In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari dovuti dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice.
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza od ordinanza, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice.Queste, in sintesi, le conclusioni cui giungono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza numero 390 depositata il 12 gennaio 2011.La fattispecie. A seguito di una controversia sorta tra un avvocato ed il suo cliente relativamente alle tariffe applicate, il giudizio di primo grado era stato trattato nelle forme di un ordinario procedimento contenzioso civile con totale acquiescenza delle parti e in assenza di un tentativo di conciliazione dei magistrati che si erano avvicendati nel corso del processo. Tali modalità di gestione del processo, coerentemente alle quali la decisione fu assunta in forma di sentenza, dovevano quindi ritenersi sintomatiche di un'implicita, ma inequivoca, opzione per il rito ordinario. Il quesito di diritto. In particolare, la S.C. detta i criteri da adottare al fine di individuare il mezzo di impugnazione al decreto che impone il pagamento delle somme contestate. Infatti, le viene espressamente chiesto se l'adozione della forma della sentenza per la decisione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di onorari ed altre spettanze professionali, in luogo di quella dell'ordinanza, non comporti essa stessa, a prescindere dalla qualificazione esplicita data dal giudice dell'opposizione all'azione proposta, appellabilità delle pronuncia e non esperibilità del ricorso straordinario per cassazione articolo 111 Cost. , praticabile contro l'ordinanza non impugnabile .Sentenza e ordinanza impongono diversi mezzi di reclamo. La soluzione fornita dai giudici di legittimità si basa sul principio consolidato della prevalenza della sostanza sulla forma. Infatti, è vero che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, occorre avere riguardo non già alla forma adottata, ma al suo contenuto principio di prevalenza della sostanza sulla forma , cosicché il provvedimento - impropriamente qualificato ordinanza - con cui il giudice affermi o neghi decidendo la relativa questione senza definire il giudizio la propria giurisdizione, ha natura di sentenza non definitiva tuttavia, il rilievo attribuito alla sostanza incontra un limite nel principio secondo il quale l'individuazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all'azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza . La scelta spetta al giudice. Pertanto, sulla base di tale considerazioni, i giudici di piazza Cavour concludono affermando che in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza oppure ordinanza ex articolo 30 della legge numero 794 del 1942 , che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, qualora la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 23 novembre 2010 - 11 gennaio 2011, numero 390Presidente De Luca - Relatore PiccialliSvolgimento del processoSu ricorso dell'avvocato M T. il Pretore di Cassino emise il decreto ingiuntivo numero 3 del 12.1.1988 a carico di C.G. per il pagamento della somma di L. 1.995.650, oltre interessi e spese del giudizio monitorio, in relazione a spettanze professionali, per la rappresentanza e difesa prestate in un procedimento di revisione delle condizioni di divorzio svoltosi innanzi al locale tribunale. Si oppose l'ingiunto, tra l'altro deducendo di avere, in data 21.1.88, rimesso al professionista la complessiva somma di L. 2.403.435 da lui richiesta, più che sufficiente ad estinguerne l'effettivo credito.Si costituì l'opposto e resistette all'opposizione, a sua volta deducendo l'intempestività e comunque l'insufficienza de ricevuto pagamento.La causa, dopo una lunga serie di rinvii variamente motivati, fu introitata in decisione e, sulla scorta delle acquisite risultanze documentali, decisa con sentenza numero 61/2001, con cui il decreto ingiuntivo venne revocato e l'opponente condannato al pagamento della somma in favore dell'opposto, di L. 354.000, oltre agli interessi, alla rivalutazione monetaria ed alle spese del giudizio di opposizione.Avverso tale decisione il C. propose appello, chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere alla data di notificazione del decreto ingiuntivo e conseguentemente non dovute le