In tema di pubblico impiego privatizzato, il lavoratore adibito a turni ha diritto al buono pasto a prescindere dal fatto che la pausa per il pranzo avvenga in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto oppure in altre fasce orarie in considerazione alla specifica articolazione dell’orario su turni.
Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 15629/21, depositata il 4 giugno. La Corte d’Appello di Messina confermava la pronuncia di prime cure con cui era stato riconosciuto ad un lavoratore turnista dipendente di un’Azienda Ospedaliera il diritto a beneficiare dei buoni pasto sostitutivi del servizio mensa per ogni turno lavorativo eccedente le 6 ore. L’articolazione temporale dei turni gli impediva infatti la fruizione del servizio mensa. L’Azienda Ospedaliera ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che il CCNL applicabile non prevede, in capo al dipendente adibito a turni in fascia oraria non destinata alla consumazione del pasto, il diritto al buono pasto. La censura risulta infondata. La giurisprudenza di legittimità ha infatti già avuto modo di affermare che «ai fini del riconoscimento del buono pasto ad un dipendente adibito a turni orari 13/20 e 20/07, aveva considerato coessenziale alle particolari condizioni di lavoro di cui al contratto collettivo integrativo del comparto Sanità 20 settembre 2001, articolo 29, il diritto a usufruire della pausa di lavoro, a prescindere dal fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell’inizio del turno». Difatti «in tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato» Cass.Civ. numero 5547/21 . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 23 marzo – 4 giugno 2021, numero 15629 Presidente Doronzo – Relatore De Felice Rilevato che la Corte d’appello di Messina, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha riconosciuto in capo a B.G. , turnista dipendente dell’Azienda Ospedaliera [], il diritto a beneficiare dei buoni pasto sostitutivi del servizio mensa per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore, sul presupposto dell’impossibilità di fruire del servizio in ragione dell’articolazione temporale dei turni orari assegnati al dipendente l’Azienda Ospedaliera [] ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria B.G. ha depositato controricorso tardivo, nonché memoria illustrativa in prossimità dell’adunanza camerale è stata depositata proposta ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che dall’inammissibilità del controricorso per violazione del termine perentorio di venti giorni previsto dall’articolo 370 c.p.c., consegue l’inammissibilità della memoria difensiva che, pertanto, non può essere presa in considerazione questa Corte ha stabilito che nell’ambito del procedimento camerale di cui all’articolo 380-bis.1 c.p.c., introdotto dal D.L. numero 168 del 2016, articolo 1-bis, conv. con modif. dalla L. numero 196 del 2016, e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, l’inammissibilità del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. sebbene la riforma del processo sopra richiamata abbia invertito il rapporto tra regola ed eccezione con riferimento alla trattazione camerale e a quella in udienza pubblica, secondo l’orientamento espresso da questa Corte trova comunque applicazione la preclusione dell’articolo 370 c.p.c., in base alla quale la parte inosservante delle regole del rito non può che subire le conseguenze pregiudizievoli di tale comportamento da ciò consegue che venuta a mancare l’udienza di discussione - ove poteva avvenire il parziale recupero delle difese orali - nei giudizi camerali nessuna attività difensiva deve ritenersi più consentita Cass. numero 23921 del 2020 venendo ora all’esame del ricorso, con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, parte ricorrente deduce Violazione e falsa applicazione del CCNL Comparto sanità 7 aprile 1999, articolo 29, comma 2, modificato e integrato in data 20.9.2001 e del D.Lgs. numero 66 del 2003, articolo 8 contesta il diritto al buono pasto, sostitutivo del servizio mensa, in capo al dipendente adibito a turni in fascia oraria normalmente non destinata alla consumazione del pasto, a causa dell’assenza di una norma del contratto collettivo integrativo che ponga espressamente detto obbligo in capo all’amministrazione il motivo è infondato questa Corte si è già pronunciata in fattispecie sovrapponibile, confermando la decisione di merito che, ai fini del riconoscimento del buono pasto ad un dipendente adibito a turni orari 13/20 e 20/07, aveva considerato coessenziale alle particolari condizioni di lavoro di cui al contratto collettivo integrativo del comparto Sanità 20 settembre 2001, articolo 29, il diritto a usufruire della pausa di lavoro, a prescindere dal fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell’inizio del turno con tale principio si è affermato che In tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato Cass. numero 5547 del 2021 in definitiva, il ricorso va rigettato non si provvede alle spese del presente giudizio in favore di B.G. per tardività del controricorso da cui consegue l’inammissibilità della memoria difensiva in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.