Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità non solo quando la condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell’abnormità, dell’imprevedibilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e cioè quando l’attività non sia in rapporto con lo svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso, ma anche quando non accerti e vigili che le misure di protezione siano effettivamente rispettate da parte del dipendente posto che il datore di lavoro è tenuto a proteggere l’incolumità del lavoratore nonostante l’imprudenza e negligenza dello stesso.
Il giudice di merito è pertanto tenuto a fornire adeguata motivazione sia in relazione alla qualificazione del comportamento del lavoratore con particolare riferimento alla sua prevedibilità, sia in ordine all’avvenuta adozione da parte del datore di lavoro di tutte le misure di sicurezza atte ad evitare il verificarsi di incidenti del genere occorso al lavoratore. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20533/15, depositata il 13 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Trento ha confermato la sentenza del giudice di primo grado di rigetto della domanda di risarcimento dei danni promossa dagli eredi di un lavoratore deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto eccezionale e abnorme la condotta del lavoratore che, a macchine accese, si era infilato strisciando in uno spazio di soli 39 cm dal suolo sotto un cancelletto che impediva l’accesso ai rulli della macchina bobinatrice, rimanendovi incastrato. In aggiunta, la Corte d’Appello ha rilevato che in passato il lavoratore aveva riportato due contestazioni di addebiti aventi ad oggetto comportamenti contrari alle norme di sicurezza e che prima dell’incidente letale la macchina bobinatrice era già stata oggetto di ispezione e si era già provveduto alla segregazione delle parti pericolose. I ricorrenti hanno lamentato, in sede di ricorso in cassazione, il mancato accertamento dell’abnormità del comportamento del congiunto, con particolare riferimento alla prassi dei dipendenti di effettuare tali operazioni di sblocco a macchine accese, pur senza autorizzazione da parte del datore di lavoro, aggiungendo che, di fatto, l’azienda non aveva ottemperato all’ordine di segregazione delle parti pericolose della macchina bobinatrice, atto ad impedire l’accesso ai lavoratori se non a macchine assolutamente ferme. Misure di sicurezza insufficienti? La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dagli eredi del lavoratore defunto a seguito dell’infortunio sul lavoro, cassando la sentenza e rinviando alla Corte territoriale per il riesame delle conclusioni circa l’imprevedibilità del comportamento del lavoratore e la sua abnormità, sia con riferimento all’adozione di idonee misure di segregazione. In particolare la Corte di Cassazione ha ritenuto che il giudice di merito non abbia escluso, con adeguate argomentazioni, ogni prevedibilità del comportamento posto in essere dal lavoratore consistente nell’operare sulla macchina in movimento dall’esame delle testimonianze non sarebbe emerso con sufficiente certezza che l’azienda non fosse a conoscenza del fatto che a volte si operava in tali condizioni e che, dunque, le misure di sicurezza, pure esistenti, non potevano essere ritenute sufficienti ad evitare incidenti del genere di quello occorso al lavoratore. In altre parole, osservano gli Ermellini, non risulta adeguatamente accertato che la condotta del lavoratore sia stata abnorme, imprevedibile e assolutamente inopinabile, oppure che costituisse un rischio elettivo, generato da attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro o esorbitante dai limiti di esso poiché il lavoratore stava eseguendo le ordinarie mansioni assegnategli e la necessità di intervento sulla macchina per effettuare la riparazione era un’evenienza non solo possibile ma probabile. Peraltro, l’accesso alla macchina in funzione non era stato del tutto impedito e la Corte territoriale non aveva valutato, ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, l’eventuale rilevanza dell’ulteriore segregazione imposta dall’Ispettorato, con conseguente violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di protezione dei lavoratori disposto dall’articolo 2087 c.c. non era emersa la prova che l’azienda avesse fatto tutto il possibile per evitare il danno, non essendo dunque sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso di causalità.