L’attribuzione della qualità di datore di lavoro è stabilita per legge e pertanto non derogabile convenzionalmente. Parimenti inderogabili sono i suoi doveri di vigilanza e controllo in materia di sicurezza la delega, pur possibile a certe condizioni, non esclude l’obbligo di vigilanza sull’operato del delegato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 41063/12, depositata il 19 ottobre. Il caso. Un socio di una s.numero c. viene accusato di omicidio colposo per inosservanza di norme sulla prevenzione del lavoro, avendo omesso di prendere le misure necessarie per garantire la sicurezza dei lavoratori cooperando con gli altri datori delle imprese operanti nel medesimo cantiere. L’imputato fa rilevare che l’assemblea aveva attribuito ad un altro socio la qualifica di datore di lavoro, con le relative funzioni di vigilanza e prevenzione la tesi è accolta e il GUP pronuncia sentenza di non luogo a procedere, contro la quale è presentato ricorso in Cassazione. Chi è il datore di lavoro. Gli Ermellini precisano anzitutto che questa qualifica è stabilita per legge e dunque i soci non possono derogarla convenzionalmente. Sul datore, peraltro, gravano i doveri di vigilanza e controllo relativamente alla tutela della sicurezza. Tra tali doveri è compresa anche la sorveglianza sulla loro adozione da parte di preposti e lavoratori. E’ possibile una delega? Certamente il datore può trasferire la propria posizione di garanzia in capo ad un altro soggetto, purché tale atto sia compiuto rispettando precisi requisiti di forma, quali l’attribuzione di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate una generica «nomina» a datore di lavoro è senz’altro da ritenersi insufficiente ed inidonea. Secondo la S.C., infine, anche in presenza di delega valida non viene mai meno l’obbligo di vigilanza del datore, che deve sempre verificare il corretto espletamento delle funzioni da parte del delegato. Per questi motivi la Cassazione annulla la sentenza con rinvio.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 luglio – 19 ottobre 2012, numero 41063 Presidente Sirena - Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/12/2011 il G.U.P. del Tribunale di Milano, all'esito dell'udienza preliminare, emetteva sentenza di non luogo a procedere nei confronti di M.C.P. in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato in danno dell'operaio N.G. . Al M. e ad altri imputati, era stato addebitato che, con condotte indipendenti e causalmente rilevanti nella produzione dell'evento, operando, mediante le rispettive imprese, presso il cantiere edile per la costruzione di edificio multipiano polifunzionale, sito in omissis , avevano determinato la morte del N. , dipendente della Eredi Micheletti s.numero c., per annegamento, con colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro in particolare, relativamente al M. ed al M.L. , nella loro qualità di soci amministratori della soc. Eredi Micheletti e quindi di datori di lavoro, operando come subappaltatori della Colombo Costruzioni s.r.l. per la fornitura e posa di materiale metallico in particolare posa di angolari eseguiti a misura e chiusini in ghisa per la chiusura delle camere dei pozzi di emungimento funzionali all'impianto di climatizzazione degli edifici in costruzione , avevano omesso di prendere le misure necessarie per tutelare la sicurezza dei lavoratori, non cooperando con gli altri datori di lavoro delle imprese operanti sul medesimo cantiere all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi, anche attraverso l'informazione reciproca al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese segnatamente avevano omesso di verificare che fossero adottate e rispettate adeguate procedure di sicurezza per le lavorazioni da svolgere in prossimità e all'interno delle camere dei pozzi di emungimento, nelle quali erano destinati ad essere impiegati i loro dipendenti. Cosicché mentre il N. si trovava presso il cantiere al fine di verificare i lavori da svolgersi presso il pozzo numero 7, si introduceva nella camera del tombino, ove si trovava l'imbocco del pozzo che, dopo l'esecuzione di lavori di competenza della Varese Impianti s.r.l., era stato coperto solo con pannelli di polisterene da parte del personale di quest'ultima società in tale frangente il N. , a causa della scarsa illuminazione della zona e tratto verosimilmente in inganno dalle dimensioni e dal colore di tali pannelli uguali quelli delle tavole in armatura , vi poggiava i piedi sopra, ma i pannelli cedevano sotto il suo peso, facendolo precipitare all'interno del pozzo, profondo 36 metri, di cui gli ultimi 18 metri riempiti con acqua di falda, con conseguente decesso del medesimo per annegamento acc. in omissis . Ha ritenuto il G.U.P. che il proscioglimento si imponeva per ragioni formali e sostanziali. Infatti, dal verbale di assemblea dei soci del 4.9.2009, risultava la volontà espressa e formale dell'assemblea di riconoscere al M.L. anche la nomina di datore di lavoro, così come definito dall'articolo 2, lett. b, del D.Lgs. numero 81 del 9 aprile 2008 , in tal modo attribuendogli anche le funzioni di vigilanza e prevenzione, in virtù dei poteri specifici e delle competenze del datore di lavoro. Sulla base di ciò ha ritenuto il giudice di merito che il solo M.L. era da considerare datore di lavoro e, quindi, titolare in via esclusiva della posizione di garanzia e dei connessi poteri di vigilanza e di protezione. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, lamentando la erronea applicazione della legge penale, in quanto l'imputato, in quanto socio amministratore della s.numero c. era da considerare datore di lavoro e non risultava alcuna formale delega di poteri, ai sensi degli articolo 16 e 17 d.lgs. 81 del 2008, idonea ad esonerarlo dalle sue responsabilità. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. 3.1. Ai sensi dell'articolo 2, lett. b del d.lgs. 81 del 2008 viene definito “datore di lavoro” il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nel caso che ci occupa, come osservato dal ricorrente, non vi è dubbio che l'imputato avesse, alla data del fatto, la veste di datore di lavoro, considerato che da visure camerali, risultava essere rappresentante ed amministratore della società di persone Eredi Micheletti s.numero c Pertanto erroneamente il G.U.P. ha ritenuto l'imputato non essere titolare di tale funzione in ragione di una delibera assembleare, in quanto la attribuzione della qualità di datore di lavoro è stabilita per legge e, pertanto, non è derogabile convenzionalmente. 3.2. Sul datore di lavoro, come sopra individuato, grava, ai sensi dell'articolo 18 del d.lgs. cit, la posizione di garanzia del rispetto delle norme antinfortunistiche. Sul punto questa Corte di legittimità ha più volte ribadito che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia del datore di lavoro, è inderogabile quanto ai doveri di vigilanza e controllo per la tutela della sicurezza, in conseguenza del principio di effettività, il quale rende riferibile l'inosservanza alle norme precauzionali a chi è munito dei poteri di gestione e di spesa Cass. 3, 29229/2005, Ligresti inoltre, che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'articolo 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro Cass. 4, 20595/2005, Castellani . 3.3. Ciò detto, va anche ricordato che il datore di lavoro ha la possibilità, attraverso una delega , di trasferisce in capo ad altro soggetto poteri ed obblighi originariamente appartenenti al delegante in materia di sicurezza sul lavoro. In sostanza il datore può trasferire in capo ad altro soggetto la sua posizione di garanzia. La delega di funzioni, in passato prevista dall'articolo 1 d.lgs. 626 del 1994, è ora disciplinata esplicitamente negli articolo 16 e 17 del d.lgs. 81 del 2008. Le predette disposizioni prevedono stringenti requisiti formali e sostanziali per la validità della delega a che risulti da atto scritto b che il delegato possegga i requisiti di professionalità ed esperienza per lo svolgimento del compito c che attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate d che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria e che la delega sia accettata dal delegato per iscritto. Ne consegue da quanto detto che la Delib. assembleare del 4/9/2009 priva di data certa e non annotata sui pubblici registri , richiamata nella sentenza di proscioglimento, con la quale è stata riconosciuta al M.L. la nomina a datore di lavoro, con attribuzione di funzioni di vigilanza e di prevenzione, anche a volerla considerare una delega, per la sua genericità non è idonea a trasferire la posizione di garanzia gravante sull'amministratore M.C.P. datore di lavoro ai sensi del cit. articolo 2 . Dal che un'ulteriore erronea applicazione della legge da parte del giudice di merito. Va osservato peraltro che più volte, questa Corte di legittimità, ha ribadito che la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite in ordine alla correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza numero 10702 del 01/02/2012 Ud. dep. 19/03/2012 , Rv. 252675 . Sul punto la sentenza impugnata è assolutamente carente di motivazione. Alla luce di quanto detto, in accoglimento del ricorso, si impone l'annullamento della sentenza, con rinvio al Tribunale di Milano che si uniformerà ai principi sopra enunciati. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano.