La sede di lavoro è l’intera provincia: nessuna indennità di trasferta

Non è dovuto alcun rimborso a titolo di indennità di trasferta al lavoratore al quale è assegnato, quale sede di lavoro, l’intero territorio della provincia, anziché un comune specificato, conformemente alle previsioni del CCNL applicato al rapporto di lavoro, che consente tale ipotesi, qualora gli spostamenti di lavoro sono avvenuti all’interno del territorio provinciale assegnato.

Principio affermato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza numero 12575, pubblicata il 22 maggio 2013. La vicenda domanda di pagamento di rimborso spese di trasferta, declaratoria di illegittimità del trasferimento e risarcimento danni esistenziali e morali. Un dipendente di Istituto di Vigilanza adiva il Tribunale del lavoro al fine di ottenere il pagamento di somme a titolo di rimborso spese di spostamento per trasferte, la dichiarazione di illegittimità del trasferimento, la mancata messa a disposizione di vettura di servizio ed il risarcimento dei danni esistenziali e morali derivanti dai comportamenti illeciti denunciati. Il Tribunale accoglieva unicamente la domanda riguardante il rimborso spese e respingeva le restanti. Proponeva appello l’azienda e appello incidentale il lavoratore e la Corte d’Appello accoglieva l’appello principale, respingendo le domande tutte del lavoratore e rigettando l’appello incidentale da questo proposto. Ricorreva così in Cassazione il lavoratore. Il CCNL consente fissare come sede di lavoro più comuni o aree geografiche La Corte d’Appello aveva respinto le domande del ricorrente, motivando che il rapporto di lavoro era regolato dal CCNL per i dipendenti di Istituti di Vigilanza Privata e dal Contratto integrativo regionale. E la predetta contrattazione prevedeva e consentiva che all’atto dell’assunzione venisse individuata quale sede di lavoro non un singolo comune, bensì un insieme di comuni o un’area geografica più ampia. Osserva la Suprema Corte che la sentenza impugnata applica correttamente le norme contrattualistiche. Nel contratto individuale di lavoro del ricorrente era individuata quale sede di lavoro la Provincia di Vercelli e dunque la prestazione lavorativa poteva essere richiesta presso una qualsiasi località posta all’interno del territorio provinciale previsto. dunque non spettano rimborsi per gli spostamenti avvenuti. La Suprema Corte non ritiene fondate le argomentazioni portate dal ricorrente. Come correttamente evidenziato dai giudici di merito, gli spostamenti del lavoratore erano avvenuti nell’ambito del territorio provinciale individuato come sede di lavoro. Non poteva pertanto parlarsi di trasferimento o di trasferta del lavoratore e conseguentemente nulla spettava a tale titolo. L’interpretazione sia dei giudici d’appello come del giudice di primo grado del concetto “sede di lavoro” appare del tutto logica, corretta ed in linea con la ratio della contrattazione collettiva applicata. Nemmeno spettava l’auto di servizio. Per i medesimi motivi appare infondata la domanda di rimborsi per la mancata messa a disposizione di un veicolo per raggiungere il luogo di lavoro. Osserva la Suprema Corte che il veicolo aziendale veniva affidato per lo svolgimento di attività di vigilanza di pattuglia, di attività di scorta portavalori e simili ma certamente non per consentire al dipendente di recarsi presso la sede di lavoro in località ricompresa nel territorio individuato quale “sede di lavoro”. E nessun risarcimento per comportamento vessatorio è dovuto. Nemmeno potrà individuarsi nella condotta aziendale alcuna tipologia di comportamento vessatorio o lesivo della dignità del lavoratore. Gli incarichi e le destinazioni affidate al lavoratore ricorrente erano perfettamente coerenti con le norme della contrattazione collettiva e individuale. Dunque alcun tipo di risarcimento potrà essere riconosciuto al ricorrente. Il ricorso proposto appare pertanto del tutto infondato ed è stato rigettato dalla Corte.