Fallimento dichiarato prima del 2006? Sì alla cancellazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale

E’ illegittima l’iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza dichiarativa di fallimento, anche se pronunciata anteriormente al d.lgs. numero 5/2006.

Riforma del fallimento e iscrizione nel casellario giudiziale. Con la sentenza numero 9966 depositata il 9 marzo 2015, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito il principio di diritto in base al quale è illegittima l’iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza dichiarativa di fallimento anche se pronunciata anteriormente al d.lgs. numero 5/2006. Ciò in base ad un’estensione analogica dell’interpretazione offerta dalla stessa Corte in materia, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale avvenuta con la sentenza numero 39/2008. Nel caso di specie, il Tribunale territoriale, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva rigettato l’istanza del ricorrente per ottenere l’eliminazione dal certificato del casellario giudiziale dell’iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei suoi confronti nel 2000. Infatti, a giudizio del Tribunale, in conformità a principi espressi dalla Suprema Corte, a seguito della abrogazione dell’istituto della riabilitazione del fallito, nel certificato generale e nel certificato civile del casellario giudiziale rilasciati a richiesta dell’interessato non doveva essere più menzionata la sentenza dichiarativa di fallimento, a meno che la procedura fallimentare, essendo ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa, dovesse essere definita secondo la legge anteriore. Analogamente l’abrogazione della norma che prevedeva l’iscrizione nel casellario giudiziario dei provvedimenti giudiziari dichiarativi del fallimento, di omologazione del concordato fallimentare, di chiusura del fallimento e di riabilitazione del fallito, con decorrenza dal 1 gennaio 2008 doveva applicarsi anche ai fallimenti chiusi in data anteriore. Da qui il rigetto dell’istanza che produce il ricorso per cassazione da parte del richiedente per inosservanza ed erronea applicazione della normativa applicata nel giudizio. Mancato coordinamento delle norme vigenti nei diversi settori. In buona sostanza, secondo il ricorrente, il mancato coordinamento tra le norme di riforma della disciplina del fallimento ed il testo unico delle norme in materia di casellario giudiziale doveva trovare una soluzione a livello interpretativo idonea ad eliminare la disparità di trattamenti tra soggetti dichiarati falliti dopo la riforma del 2006 e i soggetti - tra i quali lo stesso ricorrente – dichiarati falliti anteriormente, nei confronti dei quali non erano più consentite né la riabilitazione la esdebitazione. Come si è visto, la Corte di Cassazione accoglie la richiesta del ricorrente adeguandosi a quanto indicato già dalla Corte Costituzionale nel 2008 e anche dalla Corte EDU nel 2006. Secondo quanto prospettato dai giudici di Piazza Cavour , è dato certo che le sentenza dichiarative di fallimento non debbano più essere iscritte nel casellario giudiziario, essendo la pubblicità garantita in ogni caso dall’iscrizione nel registro delle imprese. D’altra parte non possono conseguire più effetti personali dal fallimento che permangano dopo la chiusura dello stesso. In definitiva, l’iscrizione nel casellario giudiziale che serviva a documentare e a estendere gli effetti appena richiamati non ha più ragione di permanere dopo l’abrogazione e la declaratoria di illegittimità costituzionale ex tunc di tale forma di pubblicità. Inoltre, l’abrogazione, sempre con effetto ex tunc, della riabilitazione civile, priva il fallito anche della possibilità di avere attestazione di comportamenti che in qualche modo potevano valere a bilanciare l’annotazione del fallimento. Conclusioni della Corte Costituzionale e della Corte EDU . Gli Ermellini “vanno oltre” nel loro ragionamento condividendo la conclusione a cui sono pervenute la Corte EDU e la Corte Costituzionale, nel senso di ritenere che il permanere, per i fallimenti pregressi alla data di entrata in vigore della normativa e dopo la loro chiusura, di un’iscrizione che serviva a rappresentare un’ “onta”, senza che da essa potesse conseguire alcun effetto, ma senza poter dare atto che era stata emendata, apparisse del tutto privo di giustificazione razionale ed inutilmente discriminatorio se