Se occorre una perizia, il g.u.p. deve disporre il giudizio

E non può emettere il non luogo a procedere. Inoltre non ogni piccola violazione del T.U. sicurezza sul lavoro concorre a determinare il reato contro l’incolumità individuale.

Il caso. Il G.u.p. sentenzia il non luogo a procedere nei confronti di un datore di lavoro, ipotizzato reo della mancata manutenzione delle componenti meccaniche di un veicolo dedicato alla raccolta di rifiuti urbani e del seguente decesso di un operaio, nello svolgimento delle incombenze di lavoro. Il Giudice ritiene la negligenza del lavoratore – che non avrebbe azionato il freno manuale – concausa sopravvenuta a determinare l’evento, ex articolo 41, secondo comma, c.p Ricorrono le parti civili. La Cassazione, Sezione Quarta Penale, numero 13076/2013, depositata il 21 marzo, ribalta la sentenza impugnata, rinviando al tribunale di merito pretermesso. Se occorre una perizia, occorre il dibattimento. In particolare, la vicenda processuale aveva assunto dei connotati valutativi di tipo tecnico e meccanico, aventi ad oggetto il corretto funzionamento del freno manuale, probabilmente lesionato a seguito dell’impatto del veicolo, e che secondo la ricostruzione difensiva dell’imputato il lavoratore non avrebbe in ogni caso azionato, nonostante l’evidente pendenza del terreno. L’accusa aveva prodotto accertamenti tecnici ex articolo 360 c.p.p., mentre il giudice non aveva ritenuto attendibili le valutazioni del consulente tecnico della parte civile e dei testimoni corroboranti. La Cassazione offre un monito di metodo processuale quando la valutazione tecnica concerne uno degli aspetti decisivi della vicenda e sul punto non vi è concordanza fra le parti, il giudice deve consentire la celebrazione del dibattimento e la maturazione di un quadro istruttorio più definito, nel contraddittorio delle parti. Se occorre una perizia risolutiva degli esiti processuali, il giudice non deve arrestare il processo, il quale deve procedere nelle forme ordinarie. Più alternative sono in ballo, occorre il dibattimento. Il G.u.p. potrebbe non avere integrato l’indagine ai sensi degli articolo 421 bis e 422 c.p.p. ritenendo il quadro istruttorio già maturo oppure reputando altre assunzioni probatorie più idoneamente acquisibili nei luoghi dibattimentali. Nonostante la mancata attivazione del giudice, in entrambi i casi la precarietà istruttoria potrebbe disvelare un rapporto di alternatività/equivalenza fra tesi innocentiste e colpevoliste. Per la Cassazione, siffatta alternatività esclude in nuce il non luogo a procedere. Quando l’ago della bilancia è in posizione mediana, e alla tesi innocentista è possibile opporre una ricostruzione degli eventi altrettanto suffragabile, non c’è alternativa al dibattimento risolutore. Piccole manutenzioni omesse, va dimostrata l’incidenza nell’evento di reato. Tra l’altro, in ordine al corretto funzionamento del blocco manuale del veicolo, non si era stati in grado di fornire una certezza processuale tale da ritenere superfluo il proseguimento dibattimentale. Nel caso, ai sensi dell’articolo 71, quarto comma, d.lgs. numero 81/2008, spetta al datore di lavoro la verifica della conformità all’arte e al buon uso delle attrezzature di lavoro. In via incidentale, la Cassazione ammette che deve essere comunque provata l’incidenza degli eventualmente riscontrati difetti di manutenzione sulla determinazione dell’evento di reato. Non ogni violazione sarebbe penalmente rilevante. Occorre verificare che le manutenzioni omesse integrino la regola cautelare cui il datore di lavoro, e le altre figure rappresentative nella normativa per la sicurezza nel lavoro, sono vincolati. In tal modo la Cassazione conferma la centralità dell’accertamento causale nel fatto di reato, rispetto ad approcci valutativi di tipo oggettivo , che alle minori violazioni delle norme sulla sicurezza fanno corrispondere riscontri determinanti la reità delle condotte sub iudice .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 dicembre 2012 – 21 marzo 2013, numero 13076 Presidente Brusco – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Il 2 febbraio 2012 il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Nuoro ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Z.P. in ordine al reato di omicidio colposo commesso in danno di A.F.S. . Secondo la ricostruzione fattuale operata dal giudice di prime cure, l'A. , dipendente della società Niuloni Srl con mansioni di operatore ecologico addetto alla raccolta dei rifiuti, il giorno omissis a bordo di un automezzo giungeva in via omissis , all'altezza della rampa che conduce alle autorimesse sotterranee del complesso commerciale ivi situato. Arrestato il veicolo l'operaio, senza