In ipotesi di contratto di cessione d’azienda, al fine di stabilire se il cedente sia inadempiente occorre verificare se, al momento della conclusione del contratto, sussistono tutte le condizioni per svolgere l’attività commerciale alla quale è preordinato l’insieme dei beni organizzati in azienda.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 15539, depositata il 20 giugno 2013. Per gli Ermellini, in tal caso, ne consegue che il rilascio della precedente licenza non può essere elemento sufficiente per ritenere adempiuta l’obbligazione posta a carico del cedente, laddove il diniego per la volturazione alla cessionaria della licenza sia dipeso dalla presenza di situazioni di carattere obiettivo esistenti già al momento della conclusione del contratto. Acquista aliud pro alio. All’epoca dei fatti, la ricorrente acquistava un’azienda costituita dall’avviamento e dalla licenza amministrativa relativa ad una sala giochi tuttavia, accadeva che l’istanza per la voltura a nome della cessionaria della licenza commerciale era stata rigettata per carenza dei requisiti di idoneità dei locali ove si svolgeva l’attività. La cessionaria conveniva pertanto in giudizio il cedente affinché fosse accertata la risoluzione del contratto, stante l’inesistenza dell’oggetto del medesimo ricorrendo inoltre l’ipotesi dell’aliud pro alio ovvero che il contratto fosse annullato per dolo determinante. Il Tribunale di Lecce rigettava la domanda della cessionaria. Proposto appello anche la Corte Territoriale rigettava l’impugnazione proposta dall’attrice cessionaria. I giudici dell’appello nell’escludere l’inadempimento addebitato al cedente hanno respinto la domanda sul rilievo che a al momento della conclusione del contratto l’esercizio era munito della licenza b in sede di rilascio della licenza un anno prima della cessione d’azienda era risultata la idoneità dei locali c i locali si erano rivelati inadeguati soltanto in seguito alla domanda di volturazione della licenza a favore della cessionaria d l’inidoneità accertata in sede di volturazione era comunque emendabile. L’idoneità dei locali costituisce elemento decisivo. Di diverso avviso è stata invece la Corte di legittimità, che ha accolto il ricorso presentato dalla cessionaria assumendo come decisivo l’elemento secondo cui la verifica, al momento della conclusione del contratto, in merito alla idoneità dei locali per lo svolgimento dell’attività inerente all’azienda ceduta, costituisce in ogni caso un presupposto imprescindibile per l’esercizio dell’attività. Secondo gli Ermellini, dunque, i giudici dell’appello avrebbero dovuto verificare la sussistenza delle condizioni per svolgere l’attività commerciale alla quale era preordinato l’insieme dei beni organizzati in azienda. Necessità di verifica delle condizioni al momento della conclusione del contratto. La Suprema Corte, in particolare, afferma come la motivazione della sentenza impugnata appaia carente laddove dà per acclarata la sussistenza dell’idoneità dei locali al momento della conclusione del contratto di cessione d’azienda basandosi, i giudici della Corte Territoriale, sul fatto che tale verifica era già stata compiuta in occasione del rilascio della licenza avvenuta un anno prima della cessione . Invero, i giudice dell’appello avrebbero dovuto accertare le ragioni per quali la licenza non sia stata volturata alla cessionaria ovvero se il diniego sia dipeso dalla presenza di situazioni di carattere obbiettivo esistenti già al momento della conclusione del contratto. In sostanza, i giudici di legittimità censurano la sentenza d’appello laddove, in maniera del tutto apodittica, afferma che il locale si era rivelato soltanto «successivamente» inadeguato in occasione della richiesta di autorizzazione, che era stata presentata dalla cessionaria a distanza di pochi giorni dal perfezionamento del contratto di cessione. L’effettiva idoneità. Secondo gli Ermellini, l’indagine avrebbe infatti dovuto riguardare l’effettiva idoneità dei locali e non la legittimità o meno della rilasciata licenza posto che il giudice, nel caso di specie, è investito della cognizione del diritto scaturente dal contratto interscorso fra le parti. la sentenza impugnata merita dunque di essere cassata poiché carente nella verifica della situazione obiettiva esistente al momento della conclusione del contratto.