paragonato alla disciplina a regime. Le medesime argomentazioni, secondo i giudici del Palazzaccio ben possono essere utilizzate anche nel caso di specie, anche nei confronti di chi, come il ricorrente, alla data del 1 gennaio 2008 era già stato dichiarato fallito, ancorché nell’ambito di una procedura non formalmente chiusa. Una volta affermata – si legge nella sentenza in commento – la non iscrivibilità dei provvedimenti che dichiarano fallito l’imprenditore, appare logicamente consequenziale la cancellazione di tutte le iscrizioni già effettuate prima della citata data del 1.1.2008 che attengano ad una procedura chiusa o ancora pendente. Risulterebbe del tutto irragionevole discriminare, nell’ambito della medesima categoria dei fallimenti chiusi dopo il 1.1.2008, solo quelli con fase prefallimentare chiusa prima di quella data, così penalizzando ingiustamente una sola micro categoria di imprenditori. Da qui l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e l’eliminazione dal Casellario giudiziale della iscrizione della sentenza di fallimento pronunciata nei confronti del ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 novembre 2014 – 9 marzo 2015, numero 9966 Presidente Caiazzo – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13.1.2014, il Tribunale di Catanzaro in composizione monocratica, in funzione di Giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza avanzata da G.V. per ottenere l'eliminazione dal certificato del casellario giudiziale dell'iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Catanzaro in data 21.12.2000. Richiamando due massime tratte da altrettante decisioni di questa Corte la numero 40675/2008 e la numero 308/2010 , il Tribunale osservava - che, a seguito dell'abrogazione dell'istituto della riabilitazione del fallito, verificatasi con decorrenza dal 16.7.2006 per effetto della disciplina introdotta dal D. Lgs. 9.1.2006 numero 5, nel certificato generale e nel certificato civile del casellario giudiziale rilasciati a richiesta dell'interessato non doveva essere più menzionata la sentenza dichiarativa di fallimento, a meno che la procedura fallimentare, essendo ancora in corso al momento di entrata in vigore della nuova normativa, dovesse essere definita secondo la legge anteriore - che l'abrogazione dell'articolo 3 lett. q del D.P.R. 14.11.2002 numero 313 - che prevedeva l'iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti giudiziari dichiarativi del fallimento, di omologazione del concordato fallimentare, di chiusura del fallimento e di riabilitazione del fallito - disposta dall'articolo 21 del D. Lgs. numero 169 del 12.9.2007 con decorrenza dalli.1.2008, doveva applicarsi anche ai fallimenti chiusi in data anteriore - che, pertanto, non risultando ancora chiusa la procedura fallimentare nei confronti del G. , la sua istanza doveva essere rigettata. 2. Ha proposto personalmente ricorso per cassazione G.V. , denunciando inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs. 9.1.2006, numero 5, articolo 128. Secondo il ricorrente, il mancato coordinamento fra il D.P.R. 14.11.2002 numero 313, recante il testo unico delle norme in materia di casellario giudiziale e il D. Lgs. 9.1.2006 numero 5, attuativo della riforma della disciplina delle procedure concorsuali, nonché del successivo D. Lgs. rettificativo 12.9.2007 numero 169, doveva trovare una soluzione a livello interpretativo, secondo una prospettiva costituzionalmente orientata, idonea ad eliminare disparità di trattamento tra soggetti dichiarati falliti dopo la riforma del 2006 e i soggetti, tra i quali esso ricorrente, dichiarati falliti prima, nei confronti dei quali non erano più consentite né la riabilitazione, né la esdebitazione. In tale direzione andavano le sentenze della Corte Costituzionale numero 39 del 27.2.2008, della Corte EDU del 23.3.2006 nel caso VITIELLO c/Italia e, infine, di questa Suprema Corte numero 308/2010. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto. 2. Occorre procedere, preliminarmente, a una ricostruzione delle disposizioni normative succedutesi nella materia d'interesse. 