L’ufficio finanziario può procedere ad una valutazione analitica e non al metodo induttivo anche se risultano irregolarmente eseguite od emesse le scritture contabili del contribuente.
La S.C. con la sentenza 3 febbraio 2012, numero 1555, ha affermato che il giudice tributario non può sostituirsi all’ufficio circa il metodo di accertamento delle imposte e procedere alla determinazione induttiva dell’utile di gestione, ma può solo verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere dell’ufficio. Accertamento metodo analitico per irregolarità meno gravi. Il potere di accertamento dell’ufficio è disciplinato dall’articolo 39 del d.p.r. numero 600/1973. In particolare, in tema di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di impresa, l’ufficio, in presenza di irregolarità contabili meno gravi di cui al primo comma del citato articolo 39, può procedere ad accertamento analitico, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, mentre allorché verifichi un’inattendibilità globale delle scritture è autorizzato ai sensi del successivo secondo comma a procedere al metodo induttivo. Pertanto, anche in presenza di condizioni che legittimano l’emanazione di un accertamento induttivo ex articolo 39, comma 2, del d.p.r. numero 600/73, ma la rettifica è stata operata con metodo analitico, il contribuente non ha titolo per lamentare l’emissione nei suoi confronti di un accertamento analitico, atteso che l’eventuale adozione di questo invece che di un accertamento induttivo potrebbe comportare minori garanzie di quelle correlabili al’emissione di un accertamento analitico Cass. numero 5557/2000 . 60 giorni per inviare osservazioni e richieste. Lo Statuto del contribuente, approvato con legge numero 212/2000, contiene alcune espresse garanzie a favore del contribuente sottoposto a verifica fiscale, assurgendo a testo normativo contenente la codifica dei diritti vantati dallo stesso nell’ambito delle procedure impositive. In particolare, l’articolo 12, comma 7, fissa alcuni precisi limiti all’attività accertatrice degli Uffici disponendo un’ulteriore garanzia che si tramuta nella possibilità per il contribuente, nei cui confronti siano stati eseguiti accessi, ispezioni e verifiche, di comunicare all’Amministrazione entro 60 giorni osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate da quest’ultima, in ordine ai dati ed elementi su cui si fonderà l’accertamento. L’accertamento, pertanto, secondo quanto previsto dal legislatore, non può essere emesso prima della scadenza di detto termine, fatta eccezione per situazioni di particolare urgenza da motivare. La previsione normativa in esame, che non contempla alcuna sanzione in caso di violazione, prevede una sorta di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’accertamento ovvero prima che quest’ultimo vada ad incidere sulla posizione giuridica del contribuente. Nel caso specifico viene a realizzarsi una forma di partecipazione precontenziosa diretta a tutelare sia il contribuente che l’Amministrazione, atteso che quest’ultima potrebbe ritenere non fondato l’eventuale avviso di accertamento. Il caso. Un società del nord in liquidazione aveva impugnato gli avvisi di accertamento ai fini Irpeg ed Ilor con i quali l’ufficio aveva determinato con metodo analitico il reddito di impresa, In particolare, la società aveva eccepito la mancata considerazione dei costi che riteneva aver sostenuto ed aveva ottenuto un esito favorevole sia in primo che secondo grado. L’ufficio ha proposto ricorso per cassazione sostenendo la non obbligatorietà del metodo induttivo in presenza di gravi irregolarità della contabilità ma la facoltà di ricorrere anche al metodo analitico. La S.C. ha affermato che la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo anche nell’ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità non comporta l’obbligo dell’ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma rappresenta una mera facoltà che non esclude, quindi, la possibilità di procedere ad una «valutazione analitica» dei dati comunque emergenti dalla scritture contabili dell’imprenditore Cass. numero 12904/2008 . Allo stesso modo l’esistenza di presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude che l’ufficio possa avvalersi del metodo analitico di cui al primo comma dell’articolo 39, oppure di entrambi i metodi di accertamento. Cass. numero 27927/2009 numero 27068/2006 . L’onere della prova incombe sul contribuente. I giudici di legittimità hanno evidenziato, inoltre, che nel caso di specie non assume rilievo la modifica normativa di cui all’articolo 75 del Tuir approvato con d.p.r. n, 917/1986 in tema di deducibilità delle spese, per le quali la registrazione sia stata omessa o eseguita