spegnere il motore e senza azionare il freno di stazionamento a mano, scendeva dal veicolo e si apprestava a svuotare un cassonetto della raccolta del vetro presente in cima alla rampa. Mentre si svolgevano le operazioni preliminari dirette al sollevamento del bidone, l'automezzo si muoveva improvvisamente in avanti in direzione della rampa degradante. A questo punto l'A. tentava repentinamente di salire in corsa all'interno della cabina del veicolo dal lato passeggero, senza però riuscirvi e nella manovra rimaneva schiacciato tra lo sportello e la pedana del camioncino, che nel frattempo a causa della pendenza aveva acquistato velocità, aveva deviato verso destra e con la fiancata destra era andato a collidere contro la parete destra della rampa. 2. Sulla scorta di tale ricostruzione in fatto il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto che non possa essere ascritto all'imputato alcun comportamento negligente, impedito, imprudente o comunque inosservante di norme avente efficienza causale o concausale rispetto all'evento mortale. In particolare allo Z. era stato ascritto di aver omesso, in qualità di datore di lavoro dell'A. , di eseguire o far eseguire sull'autocarro la manutenzione e la pulizia necessarie affinché l'attrezzatura da lavoro, ovvero il veicolo medesimo e la sua cabina di guida, venissero utilizzate e mantenute in conformità alle istruzioni d'uso al fine di garantire i requisiti di sicurezza, per una perfetta agibilità ed efficienza. Tale omissione, secondo la prospettazione accusatoria, aveva creato all'A. difficoltà nel tentativo di entrare nella cabina nelle circostanze in cui si era verificato il sinistro. Per contro, ad avviso del giudice, all'imputato non può essere ascritto alcun addebito di carente manutenzione perché gli accertamenti condotti sul veicolo fecero emergere che il freno a mano, se correttamente azionato, era pienamente efficiente ed in grado di impedire il movimento in avanti o all'indietro del veicolo. In tal senso, infatti, deponevano le conclusioni rese dal consulente tecnico d'ufficio, ingegner Zi. , il quale aveva anche tenuto conto della presenza di un cuneo di legno rinvenuto nell'alloggiamento sottostante la leva del freno a mano, che poteva far pensare alla instabilità della leva medesima e all'utilizzo del cuneo in funzione di blocco. Ma lo Zi. aveva verificato espressamente la tenuta della leva ed aveva concluso per la capacità di tenuta della stessa. Tali conclusioni, ha continuato il giudice, sono confortate dal fatto che circa ottanta giorni prima del sinistro il veicolo era stato revisionato ed i test eseguiti, anche in ordine al corretto funzionamento del freno a mano, avevano dato esito positivo. Inoltre i testi M. e G. , anch'essi operatori ecologici dipendenti dalla medesima società, avevano confermato che l'automezzo non aveva alcun difetto di meccanica o di altro tipo. A fronte di tali dati il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto del tutto inattendibili e non credibili le deposizioni rese dai soggetti escussi dal difensore della parte civile in sede di investigazioni difensive e parimenti inattendibile la consulenza tecnica di parte civile a firma dell'ingegner L. , le cui conclusioni quale l'utilizzazione del cuneo di legno per bloccare la leva del freno a mano ha giudicato apodittiche e fondate su presupposti non dimostrati ed anzi smentiti. Con riferimento alle condizioni della cabina di guida, che l'accusa assume essere stata tenuta in condizioni non conformi a norma per la presenza di ingombro dal lato passeggero, il giudice ha rilevato che dalla documentazione fotografica in atti risultava unicamente la presenza di alcune buste nere del tipo di quelle destinate alla raccolta dei rifiuti, poste a terra dal lato passeggero. Egli ha quindi ritenuto che non fosse vero quanto prospettato dall'imputazione ovvero che materiale non previsto occupasse interamente tutto il lato passeggero anzi, non poteva parlarsi neppure di materiale non previsto trattandosi di buste per la raccolta dei rifiuti che l'operatore ecologico doveva utilizzare nelle sue operazioni. Inoltre, dalla ricostruzione della dinamica dell'accaduto, emerge che l'operaio non riuscì a salire all'interno della cabina di guida non perché ostacolato dalla presenza di quelle buste di plastica, ma perché, a causa della concitazione del momento e della rapidità con cui si svolsero i fatti, egli non ebbe né tempo né modo di salire nella cabina, essendo rimasto schiacciato tra portiera e pedana quando si trovava con il solo busto infilato tra le due parti del veicolo come, ad avviso del giudice, dimostra la sede delle lesioni patite dal lavoratore, che subì un emoperitoneo massivo da rottura di fegato post trauma . Quanto ancora al cuneo di legno rinvenuto nella cabina, oltre a quanto già rilevato circa la funzionalità e l'efficienza della leva del freno a mano, il decisore ha rilevato che da un canto la presenza di tal oggetto non aveva potuto avere alcun effetto sulla mancata riuscita della manovra di tiro della leva medesima da parte del lavoratore, perché questi non riuscì neppure ad arrivare alla leva dall'altro la presenza tanto delle buste che del cuneo nella cabina non poteva farsi risalire con certezza alla condotta dell'imputato. Sotto diverso profilo, egli ha ritenuto che si è trattato di un evento assolutamente imprevedibile ed inevitabile da parte del datore di lavoro, il quale non poteva prevedere che il dipendente lasciasse l'automezzo a ridosso della rampa in discesa senza azionare il freno a mano e che una volta messosi il veicolo inavvertitamente in moto, questi tentasse di salire a bordo dello stesso in corsa rimanendo quindi schiacciato dal veicolo. Sotto altro piano, il giudice ha affermato che anche a ritenere violato l'articolo 71, co. 4, lett. a , punti 1 e 2 d.lgs. numero 81/2008, deve concludersi che l'evento realizzato non rientra nel novero di quelli che la norma cautelare in questione mira a prevenire. 3. Avverso tale decisione ricorrono per cassazione le parti civili A.P. , A.E. e A.G.P. , a mezzo dei propri difensori di fiducia, avv. Gian Luigi Mastio e avv. Fabio Varone. 3.1. Con un primo motivo si deduce la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. La manifesta illogicità emergerebbe a riguardo della regola di giudizio sottesa alla sentenza di non luogo a procedere, risultando mancante o meramente apparente la valutazione in ordine alla inidoneità degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio. La ricostruzione del sinistro operata dal Giudice riposa essenzialmente su un dato, ovvero che l'A. non ebbe ad azionare il freno a mano prima di scendere dal veicolo. Riguardo a tale dato, tuttavia, i ricorrenti segnalano l'esistenza di un quadro probatorio non nitido, che avrebbe dovuto imporre la celebrazione del dibattimento. Infatti, l'ing. Zi. ha affermato che in ragione della massa del veicolo e della pendenza della rampa l'A. non poteva fare altro che inserire il freno di stazionamento , perché diversamente il veicolo si sarebbe messo immediatamente in movimento e non dopo qualche tempo come invece avvenne. Si rimarca come anche l'ing. L. concordi su tale punto e rilevano i ricorrenti un travisamento della prova da parte del Giudice dell'udienza preliminare, il quale anche richiamando le conclusioni dello Zi. ha affermato che l'A. non tirò il freno a mano, ed inoltre un contrasto tra quanto espresso dai consulenti tecnici e quanto riferito da Ma.Li. , che avvicinatosi all'abitacolo del veicolo subito dopo l'accaduto, trovò che lo stesso era in folle e con il freno a mano mollato. Anche con riferimento allo stato di efficienza del freno a mano i ricorrenti rilevano la presenza di elementi divergenti, tali da imporre l'approfondimento dibattimentale. Infatti, mentre le prove eseguite il 23 agosto 2010 dall'ing. Zi. fecero concludere al medesimo che il freno, se sufficientemente tirato risultava efficace sia come capacità di tenere fermo il mezzo con i freni posteriori che come capacità di tenere fermo l'ancoraggio dell'arpionismo della leva manuale, ed il M. ed il G. hanno escluso difetti meccanici del veicolo, le dichiarazioni rese da altri operai dipendenti dallo Z. , ovvero Me. , P. e A.G.P. , fanno emergere con chiarezza che il freno a mano non funzionava e che veniva utilizzato un tacco di legno per bloccarlo che era capitato che il veicolo si “sfrenasse” che il problema era stato segnalato alla ditta, ma senza esito che il veicolo aveva continuato a presentare siffatto difetto di funzionamento. Lo stesso Zi. , per spiegare come potesse conciliarsi l'affermazione secondo la quale l'A. aveva tirato il freno a mano prima di scendere dal veicolo con il fatto che questo si era mosso, ha ritenuto che dovesse essere ipotizzato un inserimento parziale del freno a mano, con un numero di scatti insufficiente a tener fermo il veicolo definitivamente. Ma tale conclusione, ad avviso degli esponenti, contrasta con quanto dichiarato dal Ma. circa la avvenuta constatazione del freno a mano mollato dichiarazioni che hanno indotto il L. a concludere per il cattivo funzionamento del freno a mano, anche in considerazione della presenza nell'abitacolo di un cubo e di un cuneo di legno la cui funzione era proprio quella di bloccare il freno a mano in posizione quando tirato. Sotto altro profilo i ricorrenti rilevano che l'affermazione del giudice secondo la quale era possibile una ricostruzione alternativa rispetto a quella prospettata dal p.m. in ordine alle ragioni per le quali la manovra di tiro del freno non era riuscita all'A. avrebbe dovuto di per sé comportare il rinvio a giudizio, atteso che i principi di diritto in materia sono nel senso della esclusione del non luogo a procedere quando le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte. Anche l'affermazione per la quale non vi sarebbe prova del fatto che le buste ed il cuneo fossero nell'abitacolo prima che vi prendesse posto l'A. viene ritenuta viziata dalla mancata considerazione delle funzioni dell'accertamento dibattimentale. 