Azzerata definitivamente la condanna emessa nei confronti della condomina. Il ricorso alla parola “incompetente” rappresenta una legittima critica verso l’operato dell’amministratore del condominio.
Nervi tesissimi in assemblea condominiale. Conseguenza logica è l’epiteto rivolto all’amministratrice, definita una “incompetente”. Responsabile dello strale verbale è un’altra donna, una condomina, che, nonostante l’inequivoco significato del termine utilizzato, si salva dall’accusa di avere offeso l’amministratrice. Per i giudici, difatti, la parola incriminata, all’interno dello specifico contesto condominiale, è da valutare come semplice critica Cass., sent. numero 5633/2015, Quinta Sezione Penale, depositata il 5 febbraio 2015 . Assemblea. Per i giudici di merito, però, è parsa evidente la lesione provocata al decoro – anche professionale – dell’amministratrice del condominio. A rendere più grave la cosa, peraltro, il fatto che la parola “incompetente” fosse stata utilizzata, urbi et orbi, dinanzi a tutti gli altri condomini, in piena assemblea. Conseguenziale la condanna della condomina – rea di aver utilizzato il poco elegante epiteto – per il delitto di ingiuria. Ella, secondo quanto sancito dal Giudice di pace prima e dai giudici del Tribunale poi, deve pagare «800 euro di multa» e provvedere al «risarcimento dei danni» in favore dell’amministratrice. Critica. Di avviso completamente opposto, invece, sono i giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso promosso dalla condomina, ritengono assolutamente pretestuosa la contestazione del reato di ingiuria. Decisivo, soprattutto, il contesto, ossia la «discussione condominiale». Per i giudici, difatti, in quel contesto, il termine utilizzato – “incompetente” – e rivolto alla amministratrice era «assistito dall’esercizio di un legittimo diritto di critica, con riguardo alle modalità della gestione del condominio». E tale valutazione, concludono i giudici – liberando la donna da ogni accusa –, non può essere modificata dal richiamo ad «altri comportamenti» – valutati come rilevanti dai giudici di merito – come, in particolare, «l’affissione nella bacheca condominiale, nei giorni successivi» all’assemblea, di un «biglietto» in cui l’amministratrice «veniva definita come una mentecatta».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 dicembre 2014 – 5 febbraio 2015, numero 5633 Presidente Dubolino – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di pace di Forlì del 18/07/2012, con la quale Elisa Ponti era ritenuta responsabile del reato di cui all'articolo 594 cod. penumero , commesso in Forlì il 17/11/2009, nel corso di un assemblea condominiale, rivolgendo a Francesca Nicolini, amministratore del condominio al quale apparteneva l'abitazione dell'imputata, l'epiteto «incompetente» e condannata alla pena di €. 800 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità. La formulazione del termine contestato nel contesto di un'assemblea condominiale, nel corso della quale l'imputata criticava l'operato dell'amministratore sia per la mancata giustificazione di spese nel rendiconto consuntivo sia nell'esecuzione di lavori nell'edificio, escluderebbe il contenuto offensivo dell'espressione e comunque renderebbe ravvisabile la scriminante del diritto di critica ed irrilevanti sarebbero a questi fini gli accadimenti estranei alla condotta specificamente contestata, valorizzati nella sentenza impugnata, peraltro smentiti dal teste Zauli con particolare riguardo alla ricezione dall'imputata di un biglietto di contenuto ulteriormente ingiurioso nei confronti della Nicolini. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Avuto debito riguardo al contesto della discussione condominiale, nel corso della quale il termine di cui all'imputazione veniva formulato, lo stesso risulta senz'altro assistito dall'esercizio di un legittimo diritto di critica nei confronti dell'amministratore, con riguardo alle modalità della gestione del condominio da parte dello stesso. Il termine non trascende di per sé i limiti di tale esercizio, non investendo la persona della Nicolini in quanto tale, ma limitando la critica agli atti dalla stessa compiuti nel compimento del proprio incarico. Né il superamento dei limiti di cui sopra può essere desunto da altri comportamenti segnalati nella sentenza impugnata, quale in particolare l'affissione nella bacheca condominiale, nei giorni successivi, di un biglietto nel quale la Nicolini veniva definita come una «mentecatta» trattandosi, come osservato dal ricorrente, di fatti estranei a quello specificamente contestato nell'imputazione, esauritosi nell'ambito della discussione nell'assemblea del condominio. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. Così deciso il 05/12/2014