irregolarmente, atteso che, in materia di deducibilità di costi di impresa non registrati, l’onere della prova circa l’esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente. Gli stessi giudici hanno rilevato, infine, che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la commissione tributaria adita per l’annullamento dell’avviso di rettifica del reddito di impresa, individuato dall’Amministrazione finanziaria con metodo induttivo, , non può procedere alla determinazione induttiva dell’utile di gestione, atteso che il giudice, investito del sindacato sulla legittimità di un accertamento, può soltanto verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere dell’ufficio in concreto esercitato, senza potersi ad esso sostituire nell’esercizio di un potere diverso, spettante all’amministrazione attiva.». Per i motivi sopraesposti, la S.C. ha accolto il ricorso dell’amministrazione finanziaria, cassando la sentenza di secondo grado e compensando le spese dell’intero giudizio.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 4 ottobre 2011 – 3 febbraio 2012, numero 1555 Presidente D’Alonzo – Relatore Greco Svolgimento del processo La srl FZB in liquidazione con distinti ricorsi impugnò, per quanto ancora rileva, gli avvisi di accertamento ai fini dell'IRPEG e dell'ILOR per gli anni 1994 e 1995, con i quali veniva determinato con metodo analitico il reddito d'impresa, sulla base del conto dei profitti e delle perdite e delle dichiarazioni annuali regolarmente presentate, in mancanza dei libri contabili obbligatori. La contribuente lamentava la mancata considerazione dei costi che assumeva aver sostenuto. I ricorsi avevano esiti diversi in primo grado. L'Agenzia delle entrate ricorre, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, rispettivamente, accogliendo l'appello della srl FIB avverso la decisione concernente l'accertamento per il 1995, e rigettando quello dell'Agenzia delle entrate, ufficio di , avverso la decisione concernente l'accertamento per il 1994, determinava in via induttiva il reddito della società contribuente nel 20% dei ricavi dichiarati. Il giudice d'appello ha rilevato cane i detti accertamenti erano fondati non sull'omessa o irregolare registrazione di costi, ma sull'assenza di tutti i libri contabili e di documentazione idonea a comprovare i costi, non sussistendo, in sostanza, prove che le risultanze del conto profitti e perdite corrispondano ad operazioni effettivamente poste in essere. Cosicché questa situazione di totale irregolarità amministrativa, contabile e fiscale, caratterizzata anche da inesistenza di fatture, impedisce di verificare analiticamente il reddito della società . Per questo, essendo costituito l'imponibile dal reddito netto dichiarato o accertato, calcolato quindi in base ai ricavi al netto dei costi applicando tale criterio in presenza di dichiarazione di ricavi, senza una documentazione di costi, occorre ricostruire tali costi con un'incidenza percentualizzata degli stessi . Secondo il giudice d'appello, l'attività svolta nella specie, commercio all'ingrosso di materiale ed attrezzature dell'edilizia, era caratterizzata da elevati costi, per lo scarso margine operativo lordo sulle vendite, determinato da un indice di rotazione del magazzino molto alto, anche se compensato da un valore aggiunto per addetto non del tutto modesto, cui corrisponde pertanto un basso ricava cosicché, facendo riferimento ad una percentuale media di ricarico rilevabile presso la CCIAA, si ritiene equo rideterminare induttivamente il reddito imponibile della società, per gli anni d'imposta 1994 e 1995, nel 20% venti per cento dei ricavi dichiarati . La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede. Motivi della decisione Con il primo motivo, “denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 39 d.p.r. 600/1973 e 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360, nnumero 3 e 4 c.p.c.”, l'amministrazione ricorrente censura la decisione perché, pur avendo rilevato che non era stato dimostrato che i costi risultanti dal conto dei profitti e delle perdite fossero stati effettivamente sostenuti, aveva tuttavia ritenuto che la situazione di totale irregolarità amministrativa comportava la necessità di rideterminare induttivamente il reddito. Ed in proposito deduce che identificando il reddito imponibile con metodo induttivo in sostituzione dell'accertamento compiuto dall'ufficio mediante il metodo analitico di cui al primo canna dell'articolo 39 del d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600, la Commissione regionale avrebbe travalicato i propri poteri decisori. Con il secondo motivo, denunciando “violazione dell'articolo 75 del d.p.r. numero 917/1986 ai sensi dell'articolo 360, numero 3, c.p.c.”, assume che i costi contabilizzati dovrebbero risultare da elementi certi e precisi che il contribuente deve essere in grado di fornire, e che in mancanza di tale dimostrazione legittimamente l'amministrazione li disconoscerebbe, con conseguente accertamento del maggior reddito. La rideterminazione del reddito accertato solo nella misura del venti per cento dei ricavi, pur dopo l'esplicito riconoscimento della mancanza di ogni prova dell'esistenza dei costi in questione, si tradurrebbe in lampante violazione della norma in rubrica. I motivi sono entrambi fondati. È anzitutto erronea in diritto l'affermazione secondo cui all'ufficio finanziario era inibito di verificare analiticamente il reddito della società , ove si consideri che per l'accertamento dei redditi di impresa ai sensi dell'articolo 39 del d.p.r. 29 settembre 1973, numero 600, “la ricorrenza dei presupposti per l'accertamento induttivo anche nella ipotesi di inattendibilità dell'intera contabilità non comporta l'obbligo dell'ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma costituisce una mera facoltà che non preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell'imprenditore” Cass. numero 12904 del 2008 , e che “l'esistenza dei presupposti per l'applicazione del metodo induttivo non esclude che l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico di cui al primo comma dell'articolo 39, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie” Cass. numero 27068 del 2006 cfr., inoltre, Cass. numero 27927 del 2009 e numero 5557 del 2000 . Né, d'altronde, nella specie assume rilievo la modifica recata all'articolo 75 del t.u.ir. del 1986 in ordine alla deducibilità delle spese, di cui sia prescritta la registrazione in apposite scritture contabili, per le quali la registrazione sia stata omessa o eseguita irregolarmente, atteso che, cerne già chiarito, in merito alla deducibilità di costi di impresa non registrati, l'onere della prova circa l'esistenza ed inerenza dei componenti negativi del reddito incombe al contribuente. A tal riguardo, l'abrogazione del sesto comma dell'articolo 75 del d.p.r. 22 dicembre 1986, numero 917 ad opera dell'articolo 5 del d.p.r. 9 dicembre 1996, numero 695, comporta solo un ampliamento del regime di prova dei costi da parte del contribuente, prova che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili purché costituenti elementi certi e precisi, come prescritto dal quarto comma dell'articolo 75 , ma non certamente l'attenuazione della regola sulla ripartizione dell'onere della prova Cass. numero 4218 del 2006, numero 3305 del 2009 . Una siffatta prova, cane la stessa sentenza impugnata rileva - gli atti impositivi sono fondati sull'assenza di documentazione idonea a comprovare i costi sostenuti e di tutti i libri contabili. Non sussistono, in sostanza, prove che le risultanze del conto dei profitti e delle perdite corrispondano ad operazioni effettivamente poste in essere. Cosicché questa situazione di totale irregolarità amministrativa, contabile e fiscale - caratterizzata anche da inesistenza di fatture in presenza di una dichiarazione di ricavi, senza una documentazione dei costi - non è stata fornita dalla contribuente. Quanto al secondo motivo, è sufficiente sul punto ricordare l'orientamento di questo giudice di legittimità secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la commissione tributaria adita per l'annullamento dell'avviso di rettifica del reddito di impresa, individuato dall'Amministrazione finanziaria con metodo analitico, ex articolo 39, primo comma, del d.P.R. numero 600 del 1973, non può procedere alla determinazione induttiva dell'utile di gestione, atteso che il giudice, investito del sindacato sulla legittimità di un accertamento tributario, può soltanto verificare la sussistenza o meno dei presupposti idonei a legittimare il potere dell'Ufficio in concreto esercitato, senza potersi ad esso sostituire nell'esercizio di un potere diverso, spettante all'amministrazione attiva, del quale vengano in ipotesi riconosciute sussistenti le condizioni in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in presenza di accertamento analitico dell'Ufficio, aveva operato il cumulo dell'intero reddito e poi, con tecnica induttiva, determinato in base ad una percentuale ed in misura forfetaria i ricavi Cass. numero 10812 del 2010, numero 2935 del 1996 si veda, inoltre, Cass. numero 6112 del 1999 . In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente con riguardo ai due atti impositivi impugnati. Si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate fra le parti le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Dichiara compensate fra le parti le spese dell'intero giudizio.