spese e competenze successive alla relativa emissione, compensarsi quelle del giudizio di primo grado e condannarsi l'opposto alla restituzione delle somme eccedenti il dovuto, oltre al pagamento delle spese di secondo grado. Al gravame resistette l'avvocato T., tra l'altro ed in via preliminare eccependone l'inammissibilità, in considerazione della natura sostanziategli ordinanza decisoria ex articolo 30 della legge numero 794 del 1942, da attribuirsi al provvedimento impugnato, che come tale avrebbe dovuto considerarsi inappellabile.Accogliendo tale eccezione la Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 30.5.04, pubblicata il 22.7.04, dichiarò inammissibile l'appello e condannò l'appellante al pagamento, in favore dell'avvocato T. , delle spese del grado.Osservò la corte capitolina che il provvedimento impugnato era riconducibile alla previsione di cui agli articolo 29 e 30 della legge 13 giugno 1942, numero 794, assoggettante al rito camerale anche le opposizioni a decreto ingiuntivo per prestazioni professionali giudiziali forensi, sicché, pur essendo stato emesso in forma di sentenza, in conformità al costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, avrebbe integrato una sostanziale ordinanza, sottratta all'appello ed impugnabile soltanto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione. Tale procedura semplificata, da applicarsi anche quando il compenso si riferiva a prestazioni difensive rese davanti ad un giudice diverso da quello emittente il decreto ingiuntivo, cedeva al rito ordinario soltanto nell'ipotesi in cui l'opponente avesse contestato i presupposti stessi del diritto al compenso o l'effettiva esecuzione delle prestazioni, oppure ampliato il thema decidendum proponendo domande o eccezioni riconvenzionali il che non si era verificato nel caso di specie, in cui il C. senza porre in discussione il preesistente rapporto professionale o l'effettività delle prestazioni, si era limitato a dedurre l'estinzione del debito in data antecedente alla notificazione del decreto ingiuntivo. Avverso tale sentenza il C. propose ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistette il T. con controricorso.La seconda sezione di questa Corte cui il ricorso era stato assegnato, con ordinanza interlocutoria del 1.12.2009, depositata il 18.3.2010 coeva a quella di identico tenore, resa nel procedimento numero 28588/04, vertente tra le stesse parti e ad oggetto di analoghe questioni ravvisate la non univocità degli indirizzi giurisprudenziali di legittimità al riguardo e comunque l'opportunità di una pronunzia chiarificatrice delle Sezioni Unite, rimetteva la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle stesse, in ordine alla questioni relative 1 al regime dell'ampliamento o meno del thema decidendum del giudizio di cui alla legge numero 794 del 1942, articolo 30, a seguito di eccezione di pagamento del credito portato dal decreto ingiuntivo 2 al regime impugnatone della sentenza erroneamente emessa all'esito del giudizio suddetto.Disposta l'assegnazione alle Sezioni Unite, la causa è pervenuta alla pubblica udienza.La difesa del ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.Motivi della decisionep.1 - Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione degli articolo 323 e 329 c.p.c., 30 L. numero 794/1942, con connessa omissione o insufficienza di motivazione, censurandosi la dichiarazione d'inammissibilità dell'appello, perché basata su errati presupposti. In particolare la corte di merito, nel rilevare che non era stato contestato il rapporto di clientela, né la natura giudiziale del compenso, ma soltanto la misura di quest'ultimo a termini di tariffa, oltre a non avvedersi che le prestazioni erano state rese in un procedimento di volontaria giurisdizione tale dovendo qualificarsi quello di revisione delle condizioni di divorzio , non avrebbe tenuto conto che in realtà l'opponente aveva essenzialmente sollevato la questione della rilevanza estintiva del pagamento effettuato prima della notificazione del decreto ingiuntivo, evidenziando addirittura l'eccedenza dello stesso rispetto a quanto effettivamente dovuto ed, al riguardo, chiedendo anche la restituzione della differenza. Conseguentemente la vertenza, non limitata a mere questioni tariffarie, ma involgendo un thema decidendum squisitamente