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 aprile – 20 giugno 2013, numero 15539 Presidente Felicetti – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- L.L. esponeva che con scrittura privata del 2/3/1987, S.M. le aveva ceduto l'azienda, costituita dall'avviamento e dalla licenza amministrativa, relativa ad una sala giochi sita alla via omissis , per il prezzo, interamente corrisposto, di L. 10.500.000 l'istanza per la voltura a suo nome della licenza commerciale era stata rigettata per carenza dei requisiti di idoneità dei locali ove si svolgeva l'attività. Pertanto, l'istante conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce lo S. affinché fosse accertata la risoluzione del contratto, stante l'inesistenza dell'oggetto del medesimo, in considerazione della mancanza d'idoneità dei locali ove l'azienda era allocata, ricorrendo l'ipotesi dell’«aliud pro alio» chiedeva, inoltre, che il contratto fosse annullato per dolo determinante chiedeva in ogni caso la condanna del convenuto al rimborso in favore dell'attrice della somma di L. 10.500.000, pari f al prezzo pagato, oltre al risarcimento dei danni da svalutazione monetaria ed interessi. Si costituiva S.M. , resistendo alla domanda. Con sentenza dell'11 marzo 2004 il Tribunale rigettava la domanda. Con sentenza dep. il 12 marzo 2007 la Corte di appello di Lecce rigettava l'impugnazione proposta dall'attrice. Secondo i Giudici di appello, al momento della conclusione del contratto di cessione di azienda, il locale risultava idoneo allo svolgimento dell'attività al quale era destinato a stregua della valutazione espressa in sede di rilascio della licenza edilizia che era stata regolarmente concessa né, d'altra parte, era risultato che la predetta licenza fosse stata rilasciata illecitamente e dovesse invece considerarsi corretta la successiva valutazione circa la idoneità dei locali. Pertanto era escluso il dolo del cedente denunciato dall'attrice. D'altra parte, non era emersa alcuna inidoneità o la consegna di aliud pro alio, posto che sussisteva la licenza, quale elemento caratterizzante l'azienda, come era dimostrato dal fatto che prima lo S. e poi la attrice avevano esercitato l'attività. In secondo luogo, affermavano ancora i Giudici, l'inidoneità poi accertata era emendabile ed era tale da conseguire l'autorizzazione tramite aggiustamenti dalla deposizione del vigile sanitario Caputo era emerso che l'idoneità del locale era stata negata per la mancanza del servizio igienico e che lo stesso era comunque realizzabile nell'area di pertinenza dell'immobile. Nessuna responsabilità era addebitabile al cedente, posto che il locale, pur idoneo ai fini del rilascio della licenza in capo allo S. , si era rivelato successivamente inadeguato in occasione dell'accertamento compiuto in vista dell'intestazione della licenza alla cessionaria. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione L.L. sulla base di otto motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso l'intimato. Motivi della decisione 1. Il primo motivo denuncia la violazione dell'articolo 102 cod. proc. civ. per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di S.R. che era l'effettivo intestatario della licenza commerciale, avendo i Giudici presunto che essa fosse intestata al convenuto. 1.2.- Il secondo motivo censura la decisione gravata che aveva ritenuto la idoneità dei locali al momento della conclusione del contratto di cessione di azienda alla stregua dell'accertamento sanitario compiuto in sede di rilascio della licenza di esercizio regolarmente rilasciata, quando la inidoneità era stata accertata con provvedimento del Sindaco del 7-5-1987 che aveva emesso il provvedimento di diniego relativamente all'istanza presentata dal coniuge dell'attrice soltanto alcuni giorni dopo la conclusione del contratto. Irrilevante doveva ritenersi la declaratoria di idoneità avvenuta con autorizzazione rilasciata un anno prima della conclusine del contatto con provvedimento del 2-2-1986 peraltro a favore di S.R. , persona diversa dal cedente. Denuncia la violazione dell'articolo 116 cod. proc. civ. per non avere valutato le prove acquisite e degli articolo 2699 e 2700 cod. civ., per non avere attribuito alcuna efficacia all'atto pubblico del 7-5- 1987. 1.3.- Il terzo motivo censura la sentenza che, avendo considerato la idoneità dei locali attestata un anno prima della conclusione del contratto anziché l'inidoneità accertata alcuni giorni dopo, aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di nullità del contratto formulata con l'atto di appello, essendo illeciti e/o inesistenti la licenza e il relativo avviamento. 1.4.- Il quarto motivo censura la sentenza laddove aveva escluso il dolo che può configurarsi anche nella ipotesi della reticenza, atteso che il convenuto aveva taciuto di non essere titolare della licenza e che i locali non fossero inidonei la disponibilità dei locali lasciava presumere che il medesimo fosse consapevole della loro inidoneità il convenuto, ammesso che vi avesse esercitato l'attività, non poteva non sapere che l'attività sarebbe stata esercitata senza autorizzazione, perché intestata ad altri, tacendo tale circostanza anche la reticenza può integrare il raggiro ogni volta che sul contraente derivi un obbligo di informare la controparte. Denuncia la contraddittorietà della sentenza laddove, dopo avere affermato che il convenuto aveva esercitato l'attività commerciale, aveva escluso che lo stesso fosse consapevole della oggettiva inidoneità dei locali. 1.5.- Il quinto motivo censura la sentenza laddove aveva affermato che le parti avevano esercitato l'attività nei locali, senza peraltro chiarire in base a quali elementi aveva tratto il suo convincimento, mentre dall'istruttoria era risultato il contrario d'altra parte, la licenza era intestata a un soggetto diverso dal convenuto. Il sesto motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione laddove, pur avendo accertato l'inidoneità dei locali verificata nell'immediatezza della cessione, aveva ritenuto la legittimità della licenza rilasciata da altro Sindaco e da altro funzionario un anno prima della conclusine del contratto. 1.6.- Il sesto motivo censura la sentenza la quale, pur ritenendo che i locali erano inidonei al momento della conclusione del contratto, aveva dichiarato legittima la licenza rilasciata da altro Sindaco e da altro medico rilasciata più di un anno prima. 1.7.- Il settimo motivo denuncia la violazione dei principi in materia di inadempimento delle obbligazioni del venditore di azienda se, come nella specie, siano indicati l'avviamento e la licenza, laddove i Giudici avevano escluso la responsabilità del cedente, pur essendo risultata la pregressa inidoneità dei locali, che aveva impedito la volturazione della licenza in particolare, censura la motivazione che aveva ritenuto emendabile la pur accertata inidoneità dei locali con la realizzazione di lavori di ristrutturazione da eseguire nell'immobile di un terzo, del quale sarebbe stata necessaria l'autorizzazione, oltre alla concessione o alla D.I.A. con adempimenti richiedenti tempi tecnici che avrebbero escluso la immediata disponibilità dell'immobile e avrebbero imposto all'attrice un tacere al quale non era tenuta. 1.8. - L'ottavo motivo, ribadendo che non era risultato che né il cedente né la cessionaria avessero esercitato l'attività nei locali in oggetto, censura la sentenza laddove aveva dato prevalenza alla presunzione di legittimità del primo accertamento compiuto in sede amministrativa un anno prima della cessione de qua, quando assumeva rilevanza decisiva il secondo accertamento compiuto a distanza di pochi giorni soltanto dalla conclusione del contratto non era, peraltro, risultato che il convenuto avesse esercitato l'attività commerciale prima della conclusione del contratto e che la stessa fosse poi stata successivamente continuata dalla cessionaria. Peraltro, nella eventuale incertezza, il Giudice avrebbe dovuto disporre la chiesta consulenza tecnica di ufficio. Risultando verificati le condizioni previste dagli articolo 1476, 1498, 1453 e 1455 cod. civ., andava pronunciata la risoluzione del contratto per inidoneità dei locali che era requisito essenziale per l'esercizio dell'attività. 2.- I motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione. Il ricorso va accolto nei limiti di quanto si dirà infra. a In primo luogo, va considerato che la domanda ha a oggetto le pretese derivanti dal contratto di cessione di azienda concluso fra l'attore e il convenuto, mentre S.R. è soggetto del tutto estraneo al rapporto che costituisce oggetto del presente giudizio. Se, dunque, S.R. non può essere considerato un litisconsorte necessario e del tutto infondata è la denunciata violazione dell'articolo 102 cod. proc. civ., va qui chiarito - anche in relazione alla domanda di annullamento per dolo per non avere il convenuto dichiarato la circostanza che la licenza commerciale fosse intestata ad altro soggetto - che la questione è nuova, perché proposta per la prima volta nella presente sede e, come tale, è inammissibile, atteso che dalla sentenza impugnata non risulta che la domanda di annullamento fosse stata proposta con riferimento all'intestazione della licenza e che la sua mancata volturazione fosse stata dedotta con riferimento a tale circostanza sarebbe stato onere della ricorrente dimostrare di avere tempestivamente proposto tale domanda nel giudizio di merito. b In relazione alla domanda di risoluzione per inadempimento, l'attrice a fondamento