Detrazione IVA per le società consortili che perseguono anche un fine commerciale

Le Sezioni Unite della Suprema Corte si sono pronunciate in merito alla corretta disciplina fiscale da applicare alle società consortili, statuendo che la causa consortile non è ostativa allo svolgimento di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Compatibilità che si troverà anche ai fini fiscali, riconoscendo il diritto alla detrazione dei costi ai fini IVA.

In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte, con le sentenze numero 12190 e 12191/2016 depositate il 14 giugno. Il fatto. L'Ufficio contestava l'indebita compensazione tra i ricavi che il consorzio avrebbe dovuto trasferire alla consorziata ed il contributo che quest'ultima doveva al consorzio per il suo funzionamento. Tale modalità di fatturazione, secondo l'Ufficio, comportava il mancato rilievo di parte dei ricavi percepiti dalla società consorziata. Contrariamente i giudici della CTR ritenevano invece valida la condotta contabile tenuta nei rapporti interni dalle società. Orientamenti a confronto. I Supremi Giudici, nell'iter logico-giuridico che ha portato alla decisione definitiva, rilevano che vi sono due indirizzi contrapposti sulla questione. Orientamenti a confronto 1 La funzione mutualistica ex articolo 2602 c.c. e 2614 c.c., non si esaurirebbe nell'oggetto o scopo della società consortile, ma informerebbe la stessa causa del negozio consortile, con la conseguenza che un'eventuale elusione della stessa – attraverso l'applicazione della disciplina normativa del tipo societario prescelto – configurerebbe abuso del diritto. Ne consegue che il consorzio non può trarre per sé alcun vantaggio, né svantaggio, dall’attività posta in essere, poiché gli uni e gli altri appartengono unicamente sempre e solo alle imprese consorziate cfr. Cass. civ., sez. trib., numero 13293/2011 . Il Consorzio non potrebbe trattenere utili, né costi derivanti dalla attività svolta nell'interesse delle consorziate, ma dovrebbe sempre e comunque ritrasferire alle consociate l'intero importo del corrispettivo ricavato dai contratti stipulati con i terzi committenti. Se ne ricava che la differenza tra il maggior importo fatturato dal Consorzio e gli importi fatturati dalle singole consociate occulterebbe «una indebita compensazione tra i ricavi del Consorzio ed il rimborso delle spese sostenute». 2 La natura di ente non lucrativo non esclude il perseguimento di un'attività commerciale, essendo ormai superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro da un lato e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro cfr. Cass. civ., sez. trib., numero 24014/2013 . Lo scopo di mutualità non contraddice lo scopo di lucro, con la conseguenza che la società consortile ben può conseguire autonomi ricavi dall'attività svolta nei confronti di terzi, salvo il perseguimento dello scopo mutualistico - assunto nell'oggetto sociale - nei rapporti interni con le imprese consociate. Da ciò la conclusione che il Consorzio, agendo in conformità allo scopo indicato, evita di addossare alle società consociate eventuali maggiori oneri connessi ai costi di gestione della propria attività ed alle spese di funzionamento della organizzazione consortile, ricavando dallo svolgimento dell'attività esterna i proventi necessari a coprire integralmente tali costi attraverso l'applicazione di una percentuale di ricarico, sul maggiore corrispettivo che riceve dai terzi committenti per i contratti di appalto stipultai in nome proprio e per conto delle consorziate. La posizione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite prendono le distanze dalla prima posizione, giacché da una simile interpretazione discenderebbe una sostanziale privazione di autonoma soggettività giuridica in capo alla società consortile di capitali una equivalenza tra maggiore corrispettivo convenuto dal Consorzio e minor valore della prestazione eseguita e fatturata dalla consorziata assenza di un vincolo giuridico idoneo a far insorgere l'obbligo di integrare contributi versati in relazione a sopravvenute esigenze finanziarie dell'ente consortile. Diversamente la società consortile deve essere qualificata come un ente commerciale, soggetto d'imposta, e dotato di autonoma personalità giuridica. Tanto premesso, deve ritenersi che se vi è conciliabilità tra scopo mutualistico e scopo di lucro, la medesima compatibilità sussisterà anche ai fini fiscali trovando conforto indiretto nel dettato normativo di cui all'articolo 4 della l. 240/1981, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione di un divieto di distribuzione degli utili alle consorziate divieto che non avrebbe ragion d'essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili, ex articolo 18 l. 5 ottobre 1991, numero 317 . I Giudici di legittimità hanno poi evidenziato che la riconosciuta possibile coesistenza delle due cause in oggetto postula, in primis, la necessità di un accertamento teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale ed in secundis la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza. Costituisce questione di merito l'accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell'assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima dal consorziato, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo. Diritto alla detrazione dei costi ai fini IVA. In correlazione tra attività esercitata della società consortile o dalla consorziata in relazione ai diversi scopi, deve essere riconosciuto il diritto alla detrazione dei costi ai fini IVA ne consegue che ai sensi dell'articolo 3, comma terzo del d.P.R. numero 633/1972, l'inammissibilità di differenze tra importo fatturato dal mandatario al terzo e dal mandante al mandatario salva la rilevanza fiscale della provvigione laddove pattuita e formalizzata. Fonte www.iltributario.it

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 19 aprile – 14 giugno 2016, numero 12190 Presidente Rordorf – Relatore Iacobellis Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il 21.6.2005, la società OME CATELLA s.r.l. già OME CATELLA s.numero c., impresa consorziata al Consorzio Manital impugnò l’avviso di accertamento numero OMISSIS , per Euro 126.078,97, notificato il 31.5.2005, emesso dall’Agenzia delle Entrate, per recupero dell’Iva relativo all’anno di imposta 1999, oltre sanzioni. L’avviso aveva a suo fondamento le modalità di contabilizzazione operate dal consorzio Manital e dalla società consorziata per i lavori o servizi alla stessa affidati. Nel constatare che il consorzio Manital, nelle proprie fatture verso il terzo committente, aveva applicato un ricarico sugli importi fatturatigli dall’impresa consorziata, per i lavori da quest’ ultima eseguiti, l’Ufficio contestava l’indebita compensazione tra i ricavi che il consorzio avrebbe dovuto trasferire alla consorziata ed il contributo che quest’ultima doveva al consorzio per il suo funzionamento secondo l’ufficio tale modalità di fatturazione comportava la mancata evidenziazione di parte dei ricavi percepiti dalla società consorziata. 