Dissipazione per il vizietto dell’azzardo o distrazione? La qualifica ha la sua rilevanza

Se il capo di imputazione certifica che il soggetto ha dilapidato il patrimonio societario per i debiti di gioco, diventa illegittima la condanna che nell’apparato motivazionale ritenga che l’apprensione dei fondi abbia invece costituito una distrazione. La diversa ricostruzione del fatto obbliga al rinvio degli atti al Pubblico Ministero.

Lo ha ricordato la Cassazione Penale nella pronuncia numero 40195 dell’11 ottobre 2012. Il vizio del gioco costa caro. La Corte di Appello di Trieste confermava la responsabilità di un uomo in ordine ai delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in relazione al fallimento di una società di cui era stato socio e di un’impresa individuale. L’imputato adiva allora la Suprema Corte, riproponendo l’assunto a tenore del quale egli aveva agito in condizioni di incapacità di intendere e volere. La causa scatenante del maltorto? Ingenti perdite al gioco d’azzardo che avevano messo lo sciagurato rapidamente sul lastrico. Manca un gradino della scala logica. In ragione della dilapidazione dei beni sociali per il pagamento dei debiti contratti nel mondo dell’azzardo, la condotta illecita ipotizzata è stata inquadrata nella previsione normativa della «dissipazione» e non della «distrazione», alternativamente prevista dall’articolo 216 l. fall. Non risponde perciò ai canoni della logica che la Corte territoriale abbia confermato il giudizio di responsabilità dell’uomo per il reato ascrittogli, pur escludendo che l’imputato avesse sperperato nelle case da gioco le risorse finanziarie della società da lui amministrata. Necessario rinviare gli atti al P.M. Se il giudice di seconde cure ha ritenuto che l’apprensione dei fondi avesse avuto scopi diversi dall’impiego nel gioco – e si fosse quindi connotata in maniera da costituire una vera e propria «distrazione» – la corretta statuizione da assumere non sarebbe stata la conferma del giudizio di colpevolezza, ma la trasmissione al pubblico ministero degli atti in ottemperanza all’articolo 521 c.p.p. Di contro – concludono gli Ermellini prima di annullare il decisum impugnato – la conferma della condanna è «incompatibile con la motivazione addotta» e non dà adeguata risposta alla richiesta di integrazione istruttoria, avanzata dalla difesa allo scopo di appurare se il vizio dell’azzardo avesse determinato un vera incapacità di autodeterminarsi.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 luglio – 11 ottobre 2012, numero 40195 Presidente Grassi – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 3 febbraio 2011 la Corte d'Appello di Trieste, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Udine, ha riconosciuto E B. responsabile dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentale in relazione al fallimento della società “Euromedia s.numero c. di Bianchi Ernesto & amp C”, di cui era stato socio amministratore, e dell'impresa individuale Euromedia di Enumero .Bo. , della quale era stato socio occulto nonché del delitto di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della società “Rete Italia Servizi di Bonessa Enrico & amp C. s.a.s.”, di cui era stato amministratore di fatto reati unificati nella previsione di cui all'articolo 219, comma 2, numero 1 legge fall 2. Ha proposto personalmente ricorso per cassazione l'imputato, affidandolo a un solo motivo. Con esso ripropone l'assunto a tenore del quale egli aveva agito in condizioni di incapacità di intendere e di volere, in quanto condizionato dal vizio del gioco d'azzardo che lo aveva indotto a cospicue perdite patrimoniali in un breve arco temporale lamenta che la Corte d'Appello abbia negato l'espletamento di un'apposita perizia psichiatrica, sull'errato presupposto che non fosse dimostrato il suo assoggettamento al vizio del gioco, sebbene la prova testimoniale avesse confermato la circostanza. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento, sussistendo un vizio di manifesta illogicità che inficia il costrutto argomentativo della sentenza impugnata. 2. Il capo d'imputazione contestato ad B.E. - in concorso con Enumero .Bo. , la cui posizione è stata stralciata - conteneva, nel descrivere il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, un espresso ed inequivocabile riferimento alla destinazione al gioco d'azzardo dei fondi appartenuti alla società “Euromedia s.numero c. di Bianchi Ernesto & amp C”, nonché della società di fatto gestita sotto l'apparenza di una ditta individuale intestata al Bo. proprio in virtù dell'ipotizzata dilapidazione dei beni sociali per il pagamento dei debiti di gioco la condotta illecita ipotizzata è stata inquadrata nella previsione normativa della “dissipazione”, piuttosto che della “distrazione” alternativamente prevista dall'articolo 216 legge fall 2.1. Non risponde, dunque, ai canoni della logica l'avere la Corte d'Appello confermato il giudizio di responsabilità del B. per il reato, così come ascrittogli, pur escludendo - per ritenuta mancanza di prova - che egli avesse “dissipato nelle case da gioco le risorse finanziarie delle società da lui amministrate fino a cagionarne il dissesto e il conseguente fallimento”. 2.2. Se il giudice di secondo grado ha ritenuto, così come appare potersi desumere dal complessivo apparato motivazionale, che l'apprensione dei fondi delle società avesse avuto una finalità diversa dall'impiego nel gioco d'azzardo, e si fosse quindi connotata in modo da costituire non una dissipazione, ma una distrazione, la corretta statuizione da assumere non era la conferma del giudizio di colpevolezza in ordine al reato contestato, ma la trasmissione degli atti al pubblico ministero in ottemperanza al disposto dell'articolo 521 cod. proc. penumero . Di contro la conferma della condanna, per la ritenuta sussistenza del fatto contestato nel capo d'imputazione, è incompatibile con la motivazione addotta - che esclude la dilapidazione dei fondi nel gioco d'azzardo - e non fornisce adeguata risposta alla richiesta di integrazione istruttoria, avanzata dalla difesa allo scopo di appurare se il vizio del gioco avesse determinato nel B. l'incapacità di autodeterminarsi. 3. La problematica inerente alla capacità di intendere e di volere dell'imputato, rimasta irrisolta nel giudizio di appello, è in tutta evidenza suscettibile di estendere la sua portata anche ai reati connessi di bancarotta - semplice e fraudolenta - documentale onde la sentenza impugnata va annullata nella sua interezza con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Trieste. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Trieste, per nuovo giudizio.