La tecnica di decorazione delle ceramiche si acquisisce nell’espletamento stesso della relativa prestazione che, pertanto, è resa nell’ambito di un rapporto di apprendistato.
Il caso. Una apprendista in forza presso un’impresa operante nel settore della produzione di manufatti, contestava la giustificazione formale conferita al rapporto in essere, dal datore di lavoro e riferita al contratto di apprendistato, in quanto, essendo ella addetta di fatto all’esecuzione di semplici e ripetitive lavorazioni di decorazione di ceramiche, la rispettiva prestazione lavorativa in realtà andava riferita ad un normale contratto di lavoro subordinato dissimulato invece dal datore attraverso il ricorso allo schema del contratto di apprendistato. Simulazione del contratto di apprendistato. Detta lavoratrice ricorreva pertanto alla magistratura del lavoro affinché fosse dichiarata la sussistenza di un regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con conseguente declaratoria di inefficacia del termine previsto dal contratto di apprendistato, stipulato con intento simulatorio da parte del datore di lavoro e quindi invocando la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al risarcimento dei danni e ad altre pretese indennitarie minori. Il Tribunale in primo grado, disattendeva la tesi della lavoratrice, rigettando il ricorso sul presupposto che all’esito della valutazione delle risultanze istruttorie, con particolare riferimento alle prove per testi, sussistevano gli elementi fattuali che giustificavano il rapporto di lavoro dedotto in giudizio come contratto di apprendistato e non come contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Parimenti si esprimeva la Corte di Appello che, in sede di gravame, confermava la sentenza del giudice di prime cure, ribadendo l’univocità degli esiti istruttori allegati in giudizio, rispetto alla ricostruzione del rapporto di lavoro come apprendistato. Pertanto, in sede di ricorso per cassazione, la lavoratrice ricorrente censurava l’operato del giudice del gravame sia sul piano logico-giuridico, laddove statuendo la sussistenza di un contratto di apprendistato, ometteva ogni considerazione circa la carenza di qualsivoglia idoneità professionalizzante attribuibile alla tipologia delle mansioni di fatto svolte dalla lavoratrice, connotate da elementarità e ripetitività e sia altresì, con riferimento all’attività del giudicare, eccependo un’erronea applicazione della normativa in tema di apprendistato, poiché il giudicante non aveva dichiarato l’inefficacia del contratto di apprendistato dedotto in giudizio, quale conseguenza dell’inadempimento datoriale consistente nel mancato esperimento di una prova di esame da parte della lavoratrice nonché dal mancato rilascio alla stessa di un attestato finale della qualifica conseguita. I motivi di ricorso sono stati trattati congiuntamente dalla Suprema Corte di Cassazione perché intimamente connessi, l’epilogo del giudizio è segnato comunque dal rigetto delle lagnanze della lavoratrice con conseguente conferma della sentenza impugnata. La Cassazione fa un excursus in tema di apprendistato. La motivazione della sentenza in commento è importante perché opera una ricognizione normativa ripercorrendo la tappe fondamentali che hanno interessato la figura dell’apprendistato, partendo dalla sua introduzione, avvenuta con legge numero 55/1925 ove tale strumento è definito come un «rapporto di lavoro speciale» consistente in un percorso professionalizzante dell’apprendista, scandito sia da una fase c.d. di insegnamento di nozioni tecniche e di esperienza, che compete alla parte datoriale e sia, altresì dalla materiale esecuzione di una prestazione lavorativa resa dall’apprendista medesimo, il tutto sfociante nel conseguimento da parte di quest’ultimo, di un c.d. «profilo qualificato». Criterio di effettività. L’obbligo formativo ricadente sul datore di lavoro, diventa ancora più incisivo poi, con la legge numero 196/1997, dove si arricchisce la nomenclatura del rapporto di apprendistato con l’ulteriore definizione di rapporto di tirocinio, la cui caratteristica è insita proprio nell’effettivo contenuto formativo professionale che deve essere prestato dal datore di lavoro, non seguendo degli schemi formalistici fissati dalla legge, ma con l’ausilio