio si concreta in artifici e raggiri, che possono consistere anche nel mendacio su fatti decisivi della causa, tali da travisare una situazione in modo da farla apparire diversa da quella reale onde fuorviare il giudice nell'accertamento della verità processualmente rilevante Cass. 6595/2006 . Spetta peraltro al Giudice della revocazione la valutazione relativa alla sussistenza di detti caratteri negli elementi di fatto acquisiti ed il relativo accertamento è incensurabile in cassazione, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi tra le tante, le pronunce 6595/06, 1814/04 e 12720/02 . Nella specie, la Corte d'appello ha ritenuto che non integrava dolo processuale la mancata notifica dell'atto di riassunzione al Comune, effettuata invece a chi non aveva la rappresentanza processuale, né era stato nominato domiciliatario, ma che detto vizio, non essendo stata disposta la rinnovazione della notificazione, comportava la nullità del giudizio di gravame, da farsi valere nelle forme e nei termini per l'accertamento della nullità. In detta motivazione, va evidenziato il riferimento della Corte capitolina alla mancata adozione da parte del Giudice d'appello di provvedimento che avrebbe consentito di instaurare correttamente il contraddittorio tra le parti. È ben vero che nella sentenza oggetto del presente giudizio è fatto riferimento al provvedimento di rinnovazione della notificazione, che, come è noto, per l'orientamento espresso tra le ultime, nelle pronunce 7358/2010, 14487/2007, 10358/05 è ritenuto ammissibile nel caso di nullità e non già di inesistenza della notificazione, ma va in principalità valorizzato il riferimento all'adozione di provvedimento giudiziale, idoneo a sanare il vizio, che di per sé rende non configurabile il dolo processuale, e che costituisce il nucleo essenziale dell'argomentazione addotta dalla Corte del merito. Il provvedimento, nella specie, avrebbe dovuto assumere la veste dell'ordine di integrazione del contraddittorio, ex articolo 331 c.p.c., essendo stato regolarmente notificato l'atto in riassunzione ai F. i coniugi S. - P. avevano agito per il risarcimento dei danni verso i F. ed il Comune, a ragione del mancato abbattimento dell'edificio di proprietà da parte dei primi, nonostante atto d'obbligo presentato al Comune, e del comportamento omissivo da parte dell'ente, e pertanto si versava in un'ipotesi di litisconsorzio processuale tra le parti . Il Giudice della revocazione ha così escluso, nell'ambito della valutazione che gli è propria, la sussistenza del dolo revocatorio, dando ragione del proprio convincimento, né, nel richiamo alla disciplina del contumace involontario, ha postulato erroneamente la nullità e non già l'inesistenza della notificazione. Va rilevato a riguardo che la notificazione effettuata non alla parte personalmente, ma a procuratore che non abbia alcun tipo di relazione o collegamento con l'intimato, è giuridicamente inesistente, per non rientrare nel modello legale dell'atto così tra le altre, Cass. 6237/2005, S.U.5459/04, 3075/2003 , come tale radicalmente inidonea a costituire il rapporto processuale tra le parti, deducibile in ogni stato e grado, e determinante una situazione a cui l'articolo 327 c.p.c, che attiene all'ipotesi di nullità della citazione o della notifica della stessa, va applicato per analogia, integrando la detta situazione, ex se, in linea generale, la prova della non conoscenza del processo così specificamente la pronuncia 11853/2004 le successive pronunce 18243/08 e 9980/08 si sono espresse nel senso di ritenere che, nel caso in cui l'impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio di inesistenza dell'atto introduttivo, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume iuris tantum , ed è onere dell'altra parte dimostrare che l'impugnante ha avuto comunque contezza del processo se invece la notificazione è nulla, si presume iuris tantum la conoscenza della pendenza del processo da parte dell'impugnante, e dovrà essere quest'ultimo a provare che la nullità gli impedito la materiale conoscenza dell'atto . Da quanto sopra rilevato, consegue che il vizio radicale, determinante la nullità del giudizio e della sentenza di secondo grado, andava denunciato dal Comune con ricorso per cassazione, nel termine dell'impugnazione decorrente dalla notificazione allo stesso della sentenza d'appello. Ed invero, come affermato dalle S.U. nella pronuncia 14570/2007, la valida notificazione della sentenza al contumace involontario, anche se intervenuta successivamente al decorso dell'anno dalla pubblicazione della sentenza come è nel caso che qui interessa , è idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione a tal fine devono sussistere sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui all'articolo 327 c.p.c. sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità e la relativa prova spetta al contumace salvo il caso d'inesistenza della notificazione, la quale pone a carico di chi eccepisca che la parte ebbe di fatto conoscenza del giudizio l'onere di fornire la relativa prova. La Corte d'appello, che pure ha correttamente rilevato che il vizio di contraddittorio andava fatto valere nelle forme e nei termini dell'impugnazione ordinaria, ha poi concluso per la tardività dell'impugnazione proposta ovvero, la revocazione , adottando un' argomentazione non congruente con i rilievi in precedenza esposti, e che, come tale, deve essere corretta ex articolo 384, 2 comma c.p.c., dovendosi ritenere che il Comune avrebbe dovuto far valere il vizio in oggetto con ricorso per cassazione, quale contumace involontario. 3.1- Il ricorso va quindi respinto. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il Comune alle spese del giudizio, liquidate in Euro 10,000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.