In tema di rimedi esperibili a fronte dei vizi della cosa venduta, l’articolo 1492, comma 3, c.c., nell’escludere la possibilità di domandare la risoluzione del contratto nelle ipotesi in cui il compratore abbia alienato o trasformato la cosa, presuppone la volontà dell’acquirente di accettare il bene pur nella consapevolezza dei vizi da cui è affetto, sicché la preclusione non opera se il compratore ignora l’esistenza del vizio al momento della trasformazione.
È quanto ha statuito la Terza Sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia numero 20564, depositata il 21 novembre 2012, in un caso avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di fornitura di materiale tessile formulata da una ditta, ai sensi dell’articolo 1492 c.c., per gravi vizi dei materiali acquistati e scoperti solo a seguito del processo di lavorazione degli stessi. Divieto di produrre in appello nuovi documenti. In primo luogo la Suprema Corte ha confermato la pronuncia della Corte d’Appello di Brescia laddove la stessa aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., l’acquisizione in giudizio di un nuovo documento dal quale evincere la intempestività della denuncia dei vizi. Nel confermare tale statuizione i giudici di legittimità hanno opportunamente richiamato la pronuncia delle S.U. numero 8203 del 2005, che ha sancito l’applicabilità del divieto di cui all’articolo 345 c.p.c. a tutti i mezzi di prova, costituendi e precostituiti, per cui anche i nuovi documenti devono essere ammessi solo nel caso in cui il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa o se la parte dimostri di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado. La denuncia dei vizi occulti presuppone la conoscenza certa del vizio. Quanto alla tempestività della denuncia dei vizi la Suprema Corte, conformandosi ai suoi precedenti Cass. numero 9515/2005 numero 5732/2011 , ha affermato che, in caso di vizio occulto, il dies a quo per la denuncia decorre dal momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva del vizio sicché nell’ipotesi in cui la scoperta avvenga per gradi si farà riferimento al momento in cui la stessa è stata completata. Ammessa la risoluzione del contratto in caso di bene trasformato. La questione centrale affrontata dalla Cassazione attiene senza dubbio alla corretta interpretazione dell’articolo 1492, comma 3, c.c., che riconosce il diritto del compratore di richiedere la risoluzione del contratto in caso di perimento della cosa dovuto ai vizi, mentre lo esclude, ammettendo la sola domanda di riduzione del prezzo, nelle ipotesi in cui l’acquirente abbia alienato o trasformato la cosa, nonché in caso di perimento della stessa per caso fortuito o per colpa del compratore. Al riguardo i giudici di legittimità, disattendendo le doglianze del ricorrente e adeguandosi all’orientamento prevalente in giurisprudenza cfr., ex multis , Cass. numero 29029/2008 numero 7619/2002 , hanno escluso che la trasformazione della cosa acquistata da parte del compratore debba ritenersi di per sé sufficiente a precludergli l’azione di risoluzione contrattuale ai sensi dell’articolo 1492, comma 3, c.c. essendo piuttosto necessario che dal suo comportamento si possa evincere in modo univoco la volontà di accettare la cosa nella consapevolezza dei vizi, rinunciando così alla maggiore tutela dell’azione risolutoria rispetto a quella di riduzione del prezzo. La totale omissione della motivazione quale vizio di nullità della sentenza. Non pochi dubbi suscita la pronuncia in commento quanto alla dichiarazione di inammissibilità dell’ultimo motivo di ricorso inerente l’omessa motivazione della sentenza della Corte d’Appello circa l’esistenza del diritto al risarcimento del danno. Nello specifico, a parere dei giudici di legittimità, il ricorrente avrebbe erroneamente indicato quale motivo di ricorso il vizio di omessa motivazione ai sensi dell’articolo 360, numero 5, c.p.c. anziché il più corretto vizio di omessa pronuncia ex articolo 360, numero 4, c.p.c. Cionondimeno non è dato evincere con chiarezza il motivo per cui la Corte abbia ravvisato siffatto errore laddove dalla pronuncia in commento emerge chiaramente che una statuizione della Corte d’Appello, in ordine alla domanda di risarcimento del danno, vi sia stata piuttosto quel che risultava mancante era la motivazione posta a fondamento della stessa, ricadendosi dunque nell’ambito applicativo dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. Nel tentativo di interpretare la statuizione dei giudici di legittimità può presumersi che gli stessi abbiano ritenuto sussistente il vizio di cui all’articolo 360, numero 4, c.p.c., anziché quello di cui all’articolo 360, numero 5, c.p.c., sul presupposto che l’assoluta mancanza della motivazione ricadrebbe nella fattispecie di nullità della sentenza riconducibile per l’appunto all'articolo 360, numero 4, c.p.c. cfr. sul punto Cass. numero 150/2003, Cass. numero 2065/2000 .