di moduli organizzativi inerenti all’esigenze della precipua attività d’impresa di fatto esercitata. La legge innanzi richiamata L.196/1997 sancisce altresì i requisiti per l’accesso a tale tipologia contrattuale, sia sotto il profilo dell’età dell’apprendista che relativamente ai termini minimi e massimi di durata del rapporto medesimo, prescrivendo in un età ricompresa tra i sedici ed i ventiquattro anni, quella, per l’accesso al tirocinio e nel periodo circoscritto tra i diciotto ed i ventiquattro mesi, la durata del rapporto, a seconda delle aree di cui agli obiettivi fissati dalla normativa comunitaria e precipuamente nel regolamento CEE numero 2081/1993. Tale fonte normativa introduce anche un regime di agevolazioni contributive per le imprese che si avvalgano di tale tipologia contrattuale. Il percorso legislativo disciplinante l’apprendistato culmina infine, nei provvedimenti legislativi L. numero 167/2007 e d.lgs. numero 167/2011 con cui viene rimarcata la finalità sociale di tale istituto inteso come corsia preferenziale per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro ed all’uopo riorganizzando e razionalizzando l’intera normativa nazionale aggiornata con i principi mutuati e/o recepiti dalla normativa comunitaria. Il momento formativo rileva quale causa negoziale dell’apprendistato. La Cassazione, pertanto, ha statuito nella sentenza in commento come la causa del contratto di apprendistato, vada ricercata nel momento formativo elemento questo, però, che non è predeterminato in maniera analitica dalla legge poiché viene concepito in relazione alla natura ed alle mansioni oggetto della specifica prestazione lavorativa, assumendo maggiore o minore rilevanza in relazione al livello di idoneità professionalizzante proprio di ciascun tipo di prestazione lavorativa, così ricomprendendo sia le prestazioni afferenti alla sfera dell’elevata professionalità e sia altresì, quelle connotate da mera esecuzione. E i limiti dell’autonomia contrattuale delle parti? Si comprende quindi, che per stabilire se un dato rapporto di lavoro al di là del «nomen iuris» utilizzato dal datore di lavoro, possa essere ricondotto alla fattispecie del contratto di apprendistato, bisogna caso per caso, individuare la sussistenza di tale elemento costitutivo ovvero del momento formativo giudizio in punto di fatto che compete al giudice del merito ed incensurabile in Cassazione se congruamente motivato. D’altronde, è risaputo come in materia di contratti in genere, il potere dell’autonomia contrattuale delle parti si risolve nella fissazione del contenuto dell’accordo negoziale, mentre la relativa qualificazione normativa, ossia la riferibilità di quell’accordo ad uno schema negoziale «astratto», rientra nella potestà del giudice anche a dispetto del «nomen iuris» utilizzato dalle parti contraenti. Irrilevanza dei formalismi rispetto al momento formativo. Pertanto, nel caso di specie, il giudice del merito ha correttamente inquadrato il rapporto di lavoro oggetto di contestazione, secondo lo schema del contratto di apprendistato, riconoscendo nelle semplici e ripetitive prestazioni lavorative della ricorrente una idoneità qualificante, consistente nell’acquisita esperienza della tecnica della decorazione delle ceramiche, proprio in occasione e durante il pregresso rapporto di lavoro, corroborando quindi la tesi giudiziale che l’adempimento da parte datoriale del predetto obbligo formativo, può essere anche contestuale all’esecuzione della prestazione lavorativa laddove le istruzioni teorico-pratiche siano insite nella prestazione lavorativa medesima data la sua peculiarità. Tutto ciò trascende e prescinde l’analisi e/o la valutazione di aspetti quali la mancata sottoposizione dell’apprendista ad un esame di idoneità e la consegna o meno di un attestato finale di qualifica professionale, assumendo tali formalità, una rilevanza solamente marginale e limitata al contesto normativo del regime contributivo agevolato, risultando, invece, del tutto ininfluenti nella qualificazione normativa del rapporto di apprendistato.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 gennaio - 13 febbraio 2012, numero 2015 Presidente Vidiri – Relatore Morcavallo Ritenuto in fatto 1. Con ricorso al Tribunale di Nocera Inferiore, giudice del lavoro. G. R., premesso di avere lavorato alle dipendenze della società C. s.r.l., esercente attività di produzione di manufatti, dal 1° giugno 1997 al 18 novembre 2002, con mansioni di decoratrice, esponeva che, pur essendo addetta a compiti elementari e ripetitivi, era stata inquadrata, a far data dal 19 novembre 1999, con contratto di apprendista, ed era stata licenziata il 31 ottobre 2002 per termine del contratto in tal modo, la società aveva dissimulato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sì che anche il recesso era da considerare nullo chiedeva, perciò, la reintegra nel posto di lavoro, previo accertamento della natura del rapporto nei termini da lei dedotti, nonché il pagamento di una indennità risarcitomi e di differenze retributive a vario titolo. Nella resistenza della società convenuta, il Tribunale respingeva la domanda, accertando - in base alle risultanze istruttorie - che il rapporto intercorso fra le parti era di apprendistato e che non era residuata alcuna obbligazione retributiva a carico dell'azienda, tale da giustificare la pretesa azionata. 2. La decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Salerno, che. con sentenza del 5 dicembre 2007, respingeva il gravame proposto dalla lavoratrice. Osservava, in particolare, la Corte di merito che la sussistenza del rapporto di apprendistato era stata effettivamente confermata dalla prova per testi espletata in primo grado, da cui erano emersi univoci elementi del fatto che avevano configurato tutte le caratteristiche di tale rapporto, mentre la dedotta persistenza di obblighi retributivi in capo all'azienda datrice di lavoro era stata esclusa in base alle risultanze istruttorie, e comunque era rimasta non provata. 3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la lavoratrice deducendo tre motivi di impugnazione. La società resiste con controricorso. 4. Nell'imminenza dell'udienza di discussione la ricorrente ha depositato dichiarazione di persistenza dell'interesse alla trattazione della controversia, ai sensi dell'articolo 26, comma 1, della legge 12 novembre 2011, numero 183, come modificato dall'articolo 14, comma 1, lett. a , del decreto-legge 22 dicembre 2011, numero 212. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione. Si deduce che in relazione alla data di inizio del rapporto, e alla retrodatazione della medesima come sostenuta dalla ricorrente, i giudici di merito abbiano immotivatamente valorizzato la prova documentale, se pure contrastante con le dichiarazioni testimoniali acquisite in giudizio. 2. Con il secondo motivo si denuncia, parimenti, vizio della motivazione, lamentandosi che la Corte d'appello abbia omesso di valutare che il lavoro svolto dalla ricorrente era consistito nella decorazione di mattonelle in ceramica e si era concretizzato in un'attività ripetitiva ed elementare, incompatibile con un rapporto di apprendistato. 3. Con il terzo motivo di ricorso, denunciandosi violazione o falsa applicazione della leggo numero I9 i del 1997, si sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia escluso che la mancata sottoposizione a prove di idoneità e il mancato rilascio di un attestato finale rendano inefficace il contratto di apprendistato. 4. I motivi, da esaminare congiuntamente perché intimamente connessi, non sono fondati. 4.1. L'apprendistato, secondo la definizione data dall'articolo 2 della legge 19 gennaio 1955, numero 25, è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all'apprendista l'insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Affinché tale obiettivo possa essere raggiunto è necessario lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro cfr. Cass. numero 6134 del 2000, che, su questa premessa, ritiene che dal computo del periodo di apprendistato vanno esclusi tutti i periodi di interruzione del rapporto sia che siano imputabili al lavoratore sia che dipendano da comprovate esigenze produttive dell'impresa . La legge non fissa al datore l'obbligo di impartire l'insegnamento pratico secondo particolari modalità, ma gli consente di modularlo secondo le esigenze aziendali, sulla base di valutazioni organizzative proprie del datore stesso, nell'unico rispetto dei limiti posti dall'articolo 11 della legge 25/55 cfr. Cass. numero 11482 del 2002 . 