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 13 ottobre 2015, numero 20533 Presidente Macioce – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo La Corte d'appello di Trento ha confermato la sentenza del Tribunale di Rovereto di rigetto della domanda di R.M. e T.G. , R.L. e R.R. , rispettivamente genitori e fratelli di R.L. deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro in data OMISSIS presso la Cartiera OMISSIS volta ad ottenere il risarcimento di tutti i danni derivanti dalla morte del loro congiunto. La Corte territoriale ha ritenuto che fosse da escludersi la responsabilità del datore di lavoro per il grave incidente occorso al lavoratore in quanto il comportamento di quest'ultimo era stato eccezionale ed abnorme in palese violazione delle norme di sicurezza. Ha rilevato che il lavoratore deceduto aveva riportato nel corso del rapporto di lavoro contestazioni di addebiti di cui due riguardavano comportamenti contrari alle norme di sicurezza che dopo l'incidente l'Ispettorato aveva disposto delle misure di sicurezza che però non riguardavano la parte dove era avvenuto l'incidente che la macchina ribobinatrice, alla quale era addetto il lavoratore al momento dell'incidente, già nel 1994 era stata oggetto di ispezione e già si era provveduto alla segregazione delle parti pericolose. La Corte ha poi, riferito che per accedere alla zona rulli, dove era stato trovato il lavoratore incastrato tra i rulli e già morto, questi si era infilato strisciando in uno spazio di cm 39 dal suolo sotto un cancelletto,che impediva l'accesso ai rulli e la cui apertura bloccava la macchina che ciò dimostrava l'abnormità dell'operazione posta in essere dalla vittima che un eventuale affaticamento del lavoratore non poteva certo giustificare il comportamento abnorme di essersi introdotto con contorsione innaturale al di sotto della protezione per accedere alla zona rulli che il lavoratore aveva partecipato a corsi di preparazione e comunque era considerato una persona capace. Avverso la sentenza ricorrono i congiunti del deceduto formulando 5 motivi. Resistono la SCA Hygiene Products, già Cartiera OMISSIS e la soc INA Assitalia. Motivi della decisione Con il primo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione in ordine al comportamento abnorme del lavoratore e l'assenza di responsabilità del datore di lavoro. Lamentano la mancata motivazione sulla dinamica del sinistro e sulla abnormità del comportamento del lavoratore. Secondo i ricorrenti la Corte non spiega da dove aveva desunto che i fatti si erano svolti in quel modo e che cioè la vittima per poter accedere al punto in cui aveva subito le lesioni mortali per cercare di riparare i rotoli di carta danneggiati senza bloccare le macchine, si era infilato sotto uno spazio di cm 39 con ciò dimostrandosi l'abnormità del comportamento. Rilevano, ancora, che ammesso che il fatto si fosse verificato nel modo descritto la Corte aveva affermato che il lavoratore aveva effettuato tale operazione verosimilmente per evitare il blocco delle macchine e non perdere tempo che il teste D.C. aveva confermato che tale operazione a volte la si faceva con la macchina in movimento per non perdere tempo accedendo alla macchina scavalcando o passando sotto un cancelletto di protezione con la macchina in movimento, anche se ciò veniva fatto senza autorizzazione, e che tali circostanze escludevano l'abnormità del comportamento e la sua imprevedibilità considerato che era praticato anche da altri dipendenti. Con il secondo motivo denunciano violazione degli articolo 112, 115 cpc rilevando che la Corte non si era pronunciata sulla dinamica del sinistro e che aveva affermato che la vittima per poter accedere al punto in cui aveva subito le lesioni si era infilata in uno spazio di cm 39 senza spiegare da dove aveva desunto che i fatti si erano svolti in tal modo. Con il terzo motivo denunciano vizio di motivazione in ordine all'affermazione della Corte territoriale secondo cui il lavoratore aveva ricevuto precedenti contestazioni disciplinari per violazione di norme antinfortunistiche. Precisano, con riferimento alla contestazione del 13/8/98 a cui era seguita la sanzione in data 2/10/98, che con tale sanzione non si era contestato al lavoratore un comportamento contrario alle norme di sicurezza per aver operato con le macchine in movimento, ma un comportamento antiproduttivo. Rilevano che anche con riferimento alla contestazione dell'11/5/1999 non si era trattato di un comportamento del lavoratore riconducibile ai fatti di cui è causa o a violazione di norme antinfortunistiche. Con il quarto motivo denunciano violazione degli articolo 112 e 115 cpc. Il lavoratore nei giorni precedenti aveva lavorato con turno notturno saltando i giorni di riposo per ragioni produttive. Con il quinto motivo denunciano violazione dell'articolo 2087 cc in ordine alla responsabilità del datore di lavoro qualora fosse accertato che esistevano accorgimenti tali da impedire l'evento mortale. Osservano che l'accesso alla macchina in movimento era di fatto possibile che con verbale del 7/11/2000 era stato ordinata la segregazione con barriera della bobinatrice tale da impedire l'accesso ai lavoratori se non attraverso delle aperture interbloccate apribili solo a macchina assolutamente ferma, oltre alla dotazione di una fune di sicurezza o altro idoneo dispositivo analogo atto ad arrestare prontamente il moto in caso di azionamento in presenza di emergenza . Rilevano che al momento dell'incidente, viste le modifiche ordinate alla macchina, la sicurezza di questa non era sufficientemente garantita. Lamentano la mancata menzione delle ulteriori dichiarazioni rese dal teste H. che aveva ricordato l'ulteriore segregazione della macchina per migliorare la sicurezza perché la precedente segregazione non impediva il passaggio al di sotto del cancello che era a 77 cm. Deducono pertanto, che il datore di lavoro non aveva adottato tutte le misure necessarie per tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. I motivi uno, due e cinque, congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione, sono fondati. Occorre premettere, che una corretta interpretazione dell'articolo 2087 c.c., induce a ritenere che essa sia riconducibile alla particolare natura del contratto di lavoro, il quale non si configura quale contratto di semplice scambio fra prestazione e retribuzione, implicando anche l'insorgenza di obblighi di natura non patrimoniale, quale quello di tutela dell'integrità fisica e morale del lavoratore. Come si è affermato in dottrina, la disposizione in oggetto ha natura polivalente, operando da un lato come fonte di obblighi contrattuali nell'ambito del rapporto negoziale che lega l'imprenditore al dipendente, e dall'altro, come fonte di un dovere di sicurezza che assume indubbiamente profili di natura pubblicistica in ragione delle finalità che si intendono perseguire e della natura degli interessi tutelati. Questa prospettazione è largamente condivisa dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha fra l'altro evidenziato che della norma in esame deve darsi una interpretazione conforme ai fondamentali principi costituzionalmente garantiti, quali quelli dell'articolo 32 Cost., che tutela la salute come fondamentale diritto del cittadino, e dell'articolo 41 Cost., che pone precisi limiti all'esplicazione dell'iniziativa privata, con lo stabilire, fra l'altro, che la stessa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana vedi al riguardo, Cass. 3 luglio 1997 numero 5961, Cass. 17 luglio 1995 numero 7768, Cass. 29 marzo 1995 numero 3738 , la sicurezza del lavoratore costituendo un bene di rilevanza costituzionale che impone a chi si avvalga di una prestazione lavorativa eseguita in stato di subordinazione, di anteporre al proprio interesse imprenditoriale, la sicurezza di chi tale prestazione esegua vedi sul punto Cass. cit. 30 agosto 2004 numero 17314 . Nella prospettiva innanzi descritta, deve dunque, ritenersi fermo il principio giurisprudenziale alla cui stregua, ai fini della configurabilità della responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio subito dal dipendente o per la tecnopatia contratta, grava su quest’ultimo l'onere di provare la sussistenza del rapporto di lavoro, dell'infortunio o della malattia ed il nesso causale tra l'utilizzazione