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 - 21 novembre 2012, numero 20564 Presidente Piccialli – Relatore Bursese Svolgimento del processo S.R. titolare della ditta La Biesse Confezioni di con sede in evocava in giudizio la Manifattura Emmetex spa, lamentando che quest'ultima gli aveva fornito due partite di tessuto di cui alle fatture numero 480 del 24.2.95 e numero 500 del 28.2.95, tessuto che presentava gravi vizi costituiti da una forte perdita di consistenza e di colore dopo i lavaggi. Tali difetti erano stati contestati tempestivamente in data 11.7.1995 alla convenuta, a cui era stata comunicata di conseguenza l'intenzione di non provvedere al pagamento della residua fattura. Chiedeva quindi l'attore all'adito Pretore di Brescia, di dichiarare la risoluzione del contratto di vendita in esame per inadempimento della convenuta, con esonero della attrice dall'effettuare il pagamento dell'indicata fattura numero 500 del 28.2.95 emessa dall'Emitex e con condanna di quest'ultima alla restituzione del prezzo già percepito di L. 17.267.992, nonché al risarcimento dei danni subiti. Si costituiva la Manifattura Emmetex contestando la domanda attrice di cui chiedeva il rigetto, rilevando che quelli che venivano definiti difetti non erano altro che le caratteristiche del tessuto, note alla ditta attrice fin dal momento del suo acquisto in via riconvenzionale insisteva per la condanna della Biesse al pagamento della somma di L. 7.096.736 di cui alla fattura numero 500/95. All'esito dell'espletata istruttoria tramite CTU , il Tribunale di Brescia accoglie la domanda attrice, dichiarando la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento della convenuta Manifattura Emmetex, che condannava al pagamento del risarcimento dei danni oltre al pagamento delle spese processuali. Il tribunale accertata l'esistenza dei vizi e la tempestività della loro denuncia, stabiliva che la risoluzione del contratto conseguiva all'accertata inidoneità del tessuto all'uso al quale era destinato, con conseguente effetto liberatorio dell'attrice per le prestazioni non ancora eseguite Avverso la predetta sentenza, la Manifattura Emmetex spa formulava appello, riproponendo le eccezioni e la domanda riconvenzionale in precedenza svolte. L'adita Corte d'Appello di Brescia con sentenza numero 284/06 depos. in data 11.4.2006 rigettava l'appello, condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado. La corte distrettuale rigettava l'eccezione di decadenza della garanzia per vizi, ritenendo che la stessa era stata tempestivamente proposta, atteso che i difetti della merce dovevano ritenersi non apparenti non trattandosi di anomalie facilmente rilevabili , ma equiparati ai vizi occulti, per cui il termine de quo decorreva dalla loro scoperta, che si aveva quando il compratore aveva acquisito la certezza non il semplice sospetto che tale vizio sussistesse. Né poteva essere utilizzata per provare la tardività della denuncia la documentazione prodotta solo in appello la lettera 11.7.95 sarebbe pervenuta solo il 25-7-95 tramite fax era stato accertato il difetto della merce mancata o cattiva esecuzione del finissaggio da parte del fornitore , né la risoluzione poteva ritenersi preclusa dall'accettazione manifestata dal cliente attraverso la lavorazione della stoffa fornitagli, in quanto lo stesso non era consapevole dei vizio che la stessa merce poteva avere. Per la cassazione della sentenza ricorre M.G. sulla base di numero 4 mezzi l'intimata non ha svolto difese. Motivi delle decisione 1 - Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce la violazione e falsa applicazione degli articolo 345 cpc, laddove il giudice d'appello ha erroneamente respinto l'eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi sollevata dall'appellante, ed ha ritenuto non “utilizzabile” il fax inviato dalla Biesse alla Emmetex il 25.7.95. Tale nuovo documento avrebbe dimostrato che la lettera di contestazione dei vizi datata 11.7.95 era stata trasmessa via fax il 25/7 quindi in ritardo. La doglianza non ha pregio. Il giudice distrettuale ha infatti ampiamente motivato - richiamando la giurisprudenza di questa S.C. v. Cass. Sez. U, numero 8203 del 20/04/2005 circa la mancata acquisizione del fax de quo, in quanto ritenuto non necessario ai fini della prova della non tempestività della denuncia dei vizi a riguardo egli ha ritenuto sulla base delle emergenze istruttorie acquisite v. riferimento alle dichiarazioni del teste B. che l'avvenuto tempestivo ricevimento nei termini della lettera dell'11.7.96. Del resto si può aggiungere che dal testo del fax trascritto nel ricorso, si può dedurre che esso era diretto a confermare la lettera di contestazione dell’11.7.95 trasmessa e ricevuta evidentemente in precedenza. 