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 febbraio - 22 maggio 2013, numero 12575 Presidente Roselli – Relatore Stile Svolgimento del processo Con sentenza in data 27.3/18.4.2007 il Tribunale di Vercelli, accogliendo parzialmente il ricorso proposto da C.G. nei confronti dell'Istituto di Vigilanza Notturna I.V.N. s.r.l., condannava la convenuta al pagamento di complessivi Euro 23.117,73 a titolo di spese di trasporto per raggiungere i luoghi di lavoro, respingendo le altre domande concernenti la dedotta illegittimità del trasferimento, la doglianza circa il superamento dei limiti di orario, la mancata messa a disposizione di una vettura, il supposto comportamento vessatorio per il quale era chiesto un risarcimento di danni esistenziali e morali. Proponeva appello l'I.V.N. chiedendo la reiezione anche della domanda accolta dal Tribunale si costituiva il C. che resisteva all'appello, proponendo a sua volta appello incidentale volto ad ottenere la corresponsione di rivalutazione ed interessi non concessa dal primo Giudice e, come impugnazione condizionata all'accoglimento dell'appello principale, la condanna della società ai maggiori danni patiti dallo stesso C. per l'illegittimo trasferimento, danni da integrare anche con quelli - esistenziali e morali - derivanti dallo stress e dal disagio patito dal lavoratore per effetto del trasferimento illegittimo. Con sentenza del 10 aprile - 9 giugno 2008, l'adita Corte d'appello di Torino, rilevato che, in base alla lettera di assunzione, le pretese del C. erano prive di giustificazione, in accoglimento dell'appello principale e respinto quello incidentale, rigettava le domande proposte con il ricorso introduttivo. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre G C. con quattro motivi. Resiste Fidelitas S.p.A., già Istituto di Vigilanza Notturna, con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso il C. , denunciando violazione e/o falsa applicazione articolo 299 e successivi c.p.c. stante l'intervenuta estinzione per incorporazione - fusione nella società Fidelitas S.p.A. articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c. , sostiene che la sentenza della Corte d'appello di Torino sarebbe viziata dal fatto che, essendosi nel giugno del 2007 deliberata la fusione di IVN S.r.l. in Fidelitas S.p.A., ciò avrebbe comportato il decesso della parte attrice prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado e, conseguentemente, la nullità dell'intero procedimento di appello. Il motivo è infondato. Invero, a seguito della riforma, la fusione tra società non realizza più un fenomeno estintivo—costitutivo degli enti, bensì una mera modificazione evolutiva dello stesso soggetto, con la conseguenza che la società incorporata non perde la capacità processuale né il processo deve essere interrotto Cass. 8 febbraio 2006 numero 2637 . Nella specie, peraltro,il ricorso in appello è stato depositato in data 4 luglio 2007, prima, cioè, che - come affermato nello stesso ricorso in esame - con atto pubblico in data 5/11/2007, iscritto presso il registro delle imprese il 13/11/2007, venisse attuata la fusione tra I.V.N. e la Fidelitas S.p.A. . Il procedimento risulta, pertanto, del tutto regolare ed il motivo di ricorso va, dunque, disatteso. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'articolo 2103 cod. civ. con riferimento all'articolo 360 numero 3 , nonché omessa e/o erronea interpretazione delle risultanze processuali articolo 360 numero 5 c.p.c. , lamenta una erronea esso, interpretazione di dette risultanze, da parte della Corte territoriale, laddove essa aveva escluso che la fattispecie concreta realizzasse un trasferimento . Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un motivo decisivo della controversia articolo 360 numero 5 c.p.c. , nonché erronea e falsa applicazione dell'articolo 1362 e s.s. c.c. in relazione ai documenti prodotti in causa articolo 360 numero 3 c.p.c. , lamenta che la Corte d'appello, nel concordare con la sentenza di primo grado, laddove aveva escluso la sussistenza di un trasferimento , avrebbe comunque trascurato di considerare come, in ogni caso, sussistesse nella specie il diritto alla c.d. indennità di trasferta , indennità il cui riconoscimento e la cui spettanza prescindeva dalla sussistenza di un effettivo trasferimento. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 35 e 36 Cost., nonché violazione e/o falsa applicazione del CCNL per i dipendenti da istituti di vigilanza privata, siglato il 05.03.1995 e valido dal 01.10.1995 al 30. 09.1999 in particolare articolo 35, 56 e 57 e successive modificazioni, e dell'articolo 23 del Contratto Collettivo Integrativo per il Piemonte-Vigilanza istituti privati per il Piemonte del 7 luglio 1997 e successive modificazioni articolo 360 numero 3 c.p.c. , lamentando, tra l'altro, la genericità della sede di lavoro indicata nel contratto individuale. I tre motivi, da trattarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati. Invero, la Corte d'appello ha esordito nella sua motivazione esaminando la lettera di assunzione, prodotta dallo stesso ricorrente ed osservando che essa specificava quanto segue 2 rapporto di lavoro sarà regolato dal Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti da Istituti di Vigilanza Privata nonché dal Contratto Integrativo Regionale di Settore . 