2.1. Il R.D. 16 marzo 1942, numero 267, articolo 50 e 142 cosiddetta Legge fallimentare , nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D. Lgs. 9 gennaio 2006, numero 5, e successive modificazioni, facevano automaticamente derivare dalla dichiarazione di fallimento e dalla conseguente iscrizione nel pubblico registro dei falliti la perdita dei diritti civili dell'interessato fino al passaggio in giudicato della sentenza di riabilitazione civile e alla pronuncia giudiziale di cancellazione dell'iscrizione nel registro. Mai istituito il Pubblico registro dei falliti , la pubblicità prevista dall'articolo 50 era realizzata dall'iscrizione nell'Albo dei falliti di cui all'articolo 697 del codice di commercio e dall'iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale, secondo le previsioni recepite nel D.P.R. numero 313 del 2002. La Corte di Strasburgo, con numerosissime pronunce molte addirittura seriali , cfr. ex plurimis, sentenze 23.3.2006, Vitiello c. Italia, ric. numero 77962/01 23.3.2006 Campagnano c. Italia, ric. numero 77955/01 23.3.2006, Albanese c. Italia, ric. numero 77924/01 , aveva ritenuto le disposizioni della legge fallimentare lesive dei diritti della persona, perché incidenti sulla possibilità di sviluppare le relazioni col mondo esteriore e foriere, quindi, di un'ingerenza non necessaria in una società democratica . Adeguandosi all'indicazione della Corte Europea, il legislatore, con il D. Lgs. 9 gennaio 2006, numero 5 entrato in vigore il 16.1.2006, ha inteso tracciare le linee di una riforma organica della disciplina del fallimento, e in tale contesto ha abrogato del R.D. numero 267 del 1942 l'articolo 50, sopprimendo così l'albo dei falliti, e ha riscritto gli articolo 142 - 144 del medesimo decreto che regolavano la riabilitazione civile del fallito, sostituendo a tale istituto quello dell'esdebitazione. 2.2. Una lettura sistematica della novella rendeva evidente che essa, ancor prima delle successive integrazioni correttive, aveva immediati riflessi sul regime delle iscrizioni nel casellario giudiziale e dei certificati rilasciabili certificato generale, certificato civile, certificato per ragioni di elettorato , a norma del D.P.R. numero 313 del 2002. Quanto alle iscrizioni, l'articolo 3, comma 1 lett. q , prevedeva che dovevano essere iscritti, per estratto i provvedimenti giudiziari che dichiarano fallito l'imprenditore quelli di omologazione del concordato fallimentare quelli di chiusura del fallimento quelli di riabilitazione del fallito la disposizione doveva dunque ritenersi implicitamente abrogata per la parte che faceva menzione della iscrizione della riabilitazione del fallito. Quanto ai certificati, l'articolo 24, comma 1, lett. n e l'articolo 26, comma 1, lett. b , prevedevano che nei certificati generale e civile da rilasciare a richiesta dell'interessato, ex articolo 23, o delle amministrazioni pubbliche, ex articolo 28 andassero riportate le iscrizioni esistenti nel casellario ad eccezione di quelle relative ai provvedimenti concernenti il fallimento, quando il fallito è stato riabilitato con sentenza definitiva . Abrogata la riabilitazione civile, e prevedendo la nuova disciplina che gli effetti personali del fallimento cessino tutti con la chiusura della procedura, doveva intendersi che, una volta divenuto definitivo il provvedimento che chiude il fallimento equiparato dunque a detti effetti alla riabilitazione , nei certificati non potevano più figurare le iscrizioni ad esso relative in tal senso, espressamente, Sez. 1A, numero 40513 del 2/10/2008, Gulleri . Quanto al certificato per ragioni di elettorato, poiché in esso vanno riportate le iscrizioni che incidono sul diritto elettorale, ai sensi del D.P.R. 20 marzo 1967, numero 223, articolo 2 e successive modificazioni , il D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 152, comma 1, lett. a abrogando del comma 1, di detto articolo, la lett. a che prevedeva che non sono elettori coloro che sono dichiarati falliti finché dura lo stato di fallimento, ma non oltre cinque anni dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento , aveva l'effetto di escludere che potesse riportarsi l'iscrizione della sentenza di fallimento. L'articolo 150 del Decreto, recante la disciplina transitoria, prevedeva tuttavia che i ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depositate prima dell'entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore . 2.3. È stato quindi emanato il D. Lgs. 12 settembre 2007, numero 169, integrativo e correttivo, in vigore dal 1 gennaio 2008, anch'esso d'intervento sistematico, che all'articolo 21, comma 1, ha espressamente disposto altresì la abrogazione delle norme del D.P.R. numero 313 del 2002 che si riferivano alla iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza di fallimento. Sono stati, in particolare, abrogati - il D.P.R. numero 313 del 2002, articolo 3, comma 1, lett. I , che, come detto, disciplinava la iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti giudiziari aventi ad oggetto la dichiarazione di fallimento - l'articolo 5, comma 2, lett. i , che, a sua volta, prevedeva la eliminazione della iscrizione della sentenza dichiarativa del fallimento solo in caso di intervenuta revoca definitiva dello stesso - l'articolo 24, comma 1, lett. n , e l'articolo 26, comma 1, lett. b , che, come detto, disciplinavano la non inseribilità nei certificati del casellario giudiziale della sentenza dichiarativa del fallimento in caso di riabilitazione - l'articolo 25, comma 1, lett. n , che prevedeva la non iscrizione nel certificato penale richiesto dall'interessato e tramite i rinvii degli articolo 23 e 28, dalle pubbliche amministrazioni delle sentenze di fallimento. Il medesimo articolo 21, comma 2, precisava che, per le procedure concorsuali aperte a far data dal 16 gennaio 2006, il richiamo, contenuto nel D.P.R. numero 313 del 2002, articolo 24, comma 1, lett. n , e articolo 26, comma 1, lett. b , all'istituto della riabilitazione deve intendersi riferito alla chiusura del fallimento . Ai sensi dell'articolo 22, comma 2, le disposizioni del decreto si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore . Le modifiche legislative sono state di conseguenza generalmente interpretate, anche sulla scorta della Relazione d'accompagnamento al decreto correttivo, come operanti solo per il futuro sia con riguardo alle ricadute dell'abrogazione del R.D. numero 267 del 1942, degli articolo 50 e 142, sia, più in particolare, in relazione alle modifiche recate alla disciplina delle iscrizioni nel Casellario giudiziale. È però intervenuta la Corte costituzionale, che, investita di questione di legittimità concernente i perduranti effetti del sistema di incapacità personali previgente, con la sentenza numero 39 del 2008, ha dichiarato la illegittimità costituzionale del R.D. numero 267 del 1942, dell'articolo 50 e dell'articolo 142 in quanto concernenti, il primo, la istituzione del Pubblico registro dei falliti e la previsione della permanenza delle, incapacità connesse allo status di fallito fin tanto che dura la predetta iscrizione e, il secondo, la cancellazione della iscrizione in questione e la cessazione delle ricordate incapacità solo a seguito della definitività della sentenza di riabilitazione, precisando, sulla scorta della giurisprudenza formatasi presso la Corte Europea dei diritti dell'uomo, che le norme suddette risultavano in contrasto con l'articolo 3 Cost. proprio là dove prevedevano che determinati effetti del fallimento, assunti come genericamente sanzionatori, permanessero anche dopo la chiusura del fallimento senza correlarsi alla protezione di interessi meritevoli di tutela . 2.4. Alla fine, anche il problema concernente l'asserita impossibilità di cancellare dal Casellario giudiziale la iscrizione di pregresse sentenze dichiarative del fallimento, se non in caso di revoca, è stato portato all'attenzione della Corte costituzionale. Ma questa volta, il Giudice delle leggi, alla luce del nuovo assetto normativo complessivamente formatosi anche grazie alla declaratoria d'illegittimità costituzionale appena ricordata, con l'ordinanza numero 87 del 2008 ha restituito gli atti al giudice rimettente invitandolo a valutare la perdurante rilevanza della questione sollevata, anche in considerazione di eventuali ulteriori prospettive interpretative costituzionalmente orientate analogo invito formulando, poi, con l'ordinanza numero 274 del 2008, in relazione alla non menzione dei provvedimenti concernenti fallimento pregresso nei certificati, generale e civile, del casellario giudiziale rilasciati a richiesta dell'interessato . 