2. Con sentenza numero 1/20/06 del 12.1.2006 la Commissione Tributaria Provinciale di Torino accolse il ricorso proposto dalla OME CATELLA s.r.l 3. Il successivo appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, con atto del 29.3.2007, venne respinto dalla CTR del Piemonte con sentenza numero 4/29/08 del 24.1-3.3.2008. La CTR ritenne che la differenza tra quanto i consorziati fatturavano al consorzio e quanto quest’ultimo fatturava al terzo rappresentava il risultato dell’attività di impresa svolta dal consorzio in favore delle singole imprese I giudici di appello reputarono regolare la condotta contabile tenuta nei rapporti interni, sul rilievo che le singole imprese associate avevano fatturato al Consorzio il valore della quota delle prestazioni di servizi dalle stesse eseguite, al netto delle spese generali, così attuando il fine mutualistico attraverso l’offerta di opportunità di lavoro in favore delle 180 imprese consorziate. Secondo la CTR i costi di gestione sostenuti dal Consorzio non dovevano essere fatturati ai singoli consorziati, in considerazione sia dell’articolo 6 dello Statuto, che attribuiva agli organi del Consorzio la mera facoltà di deliberare la ripartizione tali costi spese generali tra le imprese associate le quali quindi, in difetto di delibera assembleare che disponesse la ripartizione delle spese generali, nulla avrebbero potuto e dovuto fatturare , sia della disciplina dei rapporti tra mandatario senza rappresentanza e mandante, prevista dal D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 13, comma 2, lett. b , che escludeva dalla base imponibile, per la liquidazione IVA, la provvigione dovuta dal mandante al mandatario. 4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione fondato su sette motivi l’Agenzia delle Entrate con atto del 10.2.2009. Resiste con controricorso la Ome Catella s.r.l 5. Con ordinanza 951/15 del 21.1.2015 la sezione tributaria civile della Corte di Cassazione, nell’evidenziare che il rapporto tra il consorzio Manital e le singole imprese consorziate ha dato origine ad un cospicuo contenzioso anche davanti alla Corte di Cassazione, e che sul punto del ribaltamento di ricavi e costi tra consorzio e imprese esiste un contrasto tra decisioni della stessa sezione Quinta, ha rimesso la causa al Primo Presidente che ne ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite. L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, recante l’intitolazione violazione dell’articolo 112 c.p.c. vizio di ultrapetizione in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 , la ricorrente assume che i Giudici di merito avrebbero pronunciato ultrapetita , ricostruendo la fattispecie concreta in modo difforme dai limiti dell’oggetto della controversia, come definiti dall’atto introduttivo e dalla memoria difensiva in grado di appello della società la CTR avrebbe ritenuto giustificato il maggior prezzo percepito dal consorzio sulle commesse eseguite dalla consorziate sulla base di presunti servizi a valore aggiunto erogati dal consorzio , giustificazione estranea a quanto dedotto dalla società contribuente che, in proposito, aveva fatto riferimento soltanto a costi di gestione del consorzio. 2. Con il secondo motivo e terzo motivo, recanti rispettivamente la rubrica omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c. , e Insufficiente motivazione su un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 numero 5 c.p.c. , l’Agenzia assume la carenza di motivazione della decisione laddove la CTR, in assenza di alcuna documentazione ed allegazione difensiva, ha ritenuto giustificato il ricarico medio operato dal consorzio rispetto al prezzo delle singole prestazioni effettuate dalle consorziate nella misura del 61,80% come corrispettivo per una serie di servizi a valore aggiunto. 3. Con il quarto motivo, recante l’intitolazione Contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c., l’Agenzia deduce la contraddittorietà della motivazione in relazione alle ragioni poste a base del ricarico di cui è causa, ragioni identificate, da un lato, nei servizi aggiuntivi svolti dal Consorzio dall’altro, in costi gestionali sostenuti per l’attività di coordinamento e supporto resa a favore delle imprese consorziate mandanti . 4. Con il quinto e settimo motivo recanti l’intitolazione violazione e falsa applicazione degli articolo 1241, 1706, 1709, e 1719 c.c., del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 3, comma 3, articolo 6, comma 3, articolo 13, comma 2, articolo 15, nonché del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 37 bis, comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 la parte ricorrente sostiene, da un lato, che la CTR, nell’affermare che ogni singolo consorziato deve fatturare al consorzio esclusivamente il valore dei lavori eseguiti, i cui corrispettivi vengono predeterminati all’atto dell’assegnazione della commessa , avrebbe violato tali norme non tenendo conto del fatto che una parte del ricavo può non essere materialmente versata dal consorzio/mandatario in ragione della compensazione tra i ricavi che il mandatario senza rappresentanza deve ribaltare al mandante e il rimborso delle spese da questo sostenute ò dall’altro, la erroneità della decisione laddove, incompatibilmente con il fine mutualistico del Consorzio, aveva qualificato quale provvigione la differenza tra i corrispettivi percepiti dalla Manital e quelli percepiti dalle imprese consorziate. 5. Con il sesto motivo, recante la intitolazione Insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio in relazione all’articolo 360, numero 5 c.p.c. , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza di appello laddove la CTR, nell’affermare che oltretutto detti costi, se non vengono ripartiti dal Consorzio, non sono conoscibili dai singoli consorziati che si trovano pertanto nell’impossibilità di emettere autofatture, non ha ritenuto possibile una preventiva determinazione forfettaria dei costi sul prezzo di ogni singola commessa. 6. Infondato è il primo motivo di ricorso. La CTR, a giustificazione dei differenti importi tra le fatturazioni emesse dal Consorzio nei confronti dei committenti e quelle emesse dalle consorziate nei confronti del consorzio, ha affermato che il valore delle prestazioni effettuate dalle consorziate può benissimo essere inferiore a quello pattuito con il committente dal Consorzio in quanto quest’ultimo svolge una serie di servizi a valore aggiunto come le pratiche commerciali, i controlli di sicurezza . , aggiungendo i costi di gestione non vengono ribaltati alle imprese consorziate ma seguono la sorte dei costi di gestione come in qualsiasi impresa commerciale .e concludendo la pretesa dell’Ufficio di ribaltare i costi specifici delle commesse e dei costi di gestione sui consorziati non trova giustificazione normativa . 