Telecom (locataria) installa una stazione radio per la telefonia mobile: la locazione dura almeno 6 anni

L’esistenza di un semplice collegamento funzionale fra l’immobile oggetto di locazione ed altro in cui venga effettivamente svolta una delle attività previste dall’articolo 27, l. numero 392/78, compresa l’attività rice-trasmittente di una stazione radio per il servizio pubblico di telefonia mobile, che pur è svolta senza la presenza un operatore industriale, commerciale o professionale, è sufficiente a fare rientrare la locazione nella disciplina della predetta l. numero 392/78, con conseguente durata di sei anni rinnovabile per un pari periodo.

E’ questo l’interessante principio sostenuto dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza del 21 dicembre 2011. La questione. Nel caso in questione Telecom Italia Mobile s.p.a. prendeva in locazione un locale per installarvi una stazione radio per il servizio pubblico di telefonia mobile. Successivamente il locatore pretendeva la liberazione dell’immobile per intervenuta scadenza del contratto di locazione. La società conduttrice si opponeva, rilevando che il rapporto doveva intendersi regolato dalla disciplina dettata dalla legge numero 392/78 atteso che la funzione rice-trasmittente dell’antenna della predetta stazione radio era certamente da includere tra le delle attività commerciale, industriale, artigianale, professionale ecc. previste dall’articolo 27 della predetta legge. La questione veniva sottoposta al Tribunale di Grosseto che rigettata la domanda di risoluzione proposta dal locatore sulla base di una motivazione pienamente confermata dalla sentenza in commento. L’attività rice-trasmittente di una stazione radio per il servizio pubblico di telefonia mobile rientra tra quelle indicate dall’articolo 27, l. numero 392/78. Secondo la Corte di Appello di Firenze è pacifico che il concetto di immobile nei quali si esercitano le attività previste dai primi due commi dell’articolo 27, l. numero 392/78 non può essere restrittivamente intesa solo come luogo in cui effettivamente si svolge un’attività dinamica manuale o intellettiva da parte di un operatore industriale, commerciale o professionale. Di conseguenza si deve ritenere, ad esempio, che in relazione ai locali adibiti a deposito merci nell’ambito di un’attività commerciale o destinati a deposito di materiali edili locati ad un’impresa di costruzioni o utilizzati come magazzino per le bevande vendute in un bar gestito dal conduttore, trovi piena applicazione la disciplina vincolistica. Il ragionamento è valido anche se il deposito merce, è in rapporto di collegamento necessario con un'attività commerciale svolta dal conduttore anche al di fuori del locale stesso ad esempio il conduttore che svolge attività di venditore ambulante . Infatti, in tal caso, detti locali sono, con tutta evidenza, collegati all’esercizio di una delle attività elencate dalla l. 392/78. Tale principio, però, come sottolinea la sentenza in commento, riguarda non soltanto gli immobili di supporto ma anche quegli ambienti nello stesso immobile non direttamente interessati all’attività produttiva, come l’autorimessa, la sala di attesa a servizio dello studio professionale ecc. E quanto sopra vale anche nell’ipotesi in cui detti locali siano collegati in senso funzionale o come ubicazione ad attività solitamente svolte senza la presenza dell’operatore umano. Giustificata la particolare durata della locazione. La Cassazione ha puntualizzato che le attività ex articolo 27 della citata legge conferiscono all'immobile in cui esse si svolgono una funzione economico produttiva che giustifica la particolare durata della locazione 6+6 . Tale disciplina è estensibile in via diretta ed ordinaria, quando, pur in difetto di un rapporto pertinenziale o di servizio rispetto ad altro immobile, un locale sia in concreto funzionalmente collegato - ancorché per iniziativa del conduttore - all'esercizio di una delle attività contemplate dal citato articolo 27, svolta in altra sede di cui abbia la disponibilità a qualsiasi titolo locazione anche se stipulata con terze persone, proprietà, comodato ecc. in questa ipotesi infatti vale pienamente la ratio della disciplina vincolistica e, di conseguenza è giustificata la correlativa applicazione. Tale principio però vale sempre che detto collegamento risulti legittimo alla luce delle originarie pattuizioni contrattuali o al successivo comportamento delle parti come la protratta tolleranza del locatore ai sensi dell’articolo 80 della predetta legge. Ne consegue che se il locatore non chiede la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ha avuto conoscenza di detto nuovo utilizzo, al contratto di locazione predetto si applica l. numero 392/1978, ex articolo 80 il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo e cioè quello di cui all’articolo 27 e ss. .

Corte di Appello di Firenze, sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2011 – 19 gennaio 2012, numero 1661 Presidente relatore - Paolo Occhipinti Fatto e diritto L’Hotel Principe s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza emessa il 2.2.2010 dal Tribunale di Grosseto, con la quale, sostanzialmente, è stata rigettata la sua domanda di risoluzione per intervenuta scadenza convenzionale del contratto di locazione intercorso con la Telecom Italia Mobile s.p.a. ed avente ad oggetto un locale di mq. 16/20 circa, adibito alla installazione di una stazione radio per il servizio pubblico di telefonia mobile. A motivo del gravame l’appellante sostiene che l’esistenza di un semplice collegamento funzionale fra l’immobile oggetto di locazione ed altro in cui venga svolta una delle attività commerciale, industriale, artigianale, professionale ecc. previste dall’articolo 27 della legge numero 392/78, non è sufficiente a fare rientrare la locazione nella disciplina della medesima legge, occorrendo che nell’immobile si svolga effettivamente una delle attività predette. La funzione rice-trasmittente dell’antenna non sarebbe inquadrabile fra tali attività. Ciò premesso, osserva la Corte che il giudizio del Tribunale merita conferma, ribadendosi in esso un principio già fatto proprio dalla Cassazione, seconda la quale “l’applicabilità della disciplina di cui agli articolo 27 e seg. della legge medesima deve essere affermata quando, pur in difetto di un rapporto pertinenziale in senso proprio , risulti un collegamento funzionale di detto immobile con una delle attività contemplate dal citato articolo 27, svolta in altro locale di cui il conduttore abbia la disponibilità a qualsiasi titolo” Cass. 13.11.2009 numero 24035 nella specie, oggetto della locazione era un luogo di deposito a servizio di una trattoria . Tale principio giurisprudenziale, nonché la stessa sentenza della Corte Suprema ora citata, risultano del tutto ignorati dall’atto di appello, inutilmente diffusosi sui concetti d’impresa e di attività industriale e commerciale. D’altra parte, se la locuzione di “immobili nei quali si esercitano le attività” previste dai primi due commi dell’articolo 27 della legge numero 392/78 dovesse essere restrittivamente intesa come il luogo in cui effettivamente si svolge un’attività dinamica manuale o intellettiva dell’operatore industriale, commerciale o professionale, risulterebbero incomprensibilmente esclusi dalla normativa vincolistica non soltanto tutti gli immobili di supporto, quali i magazzini, le rimesse, gli archivi ecc., ma, in uno stesso immobile, le parti non direttamente interessate all’attività produttiva, a cominciare, appunto, dall’autorimessa a servizio dello studio professionale, per finire alle sale di attesa, agli ambienti di mera rappresentanza, ai locali di deposito, ai locali destinati ai servizi di portierato e custodia si pensi alle banche e perfino a quelli di mero segretariato. Perciò, non ha nessun rilievo il fatto che l’antenna, installata nell’immobile per cui è causa, non esiga, solitamente, la presenza dell’operatore umano, dato che, per essere un’antenna, lavora da sé. Ma se l’esercizio delle antenne non dovesse rientrare nella “attività” della Telecom, alla Telecom che cosa resterebbe da fare,a parte il riscuotere le bollette? Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata. Condanna l’appellante Hotel Principe s.r.l. al pagamento delle spese di secondo grado, che liquida come segue euro 700,00 per diritti ed euro 1.300,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CAP secondo legge.