La separazione è stata addebitata alla donna, eppure le è stato comunque riconosciuto il diritto ad ottenere, dall'ex marito, un contributo economico.
A casa con i genitori, e con l'entrata sicura, ogni mese, dell'assegno di invalidità. Eppure, le deve essere comunque riconosciuto il diritto all'assegno alimentare, a carico del marito, nonostante, peraltro, a lei sia stata addebitata la separazione.Possibile? Assolutamente sì. Anche perché una pensione di appena 243 euro mensili - come afferma la Cassazione, con sentenza numero 19579, Sezione Prima Civile, depositata ieri - è palesemente insufficiente a fare fronte ai bisogni primari di una persona .Separazione e ritorno a casa. Come accade sempre più spesso in Italia, i matrimoni tendono a chiudersi bruscamente, col distacco tra marito e moglie, distacco a volte traumatico a volte più gestibile. E talora, anche considerata la situazione economica, il ritorno a casa dei genitori è la ciambella di salvataggio più vicina.Restano da risolvere e da sciogliere i nodi legati ai rapporti economici, proprio come in questa vicenda, che vede la separazione addebitata alla donna, alla quale, peraltro, viene anche negato l'assegno alimentare. Quest'ultima decisione della Corte d'Appello viene motivata con due fattori la residenza con i genitori e il percepimento di un assegno di invalidità .Per necessità La questione, però, non si chiude lì, in Appello. Perché la donna presenta ricorso per cassazione, mettendo in discussione sia l'addebito che il rifiuto dell'assegno alimentare.Sul primo fronte, però, nulla da fare l'attribuzione a lei della separazione viene confermata.Sul secondo fronte, invece, i giudici di piazza Cavour prendono in esame attentamente le sue osservazioni, che mirano a chiarire come ella versi comunque in una condizione tale da avere necessità dell'assegno alimentare.Ebbene, i giudici accolgono questa visione, criticando la decisione assunta in Appello. Volendo centrare il cuore del problema, essi affermano che la convivenza della donna con i genitori e il percepimento di una pensione di invalidità non possono essere elementi sufficienti per negare l'assegno alimentare Pensione da fame. e la cruda realtà è sintetizzata ulteriormente dai giudici del Palazzaccio, con una frase una pensione di invalidità da 243 euro mensili va ritenuta palesemente insufficiente a fare fronte ai bisogni primari di una persona . Per essere ancora più crudi, un vitalizio che si attesta su una cifra di poco superiore alle 470mila lire rappresenta una pensione da fame Ecco perché il ricorso della donna viene accolto, almeno su questo punto. La questione ritorna alla Corte d'Appello, che dovrà tenere conto di quanto stabilito in Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 maggio - 26 settembre, numero 19579Presidente Luccioli - Relatore BisogniRilevato cheM.V. ricorre per cassazione, con 5 motivi di impugnazione, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, in sede di giudizio per la separazione dal coniuge B.R. ha confermato l'addebito della separazione a suo carico negandole altresì l'assegno alimentare in considerazione della sua residenza con i genitori e del percepimento di un assegno di invalidità Si difende con controricorso B.R. Le parti depositano memorie difensive La Corte, riunita in camera di consiglio, ha deliberato di adottare una motivazione semplificata, Ritenuto che - i primi quattro motivi di ricorso sono inammissibili o infondati - in particolare il primo motivo deduce promiscuamente un vizio motivazionale e una violazione dell'articolo 255 c.p.c. peraltro non dedotta in appello. La Corte di appello ha invece congruamente motivato sulla insuscettibilità di censure alla decisione del giudice di primo grado di denegare la sostituzione dei testi impossibilitati a deporre con altri non indicati nei modi e termini previsti dall'articolo 244 c.p.c. - il secondo e il terzo motivo consistono in censure di merito alla valutazione delle risposte all'interrogatorio formale rese dal R. e delle deposizioni dei testi addotti dalla sua difesa, che non possono essere prese in esame nemmeno sotto il profilo della omessa motivazione circa le circostanze aggiunte che avrebbero modificato o estinto gli effetti della confessione, dato che la Corte di appello ha precisamente ricostruito il senso delle dichiarazioni del R. valutandone valutandone la rilevanza. Né sotto il profilo dell'insufficienza della motivazione circa l'attendibilità dei testi addotti dalla sua difesa, che non viene suffragata da argomenti idonei a porre in evidenza una insufficiente valutazione da parte della Corte di appello di circostanze oggettive tali da inficiare il giudizio di attendibilità delle deposizioni relative al rifiuto di attività lavorative e ai rapporti sessuali con il marito ai fini del giudizio di addebito della separazione - il quarto motivo è infondato dato che non risulta che sia stata giustificata l'assenza della V. all'udienza fissata per il suo interrogatorio formale, con la conseguente possibilità per il giudice di tenerne conto ai sensi dell'articolo 232 c.p.c. - il quinto motivo è invece fondato perché la Corte di appello con motivazione illogica ha escluso la sussistenza dello stato di bisogno per la concessione dell'assegno alimentare sulla base della convivenza con i genitori cui la V. non può considerarsi costretta e sul percepimento di una pensione di invalidità di euro 243 mensili palesemente insufficiente fare fronte ai bisogni primari di una persona PQMLa Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bologna che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 del d. lgs. numero 196/2003.