Omesso avviso bonario: cartella valida

In caso di imposte dichiarate ma non versate, è legittima la cartella di pagamento non preceduta dalla notifica al contribuente dell’avviso bonario.

Ok alla cartella di pagamento senza la notifica dell’avviso bonario al contribuente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 8137/2012, depositata il 23 maggio. Il caso. Il giudice del gravame ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale era stata annullata la cartella di pagamento notificata da Equitalia, a seguito di controllo formale della dichiarazione fiscale nel 2002, per l’anno d’imposta 2001, in relazione all’IRAP all’IRPEF e all’IVA. Alla base della citata conferma, il mancato invio al contribuente dell’invito bonario previsto dall’articolo 6, L. numero 212/2000. La fattispecie in esame non riguardava un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione dei redditi determinato, ad esempio, da errori materiali e di calcolo, da indebiti scomputi di ritenute d’acconto, da detrazioni d’imposta o esclusione di oneri indebitamente dedotti , né sussisteva alcun dubbio e/o incertezza sul contenuto della dichiarazione medesima vale a dire sui dati e gli elementi direttamente desumibili , ma interessava unicamente l’omissione e/o la carenza dei versamenti. La comunicazione è necessaria? Avverso la sentenza del giudice del gravame , ha proposto ricorso Equitalia,sulla base di due distinte censure. In particolare, l’Agente della riscossione ha evidenziato la violazione della Legge numero 212/2000, articolo 6, comma 5, poiché la comunicazione dell’esito della liquidazione si rende necessaria solo se dal controllo automatico emerga un risultato differente da quello dichiarato, il che non avviene qualora il Fisco si limiti alla riscossione «d’imposte dichiarate e non versate» nonché la violazione del d.p.r. numero 600/73, articolo 36-bis, comma 3, poiché tale disposizione non prescrive alcuna conseguenza in caso di omissione della comunicazione di irregolarità. Legittima la cartella di pagamento non preceduta dalla comunicazione dell'esito della liquidazione. La Sezione Tributaria, in accoglimento del ricorso dell’Agente della riscossione, ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata, condannando il contribuente alle spese. Il giudice di legittimità ha ribadito che è ius recptum che «l'emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt.36 bis, comma 3, d.p.r. numero 600/1973 in materia di tributi diretti e 54 bis, comma 3, d.p.r. numero 633/1972 in materia di IVA non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell'esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l'esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l'obbligo di comunicazione per la liquidazione d'imposta, contributi, premi e rimborsi» «è legittima la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell'esito della liquidazione, prevista dal comma 3 dell'articolo 36 bis d.p.r. numero 600/1973 sia perché la norma non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento, sia perché tale comunicazione, avendo la funzione di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell'interessato ed esula, quindi, dall'ambito dell'esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell'emittenda cartella di pagamento». Obbligo di comunicazione se il risultato rivelato dal controllo automatico è erroneo. Il Fisco non è obbligato dallo Statuto del contribuente a comunicare sempre l’esito della liquidazione, ma solo quando dai controlli automatici emerge un risultato diverso rispetto a quanto indicato in dichiarazione. Fuori dal caso di risultato erroneo rivelato dal controllo automatico, nessun obbligo di comunicazione è previsto dalla legge per la liquidazione di imposte, contributi, premi e rimborsi ciò per l’evidente ragione che i dati contabili risultanti dalla liquidazione automatica «si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente» o anche, in materia di tributi diretti, dal sostituto d’imposta. Di conseguenza, sarebbe perfettamente inutile comunicare al dichiarante i risultati del controllo automatico e interloquire con lui, se questi coincidono col dichiarato, ossia se non emerge alcun errore ovvero, con riferimento all’articolo 6, comma 5, legge 212/2000, se non «sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione». Non è richiesta la comunicazione di irregolarità derivante dal controllo formale se l’iscrizione a ruolo deriva non da errori nella dichiarazione bensì dall’omesso o dall’insufficiente versamento di quanto dichiarato. L’adempimento in questione è, infatti, una «comunicazione d’irregolarità», mentre nessuna norma impone di comunicare la «regolarità della dichiarazione».