della stessa - ha dedotto che la licenza commerciale necessaria per lo svolgimento dell'attività relativa alla azienda ceduta non poté esserle trasferita per il diniego del Comune motivato con la inidoneità dei locali, accertata a breve di distanza di tempo dalla conclusione del contratto. La sentenza, nell'escludere l'inadempimento addebitato al cedente, ha respinto la domanda sul rilievo che a al momento della conclusione del contratto l'esercizio era munito della licenza b che a stregua dell'accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza, era risultata la idoneità dei locali c che gli stessi si erano rivelati inadeguati soltanto successivamente in occasione della domanda di volturazione della licenza a favore dell'attrice d la accertata inidoneità, determinata dalla mancanza del servizio igienico, era comunque emendabile. Orbene, occorre chiarire che l'autorizzazione amministrativa all'esercizio di un'attività commerciale ha carattere personale e non è riconducibile tra i beni che compongono l'azienda. Se, dunque, la mancanza della licenza non incide sulla nullità del contratto che non può avere a oggetto il trasferimento della licenza di commercio, rilevanza decisiva assumeva nella specie la verifica, al momento della conclusione del contratto, in merito alla idoneità dei locali per lo svolgimento dell'attività inerente all'azienda ceduta, costituendo presupposto per l'esercizio di tale attività la possibilità per il cessionario di ottenere dal Comune la intestazione della licenza. Pertanto, al fine di stabilire se il cedente fosse inadempiente al contratto di cessione di azienda, con il quale veniva trasferito anche l'avviamento, occorreva verificare se sussistessero le condizioni per svolgere l'attività commerciale alla quale era preordinato l'insieme dei beni organizzati in azienda. In particolare, sarebbe stato necessario accertare le ragioni per le quali la licenza non sia stata volturata alla cessionaria ovvero se il diniego sia dipeso dalla presenza di situazioni di carattere obiettivo esistenti già al momento della conclusione del contratto, non potendo il rilascio della precedente licenza essere elemento sufficiente per ritenere adempiuta l’obbligazione posta carico del cedente. Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata appare assolutamente carente, laddove da per acclarata l'idoneità dei locali al momento della conclusione del contratto in considerazione della verifica compiuta in occasione del rilascio della licenza, avvenuta peraltro un anno prima, affermando in modo apodittico che il locale si era rivelato successivamente inadeguato in occasione della richiesta di autorizzazione, che era stata presentata nell'interesse dalla cessionaria a distanza di pochi giorni dal perfezionamento del contratto. Dovendo l'indagine riguardare, come detto, la effettiva idoneità dei locali e non certo la legittimità o meno della rilasciata licenza, che sotto il profilo in esame non era certamente vincolante per il giudice ordinario - investito della cognizione del diritto scaturente dal contratto intercorso fa le parti - la sentenza non ha compiuto alcuno accertamento per verificare la situazione obiettiva esistente al momento della conclusione del contratto che, in astratto, avrebbe potuto essere diversa anche da quella di cui all'accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza avvenuto un anno prima, confrontandola con quella esistente al momento dell'accertamento dei vigili sanitari compiuto in occasione del provvedimento di diniego dell'autorizzazione, tanto più in considerazione di quanto dalla stessa sentenza affermato a proposito delle ragioni dell'accertata inidoneità ovvero della mancanza del servizio igienico se, da un canto, la realizzazione dell'opera non poteva costituire onere a carico dell'acquirente, il quale doveva ricevere un bene idoneo per l'uso pattuito, d'altro lato, la sentenza non ha compiuto alcun accertamento per verificare la fattibilità, anche da punto di vista urbanistico, del relativo intervento. Peraltro il riferimento all’effettivo esercizio dell'attività da parte del cedente prima e della cessionaria dopo la conclusione del contratto de quo non appare decisivo, atteso che il conseguimento della licenza commerciale o, per meglio dire, le condizioni necessarie per ottenerla costituivano un presupposto indefettibile per lo svolgimento dell'attività relativa all'azienda ceduta. La sentenza va cassata per quanto detto in motivazione con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei limiti di quanto in motivazione e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.