Operaio o impiegato? Dipende dal tipo di collaborazione del lavoratore

La collaborazione al processo organizzativo tecnico o amministrativo dell’impresa e il carattere di «cooperazione in senso lato» sostitutiva oppure integrativa all’attività dell’imprenditore connotano le mansioni impiegatizie e le distinguono dalla collaborazione al processo produttivo e dal carattere meramente esecutivo anche se non privo, talora, di una certa discrezionalità proprie delle mansioni operaie.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 17321, depositata il 15 luglio 2013. Operai che lavorano da impiegati La Corte d’Appello aveva dichiarato il diritto di due lavoratori a essere inquadrati come impiegati. Infatti, aveva ritenuto che l’attività dei dipendenti, sulla base delle prove testimoniali assunte, era connessa con gli aspetti organizzativi dell’impresa e non con quelli propriamente produttivi. Tale circostanza, per i giudici territoriali, rendeva legittimo l’inserimento dei lavoratori in questione nella categoria impiegatizia anche in ambito di autonomia ridotta. In particolare, in sede di merito, era stato considerato che la tipologia delle mansioni - operazioni di controllo e raffronto di dati e di compilazione di moduli - doveva indurre a collocare tale attività nell’ambito della collaborazione agli aspetti organizzativi dell’impresa e non a quelli produttivi consistenti nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti. La società datrice ha proposto ricorso contro questa decisione, lamentando che il tipo di collaborazione in questione non rivelerebbe ai fini del riconoscimento della qualifica impiegatizia. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso non fondato, chiarendo che il potere del giudice di individuare i criteri per l’inquadramento in una determinata categoria “legale” sussiste solo quando i requisiti di appartenenza alle singole categorie non siano determinati dalla disciplina collettiva o da fonti equipollenti. Per gli Ermellini è proprio questo il caso che si è verificato nella specie tuttavia, hanno spiegato che, nell’individuare i criteri d’inquadramento nella categoria impiegatizia, la sentenza impugnata non merita le censure mosse dal ricorrente. È il tipo di collaborazione con il datore di lavoro a connotare le varie mansioni. Piazza Cavour ha ribadito che la «collaborazione all’impresa» connota la mansione impiegatizia e si contrappone alla «collaborazione nell’impresa» che connota, invece, le mansioni operaie. I giudici di legittimità hanno reputato coerente con tale principio la sentenza impugnata, laddove sostiene, appunto, che, al fine della distinzione della categoria operaia da quella impiegatizia, occorre ricercare, in concreto, e non in astratto, il valore della collaborazione prevista nella o alla impresa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 maggio - 15 luglio 2013, numero 17321 Presidente De Renzis – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza del 29 marzo 2010 la Corte d'appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Torino numero 2110/08, ha dichiarato il diritto di A.F. e P.A. ad essere inquadrati come impiegati presso la AMIAT Azienda Multiservizi Igiene Ambientale s.p.a., a decorrere dal 1 giugno 2002. La Corte territoriale ha ritenuto che l'attività dei suddetti dipendenti, sulla base delle prove testimoniali assunte, è connessa con gli aspetti organizzativi dell'impresa e non con quelli propriamente produttivi, e tale circostanza rende legittimo l'inserimento dei medesimi nella categoria impiegatizia anche in ambito di autonomia ridotta. In particolare la Corte torinese, pur riconoscendo che nell'attività degli appellanti i margini di autonomia sono limitati, ha considerato che la tipologia delle mansioni, che si risolvono in operazioni di controllo e raffronto di dati e di compilazione di moduli, induce a collocare l'attività dei lavoratori in questione nell'ambito della collaborazione agli aspetti organizzativi dell'impresa e non a quelli produttivi consistenti nella raccolta e smaltimento dei rifiuti. L'AMIAT propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico articolato motivo. Resistono con controricorso l'A. ed il P. che hanno presentato memoria. Motivi della decisione Con l'unico motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione di norme di legge ed in particolare dell'articolo 1 RDL 1825/1924 violazione e/o falsa applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro igiene ambientale, ed in particolare dell'articolo 10 di tale contratto insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare si deduce che il tipo di collaborazione prestata, considerato dalla sentenza impugnata, non rileverebbe ai fini del riconoscimento della qualifica impiegatizia in quanto, a seguire l'assunto della Corte d'appello, sarebbero operai solo i lavoratori AMIAT adibiti alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti urbani in quanto solo costoro sono addetti al processo produttivo aziendale. In realtà la classificazione del personale di cui al CCNL di categoria, nell'indicare quali operai anche altre figure diverse dagli addetti citati, dimostrerebbe che il criterio distintivo proposto dalla Corte torinese sarebbe errato. D'altra parte le mansioni di sistemazione della mercé in magazzino costituirebbe una funzione meramente esecutiva che non potrebbe definirsi attività di collaborazione all'organizzazione dell'impresa. Il ricorso non è fondato. Invero il potere del giudice di individuare i criteri per l'inquadramento in una determinata categoria legale quale, nella specie, quella di impiegato sussiste - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte le sentenze 7568 -83, 4556 - 84, 4677 - 88, 5363 - 91 - solo quando i requisiti di appartenenza alle singole categorie non siano determinati in forza del rinvio, di cui all'articolo 2095, 2 comma C.C. dalla disciplina collettiva o da fonti equipollenti . È, proprio, questo il caso che si è verificato nella specie. Lungi dallo stabilire, infatti, propri criteri d'inquadramento, la contrattazione collettiva - applicabile al dedotto rapporto di lavoro - rinvia, espressamente, ai criteri previsti da R.D.L. 13 novembre 1924 numero 1825, convertito nella legge 18 marzo 1926, numero 562 criteri che, sia detto per inciso, sono richiamati - in via residuale - dall'articolo 95 disp. att. cod. civ. . Tuttavia, nell'individuare i criteri legali d'inquadramento nella categoria impiegatizia, la sentenza impugnata non merita le censure che, sul punto, le vengono mosse dal ricorrente. È il tipo di collaborazione con il datore di lavoro, infatti, a connotare - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, le mansioni, appunto, dell'impiegato ed a distinguerle da quelle dell'operaio. Collaborazione al processo organizzativo tecnico od amministrativa dell'impresa e carattere di cooperazione in senso lato sostitutiva oppure integrativa alla attività dell'imprenditore, che ne consegue, connotano, infatti, le mansioni impiegatizie - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte, le sentenze 981 - 90, 6305 - 87, 4857 - 86, 476 - 83 2389 - 83, 5756 - 82 , e le distinguono dalla collaborazione al processo produttivo e dal carattere meramente esecutivo anche se non privo, talora, di una certa discrezionalità Cass. 5756 - 82 , che ne consegue, proprie delle mansioni operaie in altri termini la collaborazione all'impresa - secondo una espressione ellittica quanto efficacie - connota la mansione impiegatizia e si contrappone alla collaborazione nell'impresa, che connota, invece, le mansioni operaie . Coerente con la giurisprudenza di questa Corte risulta, quindi, la sentenza impugnata, laddove sostiene, appunto, che, al fine della distinzione della categoria operaia da quella impiegatizia, occorre ricercare, in concreto e non in astratto, il valore della collaborazione prevista nella o alla impresa. Peraltro, in sede di legittimità, può sindacarsi soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti, per distinguere la categoria impiegatizia da quella operaia, mentre, secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte, le sentenze 4716 - 83, 5252 - 83, 4037 - 84 , non è censurabile l'accertamento e l'apprezzamento di fatto del giudice di merito, in ordine alle mansioni concretamente svolte ed alla loro comparazione con quei criteri, ove sia sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi. Ora, mentre non merita censure, per quanto si è detto, la determinazione dei criteri generali ed astratti per distinguere, appunto, la categoria impiegatizia da quella operaia , risulta adeguatamente motivato non solo l'accertamento di fatto del Tribunale, in ordine alle mansioni concretamente svolte dagli attuali controricorrenti, ma anche il giudizio comparativo tra le mansioni stesse ed i menzionati criteri . Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.