Aprire quei cancelli fu scoprire l’orrore, togliere il coperchio dal vaso di Pandora. Ma anche l’Italia ebbe modo di contribuire a quell’orrore, accettando la lenta, inesorabile, discriminazione, anche professionale, degli ebrei.
Numeri che hanno un significato terribile 27 gennaio 1945. Ovvero il giorno in cui si aprono – agli occhi del mondo – i cancelli di Auschwitz, il campo di concentramento – definizione allora sconosciuta a quasi tutti –, la tomba dell’umanità e del rispetto per uomini e donne E a fotografare quell’abominio, una frase secca, scritta su un muro, proprio ad Auschwitz «Se Dio esiste, dovrà chiedermi perdono ». Attraversare quei cancelli fu come aprire il ‘vaso di Pandora’ e far venir fuori, mettere sotto gli occhi del mondo, la malattia peggiore dell’uomo, la bestialità. Eppure, quel vaso era stato riempito, giorno dopo giorno, lentamente, attraverso l’azione folle di alcuni e attraverso l’indifferenza, la codardia, il silenzio di molti Anche l’Italia contribuì a riempirlo, quel vaso, lasciando passare, nel giro di dodici mesi, provvedimenti – le famigerate ‘leggi razziali’ – che affermavano la superiorità della razza ‘pura’ italiana, difendendola a partire dalle scuole, e che negavano anche il diritto di essere uomini e donne a un popolo, quello ebreo. Portare avanti questa ‘missione’, ovvero la lenta soppressione della popolazione ebraica presente in Italia, significava tante cose significava creare scuole elementari solo per ebrei, limitare la proprietà e l’attività imprenditoriale e commerciale degli ebrei, significava proibire agli ebrei di entrare in un negozio, in un bar, in un ristorante, significava impedire agli ebrei di lavorare nello spettacolo Significava, anche, impedire agli ebrei di svolgere professioni importantissime, come quella di avvocato Tutto ciò, purtroppo, avveniva ottanta anni fa. In Italia, nella civilissima Italia. Mentre molti, tanti, troppi volgevano lo sguardo da un’altra parte, facendo finta di non vedere Anche quello fu un mattone messo nella costruzione di Auschwitz. E ripensare all’apertura di quei cancelli, alla scoperta di quell’abominio, significa ricordare il proprio silenzio. Come monito per evitare che esso possa riproporsi ancora
DECRETO_SU_PROFESSIONISTI_DI_RAZZA_EBRAICA