processualcivilistico , vale a dire la rilevanza satisfattiva dell'eseguito pagamento in relazione al momento nel quale era intervenuto e per di più l'accertamento dell'eccedenza dello stesso, andando oltre le mere tematiche liquidatone di cui agli articolo 28-30 della legge numero 794 del 1942, correttamente sarebbe stata, a termini della stessa giurisprudenza di legittimità citata dalla corte, decisa con sentenza dal primo giudice.p.2 - Con il secondo motivo si lamentaci sensi dell'articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. omesso esame di punto decisivo. In via devolutiva violazione di leggi sotto il profilo dell'errata e falsa applicazione. In particolare in relazione alla exceptio de soluto e all'articolo 91 c.p.c. .p.3 - I quesiti devoluti a queste Sezioni Unite dall'ordinanza rimettente entrambi funzionali all'esame del primo motivo, nell'ordine di cui al provvedimento, possono sintetizzarsi nei seguenti rispettivi termini a se, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo emesso in favore del professionista avvocato per prestazioni giudiziali civili, da, svolgersi secondo il rito camerale speciale di cui all'articolo 30, in rel. 28 e 29 della L. 13.6.1942, numero 794, , l'eccezione di estinzione, totale o parziale, del credito portato dal decreto suddetto, per eseguito pagamento, rappresenti o meno un ampliamento del thema decidendum del giudizio medesimo, da reputarsi circoscritto, secondo il diritto vivente alla sola misura del compenso b se l'adozione della forma della sentenza per la decisione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di onorati ed altre spettanze professionali ai sensi della legge numero 794 del 1942, in luogo di quella dell'ordinanza - non comporti essa stessa, a prescindere dalla qualificazione esplicita data dal giudice dell'opposizione all'azione proposta, appellabilità delle pronuncia e non già l'esperibilità del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, comma 7, praticabile avverso l'ordinanza non impugnabile prevista dall'articolo 30 della legge sopra citata .p.4 - Il secondo quesito, attinente ad una questione ritenuta di massima di particolare importanza , riveste priorità logica rispetto al primo, poiché l'eventuale risposta positiva. comportando l'indifferenza ai fini del regime impugnatorio dell'eventuale errore compiuto dal primo giudice nella concreta adozione delle forme della decisione, renderebbe superfluo l'esame dei profili contenutistici, attinenti alla natura delle questioni dedotte ed alla relativa riferibilità alle tematiche di cui agli articolo 28-30 l. numero 794 del 1942. Va pertanto data la precedenza all'esame della questione di cui sub b .A tal riguardo lo stato della giurisprudenza di legittimità può considerarsi ormai solidamente attestato sul principio della c.d. apparenza , che ponendosi quale temperamento di quello, anche consolidato, della prevalenza della sostanza sulla forma è stato espresso da queste Sezioni Unite v. sent. 8949 del 16.4.2007 nei seguenti termini è ben vero che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, occorre avere riguardo non già alla forma adottata, ma al suo contenuto principio di prevalenza della sostanza sulla forma , cosicché il provvedimento - impropriamente qualificato ordinanza - con cui il giudice affermi o neghi decidendo la relativa questione senza definire il giudizio la propria giurisdizione, ha natura di sentenza non definitiva ai sensi dell'articolo 279 c.p.c., comma 2, numero 4. E tuttavia, il rilievo attribuito alla sostanza trova temperamento nel principio secondo il quale l'individuazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all'azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza . Tale scelta è stata, nella medesima sentenza, ritenuta l'unica conforme ai principi fondamentali della certezza dei rimedi impugnatori e dell'economia dell'attività processuale, evitando l'irragionevolezza di imporre di fatto all'interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l'esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo , così ribadendo quelle stesse ragioni che già avevano indotto le Sezioni Unite, sullo specifico tema dell'impugnabilità dei provvedimenti decisori adottati a conclusione di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di prestazioni giudiziali