L’acquirente di un immobile ha voluto avvalersi delle azioni possessorie per ottenere la disponibilità del bene, ma avrebbe dovuto fornire la prova di un concreto esercizio del possesso, non essendo sufficiente la sola esibizione del titolo di acquisto.
Il trasferimento della proprietà può essere disgiunto da quello del possesso. Di conseguenza, l’acquirente di un immobile, qualora voglia avvalersi delle azioni possessorie, è tenuto, in caso di contestazione da parte del convenuto, a fornire la prova di un concreto esercizio del possesso, non essendo a tal fine sufficiente la sola esibizione del titolo di acquisto. Questo è il principio giurisprudenziale seguito dalla Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza numero 1219/12, depositata il 27 gennaio scorso. Il caso. Un uomo acquista la nuda proprietà di un immobile. Dopo la morte del venditore vorrebbe poter godere del bene, ma la cosa non sembra possibile. Una delle figlie del de cuius, infatti, sostiene di essere la proprietaria dell’appartamento, tant’è che aveva pure stipulato un contratto di locazione con una donna alla quale aveva ceduto una stanza. L’uomo decide allora di agire in giudizio chiedendo di essere reintegrato nel possesso del bene, consolidatosi, a suo dire, alla morte del venditore. Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda decidendo per il reintegro del ricorrente nel compossesso. La sentenza scontenta tutte le parti che propongono appello. La Corte territoriale ribalta il precedente giudizio e, appurato che la presenza nell’appartamento della donna conduttrice della stanza era da collocare in epoca antecedente al decesso del venditore e che l’attore non aveva mai conseguito il possesso dell’immobile, evidenzia come, nel caso di specie, manchino i presupposti per la tutela possessoria. L’uomo ricorre infine in Cassazione lamentando la mancata tenuta in considerazione da parte della Corte territoriale delle prove testimoniali, da queste sarebbe dovuto emergere il fatto che il ricorrente avrebbe avuto modo di entrare più volte nell’appartamento. Inoltre, a detta dell’uomo, il conseguimento automatico della piena proprietà del bene al decesso del venditore avrebbe dovuto comportare anche l’acquisto di tutte le facoltà a questa connesse, tra cui il possesso. La proprietà non implica necessariamente il possesso. Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte approfitta per far chiarezza sull’istituto in questione e sulla legittimazione alla tutela. I giudici, infatti, si premurano di ricordare come sia lo stesso codice a definire «il possesso come un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, accompagnata dall’hanimus rem sibi habendi». Il potere sulla cosa, dunque, presuppone la materiale apprensione unilaterale. Il possesso poi, si può perdere per rinunzia, per subito spoglio o volontaria consegna, per abbandono o perimento o restituzione della cosa. Da quanto ricordato finora consegue che legittimato alla tutela possessoria sia soltanto il possessore o il detentore qualificato del bene. La Corte territoriale ha dunque operato correttamente ritenendo che, nel caso specifico, non si è verificata la consegna del bene. Il venditore, cedendo la nuda proprietà, non aveva comunque cessato di possedere l’immobile. Del resto, ben può aversi il trasferimento della proprietà disgiunto da quello del possesso, l’uno non implicando necessariamente l’altro. Chi propone l’azione a difesa del possesso deve fornire la prova dell’esercizio del potere di fatto. Infine, la Suprema Corte precisa come «l’acquirente di un immobile – il quale può sempre agire in via petitoria a tutela del suo diritto che assume violato – qualora voglia avvalersi delle azioni possessorie, è tenuto, in caso di contestazione da parte del convenuto, a fornire la prova di un concreto esercizio del possesso». Non è a tal fine però sufficiente la sola esibizione del titolo di acquisto che è soltanto idonea a rafforzare detta prova ad colorandam possessionem e non già a dimostrare il diritto di esercitare siffatto potere.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 novembre 2011 - 27 gennaio 2012, numero 1219 Presidente Piccialli – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con ricorso proposto ai sensi dell'articolo 1168 c.c., depositato dinanzi al Pretore di Roma, F R. evocava in giudizio D.L.R. e F G. e premesso di avere acquistato la nuda proprietà di immobile sito in OMISSIS da A D.L. , con atto notarile del 1.10.1994, consolidatoci possesso alla morte del D.L. , chiedeva di essere reintegrato nel possesso del bene di cui R D.L. rivendicava la proprietà quale erede del de cuius, tanto da avere concluso contratto di locazione con la G. , cedendole una stanza. Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza delle convenute, il giudice unico del Tribunale adito già Pretore , accoglieva parzialmente la domanda reintegrando il ricorrente nel compossesso dell'appartamento. In virtù di rituale appello interposto dal R. , con il quale lamentava che il giudice di prime cure avesse riconosciuto il solo compossesso dell'immobile, la Corte di appello di Roma, nella resistenza delle appellate, le quali proponevano anche appello incidentale, rigettava il gravame principale e in accoglimento di quello incidentale, respingeva la domanda proposta dal ricorrente. A sostegno dell'adottata sentenza la corte distrettuale evidenziava che dalle prove raccolte emergeva che la presenza della G. era da collocare in epoca antecedente al decesso di D.L.A. e che l'appellante non aveva mai conseguito il possesso dell'immobile, per cui pur dovendosi ritenere irrilevanti nell'instaurato giudizio possessorio i profili petitori relativi a pretesi diritti ereditari vantati dall'appellata D.L. , nessuna tutela possessoria poteva essere prestata all'appellante in difetto dei presupposti, ossia l'avere subito uno spoglio violento o clandestino. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il R. , che risulta articolato su un unico motivo, al quale ha resistito la D.L. con controricorso, mentre la G. non si è costituita. Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 cpc. Motivi della decisione Con unico motivo il ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere la corte distrettuale tenuto conto delle prove testimoniali da cui emergeva che egli aveva avuto modo di entrare nell'appartamento, delle volte anche insieme all'altra figlia del de cuius, dalla morte di quest'ultimo fino al momento in cui egli aveva trovato la serratura della porta di ingresso dell'appartamento sostituita. D'altro canto il ricorrente aveva conseguito automaticamente la piena proprietà del bene al decesso del D.L. , con tutte le facoltà ad essa connesse, quali il possesso dell'appartamento. Il ricorso è infondato. Premesso che l'articolo 1140 c.c., definisce il possesso come un potere di fatto sulla cosa corpus che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, accompagnata dall'hanimus rem sibi habendi, il potere sulla cosa presuppone il c.d. impossessamento, che si realizza innanzi tutto mediante apprensione materiale unilaterale. Il possesso si può perdere per rinunzia mediante comportamenti concludenti, per subito spoglio o volontaria consegna, abbandono o perimento o restituzione della cosa v. Cass. 7 gennaio 1992 numero 39 . Legittimato alla tutela possessoria, che dal punto di vista sostanziale, è assoluta ed incondizionata erga omnes contro gli atti di spoglio e di molestia, e, dal punto di vista processuale, è improntata ad estrema urgenza, è soltanto il possessore o il detentore qualificato del bene. Dunque pur vero che nel giudizio possessorio l'esame dei titoli è consentito non già per pronunciare sui diritti che possono derivarne, ma solo ad colorandam possessionem, cioè per trame elementi di convincimento sull'esistenza, le modalità e i limiti del possesso o del compossesso. Nella specie è agevole osservare che la corte di merito ha ben considerato che quando taluno venda la sola nuda proprietà di un proprio immobile, con ciò riservando per sé l'usufrutto, pur garantendone all'acquirente la libertà da diritti di terzi, non corrisponde anche il trasferimento del possesso del bene medesimo. Va precisato che con l'atto notarile del 1.10.1994 R.F. ha acquistato la proprietà dell'immobile, rimasto l'usufrutto in capo ad A D.L. , che già lo abitava, dunque senza alcuna immissione nella materiale disponibilità dell'acquirente del bene, esercitato il diritto di ius possessonis dal venditore. Infatti, può aversi il trasferimento della proprietà disgiunto da quello del possesso, l'uno non implicando necessariamente l'altro Cass. 4 marzo 1993 numero 2660 Cass. 11.10.89 numero 4057 , anche se esso costituisce effetto naturale del contratto di compravendita Cass. 11.1.08 numero 569, 28.8.93 numero 9134, 16.3.84 numero 1808, 4.8.77 numero 3504, 9.11.70 numero 2310, 17.8.68 numero 2854 , ma può non verificarsi, ove risulti dimostrato, come nella specie, che il venditore non abbia trasferito il possesso del bene ceduto, mantenendo il diritto ad esercitare il diritto di jus possessionis. La compravendita, infatti, non Xcontratto immediatamente traslativo della disponibilità concreta della cosa in essa il consenso non produce effetti reali sulla disponibilità stessa, poiché l'articolo 1476 c.c. considera la consegna della cosa venduta come oggetto di una specifica obbligazione del venditore derivante dalla conclusione del contratto v. Cass. 18 marzo 1981 numero 1613 . Correttamente, quindi, la Corte d'appello ha ritenuto, all'evidenza, non verificatesi la consegna nella specie, per non avere il venditore cessato di possedere contemporaneamente alla cessione dell'immobile, per cui doveva esserne offerta prova. A tal fine non risulta provata dal ricorrente che l'intervenuta sostituzione delle chiavi della porta di ingresso dell'appartamento sia avvenuta ovvero sia avvenuta per sua iniziativa. D'altro canto considerato che il R. ha agito in sede possessoria e che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il proprietario-possessore, spogliato dal possesso, il quale, anziché avvalersi dell'azione petitoria di revindica, chieda la tutela in via interdettale, ha l'onere - incombente a qualunque possessore - di fornire la prova dello ius possessionis , ossia dell'esercizio di un potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, per il che non è sufficiente l'esibizione del titolo d'acquisto idoneo soltanto a rafforzare detta prova ad colorandam possessionem e non già a dimostrare il diritto di esercitare siffatto potere. Pertanto l'effettivo esercizio del potere di fatto sulle cose, che costituisce materia di onere probatorio per chi propone l'azione di manutenzione recuperatoria, non può desumersi dalla sola produzione del titolo da cui deriva il diritto di proprietà o altro diritto reale, potendo tale produzione servire soltanto a deliberare la qualità del possesso già accertato. Del pari l'acquirente di un immobile – il quale può sempre agire in via petitoria a tutela del suo diritto che assume violato - qualora voglia avvalersi delle azioni possessorie, è tenuto, in caso di contestazione da parte del convenuto, a fornire la prova di un concreto esercizio del possesso, posto che la sola esibizione dei titolo di acquisto è idonea soltanto a rafforzare detta prova ad colorandam possessionem in tali sensi, Cass. 23 marzo 2004 numero 5760 . Nulla di tutto ciò si è nella specie verificato, alla stregua degli accertamenti di fatto eseguiti nell'opportuna sede. Le spese di lite seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.