2 - Con il 2^ motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1495 c.c. laddove la corte ha ritenuto che il dies a quo per la denunzia del vizio dovesse essere quello della sua scoperta ad opera del terzo clienti della Manifattura Emmetex , anche nel caso di soggetti esperti nel settore merceologico nel cui ambito era avvenuta la vendita. A sostegno del mezzo l'esponente cita la giurisprudenza della S.C. secondo cui L'individuazione della riconoscibilità dei vizi redibitori ex articolo 1495 c.c. quale dies a quo del termine di decadenza dell'azione di garanzia va effettuata tenendo conto della qualità delle parti e della natura della cosa medesima. Pertanto, con riguardo alla vendita di merci tessuti suscettibili di trasformazioni capi di abbigliamento nel rapporto tra imprenditori esperti del settore, va effettuata con riguardo alla data in cui l'acquirente è messo in condizione di verificare la merce stessa che normalmente coincide con il giorno della consegna articolo 1511 cod. civ. e non con riguardo alla diversa data di consegna dalla merce dopo la trasformazione della stessa Cass. Sez. 2, numero 10498 del 26/11/1996 . Il giudicante avrebbe disatteso questo principio avendo affermato che il requisito della riconoscibilità in questo caso non sarebbe invocabile, trattandosi di vizio occulto. Né la corte aveva precisato in base a quali requisiti dovesse ritenersi occulto un vizio di un tessuto in caso di vendita fra imprenditore esperti del settore ovvero se fosse in ogni caso richiesto un esame sommario della merce secondo una diligenza inferiore alla media o un esame più approfondito secondo una diligenza superiore alla media . La doglianza non ha pregio. Secondo questa S.C. in materia di denunzia dei vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine di decadenza di cui all'articolo 1495 c.c., pur dovendosi, di regola, distinguere tra vizi apparenti ed occulti - là dove per i primi detto termine decorre dalla consegna della cosa, mentre per i secondi dal momento in cui essi sono riconoscibili per il compratore - occorre comunque che il dies a quo si faccia risalire al momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva del vizio, non essendo sufficiente il semplice sospetto Cass. numero 5732 del 10/03/2011 . Nel caso in cui la scoperta del vizio avvenga per gradi ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sull'entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta Cass. Sez. 2, Sentenza numero 9515 del 06/05/2005 . Ciò posto la corte territoriale si è mossa secondo i predetti principi e non v'è dubbio che il suo iter argomentativo espresso nella motivazione della sentenza appare lineare e logico e dunque pienamente condivisibile. Il giudicante ha fatto riferimento alla causa dei vizi difetti di finissaggio , sia alla natura della merce tessuto ed al fatto che i particolari difetti in questione evidenziati da CTU variazione del colore e restringimento si erano evidenziati solo dopo la lavorazione delle merce stessa, a nulla rilevando che la vendita era avvenuta tra esperti del settore. Si tratta invero di una valutazione di merito come tale incensurabile in questa sede. 3 - Con il 3^ motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1492, 3^ co. c.c. Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto . laddove la Corte d'Appello ha ritenuto ammissibile la domanda di risoluzione del contratto di vendita anche in presenza di trasformazione del tessuto in capi d'abbigliamento, in quanto non vi era consapevolezza del vizio da parte della Biesse. Invero l'articolo 1492, 3 co. c.c. non richiede la consapevolezza del vizio da parte dell'acquirente, ma solo il requisito oggettivo dell'impossibilità sopravvenuta della restituzione della merce. La consapevolezza del vizio non può equipararsi al mancato colpevole svolgimento da parte dell'acquirente delle verifiche e dei controlli della merce. La doglianza non ha pregio. La Corte di merito ha puntualmente sottolineato al riguardo che “l’accettazione della merce per essere tale deve consistere in un comportamento univoco dell'acquirente di voler utilizzare la merce nella consapevolezza dell'esistenza del vizio che nel caso di specie è mancato alla Biesse al momento della lavorazione del tessuto, essendosi esso manifestato solo nella successiva fase di lavaggio, quando ormai i capi confezionati erano già stati immessi nel circuito della distribuzione ed avevano raggiunto il consumatore finale, come emerge dalle denunce dei successivi acquirenti del prodotto finito”. 4 - Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 360, numero 5 cpc laddove la corte d'app. ha omesso del tutto di motivare sull'esistenza del diritto al risarcimento della Biesse e sulla liquidazione La doglianza è inammissibile atteso che la ricorrente ha denunciato un vizio di motivazione articolo 360 numero 5 c.p.c. anziché quello di omessa denuncia articolo 360, numero 4 c.p.c. . Secondo questa S.C. il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell'articolo 112, c.p.c. può dare luogo a due diversi tipi di vizi se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un'eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per error in procedendo , censurabile in Cassazione ai sensi dell'articolo 360, numero 4, c.p.c. se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull'eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell'ambito di quella domanda o di quell'eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell'articolo 360, numero 5, c.p.c. vizio di nullità della sentenza o del procedimento . L'erronea sussunzione nell'uno piuttosto che nell'altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l'inammissibilità del ricorso Cass. Sez. 3, numero 7268 del 11/05/2012 Cass. numero 9108 del 06/06/2012 . Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato. Nulla per le spese. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso.