Esclusa l'indennità di disoccupazione se la maternità avviene fuori dal rapporto di lavoro

di Vincenzo Fabrizio Giglio

di Vincenzo Fabrizio Giglio *Per il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione non possono essere computati i periodi di maternità corrispondenti all'astensione obbligatoria che avvengano al di fuori di un rapporto di lavoro. Né può aver rilievo la circostanza che tali periodi possano essere considerati utili, attraverso la c.d. contribuzione figurativa, ai fini riconoscimento del diverso diritto alla pensione. È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 17757 del 29 luglio.Il caso la lavoratrice madre ha perso il lavoro ma l'INPS le nega l'indennità di disoccupazione. Una lavoratrice nel corso della propria vita professionale ha avuto una gravidanza in un periodo nel quale non intratteneva alcun rapporto di lavoro. Successivamente, ha intrapreso un nuovo lavoro che, dopo qualche tempo, è cessato per cause indipendenti dalla sua volontà. Ella ha pertanto chiesto all'INPS il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione. L'INPS ha rifiutato l'erogazione del trattamento poiché riteneva non soddisfatto il requisito dell'anno di contribuzione maturato nel corso nel biennio antecedente la disoccupazione, come richiesto dalla legge articolo 19, R.D.L. 14 aprile 1939, numero 636 .Il ricorso della lavoratrice devono essere neutralizzati , rispetto ai requisiti di legge, i 5 mesi di maternità seppure svolta al di fuori di un rapporto di lavoro. La lavoratrice ha contestato il provvedimento ricorrendo al Giudice del Lavoro poiché, a suo avviso, il requisito doveva essere invece reputato soddisfatto neutralizzando il periodo della maternità 5 mesi ed estendendo quindi il biennio ai 5 mesi precedenti che le avrebbero consentito di integrare il requisito richiesto .La Corte d'Appello di Genova, confermando la decisione del Giudice di primo grado, ha accolto la tesi della lavoratrice richiamando un generale principio di neutralizzazione dei periodi di contribuzione figurativa che sarebbe intrinseco al sistema previdenziale e, dunque, applicabile a tutte le prestazioni previdenziali in ciò argomentando sulla scorta dell'articolo 37 D.P.R. 26 aprile 1957, numero 818 .Non esiste un generale principio di neutralizzazione dei periodi coperti da contribuzione figurativa. Nel cassare la decisione della Corte d'Appello, la S. C. prende le mosse proprio dal citato articolo 37 per evidenziare che un tale principio non è rinvenibile nell'ordinamento e che tale norma prevede, viceversa, non la neutralizzazione sia ai fini previdenziali che a quelli dell'indennità di disoccupazione di tutti i periodi coperti da contribuzione figurativa, bensì soltanto di alcune ipotesi specificamente contemplate. Tra queste, il caso della interruzione obbligatoria del lavoro durante lo stato di gravidanza e puerperio nonché i periodi di assenza facoltativa dal lavoro dopo il parto , sempre che si verifichino nel corso di prestazione d'opera determinante l'obbligo dell'assicurazione articolo 37 e 12, D.P.R. cit. .In sostanza, osserva la Corte, l'esclusione dal biennio di cui sopra afferisce esclusivamente le ipotesi espressamente previste dalla legge che si iscrivono nell'ipotesi di un rapporto di lavoro in essere che viene interrotto per il verificarsi dell'evento tutelato. Mentre deve essere esclusa la possibilità di una tale deroga nei casi in cui la gravidanza intervenga al di fuori di un rapporto di lavoro.Questa conclusione, spiega la Corte, non è contraddetta neppure dalle norme di legge successivamente intervenute in materia e che hanno attribuito rilevanza anche ai periodi di maternità che si verificano al di fuori del rapporto di lavoro. Tra queste, l'articolo 14, D.Lgs. 30 dicembre 1992, numero 503 poi sostanzialmente recepito nell'articolo 25, comma 2, D.Lgs. 26 marzo 2011, numero 151 che offre copertura figurativa ai periodi di astensione per maternità anche al di fuori del rapporto di lavoro sebbene, ad una lettura attenta, ai soli fini della maturazione del diritto alla pensione. Tali norme, osserva il Supremo Collegio, non fanno riferimento all'indennità di disoccupazione, né al fine di integrarne il requisito contributivo attraverso la contribuzione figurativa, né al fine di escludere ossia di neutralizzare detti periodi dal computo del biennio nel quale deve realizzarsi il requisito richiesto.Conseguentemente, nel caso esaminato, aveva ragione l'INPS a ritenere non soddisfatto il requisito contributivo, rifiutando di estendere il biennio di riferimento di cui all'articolo 19, RDL numero 636/1939 ai cinque mesi di maternità corrispondenti al periodo di astensione obbligatoria svoltasi al di fuori di un rapporto di lavoro. Questo periodo, infatti, sebbene coperto da contribuzione figurativa ai fini pensionistici, non poteva aver rilievo ai fini dell'indennità di disoccupazione.* Avvocato del Foro di Milano

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 agosto 2011, numero 17757Ritenuto in fattoCon la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Genova, confermando la decisone di primo grado, ha affermato il diritto di a percepire l'indennità di disoccupazione dal 1° gennaio 2006 al 30 aprile 2006, ritenendo che il biennio antecedente l'inizio dello stato di disoccupazione biennio nel quale deve realizzarsi il requisito dell'anno di contribuzione richiesto per l'attribuzione del suddetto trattamento previdenziale , dovesse essere, nella specie, ampliato facendo applicazione dell'istituto della c.d. neutralizzazione in relazione a un periodo 5 mesi corrispondente a quello di astensione obbligatoria per maternità, fruito dall' al di fuori del rapporto di lavoro, ma indennizzato e coperto da contribuzione figurativa.L'INPS chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso fondato su un unico motivo. La parte privata non ha svolto attività difensiva.Considerato in dirittoNell'unico motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 37 del d.p.r. numero 818 del 1957 ed appare successivamente ribadito dal legislatore nell'articolo 25 del d.l.gs. numero 151 del 2001.Il ricorso è fondato.Prima di procedere all'esame delle disposizioni di legge che vengono in rilievo nella fattispecie controversa, ritiene la Corte necessaria una premessa di carattere generale.I contributi figurativi sono espressione della partecipazione finanziaria dello Stato al sistema di sicurezza sociale in presenza di particolari eventi che possono pregiudicare, per il lavoratore, il futuro godimento delle prestazioni previdenziali e che la legge, di volta in volta, qualifica come meritevoli di tutela attraverso l'intervento della solidarietà generale, il finanziamento pubblico si sostituisce sotto forma, appunto, di contribuzione fittizia alla contribuzione dei datori e dei prestatori di lavoro.Peraltro, proprio perché si tratta di interventi che vanno ad incidere sull'intera collettività, la legge stabilisce, in modo particolareggiato, le prestazioni che ne costituiscono oggetto e quali ne sono le modalità e i limiti. Si tratta quindi, per ogni situazione regolamentata, di una disciplina speciale che non può essere esportata ad altre e diverse situazioni in nome di un principio generale di sistema che, per le considerazioni appena esposte, non ha ragion d'essere quando si tratti di sostituire all'apporto finanziario da parte delle categorie interessate quello dello Stato.Non può, conseguentemente, condividersi la sentenza impugnata, laddove, richiamando la sentenza di questa Corte numero 8895 del 2003 quest'ultima riferita ai periodi di contribuzione necessari ai fini del diritto alla pensione di invalidità e facendone propria la tesi, afferma l'esistenza, nel sistema previdenziale, di un principio generale di neutralizzazione dei periodi di contribuzione figurativa, applicabile, dunque, per tutte le prestazioni previdenziali né tantomeno può considerarsi conforme a diritto l'affermazione secondo cui il principio in questione sarebbe argomentabile dalle disposizioni dettate dall'articolo 37 del d.p.r. 26 aprile 1957 numero 818.Deve, infatti, osservare la Corte l'articolo 37 del d.p.r. numero 818 del 1957, nel suo secondo comma, considera rilevanti, ai fini della loro esclusione c.d. neutralizzazione dal computo del periodo contributivo necessario per l'acquisizione del diritto alle varie prestazioni nello stesso comma nominativamente indicate e, tra queste, le indennità di disoccupazione I periodi indicati nel comma precedente ossia primo comma I periodi riconosciuti come periodi di contribuzione a norma dei precedenti articoli 10 e 12 prima alinea del primo comma , nonché quelli considerati nelle successive lettere a , b , c e d dello stesso primo comma. Non, dunque, tutti i periodi coperti da contribuzione figurativa ma solamente quelli specificamente indicati nell'articolo 37. E tali sono - per quanto riguarda i periodi di maternità i soli che vengono in questione nel caso controverso - i periodi di interruzione obbligatoria del lavoro durante lo stato di gravidanza e puerperio sempre che si verifichino nel corso di una prestazione d'opera determinante l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione articolo 12, commi secondo e terzo , cui si aggiungono ai sensi dell'articolo 37, primo comma, letta i periodi di assenza facoltativa dal lavoro dopo il parto previsti dal secondo comma dell'arto della legge 26 agosto 1950 numero 860, nel testo modificato dalla legge 23 maggio 1951 numero 394 dunque i periodi di assenza, ma sempre interni al rapporto di lavoro, dei quali ha facoltà di fruire la lavoratrice madre .In sostanza, giusta le dettagliate indicazioni risultanti dal combinato disposto degli articolo 12 e 37 del d.p.r. numero 818 del 1957, sono esclusi dal computo del biennio previsto dall'articolo 19 del citato r.d.l. numero 636 del 1939 solamente i periodi di astensione obbligatoria per maternità e di assenza facoltativa dopo il parto fruiti nel corso di un rapporto di lavoro che viene interrotto per il verificarsi dell'evento tutelato.Questa conclusione non è contraddetta