4. In data 7.12.2012 è stata depositata memoria difensiva nell'interesse di Z.P. con la quale sì chiede il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. 4.1. La curva evolutiva percorsa dall'udienza preliminare, disegnata dalle modifiche normative che ne hanno significativamente riscritto la disciplina rispetto a quella originaria, non ha però modificato il fatto che essa è deputata a permettere un vaglio sulla sostenibilità in giudizio dell'accusa e non a sancire l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato. La Corte costituzionale ha più volte affermato che le modifiche apportate hanno confermato che l'apprezzamento del giudice non si sviluppa secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento sent. numero 82 del 1993 sent. numero 71 del 1996 sent. numero 51 del 1997 ord. numero 185 del 2001 . Né l'obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell'orizzonte prospettico del giudice rispetto all'epilogo decisionale, attraverso gli strumenti di integrazione probatoria previsti dagli articolo 421-bis e 422 bis cod. proc. penumero , hanno attribuito al medesimo il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenza colpevolezza dell'imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori articolo 425, co. 3 è sempre e comunque diretta a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell'accusa in giudizio e, con essa, l'effettiva, potenziale, utilità del dibattimento Sez. U, Sentenza numero 39915 del 30/10/2002, Vottari . Ciò importa che ove all'udienza preliminare emergano prove che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all'assoluzione dell'imputato, il proscioglimento deve essere pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti Sez. 4, numero 43483 del 06/10/2009, Pontessilli, Rv. 245464 . Quindi, il quadro probatorio e valutativo delineatosi all'udienza preliminare deve essere ragionevolmente ritenuto immutabile. Il giudice dell'udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione. Alla stessa stregua, l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi che legittimano la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'articolo 425, co. 3 cod. proc. penumero , devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio cfr, tra le altre, Sez. 6, numero 33921 del 17/07/2012, P.C. in proc. Rolla, Rv. 253127 . 4.2. L'esame della sentenza impugnata dimostra che nel caso in esame il G.u.p. non si è attenuto ai principi giuridici indicati, in quanto l'apprezzamento del merito da parte del giudicante si è sviluppato secondo un canone di innocenza, tanto che la pur affermata incapacità del vaglio dibattimentale ad apportare modifica o approfondimento alcuno ad un quadro probatorio che ormai appare ampiamente cristallizzato e pienamente esaustivo pg. 4 germina non già dalla ricognizione di elementi nella totalità univoci e convergenti verso il medesimo risultato probatorio e/o dalla possibilità di una ulteriore estensione della prova, ma da una valutazione nel merito delle risultanze probatorie. Ed infatti, il g.u.p., a fronte dell'esistenza di dichiarazioni che contraddicono gli accertamenti tecnici eseguiti su disposizione del p.m. ed altri contributi informativi, e pur registrando la contrapposizione tra le conclusioni dei consulenti tecnici intervenuti nel procedimento, il tutto su un punto di assoluta decisività quale l'utilizzo e l'efficienza del freno a mano da parte dell'A. prima di scendere dal camion, risolve l'antitesi mediante il giudizio di inattendibilità e non credibilità di talune fonti di prova, senza neppure ipotizzare che e quindi senza motivare in ordine alle ragioni per le quali il contraddittorio dibattimentale ed una eventuale perizia dell'ufficio del giudice non possano essere in grado di risolvere i nodi problematici del compendio probatorio. Sicché non risulta motivato perché la contraddittorietà degli elementi non possa essere ragionevolmente considerata superabile nel giudizio. La sentenza merita quindi di essere annullata, con rinvio al Tribunale di Nuoro per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Nuoro per l'ulteriore corso.