La contumacia “sopravvissuta”

In forza dei consueti principi, la dichiarazione di contumacia dell’imputato effettuata sotto il vigore della previgente normativa, se non è dipesa dall’irreperibilità incolpevole, rimane produttiva di effetti anche in epoca successiva alla riforma introduttiva dell’istituto dell’assenza, a condizione che il giudizio di merito sia proseguito oltre tale data di conseguenza è doveroso procedere alla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza numero 20485, depositata il 17 maggio 2016. Una vicenda a cavallo tra due, anzi tre, leggi processuali. Un soggetto viene condannato per detenzione illegale di stupefacenti rimane contumace e il giudizio prosegue nei suoi confronti. Viene condannato ma, frattanto, è entrata in vigore l’arcinota riforma che sostituisce l’istituto della contumacia con quello dell’assenza. Ironia della sorte, la decisione di condanna viene pronunciata prima dell’introduzione della disciplina transitoria, destinata a regolare le situazioni processuali in essere al momento in cui dalla contumacia si è passati all’assenza. Non essendo stata proposta impugnazione, la sentenza di condanna diviene definitiva. Proposto incidente di esecuzione, per ottenere la non esecutività del titolo condannatorio, questo è rigettato, e la relativa ordinanza del giudice dell’esecuzione è impugnata con ricorso per cassazione. Il problema congenito delle riforme processuali. E’ sicuramente quello del fatto che esse si trovano inevitabilmente ad operare “in corso d’opera”, cioè trovano applicazione nei procedimenti pendenti. E’ la regola del tempus regit actum , che informa il sistema del diritto processuale penale e lo distingue nettamente da quello del diritto penale sostanziale. La Cassazione, con una interessantissima pronuncia, fornisce alcuni ragguagli che fanno molto riflettere le norme processuali, quando cambiano, provocano sempre e comunque l’effetto del “colpo di spugna” rispetto alla normativa precedentemente in vigore? No, dicono gli Ermellini, e ci spiegano diffusamente il perché. Una decisione da assumere caso per caso. Il principio secondo cui le norme processuali si applicano, qualunque sia il loro contenuto, alle situazioni pendenti al momento in cui entrano in vigore è senz’altro valido. Ma va preso con le pinze, «non potendosi ritenere che in campo processuale l’entrata in vigore di una nuova disposizione determini ipso facto la sua piena applicabilità». Sembra la negazione del noto principio poc’anzi espresso. In realtà, dietro questa affermazione, vi è un prudente apprezzamento, sintetizzabile nel rilievo secondo cui occorre sempre verificare qual è l’impatto delle nuove norme sulle situazioni esistenti al momento del loro ingresso nel sistema giuridico. Proprio per questo motivo, secondo alcune correnti di pensiero, determinate norme processuali andrebbero assimilate a quelle del diritto penale sostanziale, asservito al diverso – e per certi versi opposto – principio della retroattività della norma più favorevole. L’orientamento della Suprema Corte, registrano gli Ermellini, è ormai quello della valutazione per singola ipotesi in considerazione della tipologia della riforma, degli effetti che produce sotto il profilo della tutela dei diritti, eccetera. Tra i numerosi esempi, si cita quello relativo all’eventualità che il trattamento cautelare per certe ipotesi di reato sia modificato nel corso del tempo. Si tratta di norme processuali, d’accordo, ma il loro mutamento non può comportare – ricordano da Piazza Cavour – un’automatica variazione della misura eventualmente già adottata. I criteri guida per decidere cosa fare. Bisogna operare un bilanciamento tra la necessità di conservare gli effetti giuridici di un atto processuale già compiuto e l’esigenza di non mortificare gli obiettivi garantistici delle nuove discipline tornando al tema della contumacia, e con esclusione dell’ipotesi della “contumacia incolpevole”, la sua disciplina non è poi così diversa e incompatibile con quella dell’assenza. Per queste ragioni non è corretto affermare che la dichiarazione di assenza si fonda su presupposti sempre e comunque inconciliabili con quelli della contumacia di conseguenza la relativa declaratoria può tranquillamente continuare a produrre i propri effetti processuali anche dopo l’intervenuta riforma. Ecco perché sarebbe stato corretto notificare all’imputato l’estratto contumaciale anche dopo il varo della disciplina dell’assenza. Del resto la notifica dell’estratto è uno strumento informativo certamente produttivo di effetti favorevoli al destinatario, non foss’altro perché alla sua notifica è, pardon era, collegato il decorso del termine per impugnare.