4.2. Il criterio della effettività si trova ribadito nella previsione della legge 24 giugno 1997, numero 196 recante nonne in materia di promozione dell'occupazione , donde risulta confermato che il rapporto di tirocinio debba avere un effettivo contenuto formativo professionale la cui valutazione deve essere operata in concreto in relazione ad ogni singolo rapporto di lavoro cfr. Cass. numero 19834 del 2010 . Ed infatti l'articolo 16 dispone che a possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato, ì giovani di età compresa fra sedici e ventiquattro anni nelle aree di cui agli obiettivi numero 1 e 2 del regolamento CEE numero 2081/93, fatti salvi i divieti e le limitazioni delle leggi sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti l'apprendistato non può avere durata superiore a quella prevista per le singole categorie professionali dai contratti collettivi e comunque non inferiore a diciotto mesi e superiore a quattro anni primo comma b ai nuovi contratti di apprendistato trovano applicazione le agevolazioni contributive previste dalla leggo a condizione che gli apprendisti partecipino alle iniziative di formazione esterna all'azienda previste dai contratti, ì cui contenuti formativi sono stabiliti con apposito decreto ministeriale che definisce altresì termini e modalità per la certificazione dell'attività formativa ivi svolta secondo comma . Nello stesso articolo è prevista l'emanazione di norme regolamentari per la definizione di una nuova disciplina organica della materia nel senso della semplificazione legislativa e della verifica dell'effettività dell'addestramento quinto comma . 4.3 Questi ultimi intenti hanno trovato definitiva realizzazione, dapprima, nella legge 24 dicembre 2007, numero 107 in materia di previdenza, lavoro e competitività , e, infine, nel decreto legislativo numero 107 del 14 settembre 2011, che, attuando la delega conferita al Governo dalla predetta legge, ha dettato una disciplina organica dell'apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato all'occupazione e alla formazione dei giovani. In particolare, risulta ribadita la finalità di rilanciare l'apprendistato quale canale privilegiato per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, mettendo a disposizione di imprese e lavoratori un quadro giuridico certo cui fare riferimento, attraverso la semplificazione della normativa, con l'accorpamento di tutta la disciplina legislativa in materia di apprendistato nonché l'abrogazione delle precedenti norme e la devoluzione alla contrattazione collettiva nazionale o ad accordi interconfederali del compito di disciplinare l'apprendistato in tutti suoi momenti, compresi gli aspetti formativi del ed. apprendistato professionalizzante. 4.4 La ricognizione normativa consento di configurare come elemento essenziale, e indefettibile, del contratto di apprendistato la sussistenza di un addestramento effettivo del lavoratore, finalizzato all'inserimento definitivo nel lavoro dell'impresa mediante l'acquisizione di una professionalità qualificata. La effettività del momento formativo, che è richiesta sui dall'originaria previsione legislativa e dalle norme qui applicabili ratione temporis ed è comunque ribadita nella più recente definizione normativa del rapporto di apprendistato , comporta - ai fini dell'accertamento riservato al giudice di merito — una verifica delle concrete modalità di svolgimento del rapporto, mentre restano prive di rilievo le connotazioni solo formali, come la qualificazione nominale del contratto o la attestazione dell'avvenuto superamento della prova, che possono acquistare importanza solo nei casi in cui la legge preveda una specifica documentazione, di tipo certificativo, a determinati fini. 4.5. Consegue, da queste premesse, che nel contratto di apprendistato, come in quello di formazione e lavoro, l'attività formativa, che è compresa nella causa negoziale, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e polendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa. E' necessario, peraltro, in ogni caso, e cioè comunque la formazione venga modulata, che lo svolgimento dell'attività formativa sia adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo del contratto, che è quello di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro e la valutazione di tale adeguatezza e idoneità è rimessa al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata. 4.6 Nella specie, i giudici di merito, nel considerare, in base a tali principi, che la formazione possa avvenire durante lo svolgimento delle mansioni, essendo difficilmente operabile una netta ed inequivoca distinzione tra l'attività esclusivamente destinata all'acquisto della professionalità e l'attività di lavoro in senso stretto, hanno anche accertato che la datrice di lavoro aveva posto in essere una effettiva formazione, senza alcuna simulazione tendente ad occultavo lo svolgimento di un ordinano rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La motivazione che sorregge tale giudizio di fatto, fondata sull'approfondito accertamento delle concrete modalità di svolgimento del rapporto, appare puntuale e del tutto coerente, sì da sottrarsi alle censure della ricorrente. In particolare, è stato constatato, m punto di fatto, che la allegazione di una diversa durata del rapporto, rispetto a quella risultante dalla dichiarazione di assunzione sottoscritta dalla lavoratrice, è rimasta priva di una adeguata dimostrazione e che. inoltre, l'attività lavorativa della R. è stata contraddistinta da un graduale e progressivo inserimento in mansioni qualificate, che ella, nella esplicazione del lavoro non certamente di mera manovalanza né semplice , aveva acquisito, nel tempo, una sempre maggiore conoscenza tecnica delle operazioni da svolgere, con gli insegnamenti tecnici e pratici di altri dipendenti e sotto la loro supervisione, partendo da una assoluta mancanza di cognizione tecnico-pratica del particolare lavoro decorazione di mattonelle in ceramica che andava a svolgere . Riguardo a tale motivazione, d'altra parte, la ricorrente si limita a contrapporre una propria valutazione delle risultanze probatorie acquisite nel corso del giudizio rispetto a quella operata dai giudici dì merito, in relazione alla durata del contratto e alle modalità di espletamento del lavoro, finendo così per censurare inammissibilmente il convincimento in fatto espresso dal giudice a quo. 4.7. Né pare contraddittoria, in relazione alla configurazione della esistenza di una preparazione teorica, la constatazione che la formazione teorico-pratica si identificasse con lo svolgimento delle mansioni, essendosi evidentemente inteso sottolineare, da parte dei giudici di appello, la sufficienza di una siffatta formazione, alla stregua delle accertate modalità, a configurare un'attività formativa effettiva , che valesse, cioè, a conseguire lo scopo del contratto, unitamente allo svolgimento di corsi per apprendisti di cui, pure, la sentenza impugnata ha dato conto mediante specifico accertamento. 4.8. Non appare di qualche rilievo, infine, la deduzione di cui al terzo motivo, relativa all'asserita inefficacia del contratto di apprendistato in mancanza di prove di idoneità e di relativi attestati. Ed invero si tratta di un'allegazione del tutta generica, di cui neanche è dato cogliere il contenuto in mancanza di specifici riferimenti normativi cui collegare l'asserita violazione o falsa applicazione di legge, ed anche infondata rispetto al criterio di effettività sopra delineato, che prescinde - come s'è visto e come la sentenza impugnata ha correttamente precisato - dalla esistenza di formali attestazioni circa Io svolgimento dell'addestramento, queste ultime sono prescritte dalla legge, ai fini della fruizione da parte dell'impresa delle agevolazioni contributive, solo in caso di partecipazione a corsi esterni all'azienda, che siano previsti dai contratti collettivi e, conseguentemente, regolamentari da apposito decreto ministeriale articolo 16, comma 2, della legge numero 106 del 1997, cit. , mentre, nella specie, non vi è alcun riferimento alla partecipazione della ricorrente a tali corsi, né alla prescrizione di obbligatoria predisposizione dei medesimi a pena di inefficacia del contratto di apprendistato. Ne deriva, conclusivamente, che il ricorso va rigettato. La ricorrente deve essere condannata al rimborso delle spese di giudizio, ai sensi dell'articolo 385, primo comma, cod. proc. civ., nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in euro 30,00 per esborsi e in euro duemila per onorari, oltre accessori come per legge.