forensi, in cui il giudice aveva espressamente qualificato lo stesso quale ordinanza inappellabile ex articolo 645 c.p.c. e 30 L. numero 794/1942, a ritenere, in conformità all'orientamento giurisprudenziale dominante in materia di opposizioni alle esecuzioni o agli atti esecutivi, decisiva la qualificazione attribuita dal giudice, precludente alla parte soccombente di scegliere il mezzo d'impugnazione secondo una propria diversa qualificazione tanto in considerazione della esigenza di certezza e di affidamento per la parte interessata in ordine alla scelta di determinati mezzi processuali di gravame, esigenza soddisfatta, anzitutto, escludendo che detta parte possa comunque, a sua discrezione, seguire l'una o l'altra via di impugnazione, e, quindi, privilegiando l'attribuzione di valore determinante alla qualificazione data dal giudice al provvedimento suscettibile di impugnazione, con la conseguenza di eliminare, nello stesso interesse della parte, le incertezze alle quali l'opinabilità del giudizio circa la reale natura dell'atto darebbe inevitabilmente luogo Cass. S.U., sent. numero 182 del 21.3.1999 .Ai medesimi principi dell' apparenza e dell' affidamento risultano successivamente improntate diverse pronunzie sezionali, ancora in materia di opposizioni all'esecuzione Cass. 3^ numero 26294 del 14.12.07 in materia di opposizione a sanzioni amministrative Cass. Lav. numero 15783 del 13.8.04 , in tema d'impugnabilità di sentenze del Giudice di Pace Cass. 3^ numero 9923 del 26.4.10 , ed infine Cass. 3^, numero 20811 dei 7.10.2010 che in tema di impugnabilità di un provvedimento decisorio nel quale il tribunale aveva impropriamente applicato il rito contemplato dal D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 152, in materia di trattamento dei dati personali , ha ritenuto ammissibile, nonostante l'errore del primo giudice, il ricorso diretto per cassazione previsto dalla normativa speciale, sulla base della considerazione che l'identificazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va .operataci tutela dell'affidamento della parte, con riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato in riferimento alla qualificazione dell'azione effettuata dal giudice giusta o sbagliata che sia .Tale indirizzo questo collegio ritiene di far proprio, ritenendo, nell'ottica garantistica citata nelle citate pronunzie, ed in quelle da esse richiamate, preferibili le evidenziate esigenze di certezza dei rimedi impugnatori e di affidamento, rispetto a quelle, sostanziai e contenutistiche, che il più radicale ed opposto orientamento, già prevalente nelle decisioni in tema di opposizioni a decreti ingiuntivi per spettanze professionali forensi, ha finora ritenuto di privilegiare in tale settore, non sussistendo alcuna particolare ragione per sottrarre quest'ultimo all'applicabilità di un principio processuale, caratterizzato da evidenti connotati di generalità.Alle obiezioni dottrinali, seconde cui l'applicazione del principio dell'apparenza in subiecta materia comporterebbe l'inconveniente di avallare, senza possibilità di rimedio, l'eventuale errore compiuto dal giudice, può rispondersi evidenziando a che nell'ipotesi in cui il giudice abbia erroneamente deciso con sentenza una controversia, che avrebbe dovuto essere invece definita con ordinanza non impugnabile, le conseguenze di tale errore, consistenti nel dare adito ad un giudizio di merito di secondo grado, non comportando alcuna elisione o compressione, ma anzi un allargamento, dell'esercizio dei diritti di azione e difesa, risultano meno lesive, e pertanto più accettabili, sul piano di un'interpretazione costituzionalmente orientataci quelle che deriverebbero, a discapito dei principi di affidabilità e di certezza dei rimedi impugnatori, dalla radicale adesione al principio contenutistico b che nell'inversa ipotesi in cui il giudice abbia deciso con ordinanza non impugnabile, ai ritenuti sensi dell'articolo 30 della L. 794/42, una controversia che avrebbe dovuto essere invece trattata nella forme ordinarie e decisa con sentenza, così privando le parti della possibilità di appellare, l'errore non risulta irreparabile, ben potendo essere denunciato con il rimedio straordinario dei cui all'articolo 111 Cost., anche e precipuamente al fine di recuperare il secondo grado di giudizio.Va ancora precisato che l'applicazione del principio c.d. di apparenza e affidabilità , che ha trovato adesione in altra parte, ancorché non maggioritaria, della dottrina sulla considerazione che le esigenze di certezza dei rimedi impugnatori non lascerebbero spazio per una valutazione sostanziale , con conseguente rilevanza dell' atto normativo, a prescindere da quella che possa esserne la concreta portata precettiva, ricostruibile mediante l'interpretazione , comporta, necessariamente un'indagine sugli atti, al fine di accertare se l'adozione da parte del giudice di merito di quella determinata forma del provvedimento decisorio sia stata o meno il risultato di una consapevole scelta, ancorché non esplicitata con motivazione ad hoc ed in quest'ultimo caso decisiva rilevanza va attribuita alle concrete modalità con le quali si è svolto il procedimento.Conclusivamente, all'interrogativo di cui al secondo quesito primo in ordine logico a queste Sezioni Unite posto dalla sezione rimettente, va fornita risposta, con specifico riferimento alla materia de qua, enunciandosi il principio di diritto seguente In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatolo del provvedimento, sentenza oppure ordinanza ex articolo 30 della legge numero 794 del 1942, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento .Applicando il sopra enunciato principio al caso di specie, dall'esame degli atti del procedimento di primo grado consentito in questa sede dalla natura prevalentemente processuale delle censure contenute nel motivo di ricorso si rileva che il giudizio, nel suo lunghissimo iter pur nel contesto di una controversia esclusivamente documentale , fu trattato nelle forme di un ordinario procedimento contenzioso civile, con totale acquiescenza delle parti segnatamente del professionista opposto, che era il più interessato ad un'eventuale incanalamento nel rito speciale , senza il compimento, da parte dei vari magistrati avvicendatisi quali istruttori, del tentativo di conciliazione preceduto dall'audizione personale delle parti, previsto dall'articolo 29 della legge numero 79 del 1942, approdando, dopo numerosi rinvii, la richiesta di parte o disposti di ufficio, variamente motivati e secondo consuete prassi del tutto incompatibili con la concentrazione e semplicità di forme caratterizzanti i procedimenti camerali, ad una udienza di precisazione delle conclusioni, cui fece seguito quella di assunzione in decisione della causa. Tali modalità di gestione del processo, coerentemente alle quali la decisione fu assunta in forma di sentenza, devono dunque ritenersi sintomatiche di una implicita, ma inequivoca, opzione per il rito ordinario, in considerazione della quale, esatta o meno che sia stata tale scelta, il provvedimento decisorio va considerato, ai fini dell'impugnabilità, un'ordinaria sentenza, come tale appellabile secondo le regole generali.p.5 - Dall'enunciazione del principio di diritto che precede, che, calato nella fattispecie concreta, comporta l'accoglimento del primo motivo di ricorso, sulla preliminare e dirimente censura con la quale si è lamentata la dichiarazione d'inammissibilità, in ragione della sostanziale natura di ordinanza, del provvedimento de quo, deriva l'assorbimento di tutti i rimanenti profili di doglianza contenuti nel mezzo d'impugnazione. Risulta pertanto superfluo fornire risposta al rimanente quesito, devoluto dall'ordinanza sezionale rimettente, che avrebbe assunto rilevanza ove si fosse dovuto applicare il diverso principio della prevalenza della sostanza sulla forma, nonché all'ulteriore profilo di censura esposto dal ricorrente, secondo cui le prestazioni di assistenza legale rese in un procedimento di revisione delle condizioni di divorzio non rientrerebbero tra quelle contemplate dalla L. numero 794 del 1942, articolo 28.p.6 - Del pari assorbito resta il secondo motivo di ricorso, per la sua attinenza al merito della controversia.p.7 - Conclusivamente, dichiarata l'ammissibilità del gravame di merito proposto dal C., la sentenza impugnata, va cassata, con rinvio ad altra sezione della corte di provenienza, perché proceda al giudizio di appello, all'esito regolando anche le spese di quello di legittimità.P.Q.M.La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinviacene per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.