2.4.1. L'invito, ancorché indiretto, non può non essere accolto. È dato certo che le sentenze dichiarative di fallimento non debbono più essere iscritte nel casellario giudiziario, la pubblicità essendo in ogni caso assicurata dall'iscrizione nel registro delle imprese ex articolo 17 R.D. numero 672 del 1942 e successive modifiche. Dal fallimento non possono, d'altra parte, conseguire più effetti personali che permangono dopo la chiusura di fallimento. La iscrizione nel Casellario giudiziale, che serviva a documentare e a ostendere detti effetti e che rendeva operante la previsione dell'annotazione nel Pubblico registro previsto dal R.D. numero 267 del 1942, articolo 50 - mai attuato e che secondo la Dottrina viveva appunto mediante l'iscrizione nel Casellario giudiziale -, non ha ragione di permanere dopo l'abrogazione e la declaratoria d'illegittimità costituzionale, ex tunc , di tale forma di pubblicità e dei suoi effetti. L'abrogazione, sempre con effetto ex tunc , della riabilitazione civile, priva inoltre il fallito anche della possibilità di avere attestazione di comportamenti che in qualche modo potevano valere a bilanciare l'annotazione del fallimento. 2.5. Alla stregua della suesposta ricostruzione normativa e tenuto conto dei principi stabiliti dalla Corte EDU e dalla Corte Costituzionale, questa stessa Sezione, in due non lontane pronunce la numero 308 del 16.12.2009, dep. 8.1.2010, e la numero 8317 del 16.12.2009, dep. 3.3.2010 , è pervenuta alla condivisibile conclusione nel senso di ritenere che il permanere, per i fallimenti pregressi e dopo la loro chiusura, di un'iscrizione che serviva a rappresentare un' onta , senza che da essa potesse conseguire alcun effetto, ma senza poter dare atto che era stata emendata, apparisse del tutto privo di giustificazione razionale e inutilmente discriminatorio se paragonato alla disciplina a regime prima illustrata. Si è, in quelle decisioni, giustamente considerato che il dato formale, costituito dalle disposizioni transitorie del decreto correttivo, non appariva insuperabile, potendosi ritenere, seguendo la ratio decidendi di C. cost. numero 38 del 2008 e i moniti della Corte Europea in tema di incapacità personali del fallito che sopravvivono alla sentenza di fallimento, che occorreva distinguere tra irretroattività della novella quanto a presupposti, condizioni e svolgimento delle procedure concorsuali, da un lato immediata sua doverosa applicazione quanto a cessazione degli effetti personali all'atto della chiusura della procedura e, dunque, a eliminazione delle iscrizioni che a tali effetti erano collegate, dall'altro. 3. Ad avviso di questo Collegio, le medesime argomentazioni - utilizzate, in quel caso, in favore di un soggetto nei cui confronti, alla data di decorrenza del decreto correttivo numero 169/2007 1.1.2008 , la procedura fallimentare era chiusa - non possono che valere, in estensione analogica e in forza del principio di ragionevolezza, anche nei confronti di chi, come l'odierno ricorrente, alla data dell'I.1.2008 era già stato dichiarato fallito, ancorché nell'ambito di una procedura non formalmente chiusa. Occorre, invero, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata, superare i vuoti normativi circa l'arco temporale di efficacia delle norme abrogative, al fine di impedire evidenti disparità di trattamento. Una volta affermata la non iscrivibilità dei provvedimenti che dichiarano fallito l'imprenditore, appare logicamente conseguenziale la cancellazione di tutte le iscrizioni già effettuate prima della citata data dell'1.1.2008, che attengano a una procedura chiusa o, come nel caso del G. , ancora pendente. Sarebbe, infatti, del tutto irragionevole discriminare, nell'ambito della medesima categoria dei fallimenti chiusi dopo l'1.1.2008, solo quelli con fase prefallimentare chiusa prima di quella data posto che quelli con fase prefallimentare pendente e quelli aperti dopo l'1.1.2008 - che saranno, necessariamente, tutti chiusi dopo tale data - beneficiano espressamente delle norme abrogative , così penalizzando ingiustamente una sola microcategoria di imprenditori. Deve, quindi, statuirsi il seguente principio di diritto È illegittima l'iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza dichiarativa di fallimento anche se pronunciata anteriormente al D. Lgs. 9 gennaio 2006, numero 5 . 4. Discende dalle considerazioni sin qui svolte che il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio e deve essere ordinata l'eliminazione dal Casellario giudiziale della iscrizione della sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Catanzaro il 21.12.2000 nei confronti di G.V. . P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e, per l'effetto, ordina l'eliminazione dal Casellario giudiziale della iscrizione della sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Catanzaro il 21.12.2000 nei confronti di G.V. .