Annullata un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Lecce che confermava la custodia cautelare in carcere disposta a carico di condannato, con rito abbreviato, per i reati di partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico e cessione di sostanze stupefacenti.
La vicenda processuale. All’esito della pronuncia di condanna con rito abbreviato, veniva applicata al ricorrente la custodia cautelare in carcere, in un momento però non contestuale alla sentenza di condanna. Il ricorrente vedeva respinto il ricorso presentato in seguito al Tribunale del Riesame, cui si chiedeva di annullare l’ordinanza cautelare ricorreva allora per cassazione avverso la medesima ordinanza, sostenendo – tra gli altri motivi - che essa non fosse adeguatamente motivata né in punto di valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari né riguardo al rispetto del principio di adeguatezza. Sulla cognizione del Tribunale del Riesame. Il giudice di legittimità considera in primo luogo che, poiché il provvedimento de libertate è stato adottato in seguito ad sentenza, il giudice cui si richiede l’applicazione della misura deve verificare la sussistenza delle sole esigenze cautelari, dato che la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza risulta esaurita con la sentenza di condanna. Il giudice è tenuto, di conseguenza, a valutare in base ai parametri stabiliti dall’articolo 275, comma 1 bis, c.p.p. la sussistenza delle esigenze cautelari. Allo stesso modo, il perimetro cognitivo del giudice del riesame si deve limitare alla valutazione dei soli elementi relativi alle esigenze cautelari, senza poter mettere in discussione i profili di merito della decisione. Onere di motivazione delle esigenze cautelari. Come ricorda la Suprema Corte, la giurisprudenza costituzionale ex multis, Corte Cost., sentenza numero 131 del 22 luglio 2011 ha sancito come irrinunciabili doveri del giudice la descrizione e la valutazione di specificità, concretezza e attualità delle esigenze cautelari. Inoltre, il giudice è tenuto a considerare, in relazione al caso concreto, ogni elemento dal quale risulti che le esigenze cautelari possono essere ugualmente soddisfatto con una misura diversa nel caso di specie, tale rilievo è fondamentale dal momento che è stata applicata la più afflittiva delle misure cautelari . Dai canoni esposti discende che il giudice – da intendersi come giudice che emette la misura, ma anche come giudice chiamato a riesaminarne l’applicazione – deve sempre esprimersi con riferimento al caso concreto e valutare se ricorrano le condizioni per adottare la misura richiesta e quale sia la misura che meglio risponda al criterio di adeguatezza. La Cassazione, conseguentemente, annulla con rinvio l’ordinanza impugnata per un nuovo esame, da svolgersi nel rispetto di tali principi.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 marzo – 11 maggio 2012, numero 18074 Presidente Garribba – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 30 dicembre 2011, il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti de libertate, ha confermato la custodia cautelare in carcere di A A. disposta dal giudice, all'esito della pronuncia di condanna con rito abbreviato, per i reati di partecipazione associazione finalizzata al narcotraffico e cessione di sostanze stupefacenti. Il giudice del riesame condivide all'applicazione della misura de qua e fa proprie le motivazioni dell'ordinanza impugnata poiché coerenti e rispondenti agli atti di indagine. In particolare, l'ordinanza pone prima in rilievo che A. , con sentenza 27 luglio 2011 pronunciata all'esito giudizio abbreviato, è stato condannato alla pena di otto anni di reclusione per i reati di cui all'articolo 416 bis e c.p., 74 e 73 d.p.r. 309 del 1990. Dopo tale precisazione, si afferma che l'imputato è stato condannato, con sentenza pronunciata in pari data e all'esito di giudizio abbreviato, alla pena di tredici anni e sei mesi di reclusione per i reati previsti dagli articoli 74 e 73 d.p.r. numero 309 del 1990. Il giudice del riesame precisa che la custodia cautelare è stata applicata ex articolo 275, comma 1 bis c.p.p. in epoca successiva alla pronuncia di condanna, in accoglimento della richiesta formulata dal pubblico ministero il 12 dicembre 2011, dopo l'esame delle motivazione della decisione d affermazione della responsabilità. Condivisa la prognosi cautelare formulata dal giudice che ha adottato la misura cautelare e riesaminate le conclusioni cui è pervenuta la pronuncia di condanna in ordine all'individuazione di A. e di D. , il giudice del riesame esclude che la mancata trasmissione dell'atto di appello possa comportare l'inefficacia - nullità dell'ordinanza, considerando che l'impugnazione contiene valutazioni e non fatti e, peraltro, si tratta di atto già nella disponibilità della difesa. Quanto alle esigenze cautelari, nell'ordinanza impugnata si fa riferimento al coinvolgimento di D. nell'associazione dedita al traffico di stupefacenti e ad altri elementi che dimostrano la particolare pericolosità e le ragioni dell'individuazione della custodia cautelare in carcere quale unica misura idonea in concreto a soddisfare le richiamate esigenze. 