dalle norme di legge successivamente intervenute e che hanno dato tutela, attraverso la contribuzione figurativa, anche ai periodi di maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro.Il d.lgs. 30 dicembre 1992 numero 503 recante Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici che, appresta, per la prima volta, tale tutela,-prevede, infatti, nell'articolo 14 primo comma la facoltà di riscattare, a domanda, i periodi corrispondenti a quelli di assenza facoltativa dal lavoro per gravidanza e puerperio mentre, sempre nell'articolo 14 terzo comma , considera coperti da contribuzione figurativa i periodi per i quali sia prevista l'astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio ancorché intervenuti al di fuori del rapporto di lavoro . Si tratta, tuttavia, di contribuzione da accreditare secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981 numero 155 ultima alinea del terzo comma e, dunque, unicamente agli effetti dell'acquisizione del diritto a pensione.Statuizione, quest'ultima convalidata dall' articolo 2, quarto comma, del d.lgs. 16 settembre 1996 numero 564, il quale, anch'esso, dispone che i periodi corrispondenti all'astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971 numero 1204 e successive modificazioni ed integrazioni verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro sono considerati utili ai fini pensionistici , indipendentemente dal loro verificarsi precedentemente o successivamente al 1° gennaio 1994 data quest'ultima cui faceva, invece, riferimento l'articolo 14 del citato dlgs numero 503 del 1992 .II.contenuto della norma di legge appena decritto è stato, a sua volta, sostanzialmente recepito nell'articolo 25, secondo comma, del decreto legislativo 26 marzo 2001 numero 151 che raccoglie, in forma di testo unico, le disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità , il quale stabilisce, ancora una volta, che i periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui ai precedenti articoli 16 e 17 ossia i periodi di astensione obbligatoria e quelli in cui il divieto di adibizione al lavoro della donna in gravidanza è anticipato per disposizione del servizio ispettivo del Ministero del lavoro verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro sono considerati utili ai fini pensionistici .Come rende evidente il loro dato testuale, le disposizioni normative appena analizzate riconoscono come periodi di contribuzione i periodi corrispondenti a quelli di astensione obbligatoria per maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, ma unicamente a fini pensionistici. Nessuna di esse menziona, invero, l'indennità di disoccupazione, né al fine di integrare, attraverso la contribuzione figurativa, il requisito contributivo necessario all'acquisizione del relativo diritto, né al fine di escludere ovvero di neutralizzare i sopra indicati periodi dal computo del biennio nel quale deve realizzarsi l'esistenza del requisito in parola.Ne deriva, con riferimento alla presente controversia, che dal biennio previsto dall'articolo 19 del r.d.l. numero 636 del 1939, ai fini dell'accertamento del requisito contributivo necessario al riconoscimento del diritto alla indennità di disoccupazione richiesta dalla lavoratrice odierna intimata, non poteva essere escluso neutralizzato il periodo cinque mesi corrispondente a quello di astensione obbligatoria per maternità, ma da essa fruito al di fuori del rapporto di lavoro, benché coperto da contribuzione figurativa con l'ulteriore conseguenza che, essendo l'ampliamento del biennio in questione determinante ai fini del perfezionamento del ripetuto requisito contributivo,la sentenza impugnata contrariamente a quanto dalla stessa ritenuto doveva affermarne l'insussistenza.Le considerazioni che precedono possono sintetizzarsi nel seguente principio di diritto I periodi corrispondenti a quelli per i quali sia prevista l'astensione obbligatoria dal lavoro in relazione all'evento maternità, ma che si collochino al di fuori del rapporto di lavoro, seppure riconosciuti come periodi contributivi attraverso la contribuzione figurativa come previsto, nel tempo, dall'articolo 14, commi 3, del dlgs.numero 503 del 1992 poi, dall'articolo 2, comma 4, del dlgs. numero 564 del 1996 infine, dall'articolo 25, comma 2, del dlgs. numero 151 del 2001 , non sono utili ai fini del riconoscimento del diritto all'indennità di disoccupazione e neppure possono essere esclusi neutralizzati dal computo del biennio previsto dall'articolo 19 del r.d.l. numero 636 del 1939 per l'accertamento del requisito contributivo necessario per il diritto in questione .In conclusione il ricorso dell'INPS va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è decisa direttamente nel merito da questa Corte articolo 384 c.p.c. nel senso del rigetto della domanda di .Stante la particolarità della questione, per la prima volta all'esame di questa Corte, si compensano tra le parti le spese dell'intero processo.P.Q.M.Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell'intero processo.