7. Tenuto conto che la questione controversa oggetto del presente giudizio è costituita dalla disciplina fiscale applicabile alle società consortili, con particolare riferimento al ribaltamento di costi e ricavi derivanti dalla esecuzione delle commesse sulle consorziate, la elencazione delle attività correlate ai costi medesimi, attività indicate dalla CTR come le pratiche commerciali, i controlli di sicurezza, coordinamento e direzione lavori , deve intendersi formulata ai soli fini esemplificativi va pertanto esclusa la sussistenza dell’assunta ultrapetizione. 8. L’ordinanza di rimessione, in punto di fatto, afferma che il Consorzio MANITAL, costituito in forma di società di capitali, ha per oggetto sociale oltre agli scopi propriamente consortili organizzazione e coordinamento della attività delle consociate, attività di pubblicità e procacciamento di affari per le singole società consorziate anche lo svolgimento di attività esterna attività di manutenzione in global service di complessi immobiliari civili ed industriali -, sia in proprio, eseguendo direttamente i lavori di appalto, che come mandatario senza rappresentanza, stipulando in nome proprio i contratti di appalto con i terzi committenti ed assegnando la esecuzione dei lavori alle consorziate oltre alla costituzione del Fondo consortile, le singole consociate sono tenute ad effettuare eventuali successivi versamenti in denaro, deliberati dalla assemblea, che si rendano necessari per il funzionamento del Consorzio nella specie non sono stati deliberati dall’assemblea e riversati sulle imprese consorziate i costi relativi alla gestione ed organizzazione del Consorzio, in quanto l’ente consortile ha fatto fronte a tali spese con i propri utili derivanti anche dai ricarichi applicati sui corrispettivi versati dal Consorzio alle singole imprese consorziate, per i lavori da queste eseguiti, e trasferiti sul prezzo d’appalto convenuto con il terzo committente il Consorzio, infatti, emetteva nei confronti del committente una fattura con indicato un importo maggiore della somma degli importi indicati nelle fatture emesse nei confronti del Consorzio dalle singole consociate che avevano partecipato alla esecuzione dell’appalto, trasferendo sul prezzo pagato dal terzo committente i costi di gestione e funzionamento che, altrimenti, avrebbero dovuto essere deliberati a carico di tutte le società consorziate. 9. Rileva quindi l’ordinanza di rimessione che, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, la funzione mutualistica ex articolo 2602 c.c., comma 1 e articolo 2614 c.c., non si esaurirebbe nell’oggetto o scopo della società consortile articolo 2615 ter c.c. , ma informerebbe la stessa causa del negozio consortile, con la conseguenza che una eventuale elusione della stessa attraverso l’applicazione della disciplina normativa del tipo societario prescelto, può assumere rilievo in particolare, ai sensi del successivo articolo 1344 c.c. . se tesa a violare norme tributarie, attesa l’imperatività propria di queste cfr. Cass. numero 13293/2011 , venendo a configurare in ambito tributario la fattispecie dell’ abuso di diritto . Secondo l’indirizzo in esame, il Consorzio, proprio in considerazione della causa negoziale predetta, non può e non deve avere nessun vantaggio economico per sé perché tali vantaggi come gli eventuali svantaggi appartengono in aderenza alla convenuta finalità negoziale unicamente, sempre e solo, alle imprese consorziate id. numero 14782/2011 . Ne consegue che il Consorzio anche se costituito in forma societaria non potrebbe trattenere utili, né costi derivanti dalla attività svolta nell’interesse delle consorziate, ma dovrebbe sempre e comunque ritrasferire alle consociate l’intero importo del corrispettivo ricavato dai contratti stipulati con i terzi committenti e riaddebitare o con altra terminologia ribaltare i costi generali concernenti le spese di funzionamento della organizzazione e specifici relativi alle spese sostenute per la stipula ed esecuzione dei singoli contratti ripartendoli tra le consociate in proporzione alla quota di partecipazione detenuta da ciascuna impresa. Da tali premesse è stata tratta la conseguenza che la difformità tra il maggiore importo fatturato dal Consorzio e gli importi fatturati dalle singole conosciate occulterebbe una indebita compensazione tra i ricavi del Consorzio che devono invece essere interamente ribaltati alla consorziata ed il rimborso delle spese da esso sostenute cfr. Cass. numero 20778/2013 cit. , non potendo neppure giustificarsi tale differenza di importi in base alla provvigione richiesta dal Consorzio-mandatario senza rappresentanza alle consociate imprese-mandanti in quanto, se da un lato non può escludersi che il mandato, in assenza di finalità lucrativa , ben potrebbe essere svolto a titolo gratuito dal Consorzio, dall’altro, la richiesta di provvigione deve necessariamente trovare corrispondente riscontro probatorio nelle scritture contabili sia del Consorzio che delle consorziate cfr. Cass. numero 13293/2011 e, dunque, deve essere evidenziato nella determinazione della base imponibile indicata nelle fatture emesse dalle consorziate. 10. Con secondo indirizzo, incentrato sulla autonoma soggettività giuridica e fiscale del Consorzio rispetto alle singole imprese associate, la sezione Quinta di questa Corte Cass. numero 24014/2013 cit. , prendendo le mosse dallo scopo tipico del contratto di consorzio, ha affermato che .la natura di ente non a fini di lucro rivestita del Consorzio Manital e desumibile dallo statuto non esclude . che il medesimo potesse svolgere all’epoca dei fatti un’attività intrinsecamente commerciale Se ne deve inferire che, al pari di tutti i soggetti che svolgono attività commerciale, il suddetto Consorzio traeva da essa dei ricavi, parte dei quali com’è del tutto ovvio erano diretti a coprire i costi di gestione. Per il che contrariamente all’assunto dell’Amministrazione la natura di ente non avente finalità di lucro, rivestita dal Consorzio Manital, non implica affatto che siffatti costi di gestione dovessero obbligatoriamente cedere a carico delle imprese consorziate. Di contro, è proprio lo svolgimento di fatto di un’attività commerciale ad evidenziare che l’ente si comportava, nello svolgimento dei rapporti con i committenti, sebbene contratti nell’interesse delle consorziate, né più né meno, come un qualsiasi altro soggetto economico Tale orientamento ripete il proprio fondamento dalla impostazione teorica secondo cui lo scopo di mutualità non contraddice allo scopo di lucro, inteso in senso oggettivo come esigenza di economicità della gestione dell’attività svolta dalla società consortile, con la conseguenza che la società consortile ben può conseguire autonomi ricavi dall’attività svolta nei confronti dei terzi, salvo il perseguimento dello scopo mutualistico assunto nell’oggetto sociale nei rapporti interni con le imprese consociate. Da ciò la conclusione che il Consorzio, agendo in conformità allo scopo indicato, evita di addossare alle società consociate eventuali maggiori oneri connessi ai costi di gestione spese generali della propria attività ed alle spese di funzionamento della organizzazione consortile, ricavando dallo svolgimento della attività esterna i proventi necessari a coprire integralmente tali costi, nella specie trasferendoli, attraverso la applicazione di una percentuale di ricarico, sul maggiore corrispettivo che riceve dai terzi committenti per i contratti di appalto stipulati in nome proprio e per conto delle consorziate. 