Qualora l’indennità di malattia, anticipata dal datore di lavoro risulti non dovuta, l’unico soggetto legittimato al recupero della prestazione indebitamente erogata è l’istituto previdenziale.
Il caso. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 23765/14 depositata lo scorso 7 novembre, ha ribadito un principio più volte affermato dalla Corte di legittimità in materia di indennità di malattia. A presentare ricorso per cassazione è una s.r.l. che si è vista rigettare, dalla Corte di appello di Bari, l’opposizione al decreto con la quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore di un dipendente, di indennità di malattia e TFR. Il soggetto legittimato al recupero della prestazione indebitamente erogata è l’INPS. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che l’unico soggetto legittimato al recupero della prestazione indebitamente erogata, «qualora l’indennità di malattia, anticipata dal datore di lavoro risulti non dovuta», è l’istituto previdenziale. Ed infatti – viene ribadito – la valutazione sulla sussistenza dei presupposti condizionanti le spettanze dell’indennità in questione – come le condizioni attinenti alla sussistenza della malattia o all’osservanza dell’obbligo di reperimento nelle fasce orarie - non può essere rimessa al datore di lavoro Cass., numero 12464/2003 . Mancato invio della certificazione. Proprio in applicazione di questo principio - concludono gli Ermellini - «l’eventuale mancato invio da parte del lavoratore all’INPS della certificazione attestante la malattia nel termine prescritto non può essere eccepita dal datore di lavoro per giustificare la mancata erogazione quale “adiectus solutionis causa” dell’indennità di malattia».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 23 settembre – 7 novembre 2014, numero 23765 Presidente Mammone – Relatore Ferrnandes Fatto e diritto La causa e stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 23 settembre 2014, ai sensi dell'articolo 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art 380 bis c.p.c. La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 7 giugno 2012, in riforma della decisione di prime cure, rigettava l'opposizione proposta dalla Icotrivel Demapo s.r.l. d'ora in poi Icotrivel avverso il decreto ingiuntivo con il quale le era stato ingiunto il pagamento in favore del dipendente N. A. della somma di euro 1.159,53 di cui euro 952,35 a titolo di indennità di malattia ed curo 207,18 per TFR. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la Icotrivel affidato a due motivi. Il N. e l'INPS sono rimasti intimati. Con il primo motivo di deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. con il secondo insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto che non competesse al datore di lavoro eccepire la mancanza di prova da parte del lavoratore di aver assolto all'onere di inviare all'INPS la certificazione medica attestante la malattia nel termine prescritto, trattandosi di questione che poteva essere fatta valere dall'istituto previdenziale , unico legittimato ad agire con l'azione di restituzione, in quanto titolare del rapporto obbligatorio. Viene evidenziato, infatti, che l'accoglimento della domanda avente ad oggetto l'indennità di malattia nei confronti del datore era subordinata 9719 prova dell'invio all'INPS della prescritta certificazione medica, prova che nel caso in esame non era stata fornita non potendosi attribuire alcun significato alla contumacia dell'INPS . Entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. L'impugnata sentenza ha esposto in modo ampio, esaustivo e privo di contraddizioni le ragioni per le quali era rimasto provato che la Icotrivel fosse obbligata a pagare al N. le somme richieste con l'opposto decreto ingiuntivo. In particolare, ha evidenziato in punto di fatto che il datore di lavoro non aveva contestato il fatto dell'assenza del lavoratore per malattia e che, sia pure implicitamente, aveva ammesso di non aver corrisposto le somme indicate a tale titolo in busta paga asserendo che unico soggetto obbligato alla detta prestazione sarebbe stato l'istituto previdenziale. Ha, quindi, sottolineato la infondatezza di tale assunto richiamando l'articolo 27 della contrattazione collettiva applicabile al rapporto di lavoro in esame secondo cui, durante l'assenza per malattia, l'imprenditore era tenuto ad erogare il trattamento relativo, calcolato secondo quanto lo stesso contratto prescriveva. Orbene, tali passaggi motivazionali non sono stati oggetto di alcuna censura nei motivi all'esame che, peraltro, non attingono neppure la ulteriore affermazione contenuta nella impugnata sentenza secondo cui il datore di lavoro era solo un adiectus solutionis causa atteso che la titolarità della relativa obbligazione previdenziale fa capo esclusivamente all'INPS che è l'unico soggetto obbligato ad erogarla. Il giudice del gravame ha, quindi, correttamente riportato il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui qualora l'indennità di malattia, anticipata dal datore di lavoro, risulti non dovuta, l'unico soggetto legittimato al recupero della prestazione indebitamente erogata è l'istituto previdenziale, non potendo essere rimessa al datore di lavoro alcuna valutazione sulla sussistenza dei presupposti condizionanti le spettanze dell'indennità in questione, quali le condizioni attinenti alla sussistenza della malattia o all'osservanza dell'obbligo di reperimento nelle c.d. fasce orarie. Cass. 25/08/2003 numero 12464 Cass., 4 giugno 1996, numero 5185 Cass., 8 gennaio 2003, numero 99 . E', quindi, evidente, in applicazione di detto principio, che l'eventuale mancato invio da parte del lavoratore o la mancata prova dell'invio all'INPS della certificazione attestante la malattia nel termine prescritto non può essere eccepita dal datore di lavoro per giustificare la mancata erogazione quale adiectus solutionis causa della indennità di malattia. Quanto alla censura di vizio di motivazione laddove l'impugnata sentenza ha ritenuto fondata la pretesa anche in relazione alle somme dovute a titolo di TFR, ne va rilevata la inammissibilità per carenza di autosufficienza del motivo non essendo stato riportato in quali termini i conteggi fossero stati contestati, e comunque, il mezzo finisce con il sollecitare una nuova valutazione del merito non consentita in questa sede cfr. Cass. 6288 del 18/03/2011 Cass. 10657/2010, Cass. 9908/2010, Cass. 27162/2009, Cass. 13157/2009, Cass. 6694/2009, Cass. 18885/2008, Cass. 6064/2008 . Sul punto la Corte di appello ha sottolineato come gli importi richiesti con il decreto ingiuntivo risultavano dalle buste paga in atti. Per quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell'articolo 375 cod. proc. civ., numero 5. Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. La Icotrivel ha depositato memoria ex articolo 380 bis c.p.c. le cui argomentazioni non valgono a scalfire il contenuto e le conclusioni della riportata relazione che il Collegio condivide va solo rilevato che l'INPS è stato parte del giudizio e che in ricorso non vengono riportati i termini in cui i conteggi erano stati contestati nella memoria di costituzione, come già osservato nella relazione . Va, pure, rilevato che l'INPS ha depositato procura, circostanza questa non riportata nella relazione. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato. Non di provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo il N. rimasto intimato e non avendo l'INPS svolto alcuna apprezzabile attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.