Il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è ravvisabile solamente quando l’atto pubblico, in cui la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati. Perciò, è necessario che una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 2321, depositata il 16 gennaio 2015. Il caso. Il gup presso il tribunale di Livorno dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di un imputato per il reato di falsa dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri, in relazione a quanto dichiarato in un verbale di contestazione per violazione dell’articolo 180 c.d.s. mancanza momentanea della carta di circolazione e del certificato di assicurazione . Aveva affermato di essere regolarmente assicurato, ma questa circostanza si era poi rivelata falsa. Secondo il gup, la dichiarazione era penalmente irrilevante, perché la falsa attestazione riguardava una cosa, cioè l’autovettura, e non una persona. Il procuratore generale ricorreva in Cassazione, contestando al gup di non aver riqualificato il fatto ai sensi dell’articolo 483 c.p. falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico . Norma giuridica alla base. La Corte di Cassazione ricorda che il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è ravvisabile solamente quando l’atto pubblico, in cui la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati. Perciò, è necessario che una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero. Invece, nel caso di specie, il privato non era obbligato a dichiarare la verità, in quanto il verbale della polizia, che conteneva anche quanto affermato dal privato, non era destinato ad attestare la verità dei fatti dichiarati. Non ci si può accusare da soli. In più, guidare una vettura non assicurata costituisce un illecito sanzionabile, per cui, secondo il principio nemo tenetur se detegere, il privato non può essere costretto ad accusarsi di una violazione di legge. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 ottobre 2014 – 16 gennaio 2015, numero 2321 Presidente Bruno – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. II G.U.P. presso il Tribunale di Livorno, con sentenza del 24 settembre 2013, dichiarava non luogo a procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, nei confronti di Ragusa Antonino, in relazione al reato di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, in relazione alla dichiarazione resa nel verbale di contestazione, per violazione dell'articolo 180 del codice della strada mancanza momentanea della carta di circolazione e del certificato di assicurazione , di essere regolarmente assicurato, circostanza rivelatasi poi non veritiera da successivi controlli svolti dalla polizia giudiziaria. 1.1 II proscioglimento è intervenuto perché, secondo il giudicante, la falsa dichiarazione è irrilevante sotto il profilo penale, poiché la falsa attestazione riguarda una cosa , l'autovettura, e non una persona , come richiesto dalla norma penale. 2. Contro la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale di Firenze, deducendo falsa applicazione dell'articolo 425 cod. proc. penumero , poiché il giudice avrebbe dovuto riqualificare il fatto a norma dell'articolo 483 cod. penumero ciò perché la dichiarazione è stata resa a pubblici ufficiali e recepita nel verbale, che rappresenta un atto pubblico, destinato a provare la verità non soltanto dei fatti constatati dagli agenti, ma anche di quelli risultanti dalle dichiarazioni del trasgressore. Considerato in diritto 1. II motivo posto a sostegno del ricorso proposto dal Procuratore Generale di Firenze è infondato. 1.1 II reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è ravvisabile solamente quando l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati Sez. U, numero 6 dei 17/02/1999, Lucarotti, Rv. 212782 Sez. U, numero 35488 del 28/06/2007, Scelsi, Rv. 236868 è necessario, pertanto, che una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero. 1.2 Ebbene, nel caso di specie, non vi era alcun obbligo dei privato di dichiarare la verità, perché il verbale redatto dalla Polizia, che conteneva anche le dichiarazioni del privato, non era destinato ad attestare la verità dei fatti dichiarati. 1.3 In riferimento al caso analogo del soggetto che - fermato dalla Polizia alla guida della propria auto - dichiari falsamente di essere in possesso di patente di guida e di averla dimenticata a casa, questa Sezione ha ritenuto insussistente il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico articolo 483 cod. penumero , proprio perchè, in tal caso, il privato non ha l'obbligo giuridico di dire la verità, posto che il verbale della polizia, contenente le dichiarazioni del privato, non è destinato ad attestare la verità dei fatti dichiarati Sez. 5, numero 21402 dei 05/02/2008, Ricco, Rv. 240080 . 1.4 È altresì necessario aggiungere che guidare una autovettura non assicurata costituisce un illecito sanzionabile e, dunque, in virtù del generale principio nemo tenetur se detegere il privato non può essere costretto ad accusarsi di una violazione di legge. 2. Per tutte le ragioni indicate il ricorso del Procuratore Generale di Firenze va rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso del P.G