Il decisum in commento affronta il tema del requisito della forma scritta nei contratti bancari. Nello specifico si tratta di stabilire se la mancata dimostrazione dell’avvenuta stipulazione in forma scritta di un contratto di conto corrente bancario potesse o meno ritenersi sufficiente a giustificare la dichiarazione di nullità del contratto stesso, che, in quanto collegato a quello di apertura di credito, stipulato invece nella forma prescritta dalla legge, doveva considerarsi valido ed efficace e quindi idoneo a costituire il fondamento della pretesa avanzata dalla ricorrente, nella specie l’ammissibilità al passivo fallimentare del credito derivante da un contratto di apertura di credito concluso con atto notarile.
E, i giudici della Prima Sezione civile di Piazza Cavour, con la sentenza numero 20726 del primo ottobre 2014, nel solco della pregressa giurisprudenza di legittimità, Cass., numero 3637/1967 , precisano in primis che, la concessione di un’apertura di credito utilizzabile nell’ambito di un distinto rapporto di conto corrente non dà luogo ad un unico contratto, ma a due diversi contratti, aventi ad oggetto rispettivamente la creazione di una disponibilità a favore del cliente e lo svolgimento di un servizio di cassa da parte della banca sul presupposto dell’esistenza della predetta disponibilità, la cui strumentalità ad un unico risultato, rappresentato dalle somme messe a disposizione del correntista, pur determinando un fenomeno di collegamento tra negozi, non esclude l’autonomia strutturale degli stessi, in relazione alla quale dev’essere pertanto valutata anche l’intercomunicabilità delle relative vicende. E - concludono i Supremi giudici - nel caso de quo, la mancata dimostrazione dell’avvenuta stipulazione del contratto di conto corrente nella forma prescritta ad substantiam non si è affatto tradotta nell’affermazione della nullità anche del contratto di apertura di credito. Tale conclusione trova giustificazione nella causa del predetto contratto, la cui stipulazione, risolvendosi nella mera creazione di una disponibilità a favore del correntista, che può avvalersene in una o più riprese, ricostruirla totalmente o parzialmente o anche astenersi dall’utilizzarla, non comporta automaticamente l’insorgenza di un credito in favore della banca, ricollegabile esclusivamente all’effettivo prelievo della somma accreditata Cass., numero 18182/2004 . Il fatto. La vicenda si svolge nei seguenti termini un istituto bancario emiliano propone opposizione al passivo di un fallimento di una s.r.l. chiedendo che venga ammesso un credito risultante da un’apertura di credito concessa con atto notarile ed utilizzata nell’ambito di un distinto rapporto di conto corrente. Tuttavia il Tribunale di Parma rigetta l’opposizione sul rilievo che l’istituto bancario aveva dichiarato di non essere in possesso del contratto di conto corrente e precisando che ai sensi dell’articolo 117, d.lgs. numero 385/1993 tale contratto richiede la forma scritta ad substantiam. Avverso quest’ultima decisione la banca attua la tutela di legittimità, articolando tre distinti motivi di censura, cui si difende la curatela con controricorso. In particolare l’istituto di credito lamenta col secondo gravame, che il contratto di conto corrente bancario, in quanto stipulato nell’anno 2001, era soggetto alla disciplina dettata dall’articolo 3, legge numero 154/1992 e dalle disposizioni integrative adottate dal Ministro del tesoro con il decreto del 24 aprile 1992, nonché dalle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia il 24 maggio 1992, che escludevano la necessità della forma scritta per le operazioni ed i servizi già previsti da contratti stipulati per iscritto. E, gli Ermellini accolgono proprio il predetto gravame, cassando la decisione e rinviando al Tribunale parmigiano in diversa composizione. Il conto corrente di corrispondenza. E’ il contratto col quale la banca assume l'incarico di compiere, nei limiti della sua organizzazione, pagamenti o riscossioni di somme per conto del cliente e dietro suo ordine, diretto o indiretto. Caratteristica dell'operazione è l'esistenza o la creazione di una disponibilità del cliente presso la banca, la quale svolge un servizio di cassa, provvedendo ad operazioni per conto del cliente e dietro suo ordine tali movimenti sono annotati sul conto in addebito ed in accredito ed il saldo è in ogni momento a disposizione del correntista. La complessità delle operazioni economiche che possono confluire in un conto corrente rende complessa la sua qualificazione. Frequentemente accade che contratti diversi come l’apertura di credito, il deposito e lo stesso conto corrente di corrispondenza confluiscano in un unico conto corrente ogni operazione bancaria rimane distinta ed autonoma, conserva la disciplina che le è propria, sì che uno o più dei diversi rapporti si può estinguere pur rimanendo aperto il conto per la prosecuzione delle differenti operazioni. Il “collegamento negoziale” fra il contratto di conto corrente e quello di apertura di credito. Il rapporto fra conto corrente e apertura di credito lascia inalterata l’autonomia della stessa e fa pensare, più che ad un conto corrente bancario con particolare clausola, allo schema del collegamento negoziale. Quest’ultimo, in accordo con la giurisprudenza dominante, non dà luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che non si realizza per mezzo di un singolo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, finalizzati ad un unico regolamento dei reciproci interessi, ma aventi ciascuno una causa autonoma, con la conseguenza che, pur creandosi un vincolo di reciproca dipendenza, in virtù del quale le vicende relative all’invalidità, all’inefficacia ed alla risoluzione dell’uno possono ripercuotersi sugli altri, ciascuno di essi conserva una propria distinta individualità giuridica. La possibilità di derogare alla forma scritta per il contratto di conto corrente. L’articolo 117, d.lgs. numero 385/93 cosiddetto T.U.B. nel prevedere a pena di nullità l’obbligo di stipulare per iscritto i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e bancari, ha tuttavia rimesso al CICR Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio la facoltà di prevedere per particolari contratti, la stipulazione in altra forma. Detta facoltà ha trovato attuazione dapprima con il decreto del Ministro del Tesoro del 24 aprile 1992 e con la Circolare della Banca d’Italia del 24 maggio 1992 e poi con la delibera del CICR del 4 marzo 2003 e con le Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia le quali hanno previsto che l’adozione della forma scritta non è obbligatoria. Le succitate norme integrano il precetto legislativo e, nei limiti consentiti dalla legge stessa, vi derogano, con la conseguenza che hanno natura di atti normativi, sia pur non di rango primario e debbono pertanto essere conosciute d’ufficio dal giudice, secondo il principio iura novit curia Cass., numero 14470/2005 . Dal 1992 a tutt’oggi le disposizioni della Banca d’Italia, a tanto autorizzata dal CICR, hanno sempre previsto, pur nel variare dei testi normativi, che non fosse richiesta la forma scritta per i contratti relativi ad operazioni e servizi già previsti in contratti redatti per iscritto, tra cui il contratto di conto corrente di corrispondenza, in base alla considerazione che costituisce sufficiente garanzia per il cliente che il contenuto normativo del contratto sia redatto per iscritto, mentre poi la sua concreta stipulazione, alle condizioni riportate nel contratto scritto, potrà avvenire in altra forma nel rispetto delle esigenze di celerità ed operatività che taluni tipi di contratti esigono.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio – 1 ottobre 2014, numero 20726 Presidente Ceccherini – Relatore Mercolino Svolgimento del processo 1. - La Cassa di Risparmio di Bologna S.p.a. propose opposizione allo stato passivo del fallimento della Agrofin S.r.l., chiedendo, tra l'altro, l'ammissione al passivo di un credito di Euro 7.116.113,75, derivante da un'apertura di credito concessa con atto per notaio Angelo Busani del 3 settembre 2001 ed utilizzata sul conto corrente numero . 2. - Con decreto del 20 giugno 2007, il Tribunale di Parma ha rigettato l'opposizione. Premesso, per quanto ancora rileva in questa sede, che la Cassa aveva dichiarato di non essere in possesso del contratto di conto corrente, e precisato che ai sensi dell'articolo 117 del d.lgs. 1 settembre 1993, numero 385 tale contratto richiede la forma scritta ad substantiam, il Tribunale ha ritenuto inammissibile la prova testimoniale dedotta dalla Cassa per provarne l'esistenza, rilevando che le circostanze articolate non erano idonee a dimostrare lo smarrimento incolpevole del relativo documento, ed aggiungendo che il contratto non risultava menzionato neppure nell'atto notarile con cui era stata concessa l'apertura di credito. 3. - Avverso il predetto decreto la Cassa di Risparmio ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato con memoria. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo d'impugnazione, la Cassa di Risparmio denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1350, 1418, 1823 e 1852 cod. civ. e dell'ari 117 del d.lgs. numero 385 del 1993, sostenendo che, nel rigettare la domanda di ammissione al passivo, in virtù della mancanza di prova scritta del contratto di conto corrente, la Corte di merito non ha considerato che la nullità di quest'ultimo non si estendeva al contratto di apertura di credito, il quale, pur essendo collegato a quello di conto corrente, conservava la propria autonomia, e pertanto, essendo dotato dei requisiti formali prescritti dalla legge, non poteva essere travolto dal vizio riguardante l'altro contratto. 2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1418, 1823 e 1852 cod. civ., dell'articolo 3 della legge 17 febbraio 1992, numero 154, degli articolo 117 e 161 del d.lgs. numero 385 del 1993, del decreto del Ministro del tesoro del 24 aprile 1992, delle istruzioni impartite dalla Banca d'Italia il 24 maggio 1992 e della delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 4 marzo 2003, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato la nullità del contratto di conto corrente, per mancanza del requisito della forma scritta, senza considerare che esso era destinato all'esecuzione del contratto di apertura di credito, concluso con atto notarile. Afferma infatti che, in quanto stipulato nell'anno 2001, il contratto era soggetto alla disciplina dettata dall'articolo 3 della legge numero 154 del 1992 e dalle disposizioni integrative adottate dal Ministro del tesoro con il predetto decreto, nonché dalle indicate istruzioni della Banca d'Italia, che escludevano la necessità della forma scritta per le operazioni ed i servizi già previsti da contratti stipulati per iscritto. 3. - In ordine alle predette censure, non merita accoglimento l'eccezione sollevata dal curatore del fallimento, secondo cui le questioni proposte dalla ricorrente non possono trovare ingresso in sede di legittimità, non essendo state trattate nei precedenti gradi di giudizio, nei quali la Cassa di Risparmio si è limitata a far valere l'avvenuta stipulazione in forma scritta del contratto di conto corrente l'im-proponibilità, nel giudizio di cassazione, di questioni non dibattute nelle precedenti fasi processuali opera infatti esclusivamente in riferimento ai temi di contestazione che presuppongano nuove indagini o valutazioni di fatto, e non si estende pertanto alle questioni che, lasciando immutati i termini in fatto della controversia, introducano, come nella specie, nuovi profili di diritto cfr. Cass., Sez. I, 26 marzo 2012, numero 4787 14 ottobre 2005, numero 20005 5 luglio 2002, numero 9812 . 3.1. - Il primo motivo è peraltro infondato, mentre dev'essere accolto il secondo motivo. È pur vero, infatti, che la concessione di un'apertura di credito utilizzabile nell'ambito di un distinto rapporto di conto corrente non da luogo ad un unico contratto, ma a due diversi contratti, aventi ad oggetto rispettivamente la creazione di una disponibilità a favore del cliente e lo svolgimento di un servizio di cassa da parte della banca sul presupposto dell'esistenza della predetta disponibilità cfr. Cass., Sez. I, 30 ottobre 1968, numero 3637 , la cui strumentalità ad un unico risultato, rappresentato dall'utilizzazione delle somme messe a disposizione del correntista, pur determinando un fenomeno di collegamento tra negozi, non esclude l'autonomia strutturale degli stessi, in relazione alla quale dev'essere pertanto valutata anche l'intercomunicabilità delle relative vicende. Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il collegamento negoziale non da luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che non si realizza per mezzo di un singolo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, finalizzati ad un unico regolamento dei reciproci interessi, ma aventi ciascuno una causa autonoma, con la conseguenza che, pur creandosi un vincolo di reciproca dipendenza, in virtù del quale le vicende relative all'invalidità, all'inefficacia ed alla risoluzione dell'uno possono ripercuotersi sugli altri, ciascuno di essi conserva una propria distinta individualità giuridica cfr. Cass., Sez. III, 10 luglio 2008, numero 18884 12 luglio 2005, numero 14611 Cass., Sez. I, 25 agosto 1998, numero 8410 . Nella specie, tuttavia, la mancata dimostrazione dell'avvenuta stipulazione del contratto di conto corrente nella forma prescritta ad substantiam non si è affatto tradotta nell'affermazione della nullità anche del contratto di apertura di credito, del quale la sentenza impugnata non ha negato in alcun modo la validità ed efficacia, essendosi invece limitata ad escluderne la sufficienza ai fini della prova del credito fatto valere