11. Osserva il collegio remittente che l’adesione al primo indirizzo che vede l’organismo consortile come struttura servente dell’attività esterna delle singole imprese consorziate comporterebbe a una sostanziale privazione di autonoma soggettività giuridica alla società consortile di capitali b una equivalenza meramente assiomatica tra maggiore corrispettivo convenuto dal Consorzio con il terzo committente e minore valore della prestazione eseguita e fatturata dalla consorziata c l’assenza di un vincolo giuridico idoneo a fare insorgere nelle singole consociate l’obbligo di integrare i contributi versati in relazione a sopravvenute esigenze finanziarie dell’ente consortile nel perseguimento degli scopi comuni. Il secondo orientamento, pur conforme al riconoscimento della società consortile come ente commerciale, soggetto d’imposta, dotato di autonoma personalità giuridica, non fornirebbe tuttavia esaustiva risposta al principio della rilevanza fiscale dei rapporti mandante-mandatario indipendentemente dalla ritenuta gratuità del mandato senza rappresentanza svolto dal Consorzio. La configurazione delle relazioni interne tra società consortile e società consociate, come rapporto di mandato senza rappresentanza articolo 2609 c.c., comma 2 , non giustificherebbe la mancanza di corrispondenza tra la prestazione erogata dal mandatario al committente e quella erogata dal mandante al mandatario, come previsto, in materia IVA, dall’articolo 3, comma terzo del D.P.R. numero 633 del 1972, conformemente alla norma comunitaria di cui all’articolo 6 paragr. 4 della 6^ direttiva del Consiglio numero 77/388 del 17.5.1977 e succ. mod 12. Delineato il quadro giurisprudenziale di riferimento, la disciplina civilistica del fenomeno consortile in esame va rinvenuta nell’articolo 2615 ter c.c., articolo introdotto dalla L. 10/05/1976, numero 377, secondo cui le società previste nei capi 3^ e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell’articolo 2602. 13.11 mero richiamo a tali ultimi scopi e la mancata indicazione della disciplina applicabile a tali società ha determinato una pluralità di orientamenti dottrinari, alcuni inclini a conferire prevalenza alla causa del contratto di consorzio sulla forma societaria le norme sui consorzi sarebbero direttamente applicabili alle società consortili , altri dando rilevanza alla disciplina tipica della forma societaria adottata, altri ancora favorevoli ad una disciplina mista quella della società atterrebbe al solo funzionamento dell’organizzazione associativa , altri infine affermanti l’intangibilità delle norme societarie dettate a tutela degli interessi di terzi o di interessi necessari. 14. Questa Corte, in materia di responsabilità civile dei soci verso terzi per obbligazioni assunte dalla società consortile, ha da tempo affermato l’autonomia della società consortile rispetto alle società consorziate e la sua specificità anche rispetto ai consorzi non in forma societaria, precisando che la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, qualora la loro applicazione sia incompatibile con profili essenziali del fenomeno consortile, fermo restando che siffatta deroga non può giustificare lo stravolgimento dei principi fondamentali che regolano il tipo di società di capitali scelto, al punto da renderlo non più riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale Cass. Sez. 1, sent. 27/11/2003, numero 18113 . Con riferimento all’assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa per azioni è stato di recente ribadito che lo scopo mutualistico non esclude la natura commerciale dell’impresa, e che anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell’articolo 2545 terdecies cod. civ. Cass. Sez.1, Sent. 24/03/2014 numero 6835 . Ciò peraltro conformemente ai precedenti di questa Corte Sez. 1, Sent. 14/7/2010 numero 16558 secondo cui il consorzio esterno è ora un autonomo centro di imputazione che può assumere, ex articolo 2615 ter c.c. forma di società di capitali con personalità giuridica, restando soggetto a fallimento ed alla disciplina antitrust in tema di intese nonché alla sentenza della Sez. 1, 8/9/1999 numero 9513, secondo cui lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria che, con l’attenuazione del fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando così il fine mutualistico con un’attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni o servizi a terzi a fini di lucro . 15. Alla luce di quanto sopra va pertanto riaffermato che l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, essendosi ormai superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro, da un lato1 e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro. Dopo aver ammesso che vi sono società senza scopo di lucro e consorzi in forma societaria articolo 2615 ter come modificato dalla L. 10 maggio 1976, numero 377 , occorre rilevare come la società cooperativa può ben avere anche uno scopo di lucro Cass. numero 6835/2014 . 16. E che tale compatibilità vada confermata anche ai fini fiscali trova conforto indiretto nel dettato normativo di cui all’articolo 4 della L. 240/1981, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione statutaria di un divieto di distribuzione di utili alle consorziate divieto altresì disposto dall’articolo 18 L. 5/10/1991, numero 317, e che non avrebbe ragion d’essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili. 17.Tale coincidenza, unitamente alla distinta soggettività fiscale ed all’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonché dalla società consortile, comporta la necessaria distinzione tra le operazioni poste in essere dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico, da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile. 18. I contrapposti suesposti indirizzi giurisprudenziali, che essenzialmente non colgono il fenomeno nella sua complessità, vanno disattesi, in particolare, nella parte in cui, rispettivamente, negano rilevanza alcuna allo scopo lucrativo o, per converso, alla causa mutualistica, la cui presenza è a fondamento della distinzione tra le società di cui all’articolo 2615 ter c.c., e quelle del capo 3^ e seguenti del titolo 5^ libro 5^. 19. Alla riconosciuta possibile coesistenza della causa mutualistica con lo scopo lucrativo peraltro non consegue tuttavia ex se il riconoscimento della effettiva sussistenza di entrambi, in pari misura, in una società consortile bensì postula, in primo luogo, la necessità di un accertamento, alla luce dei patti consortili e dell’attività in concreto esercitata, teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale v. Cass. 23/12/2008, nnumero 30055, 30056, 30057 , intento ben presumibile laddove lo scopo mutualistico risulti di carattere del tutto residuale. 20. Le diverse modalità attraverso le quali viene svolta l’attività della società consortile, nonché la correlazione delle stesse con gli scopi di volta in volta perseguiti, impongono la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza. 21. L’accertamento in ordine alla natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi alle consorziate, costituiscono poi presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi. 22. Ed invero nell’ipotesi in cui il consorzio acquisisca una commessa e proceda ad un autonomo adempimento della stessa, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, va esclusa la legittimità di un ribaltamento dei costi tra tutti i consorziati si dovrà di contro procedere ai ribaltamento di costi e ricavi nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque connessi al criterio mutualistico di utilizzo del servizio consortile. 23. Con riferimento all’eventuale differenza tra quanto fatturato dal consorzio al terzo committente e quanto fatturato dal consorziato al consorzio, possono enuclearsi le seguenti evenienze a differenza costituita dal costo delle spese di gestione generali ripartito tra i singoli consorziati e addebitato al consorziato in occasione della commissione dei lavori b differenza costituita dal costo di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione ai lavori che questo è deputato a svolgere c differenza costituita dalle provvigioni dovute dal consorziato mandante al consorzio mandatario senza rappresentanza , escluse dall’imponibile IVA articolo 13 D.P.R. 633/1972 d differenza costituita dal costo e dagli utili per ulteriori servizi forniti solo dal consorzio, quale soggetto imprenditoriale, in favore del terzo committente, in relazione ai lavori posti in essere dal consorziato a seguito della commessa in suo favore. 24. È evidente che l’individuazione dell’evenienza nel concreto realizzatasi costituisce un problema di prova e di onere della prova. Nelle prime due ipotesi la differenza del quantum fatturato, nel caso di compensazione tra consorziato e società consortile, in assenza di dettaglio di costi e ricavi, si risolve in un occultamento dei ricavi del consorziato. Costituirà onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, nel rispetto dei principi di certezza, effettività, inerenza e competenza. Egualmente sarà onere del consorziato, nelle ulteriori ipotesi, provare che la differenza suddetta sia costituita da provvigioni o da servizi resi dal consorzio al terzo. 25. Analogamente, in correlazione tra attività esercitata dalla società consortile o dalla consorziata in relazione ai diversi scopi consortile lucrativo , andrà riconosciuto il diritto alla detrazione dei costi ai fini iva e ciò conformemente alla direttiva comunitaria articolo 17, par. 2 della 6^ direttiva . 26. Tale ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra la società consortile e le consorziate conferisce opportuno rilievo, anche ai fini fiscali, all’organizzazione societaria adottata dagli imprenditori, risolvendo altresì i dubbi espressi nell’ordinanza di rimessione circa la rilevanza fiscale dei rapporti mandante mandatario, la possibile mancanza di corrispondenza tra gli importi fatturati ai terzi e quelli fatturati alla società consortile, nonché le modalità ed i limiti entro i quali ammettere il ribaltamento totale dei costi. 27. Vanno conseguente affermati i seguenti principi di diritto La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell’assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima fatturato dai consorziato, nel rispetto dei principi certezza, effettività, inerenza e competenza, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo. 28. Nella caso in esame, non è controversa tra le parti la circostanza che il Consorzio Manital abbia operato sulle commesse in virtù di un mandato senza rappresentanza come affermato dalla CTR pag. 2 della sentenza , dalla ricorrente pag. 5 del ricorso nonché dalla controricorrente pag. 3 del controricorso . 29. Vertendosi in materia di iva, ne consegue, ai sensi dell’articolo 3 comma terzo e 13 comma 2 lett. b del dpr 633/72, l’inammissibilità di alcuna differenza tra importo fatturato dal mandatario al terzo e dal mandante al mandatario, e quindi, nella specie, dalla singola impresa al consorzio e quello fatturato dal consorzio al terzo, salva la rilevanza fiscale della provvigione laddove pattuita e formalizzata. 30. Ai principi sovraesposti non è conforme la decisione impugnata laddove, senza esplicitare alcuna argomentazione in ordine alla natura delle commesse, con riferimento allo scopo consortile, né alle prove eventualmente fornite dalla Ome Catella s.r.l., anche in ordine alla pattuizione ed alla corresponsione di una provvigione, ha ritenuto priva di giustificazione normativa la pretesa dell’Ufficio di ribaltare i costi specifici delle commesse e dei costi di gestione. 31. Quanto sopra ha efficacia assorbente sulle censure relative alla motivazione. 32. Va conseguentemente cassata la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Piemonte, che, in diversa composizione, alla luce dei principi sovraesposti e del materiale probatorio precedentemente acquisito, valuterà l’esatto ammontare degli importi oggetto di contestazione ai fini IVA, nonché determinerà le spese del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il quinto ed il settimo nei limiti di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla CM del Piemonte.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 19 aprile – 14 giugno 2016, numero 12191 Presidente Rordorf – Relatore Iacobellis Svolgimento del processo 1. Con ricorso del 4.4.2006 P.F. , titolare della ditta omonima, impugnò l’atto numero omissis con cui gli era stata contestata l’omessa regolarizzazione di fatture iva per l’anno 2002. Il rilievo aveva a suo fondamento l’ anomala modalità di contabilizzazione dei costi e ricavi, ai fini IVA, posta in essere dal consorzio e dalle imprese consorziate, tra cui la ditta individuale P.F. il Consorzio e le consorziate avrebbero provveduto alla fatturazione reciproca di sole quote di costi e quote di proventi. Eccepì il contribuente la violazione dell’articolo 12 della legge 212 del 2000, per asserita assenza del preventivo contraddittorio in quanto al contribuente non era stata data la possibilità di contraddittorio sul verbale di constatazione, ma lo stesso era stato notificato insieme all’atto impugnato e, nel merito, l’infondatezza della pretesa impositiva. 2. La Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con sentenza 73/11/2006 del 23.11.2006, accolse il ricorso, ritenendo sussistente sia la violazione dell’articolo 12 della legge 212 del 2000, sia, nel merito, la correttezza della modalità di contabilizzazione dei costi. 3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate venne rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con sentenza 69/29/08 del 27.11.2008. La CTR ritenne la nullità dell’atto di contestazione in quanto non preceduto dalla consegna al contribuente del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza nei confronti del consorzio , almeno 60 gg. prima dell’atto di contestazione medesimo. Nel merito, il giudice d’appello rilevò che il Consorzio , in virtù della sua rilevanza esterna, agiva autonomamente, stipulando in proprio contratti di appalto con le imprese committenti e poi selezionando le imprese consorziate affidatarie sulla base delle rispettive esperienze professionali , ai sensi dell’articolo 3 dello Statuto sicché legittimamente l’importo della fattura emessa dal consorziato poteva essere inferiore a quello della fattura emessa dal Consorzio la differenza rappresentava il corrispettivo per i servizi prestati, necessario a coprire le spese per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali ciò in conformità al disposto del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 13, comma 2, lett. b , con riguardo alla provvigione spettante al mandatario senza rappresentanza ed alle ulteriori risoluzioni ministeriali emanate in materia. 4. Con atto del 11-14.1.2010 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza articolato in quattro motivi. Resiste con controricorso il P. . 5. La sezione Quinta, con ordinanza numero 946 del 21/1/2015, rilevata la sussistenza di un contrasto in alcune pronunce della Corte in tema di ribaltamento di costi ed utili, ha rimesso gli atti al Primo Presidente che ha disposto l’assegnazione della causa alle SS.UU L’Agenzia ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Col il primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 comma 7 della Legge numero 212/2000, in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c., laddove la CTR ha ritenuto la nullità dell’atto di contestazione in quanto notificato prima della scadenza del termine di giorni sessanta dal rilascio del PVC al contribuente. 2. Con il secondo motivo la ricorrente svolge analoga censura nella parte in cui il giudice d’appello collega la sanzione della nullità al mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla norma citata. 3. Con il terzo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2602 e ss. c.c., dell’articolo 21 dpr 633/1972, degli articolo 1241 e ss. c.c., nonché del principio generale del divieto dell’abuso del diritto, desumibile dall’articolo 37 bis dpr 600/1973, in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., laddove la CTR, a dispetto della natura mutualistica del consorzio, ha escluso che lo stesso dovesse ribaltare sulle consorziate i costi generali di gestione, i costi specifici relativi alle singole commesse e gli utili, con i conseguenti obblighi di fatturazione ed autofatturazione. 4. Con il quarto motivo, la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione degli articolo 1241, 1706, 1709 e 1719 c.c., degli articolo 3 comma 3, 6 comma 3, 13 comma 2, 15 DPR 633/1972, articolo 37 bis, comma 1 dpr 600/73, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., laddove la CTR ha qualificato come provvigione per l’espletamento del mandato, disciplinata dall’articolo 13 del dpr 633/1972, articolo 13, l’importo trattenuto dal consorzio, a seguito del mancato ribaltamento sulle singole società, tenuto conto del fatto che il rapporto tra consorzio e consorziati non può che essere a titolo gratuito. 5. Fondato è il primo motivo di ricorso. Secondo quanto risulta dalla sentenza della CTR pagg. 1 e 2 , nonché dalle dichiarazioni delle parti pagg. 1, 3, 38, 39 del ricorso e pagg.1, 7 del controricorso , il provvedimento impugnato dal P. è costituito da un atto di contestazione emesso ai sensi dell’articolo 16 del d.lgs. 18/12/1997, numero 472, per omessa autofatturazione iva. 6. Sul punto è sufficiente richiamare l’orientamento di questa Corte per cui l’articolo 12, comma 7, della L. 212/2000, non si applica agli atti di contestazione irrogativi di sanzioni, che trovano disciplina speciale nell’articolo 16 del D.Lgs. numero 472 del 1997, anche con riguardo alle modalità del contraddittorio procedimentale Cass. nnumero 25515 e 22000 del 2013, numero 20479 del 2012 . 7. Ed invero il procedimento in esame ha inizio con la notifica, da parte dell’ufficio competente, di un atto di contestazione all’autore della violazione, in esito al quale il contribuente, entro 60 giorni, può addivenire ad una definizione agevolata articolo 16 comma terzo , o presentare deduzioni difensive articolo 16 quarto comma , o, infine, impugnare immediatamente l’atto presso l’ organo indicato nell’atto di contestazione ultima parte del comma 6 dell’articolo 17 . La presentazione delle deduzioni difensive instaura un peculiare procedimento che può concludersi con l’emissione di un provvedimento di irrogazione di sanzioni impugnabile davanti alla CTP o nel venir meno dell’efficacia dell’atto di contestazione. 8. La facoltà riconosciuta al contribuente di presentare deduzioni difensive e, pertanto, l’instaurazione di un contraddittorio endoprocedimentale anteriormente all’emissione di un atto pregiudizievole nei suoi confronti da parte dell’Ufficio porta ad escludere l’applicabilità alla fattispecie in esame del disposto dell’articolo 12, comma 7, anche alla luce del recente intervento di queste SSS.UU. sent. numero 9/12/2015, numero 24823 . 9. Quanto sopra ha effetto assorbente sul secondo motivo di ricorso. 10. Il terzo e quarto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei limiti che seguono. 11. È già stato evidenziato che la questione sottoposta all’esame di queste Sezioni Unite è costituita dalla disciplina fiscale applicabile alle società consortili con particolare riferimento al ribaltamento di costi e ricavi, derivanti dalla esecuzione delle commesse, sulle consorziate. 12. L’ordinanza di rimessione rileva come con una serie di pronunce Cass., nnumero 16410 e 25944 del 2008, numero 22790 del 2009, nnumero 13293, 13294, 13295 nonché 14780, 14781, e 14782 del 2011 tutte fondate sul rilievo per cui una società consortile funge da struttura operativa al servizio delle imprese consorziate, sicché, sotto il profilo tributario, le sue operazioni ed i costi correlati sono direttamente riferibili alle società consociate si è affermato che le spese affrontate per mezzo del consorzio costituiscono costi propri delle imprese consorziate, alle quali vanno riaddebitate secondo il principio del ribaltamento dei costi specularmente, alle medesime imprese consorziate resterebbero imputabili, fra i ricavi, i corrispettivi dovuti dal committente, mentre alla società consortile andrebbero riferite nella voce costi le spese sostenute per l’esecuzione unitaria dei lavori, nonché tra i ricavi i contributi versati pro-quota dai consorziati, a copertura di tali spese. 13.Tale orientamento, ribadito da questa Corte, con la sentenza 11/9/2013 numero 20778, secondo il collegio remittente, sarebbe in contrasto da una pressoché coeva pronuncia di questa Corte sentenza 23 ottobre 2013 numero 24014 che, richiamando anche principi già in precedenza espressi, ha invece ritenuto che la pacifica natura di ente non a fini di lucro, rivestita dal Consorzio XXXXXXX, non esclude che il medesimo possa svolgere un’attività intrinsecamente commerciale, pur senza perseguire la realizzazione di profitti in proprio, limitandosi la specifica organizzazione consortile a garantire alle imprese aderenti il procacciamento di commesse alle migliori condizioni di mercato. 14. L’ordinanza di rimessione, nel richiamare i precedenti di questa corte numero 15330/2014, numero 1636/2014, numero 24014/2013, numero 1480/2011, numero 13293/2011, sulla natura dei consorzi con attività esterna, sulla rilevanza della causa consortile, sulla legittimazione passiva e responsabilità nei confronti dei terzi, nonché sul rapporto di mandato, rileva, in punto di fatto, che il Consorzio XXXXXXX è un consorzio operativo con attività esterna, costituito in forma di s.p.a., il quale agisce acquisendo commesse che vengono poi alternativamente eseguite, talvolta, direttamente con la propria organizzazione e struttura imprenditoriale talaltra per il tramite delle imprese consorziate, ciascuna delle quali provvede direttamente ad effettuare una specifica attività lavorativa talaltra ancora, in parte, direttamente, e, in parte, dalle imprese consorziate secondo l’articolo 3 dello Statuto Il Consorzio, che non ha fini di lucro, ha per oggetto 1 la valutazione, la progettazione, la costruzione e la direzione lavori, la manutenzione, il restauro e la riqualificazione di immobili . può tra l’altro . e organizzare, coordinare, disciplinare il flusso delle commesse, l’esecuzione dei lavori, dei servizi ed in genere l’attività d’impresa dei consorziati, curare i rapporti con le committenti, le altre amministrazioni o enti interessati ed assegnare le prestazioni oggetto dei lavori ai consorziati v. anche articolo 7 Statuto, per cui esso si impegna all’acquisizione di commesse di lavoro per tutti gli associati o per alcuni od uno solo di loro a favorire l’acquisizione diretta di commesse da parte di un consorziato o di alcuni consorziati riuniti . fornendo tutta l’assistenza e la consulenza amministrativa e tecnica . Statutariamente, I consorziati, in ragione delle singole quote di partecipazione sottoscritte, saranno chiamati e dovranno provvedere al versamento del Fondo Consortile nei modi e nei tempi stabiliti dal Presidente. Egli potrà in successivi momenti deliberare le reintegrazioni e gli incrementi che si rendessero necessari previa delibera dell’Assemblea all’uopo appositamente convocata articolo 6 Statuto e che sono inoltre tenuti alla corresponsione dei contributi prescritti per la formazione del fondo consortile ed ai versamenti previsti per la partecipazione alle spese per il funzionamento del consorzio e per il conseguimento dei fini consortili nella misura che sarà stabilita articolo 7 Statuto . 15. Il Collegio remittente ritiene che la struttura del Consorzio , la natura commerciale dell’attività da esso svolta, le modalità statutarie di formazione ed integrazione del fondo consortile comune, lo schema contrattuale utilizzato per l’assegnazione delle commesse ai consorziati ed infine il fatto che, nell’anno in contestazione, il contribuente consorziato non avesse eseguito alcuna opera, sembrerebbero compatibili con la condotta fiscale degli interessati . E ciò anche non essendo chiaro, a fronte delle modalità di fatturazione seguite dalle parti, quale sia stata, in concreto, la finalità di evasione genericamente contestata dall’amministrazione finanziaria dal momento che l’omesso ribaltamento di costi e ricavi non sembra incidere oggettivamente sull’Iva che viene semplicemente liquidata dalla società consortile in luogo dell’impresa consorziata . 16. Delineato il quadro giurisprudenziale di riferimento, la disciplina civilistica del fenomeno consortile in esame va rinvenuta nell’articolo 2615 ter c.c., articolo introdotto dalla L. 10/5/1976, numero 377, secondo cui le società previste nei capi 3 e seguenti del titolo 5 possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell’articolo 2602. 17. Il mero richiamo a tali ultimi scopi e la mancata indicazione della disciplina applicabile a tali società ha determinato una pluralità di orientamenti dottrinari, alcuni inclini a conferire prevalenza alla causa del contratto di consorzio sulla forma societaria le norme sui consorzi sarebbero direttamente applicabili alle società consortili , altri dando rilevanza alla disciplina tipica della forma societaria adottata, altri ancora favorevoli ad una disciplina mista quella della società atterrebbe al solo funzionamento dell’organizzazione associativa , altri infine affermanti l’intangibilità delle norme societarie dettate a tutela degli interessi di terzi o di interessi necessari. 18. Questa Corte, in materia di responsabilità civile dei soci verso terzi per obbligazioni assunte dalla società consortile, ha da tempo affermato l’autonomia della società consortile rispetto alle società consorziate e la sua specificità anche rispetto ai consorzi non in forma societaria, precisando che la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, qualora la loro applicazione sia incompatibile con profili essenziali del fenomeno consortile, fermo restando che siffatta deroga non può giustificare lo stravolgimento dei principi fondamentali che regolano il tipo di società di capitali scelto, al punto da renderlo non più riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale Cass. Sez. 1, sent. 27/11/2003, numero 18113 . Con riferimento all’assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa per azioni è stato di recente ribadito che lo scopo mutualistico non esclude la natura commerciale dell’impresa, e che anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell’articolo 2545 terdecies cod. civ. Cass. Sez.1, Sent. 24/03/2014 numero 6835 . Ciò peraltro conformemente ai precedenti di questa Corte Sez. 1, Sent. 14/7/2010 numero 16558 secondo cui il consorzio esterno è ora un autonomo centro di imputazione che può assumere, ex articolo 2615 ter c.c. forma di società di capitali con personalità giuridica, restando soggetto a fallimento ed alla disciplina antitrust in tema di intese nonché alla sentenza della Sez. 1, 8/9/1999 numero 9513, secondo cui lo scopo mutualistico proprio delle cooperative può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cosiddetta mutualità pura, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cosiddetta mutualità spuria che, con l’attenuazione del fine mutualistico, consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, conciliando così il fine mutualistico con un’attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni o servizi a terzi a fini di lucro . 19. Alla luce di quanto sopra va pertanto riaffermato che l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, essendosi ormai superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro da un lato e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro. Dopo aver ammesso che vi sono società senza scopo di lucro e consorzi in forma societaria articolo 2615 ter come modificato dalla L. 10 maggio 1976, numero 377 , occorre rilevare come la società cooperativa può ben avere anche uno scopo di lucro Cass. numero 6835/2014 . 20. E che tale compatibilità vada confermata anche ai fini fiscali trova conforto indiretto nel dettato normativo di cui all’articolo 4 della L. 240/1981, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione statutaria di un divieto di distribuzione di utili alle consorziate divieto altresì disposto dall’articolo 18 della L. 5/10/1991, numero 317, e che non avrebbe ragion d’essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili. 21.Tale coincidenza, unitamente alla distinta soggettività fiscale ed all’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonché dalla società consortile, comporta la necessaria distinzione tra le operazioni poste in essere dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico, da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile. 22. I contrapposti suesposti indirizzi giurisprudenziali, che essenzialmente non colgono il fenomeno nella sua complessità, in particolare, vanno disattesi nella parte in cui, rispettivamente, negano rilevanza alcuna allo scopo lucrativo o, per converso, alla causa mutualistica, la cui presenza è a fondamento della distinzione tra le società di cui all’articolo 2615 ter c.c. e quelle del capo 3 e seguenti del titolo 5 -libro 5-. 23. Alla riconosciuta possibile coesistenza della causa mutualistica con lo scopo lucrativo peraltro non consegue tuttavia ex se il riconoscimento della effettiva sussistenza di entrambi, in pari misura, in una società consortile bensì postula, in primo luogo, la necessità di un accertamento, alla luce dei patti consortili e dell’attività in concreto esercitata, teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale v. Cass. 23/12/2008, nnumero 30055, 30056, 30057 , intento ben presumibile laddove lo scopo mutualistico risulti di carattere del tutto residuale. 24. Le diverse modalità attraverso le quali viene svolta l’attività della società consortile, nonché la correlazione delle stesse con gli scopi di volta in volta perseguiti, impongono la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza. 25. L’accertamento in ordine alla natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi alle consorziate, costituiscono poi presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi. 26. Ed invero nell’ipotesi in cui il consorzio acquisisca una commessa e proceda ad un autonomo adempimento della stessa, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, va esclusa la legittimità di un ribaltamento dei costi tra tutti i consorziati si dovrà di contro procedere al ribaltamento di costi e ricavi nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque connessi al criterio mutualistico di utilizzo del servizio consortile. 27. Con riferimento all’eventuale differenza tra quanto fatturato dal consorzio al terzo committente e quanto fatturato dal consorziato al consorzio, possono enuclearsi le seguenti evenienze a differenza costituita dal costo delle spese di gestione generali ripartito tra i singoli consorziati e addebitato al consorziato in occasione della commissione dei lavori b differenza costituita dal costo di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione ai lavori che questo è deputato a svolgere c differenza costituita dalle provvigioni dovute dal consorziato mandante al consorzio mandatario senza rappresentanza , escluse dall’imponibile IVA articolo 13 D.P.R. 633/1972 d differenza costituita dal costo e dagli utili per ulteriori servizi forniti solo dal consorzio, quale soggetto imprenditoriale, in favore del terzo committente, in relazione ai lavori posti in essere dal consorziato a seguito della commessa in suo favore. 28. È evidente che l’individuazione dell’evenienza nel concreto realizzatasi costituisce un problema di prova e di onere della prova. Nelle prime due ipotesi la differenza del quantum fatturato, nel caso di compensazione tra consorziato e società consortile, in assenza di dettaglio di costi e ricavi, si risolve in un occultamento dei ricavi del consorziato. Costituirà onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, nel rispetto dei principi di certezza, effettività, inerenza e competenza. Egualmente sarà onere del consorziato, nelle ulteriori ipotesi, provare che la differenza suddetta sia costituita da provvigioni o da servizi resi dal consorzio al terzo. 29. Analogamente in correlazione tra attività esercitata dalla società consortile o dalla consorziata in relazione ai diversi scopi consortile lucrativo andrà riconosciuto il diritto alla detrazione dei costi ai fini iva e ciò conformemente alla direttiva comunitaria articolo 17, par. 2 della 6 direttiva . 30. Tale ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra la società consortile e le consorziate conferisce opportuno rilievo, anche ai fini fiscali, all’organizzazione societaria adottata dagli imprenditori, risolvendo altresì i dubbi espressi nell’ordinanza di rimessione circa la rilevanza fiscale della mancata corrispondenza tra gli importi fatturati ai terzi e quelli fatturati alla società consortile, le modalità ed i limiti entro i quali ammettere il ribaltamento totale dei costi. 31. Vanno conseguente affermati i seguenti principi di diritto La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell’assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima fatturato dal consorziato, nel rispetto dei principi certezza, effettività, inerenza e competenza, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo. 32. Nel caso in esame, non è controversa tra le parti la circostanza che il Consorzio XXXXXXX abbia operato sulle commesse in virtù di un mandato senza rappresentanza come affermato dalla CTR pag. 5 della sentenza , dalla ricorrente pag. 15, 16, 63 del ricorso nonché dalla controricorrente pag. 4 del controricorso . 33. Vertendosi in materia di iva, ne consegue, ai sensi dell’articolo 3 comma terzo e 13 comma 2 lett. b del dpr 633/72, l’inammissibilità di alcuna differenza tra importo fatturato dal mandatario al terzo e dal mandante al mandatario, e quindi, nella specie, dalla singola impresa al consorzio e quello fatturato dal consorzio al terzo, salva la rilevanza fiscale della provvigione laddove pattuita e formalizzata. 34. Ai principi sovraesposti non è conforme la decisione impugnata laddove, senza esplicitare alcuna argomentazione in ordine alla natura delle commesse, con riferimento allo scopo consortile, né alle prove eventualmente fornite dal P. , anche in ordine alla pattuizione ed alla corresponsione di una provvigione, ha rigettato l’appello dell’Ufficio ritenendo conforme all’articolo 13 secondo comma, lett. b d.p.r. 633/72, la modalità di gestione contabile adottata. 35. Va conseguentemente cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Ctr del Piemonte, che, in diversa composizione, alla luce dei principi sovraesposti e del materiale probatorio precedentemente acquisito, valuterà i limiti della pretesa impositiva, nonché determinerà le spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, il terzo ed il quarto, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla CTR del Piemonte.