4 sede di lavoro la sede di lavoro presso cui Ella viene assunto è sita in Vercelli e Provincia. Peraltro, verificandosi i casi di necessità previsti dal C.C.N.L. vigente, sarà facoltà dell'Azienda di procedere, in qualsiasi momento, al Suo trasferimento in qualsiasi località ove hanno sede altre unità della Ditta . La Corte ha poi osservato come fosse pacifico che il C. era stato inviato a prestare servizio in varie località, tutte peraltro situate nel territorio della provincia di Vercelli Bianzé, Saluggia, Carisio, Alice Castello, Gattinara , e come non si potesse parlare di un trasferimento , trattandosi di località tutte situate in quella che, in base lettera di assunzione, veniva indicata come sede di lavoro Vercelli e provincia . Inoltre, ha rilevato che l'articolo 23 del Contratto collettivo Regionale Piemonte del Settore Vigilanza privata prevedeva che Nel caso in cui i lavoratori siano temporaneamente comandati a prestare servizio in una località diversa dalla sede abituale di lavoro intendendosi per tale il Comune in cui ha sede l'azienda oppure i comuni e/o i distaccamenti e/o le aree di lavoro previste da specifici accordi tra le parti in cui i lavoratori sono stati assegnati all'atto dell'assunzione o successivamente mediante trasferimento come previsto dalla legge 300/1970 e per lo spostamento debbano usare un mezzo di locomozione di loro proprietà . hanno diritto ad un rimborso spese . . Orbene, l'interpretazione del Giudice d'appello, come di quello di primo grado, del concetto di sede di lavoro è stata quindi del tutto logica ed in linea con la ratio della contrattazione collettiva. Correttamente la sentenza ha ritenuto che, con riferimento agli spostamenti del C. , non si potesse parlare di un trasferimento, trattandosi di località tutte situate in quella che, in base alla lettera di assunzione, veniva indicata come sede di lavoro. Né poteva ritenersi generica e non idonea l'indicazione, come sede di lavoro, della provincia di Vercelli, proprio perché il CCNL prevedeva e permetteva che le parti, o al momento della assunzione o successivamente statuissero che la sede di lavoro potesse essere non solo rappresentata da un Comune specificatamente individuato ma anche da più comuni o distaccamenti o aree. Se, dunque, sede di lavoro era la provincia di Vercelli, nulla poteva competere al C. per i suoi spostamenti, avvenuti al fine di prestare l'attività lavorativa all'interno del territorio della provincia di Vercelli. Neppure a diverse conclusioni poteva portare l'esame dell'articolo 56 del CCNL, limitandosi tale norma ad auspicare che gli istituti impiegassero i lavoratori in località prossime ai luoghi di abituale dimora, ma, ovviamente, fatte salve le esigenze di servizio compatibilmente con le esigenze di servizio , che, nel caso di specie, erano state documentate. Né, ancora, poteva accogliersi la richiesta di rimborsi per la mancata messa a disposizione di una vettura per raggiungere il luogo di lavoro, domanda che, peraltro non era stata riproposta in appello, in quanto tale benefit era collegato allo svolgimento dell'attività di vigilanza, nel caso d attività di scorta e simili, non certo all'esigenza di raggiungere una determinata località, compresa nell'ambito della sede di lavoro . In coerenza con tali considerazioni, la Corte di merito ha, quindi, osservato che nessun altro particolare comportamento, lesivo della dignità o personalità ovvero vessatorio, era dato riscontrare ed era stato dedotto o provato a carico della datrice di lavoro, per cui era da escludere la presenza degli per la condanna risarcitoria richiesta nel ricorso introduttivo. Non ravvisandosi nell’ iter argomentativo della contestata pronuncia alcuno dei vizi e delle violazioni ad essa attribuiti, le censure - come sopra anticipato - vanno disattese. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la decisione di secondo grado per violazione o falsa applicazione degli articolo 91 e 434 cpc articolo 360 numero 3 c.p.c. , sostenendo che la mancata specifica impugnazione da parte della società della sentenza di primo grado in ordine alla condanna al pagamento delle spese legali avrebbe fatto passare in giudicato tale capo della pronuncia. Anche questo motivo non può trovare accoglimento poiché la società ha chiesto ed ottenuto dal Giudice d'appello la condanna del C. alla restituzione della somma di Euro 29.542,81, percepita dallo stesso per effetto della sentenza del Tribunale di Vercelli, comprensiva - come sostenuto dalla stessa società - delle spese legali. Per quanto precede il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 50,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.