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 marzo – 17 maggio 2016, numero 20485 Presidente Siotto – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 23 aprile 2015 il Tribunale di Napoli - quale giudice della esecuzione - ha respinto l’istanza proposta da S.V. , tesa ad ottenere la declaratoria di non esecutività della sentenza - formalmente irrevocabile - emessa in data 26 giugno 2014 per omessa notifica all’imputato dell’estratto contumaciale articolo 670 co. 1 cod.proc.penumero . 1.1 In fatto, il giudice della esecuzione muove dalla seguente ricognizione degli accadimenti processuali di interesse a S.V. era stato ritualmente tratto a giudizio per rispondere del reato di detenzione illegale di sostanze stupefacenti con notifica del decreto di giudizio immediato indicata come avvenuta a mani proprie il 7 luglio 2010 e dichiarato contumace con ordinanza emessa all’udienza del 12 aprile 2012 b nel corso del dibattimento risulta entrata in vigore, il 17 maggio del 2014, la legge numero 67, tesa a introdurre diversa regolamentazione normativa della condizione giuridica dell’imputato non comparso, con abolizione dell’istituto della contumacia e introduzione dell’istituto dell’assenza c alla prima udienza successiva a tale innovazione legislativa, quella del 26 giugno 2014 - udienza che vedeva l’emissione del dispositivo di sentenza di condanna e la contestuale motivazione della stessa - il giudice procedente dichiarava l’assenza dell’imputato d la decisione diveniva irrevocabile per mancato esercizio della facoltà di impugnazione in data 12 luglio 2014. 1.2 Ciò posto, in diritto, il giudice della esecuzione riteneva, in sintesi, che d la dichiarazione di contumacia, validamente emessa secondo la legge del tempo, era stata sostituita dalla dichiarazione di assenza, in virtù della entrata in vigore - a giudizio in corso - di nuova disciplina regolatrice, da ritenersi - in assenza di norma transitoria, emessa solo successivamente, immediatamente applicabile e detta sequenza determinava la legittima conseguenza di ritenere non dovuta la notifica all’imputato dell’estratto contumaciale articolo 548 co.3./ articolo 585 co.2 lett. d cod.proc.penumero in virtù del fatto che la nuova legge non lo prevede come adempimento necessario nei confronti dell’imputato assente. Ciò posto, il giudice della esecuzione riteneva altresì non rilevante - nel caso di specie - il contenuto della successiva disciplina transitoria legge numero 118 del 11 agosto 2014, introduttiva dell’articolo 15 bis della legge numero 67 del 2014, entrata in vigore il 22 agosto 2014 posto che la irrevocabilità della decisione di merito era venuta a determinarsi il 12 luglio 2014 prima di tale intervento normativo. Se è vero, pertanto, che con tale disposizione il legislatore ha previsto, in determinati casi tra cui sarebbe rientrato quello del S. la ultrattività della previgente disciplina della contumacia, ciò non potrebbe riferirsi all’ipotesi in esame, regolamentata esclusivamente dal generale principio tempus regit actum in rapporto al suo divenire procedimentale, con valida formazione del titolo esecutivo in data antecedente al 22 agosto 2014. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - S.V. , articolando distinte censure sostenute da unica, diffusa, argomentazione. Si deduce la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, il vizio di motivazione e l’erronea applicazione del contenuto della legge numero 67 del 2014 nella parte relativa alla modifica dell’istituto della contumacia. Si indica quale norma potenzialmente violata anche l’articolo 3 della Costituzione e l’articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali da ora in poi Conv. Eur. . Ad avviso del ricorrente, l’interpretazione delle norme incidenti sulla soluzione del caso non sarebbe esatta. Si sostiene, in particolare, che anche prima della emanazione - tardiva - della specifica disciplina transitoria della legge numero 67 del 2014 le norme previgenti in tema di dichiarazione di contumacia dovessero mantenere applicazione, lì dove la contumacia non derivasse dalla condizione di irreperibilità, fino alla decisione di primo grado. Nessuna norma della legge “di base” la numero 67 del 2014 prevedeva infatti la rinnovazione dell’avviso a comparire alla data di entrata in vigore della legge e da ciò doveva derivare, in via interpretativa, l’obbligo di sospendere esclusivamente il procedimento in corso a carico di soggetto ritenuto irreperibile. Tale assetto interpretativo - unico ragionevole - è stato poi recepito dal legislatore con l’emanazione della specifica norma transitoria definita quasi di interpretazione autentica che prevede la ultrattività della dichiarazione di contumacia già emessa al 17 maggio 2014, salva l’ipotesi di sottostante irreperibilità. Il caso del S. , pertanto, andava regolamentato dalle norme previgenti, con necessario mantenimento della qualità di contumace e obbligatoria notifica - mai avvenuta - dell’estratto contumaciale della sentenza. Si evidenzia, peraltro, la disparità di trattamento che deriverebbe, in danno del ricorrente, dalla diversa interpretazione fornita dal giudice della esecuzione, posto che la garanzia correlata alla necessaria notifica dell’estratto contumaciale risulterebbe negata solo in rapporto ai procedimenti definiti tra il 17 maggio e il 22 agosto 2014, a fronte di norma successiva che la prevede espressamente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono. 1.1 Il Collegio osserva che correttamente il giudice della esecuzione - dopo accurata indicazione dei dati storici di tipo processuale - ha ritenuto non applicabile ratione temporis al caso in esame la disciplina transitoria adottata con legge numero 118 del 11 agosto 2014 destinata a regolamentare gli effetti processuali derivanti dalla abrogazione dell’istituto della contumacia e sua sostituzione con l’assenza, di cui all’intero capo III della legge numero 67 del 2014, articoli da 9 a 15 . Detta legge, infatti, è entrata in vigore il 22 agosto 2014 in epoca posteriore alla definizione del giudizio di merito udienza conclusiva del 26 giugno 2014 con decorrenza formale del termine per impugnare al 12 luglio 2014 e pertanto è da escludersi che possa di per sé regolamentare una serie procedimentale in apparenza esaurita. 1.2 Ciò tuttavia non poteva determinare il diniego dell’istanza difensiva di ineseguibilità del titolo, atteso che il giudizio di merito era venuto a concludersi in epoca posteriore alla entrata in vigore della legge numero 67 del 2014 dopo il giorno 17 maggio e le argomentazioni espresse, dal giudice della esecuzione, circa la perdita di efficacia della dichiarazione di contumacia dell’imputato adottata all’udienza del 12 aprile 2012 non risultano condivisibili in diritto. 2. Il caso in esame pone, in effetti, il seguente quesito quale sia il regime giuridico processuale della dichiarazione di contumacia emessa prima della entrata in vigore della legge numero 67 del 2014 lì dove la trattazione del dibattimento sia proseguita dopo tale momento e la sentenza, dichiarata formalmente irrevocabile, sia stata emessa, a sua volta, prima della vigenza della disciplina transitoria espressa, con decorso del termine di impugnazione in epoca antecedente. Vi è infatti un consistente intervallo temporale pari a giorni 95 tra la vigenza delle nuove norme e la presa di posizione del legislatore in tema di diritto transitorio fatto di per sé non generatore di certezza interpretativa il che poneva, all’epoca di trattazione del processo di merito, la necessità di applicare i generali principi della successione di leggi nel tempo, salva - ovviamente - la verifica ex post di conformità dell’assetto interpretativo fornito al sistema complessivo delle fonti e ai contenuti delle diverse disposizioni potenzialmente incidenti sul risultato interpretativo medesimo. La irrevocabilità della sentenza, nel caso in esame, è stata ritenuta sussistente e intangibile, pure in presenza di omessa notifica dell’estratto contumaciale, sul presupposto che tale garanzia la notifica al contumace dell’estratto della sentenza non fosse dovuta, in rapporto alla nuova disciplina dell’assenza che tale adempimento non prevede, in via logica e sistematica, pur se non tutte le norme regolatrici previgenti risultano oggetto di abrogazione espressa da parte del legislatore e in rapporto alla dichiarata volontà del giudice di merito di operare una formale conversione della già dichiarata contumacia nella novella assenza . 