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 12 aprile – 23 maggio 2012, numero 8137 Presidente Merone – Relatore Cirillo Svolgimento del processo A. Con sentenza del 6 novembre 2009 la CTR - Calabria rigetta l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti P.A. , confermando l'annullamento della cartella di pagamento notificata da Equitalia a seguito di controllo formale della dichiarazione fiscale nel 2002 per l'anno d'imposta 2001 IRPEF, IRAP, IVA . B. Motiva la decisione ritenendo che, essendo mancato il previo invito bonario previsto dall'articolo 6 L. 212/2000, la cartella era viziata da nullità per espresso disposto dell'ultima parte del co. 5. Rileva, inoltre, che la pretesa fiscale non è scaturita dalla semplice liquidazione della dichiarazione del contribuente, ma dalla correzione della dichiarazione del contribuente . comma Il 3 dicembre 2010, l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il contribuente e la concessionaria non spiegano attività difensiva. Motivi della decisione D. Con il primo mezzo, la ricorrente fondatamente denuncia a violazione della legge 212/2000, articolo 6, co. 5, atteso che la comunicazione al contribuente dell'esito della liquidazione è necessaria solo se dal controllo automatico emerga un risultato diverso da quello dichiarato, il che non avviene quando il Fisco si limiti alla riscossione d'imposte dichiarate ma non versate b violazione del d.p.r. 600/73, articolo 36 bis, comma 3, atteso che tale disposizione non prevede alcuna conseguenza in caso di omissione della comunicazione di irregolarità. E. Va data, infatti, continuità a Sez.5, Sentenza numero 17396 del 23/07/2010, secondo cui L'emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt.36 bis, comma 3, del d.p.r. numero 600 del 1973 in materia di tributi diretti e 54 bis, comma 3, del d.p.r. numero 633 del 1972 in materia di IVA non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell'esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l'esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l'obbligo di comunicazione per la liquidazione d'imposta, contributi, premi e rimborsi . F. Inoltre, Sez.5, Sentenza numero 26361 del 29/12/2010, chiarisce è legittima la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell'esito della liquidazione, prevista dal comma 3 dell'articolo 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600 sia perché la norma non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, per il suo inadempimento, sia perché tale comunicazione, avendo la funzione di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, è un adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall'ambito dell'esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento . G. Infine, Sez.5, Sentenza numero 26671 del 18/12/2009, precisa la cartella di pagamento, nell’ipotesi di liquidazione dell'imposta ai sensi dell'articolo 36bis del d.p.r. numero 600 del 1973, costituisce l'atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l'effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall'Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima . H. Accolto il primo mezzo, va accolto anche il correlato secondo mezzo. La ricorrente fondatamente denuncia vizio motivazionale, non avendo il giudice d'appello manifestamente errato nell'affermare che la pretesa fiscale non è scaturita dalla semplice liquidazione della dichiarazione del contribuente, ma dalla correzione della dichiarazione del contribuente . Invero, tale apodittica asserzione non coglie il decisivo thema probandunt , avendo tralasciato di soffermarsi sul contenuto specifico e non equivoco della cartella impugnata che secondo quanto emerge dalla parte anche trascritta in ricorso per autosufficienza dello stesso contiene riferimenti solo a omesso o carente versamento , interessi , sanzione pecuniaria . Si tratta di riferimenti sulla cui effettività il giudice d'appello non ha affatto portato la sua attenzione, così incorrendo nel manifesto errore motivazionale denunciato dalla ricorrente. I. Ne deriva l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, attesa la manifesta infondatezza del ricorso introduttivo della parte contribuente. J. Questa Corte ritiene di poter decidere immediatamente nel merito, ai sensi del novellato articolo 384 c.p.c. [ La Corte, quando accoglie il ricorso decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriore accertamenti di fatto ], dovendosi raccogliere la sollecitazione - di dottrina e giurisprudenza v. comma 55/2009 cfr. anche 781/1997 e 6951/2010 - proveniente dal precetto costituzionale della ragionevole durata del processo. Si deve, infatti, ritenere che la Corte possa decidere nel merito anche quando accolga il ricorso per vizio di motivazione, se oggetto di tale vizio - da solo o, come nella specie, correlato a violazione di legge - sia l'attribuzione di significato a una non equivoca manifestazione documentale, ritualmente acquisita al processo e regolarmente portata al suo esame. In tale ipotesi generale e nella fattispecie specifica, fermo il principio del controllo su correttezza giuridica e coerenza logico - formale delle argomentazioni svolte dal giudice del merito SU 13045/1997 , l'accertamento diretto del fatto è consentito solo in quanto l'interpretazione, per la chiarezza del testo, non lasci adito a dubbi [ovvero, secondo felice formula dottrinaria, se la ricostruzione della situazione di fatto rilevante si riveli come uno sbocco pronto e univoco ]. K. Il recente consolidarsi dalla giurisprudenza sul motivo di diritto fa stimar equa la compensazione delle spese dei gradi di merito, mentre quella di legittimità seguono la soccombenza del contribuente, nulla va disposto su Equitalia non costituitasi. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente, che condanna alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 3000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito