Sussiste l’illecito di truffa contrattuale quando l’agente inganna la parte offesa, inducendola a prestare il proprio consenso alla conclusione del negozio, mediante l’attuazione di artifici e raggiri concernenti anche aspetti contrattuali accessori o meramente esecutivi. Tali espedienti devono risultare determinanti ai fini della conclusione del negozio giuridico.
In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 45726/2015, depositata il 18 novembre. Il caso. Il gip presso il Tribunale di Roma disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di un indagato per il reato di cui all’articolo 640 c.p. truffa . La s.p.a parte offesa, che aveva proposto opposizione, dichiarata inammissibile, ricorreva per cassazione, lamentando inosservanza e mancata applicazione degli articolo 410, comma 3, e 409, commi 2, 3, 4, c.p.p. . La ricorrente, in particolare, rilevava come il giudice competente non avesse motivato in merito alla irrilevanza o superfluità delle investigazioni suppletive contestava, inoltre, la violazione del diritto al contraddittorio, essendo stata disposta l’archiviazione con rito c.d. de plano, in assenza della persona offesa in sede di udienza camerale ex articolo 409 c.p.p. . Artifici o raggiri determinanti ai fini della conclusione del contratto. La Suprema Corte ha preliminarmente ribadito l’orientamento giurisprudenziale per cui l’opposizione alla richiesta di archiviazione, da parte della parte offesa, può essere ritenuta inammissibile, ex art 410, comma 2, c.p.p. sia ove difetti delle indicazioni previste dal primo comma della norma di cui sopra oggetto della investigazione suppletiva e relativi elementi di prova , sia qualora tali indicazioni integrino una proposizione di temi e mezzi di prova privi di rilevanza ed inessenziali. Gli Ermellini hanno rilevato come, nel caso di specie, il giudice di prime cure abbia correttamente valutato le rimostranze della ricorrente, rilevando come il negozio posto in essere dall’indagato appaia formalmente regolare e come i fatti addotti dalla parte offesa non siano idonei a sovvertire tale constatazione. La Corte di legittimità ha precisato che la fattispecie di truffa contrattuale deve ritenersi integrata in tutte le ipotesi in cui l’agente inganni la parte offesa, inducendola a prestare il proprio consenso, mediante l’attuazione di artifici e raggiri concernenti anche aspetti negoziali accessori ovvero meramente esecutivi del contratto. Condizione necessaria è, a parere del Collegio, che i suddetti espedienti siano risultati determinanti ai fini della conclusione del negozio giuridico, senza che rivesta alcuna rilevanza lo squilibrio oggettivo delle prestazioni. Nel caso di specie, la parte offesa non aveva lamentato l’attuazione di artifici o raggiri, né in relazione alla fase precontrattuale, né con riferimento alla conclusione del negozio. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 ottobre – 18 novembre 2015, numero 45726 Presidente Gentile – Relatore Agostinacchio Fatto e diritto 1. Con decreto emesso 1'1.10.2014 dal giudice per le indagini preliminari dei tribunale di Roma era dichiarata inammissibile l'opposizione alla richiesta di archiviazione del PM relativa al procedimento penale nei confronti di T.A., indagato per il reato di cui all'articolo 640 cod. pen opposizione presentata nell'interesse di F.R. quale responsabile dei Customer Operations Business della Telecom Italia s.p.a. II Gip disponeva di conseguenza l'archiviazione dei procedimento, ordinando la restituzione degli atti al PM. Evidenziava a riguardo che era stata omessa da parte dell'opponente l'indicazione dell'oggetto delle investigazioni suppletive che si richiedeva fossero svolte dal PM e che comunque i fatti denunciati riguardavano una vicenda di esclusiva rilevanza civilistica, poiché le argomentazioni addotte nell'atto di opposizione attenevano all'ingiustizia sostanziale del negozio giuridico posto in essere dall'indagato ma non sovvertivano il dato obiettivo della regolarità formale del negozio stesso, con conseguente impossibilità di ravvisare responsabilità penale. 2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore della Telecom Italia s.p.a. sulla base di un unico motivo inosservanza e mancata applicazione ex articolo 606 lett. b e c degli articolo 410, comma 3 e 409 commi 2, 3 e 4 cod. proc. penumero Lamenta in particolare la società ricorrente la mancanza di motivazione relativamente alla irrilevanza o superfluità delle investigazioni suppletive indicate e la violazione sostanziale del diritto al contraddittorio, avendo il giudice disposto l'archiviazione con il rito cd. de plano così impedendo alla persona offesa di partecipare all'udienza camerale ex articolo 409 cod. proc. penumero 3. II ricorso è manifestamente infondato. L'opposizione da parte della persona offesa, alla richiesta di archiviazione può essere ritenuta inammissibile, ai sensi dell'articolo 410 cod. proc. penumero , comma 2, non soltanto quando non contenga le indicazioni prescritte dal comma 1 del citato articolo, ma, in applicazione di un principio generale ricavabile dalla logica dei sistema, anche quando dette indicazioni si risolvano, prima facie, nella proposizione di temi e mezzi di prova manifestamente superflui, non pertinenti o irrilevanti Cass. sez. 4^ sentenza 12.07.2006 numero 32788 . Nel caso di specie il giudice ha evidenziato che la vicenda denunciata ha una esclusiva rilevanza civilistica e che ulteriori indagini erano di conseguenza inutili l'affermazione di superfluità non è stata formulata sulla base di una valutazione prognostica dell'esito della investigazione suppletiva e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa, ma dalla circostanza che, in un contesto ben delimitato nelle sue caratteristiche in fatto, tali indicazioni non erano a priori idonee ad incidere sulla rilevanza penale della fattispecie. 3. La truffa prospettata ai danni di Telecom è stata denunciata nei seguenti termini. A. T., in qualità di legale rappresentante dell'Associazione Culturale Roma di un tempo, Roma dei nostri tempi , aveva stipulato con Telecom Italia s.p.a. un contratto mediante il quale aveva ottenuto, nel luglio dei 2012, l'attivazione di due utenze telefoniche e la consegna di altrettanti apparati telefonici. Al termine dei primo bimestre aveva inviato alla Telecom copia di un bollettino postale attestante il pagamento della prima fattura d'importo pari a € 500,36 , mai accreditato sì che la ricevuta era stata ritenuta contraffatta. Poiché il cliente continuava ad usufruire degli apparati ricevuti e dei servizio di telefonia senza versare il corrispettivo dovuto contrattualmente, la Telecom risolveva il contratto con un ammanco complessivo di 2.314,19 euro, corrispondenti alle fatture emesse e mai onorate nonché al valore dei due apparati . 4. Ciò premesso, il giudice nel provvedimento impugnato ha ritenuto che i fatti denunciati attengono in realtà all'ingiustizia sostanziale dei negozio giuridico posto in essere dall'indagato ma non riescono a sovvertire il dato obiettivo che il negozio appare formalmente regolare . II rilievo è pertinente. La cosiddetta truffa contrattuale ricorre infatti in tutti i casi nei quali l'agente ponga in essere artifici e raggiri, aventi ad oggetto anche aspetti negoziali collaterali, accessori o esecutivi del contratto risultati rilevanti al fine della conclusione dei negozio giuridico, e per ciò tragga in inganno il soggetto passivo che è indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, a nulla rilevando peraltro lo squilibrio oggettivo delle prestazioni ex multis Cass. Sez. 2^ sent. N.18778 dei 25.03.2014 - dep. 7.05.2014 - rv. 259964 . Nel caso in esame la Telecom non lamenta alcun artificio o raggiro nella fase precontrattuaie e di conclusione del contratto, avvenuta nei libero mercato e previa reciproca valutazione di convenienza, indicando nell'inadempimento persistente dei cliente all'obbligo di versare il corrispettivo pattuito gli estremi della condotta ingannevole. La falsa rappresentazione della realtà materiale sarebbe consistita in particolare nell'invio di una ricevuta di versamento non veritiera, circostanza che incide comunque sul piano dell'obbligazione rimasta inadempiuta e che giustifica il ricorso alla tutela di natura esclusivamente civile prevista per la parte adempiente risulta infatti che la Telecom abbia attivato lo strumento di autotutela della risoluzione di diritto dei contratto con richiesta di risarcimento dei danno . 5. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 1.000,00 mille a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000.00 alla Cassa delle ammende.