2.1 La fonte di tale interpretazione regolatrice, in assenza di disciplina transitoria espressa, è stata individuata dal giudice della esecuzione nell’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile. Secondo il giudice della esecuzione le nuove norme - adottate con legge numero 67 del 2014 - erano da ritenersi, tutte, immediatamente applicabili al giudizio in corso in rapporto ai principi generali in tema di diritto processuale . Sul tema, tuttavia, vanno operate alcune precisazioni, non potendosi ritenere che in campo processuale l’entrata in vigore di una nuova disposizione determini ipso facto la sua piena applicabilità alle situazioni pendenti, e ciò proprio in rapporto alla ricognizione del significato del noto brocardo tempus regit actum che impone, tendenzialmente, il mantenimento di validità di un atto compiuto secondo la legge regolatrice esistente al momento in cui lo stesso è stato adottato, salva l’assoluta inconciliabilità dei suoi effetti con la disciplina successiva . Sul tema, il Collegio non ignora l’esistenza di una precedente decisione emessa da questa Corte che ha qualificato come privo di interesse il ricorso dell’imputato finalizzato ad ottenere l’affermazione di applicabilità della previgente disciplina della contumacia a fronte della intervenuta applicazione della legge numero 67 del 2014 nel gudizio di merito Sez. Il numero 25357 del 7.5.2015 rv 264225 ma tale affermazione, al di là della ricognizione delle norme coinvolte nella operazione interpretativa che ben potrebbe essere realizzata in modo diverso come risulta da Sez. II numero 36441 del 21.7.2015, rv 264382 , è relativa ad una vicenda processuale che ha visto esercitato il potere di impugnazione della decisione di merito, successiva alla entrata in vigore della legge in cognizione mentre nel caso in esame l’interesse è, al di là della diversa opzione interpretativa, certamente sussistente, posto che l’omessa notifica dell’estratto contumaciale ove la si ritenga invece dovuta - è carenza idonea a determinare la formazione solo apparente del titolo esecutivo per tutte, Sez. U. numero 35402 del 9.7.2003, rv 225362 . 3. Va dunque affermato - in termini generali - che la disposizione contenuta nell’articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile la legge non dispone che per l’avvenire essa non ha effetto retroattivo pur non avendo valore di principio costituzionale - se non per le norme incriminatrici - ha tuttavia valore di principio generale dell’ordinamento giuridico e quindi opera come fondamentale criterio di interpretazione delle norme, in mancanza di una espressa disciplina transitoria posta con atto di pari rango legislativo tra le molte, Sez. U. numero 49783 del 24.9.2009 . Si suole affermare in proposito che ciascun fatto va tendenzialmente assoggettato alla normativa del tempo in cui esso si verifica tempus regit actum e che in campo processuale - attività caratterizzata per sua natura da una serie concatenata di atti - le nuove norme tendono a divenire applicabili, in virtù di tale regola generale, nei limiti in cui l’attività da realizzarsi possa ritenersi regolata dalla disciplina innovativa. Ciò in rapporto al segnalato risvolto conservativo insito in detto principio, tale da conferire stabilità di effetti agli atti compiuti in conformità alle norme anteriormente vigenti al momento della loro venuta in essere il cui modello legale di riferimento resta rappresentato dalla legge non più vigente. Il campo processual-penalistico è stato, sul tema, attraversato - da sempre - da forti tensioni, posta l’incidenza della legge processuale sulle modalità di svolgimento di uno strumento giuridico teso alla ricostruzione di un fatto da cui può derivare l’affermazione di penale responsabilità del singolo, con correlato trattamento sanzionatorio. Da qui la tendenza - specie in dottrina - a ritenere alcune norme processuali penali, specie in tema di limiti o divieti probatori o sul fronte del trattamento cautelare dotate di una natura giuridica sui generis tale da comportare affinità di regolamentazione con quelle di diritto penale sostanziale, caratterizzate - queste ultime - dalla nota regola della retroattività in bonam partem sino alla decisione irrevocabile articolo 2 co. 4 cod.penumero . Da tale atteggiamento interpretativo deriverebbe - in tesi - la possibilità di ritenere affetto un determinato atto processuale da un contrasto sopravvenuto con la nuova disciplina regolatrice, tale da determinarne l’invalidità o la perdita di efficacia del medesimo. La linea interpretativa seguita, nel corso del tempo, da questa Corte di legittimità ha - sul tema - escluso la possibilità di aderire in modo pieno ad una siffatta visione parasostanziale delle norme processuali, tale da incrinare salva espressa disciplina transitoria la regola del tempus regit actum principio riaffermato di recente da Sez. U numero 44895 del 17.7.2014 rv 