del macchinario o la nocività dell'ambiente di lavoro e l'evento dannoso, e grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attivitàl svolta nonché di aver adottato, ex articolo 2087 c.c., tutte le misure che - in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica - siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza, mentre il comportamento del lavoratore è idoneo ad escludere il rapporto causale tra inadempimento del datore di lavoro ed evento, esclusivamente quando esso sia autosufficiente nella determinazione dell'evento, cioè se abbia il carattere dell'abnormità per essere assolutamente anomalo ed imprevedibile cfr. Cass. 28 luglio 2004 numero 14270, cui adde Cass. 13 agosto 2008 numero 21590, Cass. 17 febbraio 2009 numero 3788, Cass. 26 giugno 2009numero l5078 CASS nnl2562/2014 . La Corte territoriale ha ritenuto che nella fattispecie in esame non sussistesse la responsabilità del datore di lavoro poiché ha qualificato il comportamento del lavoratore abnorme, imprevedibile ed anomalo ed, inoltre, ha ritenuto che la segregazione della macchina bobinatrice fosse al momento dell'infortunio conforme alla normativa di sicurezza secondo quanto dichiarato dal teste H. . Ritiene questo Collegio che la Corte territoriale non abbia fornito un'adeguata motivazione sia in relazione alla qualificazione del comportamento del lavoratore con particolare riferimento alla sua prevedibilità e sia in ordine all'avvenuta adozione da parte del datore di lavoro di tutte le misure di sicurezza atte ad evitare il verificarsi di incidenti del genere di quello di cui è causa con conseguente necessità che il giudice di merito riesamini la fattispecie al fine di escludere qualsiasi dubbio circa la sussistenza di responsabilità riconducibili al datore di lavoro anche con riferimento all'omessa vigilanza. La Corte territoriale ha affermato che il lavoratore, nello svolgimento delle sue normali mansioni di addetto alla macchina bobinatrice, si era introdotto nella zona pericolosa, per riparare i rotoli di carta danneggiati, senza tuttavia fermare la macchina verosimilmente, secondo la Corte territoriale, per non perdere tempo. Tale operazione è stata ritenuta dalla Corte abnorme avendo il lavoratore superato il cancelletto che impediva l'accesso alla macchina bobinatrice,e la cui apertura avrebbe determinato il fermo della macchina, infilandosi in uno spazio di cm 39 dal suolo. A prescindere dalle considerazioni contenute nei primo motivo e nel secondo del ricorso circa una lacuna della sentenza per non avere la Corte d'appello indicato da quali elementi avesse desunto che il fatto si era verificato con le modalità descritte e che cioè il lavoratore si era infilato per poter accedere al punto in cui aveva subito le lesioni sotto uno spazio di cm 39 dal suolo, non sembra a questa Corte che il giudice di merito abbia escluso, con adeguate argomentazioni, ogni prevedibilità del comportamento posto in essere dal lavoratore consistente nell'operare sulla macchina in movimento. La Corte territoriale, con riferimento alle dichiarazioni del teste D.C. , menzionato dai ricorrenti proprio per sostenere che la direzione della Cartiera era a conoscenza delle manovre poste in essere dai lavoratori con la macchina in movimento, ha ritenuto che dalle dichiarazioni del teste emergeva che dette operazioni venivano eseguite all'insaputa dei responsabili della direzione . In ricorso sono riportate le dichiarazioni del teste dalle quali emerge che dette operazioni avvenivano senza autorizzazione e dunque la Corte non esclude in modo sufficientemente attendibile che la direzione della Cartiera non fosse a conoscenza che a volte si operava con la macchina in movimento e che dunque le misure di sicurezza, pure esistenti, non potevano essere ritenute sufficienti ad evitare incidenti del genere di quello occorso al lavoratore. La Corte territoriale non esclude, con congruo esame e valutazione del materiale probatorio, che il comportamento del R. non fu un fatto del tutto isolato ed imprevedibile e che anche altri dipendenti avevano posto in essere un comportamento analogo operando sulle macchina in movimento scavalcando o passando sotto la protezione come affermato dal teste D.C. richiamato dalla Corte e la cui testimonianza è riportata dai ricorrenti ai fini dell'autosufficienza del ricorso in Cassazione. Non risulta, pertanto, adeguatamente accertato che la condotta del R. sia stata abnorme, imprevedibile e assolutamente inopinabile, oppure come rischio elettivo, generato da attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro o esorbitante dai limiti di esso poiché il lavoratore stava eseguendo le ordinarie mansioni assegnategli, e la necessità di intervento sulla macchina per effettuare riparazione era una evenienza non solo possibile ma anzi probabile. Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità non solo quando la condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell'abnormità, dell'imprevedibilità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e cioè quando l'attività non sia in rapporto con Io svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso, ma anche quando non accerti e vigili che le misure di protezione siano effettivamente rispettate da parte del dipendente posto che il datore di lavoro è tenuto a proteggere l'incolumità del lavoratore nonostante l’imprudenza e negligenza dello stesso. Analoghe considerazioni di inadeguatezza ed incompletezza della motivazione devono essere svolte con riferimento alla questione della sussistenza o meno di un complesso di sistemi di sicurezza attorno alla macchina, ove è stato rinvenuto il lavoratore ormai deceduto, idoneo ad evitare incidenti del genere. A riguardo la Corte territoriale ha affermato che secondo quanto affermato dal teste H. la segregazione esistente alla data dell'infortunio era conforme alla normativa di sicurezza. La Corte territoriale ha, altresì, aggiunto che l'ulteriore prescrizione di segregazione venne data per migliorare ulteriormente la sicurezza e, comunque, non riguardava la parte dove era avvenuto l'incidente. Anche a tal proposito la Corte ha omesso di considerare gli elementi emergenti dal verbale dell'ispettorato, il cui contenuto è riportato nei tratti salienti dai ricorrenti ai fini dell'autosufficienza del ricorso in cassazione, dal quale risultava che l'ulteriore segregazione della macchina imposta dagli ispettori era tale da impedire totalmente l'accesso se non a macchina totalmente ferma e ciò in quanto la precedente segregazione non impediva il passaggio al di sotto del cancello che era a cm 77 da terra. La motivazione della Corte, con riferimento all'adeguatezza delle misure di sicurezza adottate, risulta del tutto insufficiente considerato da un lato che l'accesso alla macchina in movimento non era sicuramente del tutto impedito a riguardo si consideri quanto riferito dal teste D.C. circa la possibilità di scavalcare o passare sotto il cancelletto esistente . Dall'altro lato la Corte non valuta ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro l'eventuale rilevanza dell'ulteriore segregazione imposta dall'ispettorato che non risulta affatto estranea alla parte dove avvenne l'incidente e rende evidente che in precedenza l'accesso alla macchina in movimento era possibile con conseguente obbligo del datore di lavoro di controllare e vigilare che il divieto di accesso alla macchina in movimento venisse rispettato in concreto o, comunque, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno non essendo sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso di causalità. Per le considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere cassata affinché la Corte riesamini le sue conclusioni circa l'imprevedibilità del comportamento del lavoratore e la sua abnormità, sia con riferimento all'adozione di idonea segregazione sia in relazione alla rilevanza delle disposizioni impartite dall'ispettorato successivamente all'incidente. I motivi tre e quattro restano assorbiti. Essi, infatti, non hanno capacità dirimente in sé delle questioni in esame e dovranno essere valutati in funzione della decisione che il giudice di rinvio assumerà sulle questioni principali con riferimento alle quali è stata disposta la cassazione della sentenza impugnata. La causa deve, pertanto, essere rimessa al giudice di rinvio che viene indicato nella Corte d'appello di Trento in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Trento in diversa composizione anche per le spesse del presente giudizio.