2. Con ricorso proposto dal difensore, avvocato Donata Perrone - dopo avere descritto la vicenda processuale e posto in rilievo la particolare confusione che caratterizza l'ordinanza impugnata per riferimenti e la sovrapposizioni di posizioni riguardanti altri imputati - si deduce - Violazione per erronea interpretazione e applicazione della norma di cui all'articolo 275 comma 1 bis c.p.p., nonché vizio logico di motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo si rileva che il riferimento all'articolo 275 comma 1 bis c.p.p., non menzionato nella richiesta del pubblico ministero e nell'ordinanza impositiva, è frutto solo di una qualificazione giuridica del giudice dei riesame. Ad avviso della difesa, la norma de qua richiede che la misura cautelare sia emessa contestualmente , e ciò comporta che i termini non possono dilatati tanto da non consentire l'esistenza di una ragionevole connessione con la sentenza di condanna. L'esigenze cautelari non potrebbero essere collegate alla pronuncia di condanna, bensì ad altri elementi che possano dare conto della sussistenza di particolare pericolosità sociale, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, peraltro richiamata nell'ordinanza di riesame. - violazione degli articolo 274, 275 comma 1 bis e 3 e 392 c.p.p. carenza di motivazione per omessa indicazione delle esigenze cautelari. Nell'ordinanza impugnata manca ogni riferimento all'eccezionalità dell'applicazione della custodia cautelare con la sentenza di condanna, poiché non vi riferimento alle ragioni per le quali fu annullata l'ordinanza impositiva adottata nel corso delle indagini, in tal modo omettendo elementi significativi per la verifica della sussistenza degli ulteriori elementi di novità richiesti per applicare la norma dell'articolo 275 comma 1 bis c.p.p Si pone in rilevo che dopo l'originaria ordinanza custodiale la pronuncia di condanna, l'Imputato non si sarebbe allontanato e non ha commesso reati, circostanze che rendono, per la difesa del ricorrente, evidente l'inutilità della misura adottata. - violazione degli articolo 291, comma 1, 292 comma 2, lett. c bis, 309, comma 5 c.p.p. e vizio logico di motivazione del provvedimento impugnato. In particolare nullità dell'ordinanza impugnata per omessa valutazone egli elementi rappresentati dalla difesa inefficacia dell'ordinanza per mancata trasmissione degli atti del processo con particolare riferimento a quelli favorevoli all'imputato mancata trasmissione degli atti di impugnazione della difesa e precedente ordinanza del tribunale del riesame nonché gli atti relativi al saggio fonico. 2.1. Altro difensore dell'imputato, avv.to Francesca Conte, deduce - violazione ed errata applicazione degli articolo 273, 274 comma 1, lett. c , 275 comma 1 bis c.p.p - vizio di motivazione sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità. L'ordinanza cautelare ha fatto propri, senza esprimere alcun apprezzamento, gli argomenti posti a fondamento dell'ordinanza genetica, senza tenere conto dei vari rilievi proposti dalla difesa. Son posti in rilievo le erronee indicazione dei reati ascritti ad A. e la indicazione di circostanze riferite ad altri imputati. Altro profilo posto in rilevo dalla difesa è quello relativo alla non corretta applicazione dell'articolo 275 comma 1 bis c.p.p. e la mancata considerazione di circostanze che avrebbero potuto fornire una diversa e più corretta valutazione delle esigenze cautelari che avrebbero dovuto essere effettuate in base anche agli elementi sopravvenuti. Al tal fine, avrebbero dovuto essere considerati adeguatamente i comportamenti di A. successivamente all'annullamento della prima ordinanza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati. L'applicazione di misure cautelari personali contestualmente all'emissione della sentenza di condanna in primo grado, con la prescrizione di particolari criteri nell'apprezzamento delle esigenze cautelari, non impone la stretta contestualità tra pronuncia della sentenza e intervento cautelare, ma si limita a far carico al giudice, in presenza della necessaria richiesta del pubblico ministero, di non ritardare irragionevolmente l'applicazione della misura a un tempo successivo alla pronuncia di condanna e di curare comunque la verifica di tutti i presupposti giustificativi Sez. II, 8 luglio 2011, dep. 6 ottobre 2011, numero 36239 . Principio di diritto che non contraddice quanto in precedenza affermato da questa Corte nel senso che la disposizione dell'articolo 275 comma 1 bis c.p.p. - per la quale il giudice deve osservare determinati criteri ai fini della valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari contestualmente a una sentenza di condanna - non interferisce affatto sul generale potere del giudice che procede di applicare, in ogni stato del procedimento, misure cautelari personali in presenza delle condizioni previste dalla legge condizioni che - sul presupposto dell'esistenza di una pronuncia di condanna - riguardano esclusivamente le esigenze cautelari, poiché ogni valutazione su gravi indizi è preclusa. Ne discende che, la norma de qua non limita l'applicabilità delle misure cautelari al momento stesso della pronuncia della sentenza di condanna - posto che, come si è detto, tale possibilità è prevista in ogni fase del procedimento - impone solo una particolare regola di giudizio in ordine all'esame delle esigenze cautelari qualora l'imputato sia stato condannato. In particolare, è previsto che si debba tener conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1 lettere b e c . La norma richiede che, dopo una pronuncia di condanna, il giudice al quale è richiesta l'applicazione di una misura cautelare ha il dovere di tenere conto degli elementi che emergono dalla pronuncia del giudice di cognizione e ciò comporta che la ratio é quella di ampliare i margini di applicabilità delle misure cautelari in termini di apprezzamento della sussistenza di esigenze cautelari e dei criteri di scelta tra esse . Al di là del dovere di non ritardare oltre tempi ragionevoli l'applicazione di una misura cautelare, contestuale o successiva che sia l'applicazione della misura rispetto alla sentenza di condanna, ciò che in linea generale occorre verificare è la sussistenza delle esigenze cautelari esigenze che in ogni caso, devono essere valutate in base ai parametri stabiliti dall'articolo 275 comma 1 bis c.p.p. nel senso che, se una sentenza di condanna è stata pronunciata, non si vede per quale ragione il giudice non debba tener conto di tali criteri anche successivamente e non solo contestualmente a essa Sez. VI, 8 luglio 2011, dep. 6 ottobre 2011, numero 36239 . 2. Posto che le valutazioni da esprimere debbono riguardare solo ed esclusivamente le esigenze cautelari, ogni elemento che riguarda le scelte ricostruttive e di merito non può essere messo in discussione, se non nel giudizio di cognizione proposto con l'impugnazione. Pertanto, tutte le deduzioni relative alla mancata acquisizione dei motivi d'appello, alle ricostruzioni precedenti e agli effetti della omessa acquisizione di tali atti sono prive di fondamento. Il tribunale del riesame ha dunque un perimetro cognitivo limitato alle valutazione dei soli elementi relativi alle esigenze cautelari. Il giudizio sul punto espresso dal giudice del riesame - al di là della confusa articolazione di dati significati, quali l'indicazione dei reati per i quali vi è stata condanna, l'entità della pena inflitta e la confusione di nomi degli imputati cui si fa riferimento - è assolutamente carente poiché, come già detto, oltre alla corretta e specifica esposizione delle ragioni poste a fondamento delle esigenze cautelari, manca ogni dato di concretezza e attualità e il benché minimo riferimento ai criteri per i quali non si è ritenuta idonea altra misura diversa dalla custodia in carcere a soddisfare l'esigenze cautelari. Specificità, concretezza e attualità delle esigenze cautelari costituiscono ormai elementi di valutazione incontrovertibili che la Corte costituzionale/^ ritenuto essere irrinunciabile dovere dei giudice di descrivere e valutare, escludendo automatismi collegati al titolo dei reati per i quali la custodia è disposta C.cost. 21 luglio 2010, numero 265 12 maggio 2011, numero 164 22 luglio 2011 numero 131 . Con tali pronunce, nel cancellare con riferimento a specifici reati la presunzione assoluta di pericolosità, si richiede sempre al giudice di considerare l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che l'esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure. Ne discende che il giudice, sia nel momento in cui è chiamato a emettere la misura che in quello in cui è chiamato di riesaminare la correttezza dell'ordinanza emessa, deve sempre esprimersi con specifico riferimento a caso concreto e valutare, anzitutto, se ricorrano le condizioni per adottare la misura richiesta e quale sia la misura che risponda, sulla base di altrettanto specifici elementi concreti e attuali, al criterio di adeguatezza . Le valutazioni espresse nell'ordinanza impugnata, al di là di generiche e assertive enunciazioni prive di ogni specifico e concreto apprezzamento rispetto a quelle espresse dal giudice cautelare, sono prive di tali connotazioni e non consentono di effettuare a questa Corte appropriata valutazione di legittimità. 3. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio per un nuovo esame da svolgere nel rispetto dei principi e delle regole dianzi precisate. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Lecce. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p