260927, in tema cautelare da Sez. U. numero 27919 del 31.3.2011, rv 250169, nonché in tema di esecuzione da Sez. U numero 24561 del 30.5.2006 rv 233976 ma al contempo ha imposto una attenta ricognizione del contenuto delle singole innovazioni, sì da rapportarsi in modo ragionevole alla ricostruzione della disciplina regolatrice della specifica attività processuale in sé considerata l’ actum nei casi di successione di norme nel tempo. Il procedimento penale è infatti caratterizzato - per sua natura - non solo dalla correlazione tra più attività poste in essere da soggetti distinti, ma dalla compresenza di norme regolatrici aventi contenuto e finalità molto diverse tra di loro, la cui classificazione non appare inutile a fini di individuazione del limite di resistenza alla novità normativa, specie se sfavorevole. Il divieto di far ricorso ad una particolare tipologia di prova è, ad esempio, norma dal valore ben diverso rispetto a quella che regolamenta la tempistica di una impugnazione, così come la modifica di un presupposto applicativo di una misura restrittiva della libertà personale incide sui diritti della persona sottosta al procedimento in maniera ben più consistente rispetto alla introduzione di una diversa regolamentazione di una facoltà interna al procedimento incidentale di impugnazione. Si è in tal senso ritenuto - anche facendo riferimento alla ultrattività della disciplina vigente all’atto della emissione del titolo genetico actum - che l’entrata in vigore di una disciplina sopravvenuta peggiorativa del trattamento cautelare era il d.l. numero 11 del 2009 non può comportare la sostituzione della misura in atto per il solo mutamento del quadro normativo Sez. U numero 27919 del 31.3.2011, rv 250195 così come, in diversa occasione, si è affermato Sez. U numero 10086 del 13.7.1998, rv 211192 che in tema di interpretazione della disciplina transitoria dettata dal legislatore in occasione di modifica del procedimento di acquisizione e valutazione della prova il criterio tempus regit actum , anziché astrattamente recepito in modo schematico e indifferenziato andasse adeguato alla diversa tipologia degli atti processuali oggetto di modifica, con conseguente rilievo in sede di legittimità della nuova regolamentazione, pur apportata da norma processuale, data la natura plurifasica e trasversale del fenomeno probatorio. Escludendo, pertanto, fuorvianti generalizzazioni, resta essenziale, ad avviso del Collegio, l’analisi preventiva ed obiettiva dei contenuti concreti dell’intervento legislativo, al fine di stabilire - anche nell’ambito della medesima legge di novellazione - quale sia l’attività processuale evocata e considerata dalla singola disposizione innovativa, quali siano gli effetti degli atti già compiuti e in che misura tale assetto risulti, o meno, sensibile al mutamento del quadro normativo di riferimento. In tale compito, l’interprete è assistito da un lato dal generale principio di conservazione degli effetti dell’atto già compiuto risalente, come si è detto all’articolo 11 preleggi dall’altro dalla necessità di non legittimare una interpretazione eccessivamente riduttiva di una nuova volontà normativa lì dove la stessa accresca in modo sensibile le garanzie dell’individuo sottoposto al processo e l’atto compiuto sotto la previgente disciplina sia ancora passibile di rinnovazione o si ponga in termini di radicale discontinuità. 4. Ciò posto, in termini generali, è del tutto evidente che - pur prima della emanazione dei contenuti della disciplina transitoria ex lege e dunque nel caso qui scrutinato - l’interprete avrebbe dovuto apprezzare, alla data del 17 maggio 2014, i contenuti delle nuove disposizioni adottate con legge numero 67/2014 e delimitarne l’ambito applicativo in rapporto alle seguenti coordinate di sistema, qui sinteticamente espresse - la dichiarazione di contumacia è actum che esprime una qualificazione particolare del rapporto tra l’imputato non comparso ed il procedimento che lo riguarda e che sì colloca nella fase iniziale e costitutiva del rapporto processuale, con effetti che permangono, salvo comparizione dell’interessato, sino alla definizione del processo dunque il tempus che ne regolamenta l’adozione è senza dubbio quello vigente all’atto della sua dichiarazione, e gli effetti tendono a permanere, con tendenziale insensibilità al novum normativo - la dichiarazione di contumacia, al di là della sua tendenza ad affasciare in un unico contenitore nominalistico situazioni diverse opportunamente scomposte dal legislatore del 2014, anche per rispondere ad esigenze di sistema derivanti da pronunzie sovranazionali sui contenuti articolo 6 Conv. Eur. poteva derivare, in concreto, da situazioni in cui vi era piena ed effettiva conoscenza del processo ed attribuiva al contumace alcune garanzie di status, prima fra tutte la notifica dell’estratto contumaciale della decisione di merito - la disciplina innovativa adottata con legge numero 67 del 2014 , pertanto, non può in via generalista essere ritenuta tale da determinare una diffusa rimozione per incompatibilità sopravvenuta del generale principio tempus regit actum con obbligo di rinnovare ogni dichiarazione di contumacia già emessa e i cui effetti processuali perduravano ma va analizzata nelle sue concrete disposizioni in termini comparativi tra le due discipline ed in rapporto al complessivo livello di garanzia fornito, dato il dichiarato intento del legislatore italiano di adeguarsi ai contenuti delle decisioni della CEDU in tema di giusto processo. 4.1 In effetti, l’analisi delle nuove disposizioni - nella loro dimensione finalistica e nella loro effettiva componente innovativa sul piano delle garanzie individuali portava a ritenere manifestamente incompatibile con il sopravenuto assetto normativo del maggio 2014 una soltanto delle ipotesi di previgente giudizio contumaciale, rappresentato dalla contumacia del soggetto dichiarato irreperibile senza sua colpa, e dunque non sottrattosi volontariamente alla conoscenza del procedimento ipotesi di cui all’articolo 420 quater come novellato, con obbligo di rinnovazione della notifica ed eventuale sospensione del procedimento . Nelle altre ipotesi di novellata assenza , ferma restando una rinnovata sensibilità del legislatore ad indirizzare il giudice ad una verifica concreta della conoscenza del procedimento anche a fronte di notificazione della citazione formalmente valida in modo, per il vero, sostanzialmente analogo rispetto ai contenuti del previgente articolo 420 bis cod.proc.penumero in tema di rinnovazione dell’avviso per ritenuta probabilità di mancata conoscenza effettiva non può dirsi introdotta una radicale difformità dei modelli operativi, tale da determinare una sopravvenuta incompatibilità di sistema di tali casi di contumacia, già validamente dichiarata con le norme previgenti. La effettiva discontinuità dei modelli, in effetti, sarebbe stata ravvisabile solo nella ipotesi di generalizzata introduzione, da parte del legislatore, di una diversa modalità di notifica dell’atto introduttivo del giudizio all’imputato ad esempio, lì dove si fosse introdotto l’obbligo generalizzato di notifica a mani proprie, salva l’ipotesi della sottrazione volontaria, dell’atto contenente la formulazione della imputazione e la indicazione della data di udienza ma il legislatore del 2014 non ha apportato modifiche di tal genere, incidendo in modo sensibile in rapporto alla condizione dell’irreperibile incolpevole come si è detto e per il resto provvedendo una opportuna riconsiderazione dei doveri del giudice in rapporto alla valutazione congiunta della sequenza rappresentata da una notifica dell’atto di citazione formalmente valida rinforzata da indicatori logici relativi alla conoscenza del procedimento. In sintesi, la novella esprime una opportuna classificazione delle qualificazioni della condotta dell’imputato non comparso, ma informato della esistenza del procedimento con qualificazione in termini di rinunzia espressa, rinunzia tacita per condotta concludente o volontaria sottrazione che possono dar luogo ad una valida dichiarazione di assenza in termini non dissimili - con la salvezza di cui sopra - alla previgente dichiarazione di contumacia, se assistita da ragionevole prova della conoscenza del processo e del resto la Corte Edu non ha mai censurato il giudizio contumaciale di per sé, non rientrando tale aspetto nell’ambito del suo giudizio, preoccupandosi esclusivamente di verificare se la dichiarazione formale fosse o meno assistita da effettiva conoscenza del processo, dei termini essenziali dell’addebito e della data di udienza ma al contempo sottrae, in tutta evidenza, un previgente strumento di garanzia, rappresentando proprio dalla obbligatoria notifica dell’estratto contumaciale. 4.2 L’esame comparativo degli aspetti salienti della nuova disciplina, qui limitato alla differenza tra dichiarazione di contumacia e dichiarazione di assenza in virtù dell’oggetto del procedimento, esclude pertanto che una dichiarazione di contumacia, operata secondo il regime normativo antecedente al 17 maggio 2014 dovesse soccombere - con necessaria rinnovazione dell’attività informativa dell’imputato - in virtù della entrata in vigore della legge numero 67, eccettuato il caso della contumacia derivante da notifica della citazione operata con mera presunzione legale di conoscenza nei confronti dell’irreperibile incolpevole non volontariamente sottrattosi . Nei restanti casi, infatti, non vi è alcuna radicale incompatibiltà di assetto complessivo, tale da determinare la cogente necessità di discostarsi dalle ricadute giuridiche dell’articolo 11 disp.prel. cod.civ., prima illustrate, con perdurante efficacia del risultato di una verifica - operata in sede di costituzione del rapporto processuale - in punto di conoscenza effettiva del procedimento e qualificazione dello status in termini di contumacia dell’imputato con sottostante presa d’atto di una rinunzia espressa o tacita, come nel caso in esame . Detta qualificazione non soltanto non poteva, a ben vedere, mutare senza rinnovazione dell’atto di citazione applicare le nuove norme significa, in ipotesi, rielaborare la valutazione dell’intera fattispecie presupposta dal legislatore ma risulta essere in detti termini - più favorevole all’imputato in rapporto alla perdurante vigenza dell’obbligo di notifica dell’estratto contumaciale atto da cui deriva la certezza della conoscenza della decisione . Del resto, tale assetto interpretativo, sin qui illustrato, non soltanto è quello recepito, con adeguata ponderazione degli interessi - anche di rango costituzionale - coinvolti, dal legislatore nella disposizione transitoria di cui alla citata legge numero 118 del 2014 si veda in particolare il contenuto del comma 2 dell’articolo 15 bis, norma che pur nella sua laconicità è tesa ad affermare la necessità, a fronte di contumacia già dichiarata al 17 maggio 2014, di azzeramento dei suoi effetti solo nella ipotesi di sottostante declaratoria di irreperibilità come precisato, tra le altre, da Sez. III numero 23271 del 29.4.2015, rv 263652 ma risulta conforme ai contenuti della stessa decisione con cui le Sezioni Unite di questa Corte in data 17 luglio 2014 hanno ritenuto inapplicabile il nuovo rimedio della rescissione del giudicato introdotto dal legislatore con la legge numero 67 articolo 625 ter cod.proc.penumero ai giudizi contumaciali. In particolare, ad ulteriore conferma delle notazioni sinora svolte, in tale decisione si affermato non soltanto che l’applicazione del nuovo istituto presuppone l’avvenuta applicazione, nell’ambito del procedimento definito in sede di merito, delle nuove disposizioni in tema di assenza ma, in modo significativo, si è affermato che la ultrattività delle disposizioni previgenti, lì dove gli atti compiuti conservino i loro effetti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, è assunto che corrisponde alla comune riflessione giuridica, per cui dovendosi distinguere la sfera di vigenza delle disposizioni dalla sfera di efficacia vale a dire di applicabilità delle norme, il fenomeno abrogativo, in mancanza di espresse previsioni in senso diverso, non importa la cessazione dell’efficacia delle norme abrogate ma soltanto la loro incapacità di regolare situazioni nuove . 5. Da quanto sinora esposto derivano, pertanto, le seguenti conclusioni in diritto sul tema trattato - in applicazione del generale principio desumibile dal contenuto dell’articolo 11 disp.prel.cod.civ., e lì dove il giudizio di merito, in corso alla data del 17 maggio 2014 sia proseguito nei confronti di soggetto già dichiarato contumace, secondo la previgente normativa e tale dichiarazione di contumacia non sia, a sua volta, dipesa da presa d’atto della formale irreperibilità non derivante da colpa, la dichiarazione di contumacia mantiene i suoi effetti, con obbligo di notifica all’imputato dell’estratto contumaciale della sentenza. Nel caso in esame la condizione del S. , per quanto risulta dai contenuti del provvedimento impugnato e salve le ulteriori verifiche in fatto da demandare al giudice del rinvio , andava pertanto considerata come regolamentata dalla disciplina previgente rispetto a quella entrata in vigore il 17 maggio 2014 e ciò incide sulla valida formazione del titolo esecutivo. Va pertanto ritenuto fondato il ricorso, nella sua parte in diritto, e va annullato il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame, nel cui ambito dovrà farsi applicazione del richiamato principio di diritto, al Tribunale di Napoli. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.