dalla ricorrente. Tale conclusione trova giustificazione nella causa del predetto contratto, la cui stipulazione, risolvendosi nella mera creazione di una disponibilità a favore del correntista, che può avvalersene in una o più riprese, ricostituirla totalmente o parzialmente o anche astenersi dall'utilizzarla, non comporta automaticamente l'insorgenza di un credito in favore della banca, ricollegabile esclusivamente all'effettivo prelievo della somma accreditata cfr. Cass., Sez. I, 9 settembre 2004, numero 18182 Cass., Sez. Unumero , 24 febbraio 1986, numero 1088 14 dicembre 1981, numero 6594 . In quanto regolata in conto corrente, l'utilizzazione della predetta somma presuppone peraltro la validità del relativo contratto, la cui mancata dimostrazione non può non riflettersi sull'accertamento del credito fatto valere dalla banca, ai fini del quale, pertanto, correttamente il Tribunale ha ritenuto insufficiente la prova dell'avvenuta concessione dell'apertura di credito nella forma prescritta dalla legge. 3.2. - La sentenza impugnata non può essere tuttavia condivisa nella parte in cui ha dichiarato la nullità del contratto di conto corrente per inosservanza della forma prescritta dall'articolo 117 del d.lgs. numero 385 del 1993. Nel prevedere che i contratti bancari devono essere stipulati per iscritto, a pena di nullità, la predetta disposizione fa infatti salva l'adozione delle diverse forme eventualmente consentite, per particolari contratti e per motivate ragioni tecniche, dal Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, le cui prescrizioni condizionavano peraltro l'applicabilità della stessa disposizione di legge, destinata ad entrate in vigore, ai sensi dell'articolo 161, secondo comma, del medesimo decreto, soltanto a seguito dell'emanazione dei provvedimenti demandati alle autorità creditizie. In quanto adottati con deliberazione del 4 marzo 2003, tali provvedimenti non sono riferibili al contratto in esame, che, essendo stato stipulato il 19 aprile 2000, non può quindi ritenersi soggetto neppure alla disciplina introdotta dall'articolo 117 cit., dovendo invece trovare applicazione, ai sensi dell'articolo 161 cit., quella precedentemente dettata dalla legge numero 154 del 1992 quest'ultima, all'articolo 3, imponeva a sua volta l'obbligo della forma scritta per la stipulazione dei contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari, prevedendo tuttavia, al comma terzo, che, su conforme delibera del CICR, la Banca d'Italia potesse dettare, per motivate ragioni tecniche, particolari modalità per la forma dei contratti relativi a determinate categorie di operazioni e servizi. Tali modalità sono state disciplinate con provvedimento del 24 maggio 1992, che, nel dettare istruzioni per l'attuazione della legge numero 154 cit., al punto 3 ha confermato l'applicabilità della forma scritta per tutti i contratti relativi alle operazioni ed ai servizi, escludendone tuttavia l'obbligatorietà per quelli già previsti in contratti redatti per iscritto, ed indicando, a titolo esemplificativo, proprio il conto corrente di corrispondenza. Il mancato richiamo di tali istruzioni nelle precedenti fasi processuali non ne impedisce l'applicazione in questa sede, trattandosi di disposizioni che, in quanto volte ad integrare la disciplina legale, e potendo derogarvi nei limiti dalla stessa consentiti, si configurano come norme di rango secondario, alle quali il giudice è tenuto a conformarsi anche d'ufficio, in ossequio al principio jura novit curia cfr. Cass., Sez. I, 9 luglio 2005, numero 14470 . In applicazione della predetta disposizione, la mancata dimostrazione dell'avvenuta stipulazione in forma scritta non poteva pertanto considerarsi sufficiente a giustificare la dichiarazione di nullità del contratto di conto corrente, che, in quanto collegato a quello di apertura di credito, stipulato invece nella forma prescritta dalla legge, doveva considerarsi valido ed efficace, e quindi idoneo a costituire il fondamento della pretesa avanzata dalla ricorrente. 4. - La sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito il terzo motivo, con cui la Cassa di Risparmio ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articolo 2724 numero 3 e 2725 cod. civ. e degli articolo 115 e 183, quinto comma, cod. proc. civ., nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la prova testimoniale dedotta in ordine all'esistenza del contratto di conto corrente. 5. - La causa va conseguentemente rinviata al Tribunale di Parma, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Parma, anche per la liquidazione delle spese processuali.