Il Curatore dell’eredità giacente Ufficio di diritto pubblico o Ausiliario del magistrato? Chi ne paga l’onorario e le spese in caso di mancata accettazione e con incapienza del patrimonio ereditario? E’ nell’individuazione della natura giuridica del Curatore che trova soluzione la mancata previsione, nell’articolo 148 Testo Unico spese di giustizia, del pagamento degli onorari dello stesso in caso di eredità giacente attivata d’Ufficio con incapienza del patrimonio ereditario.
Con decisione, sentenza numero 83 del 24 marzo 2021 depositata il 30 aprile 2021, la Corte Costituzionale nel confermarne la natura “ausiliaria”, all’attività del giudice, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, dell’articolo 148, comma 3, d.P.R. numero 115/2002, per violazione dell’articolo 3 Cost., nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall’erario» l’onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario. Il commento integrale è disponibile per gli abbonati al link sottostante.
Corte Costituzionale, sentenza 24 marzo – 30 aprile 2021, numero 83 Presidente Coraggio – Redattore Petitti Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza del 16 gennaio 2020 r.o. numero 87 del 2020 , il Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 148 recte articolo 148, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, numero 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia Testo A », nella parte in cui non prevede che il compenso del curatore dell’eredità giacente venga anticipato dallo Stato «quale soggetto finale nel cui interesse è svolto il procedimento», ove questo, attivato d’ufficio, si sia concluso senza eredi accettanti e con eredità incapiente. Atteso che in detta evenienza l’onorario del curatore non potrebbe essere posto a carico di alcuno – né di un erede accettante, e nemmeno dello Stato erede necessario, che risponde solo intra vires –, la denunciata omissione normativa violerebbe gli articolo 3, 35 e 36 della Costituzione, per l’intrinseca irragionevolezza di una prestazione non compensata, la mancata tutela del lavoro e la lesione del diritto alla retribuzione. Sarebbe irragionevole che il curatore possa percepire il compenso quando vi è un erede accettante o quando l’eredità devolutasi allo Stato risulti capiente, e non anche quando la procedura si sia conclusa senza accettazione ereditaria e con asse insufficiente, «pur essendo questo un esito che non dipende da fatto del curatore» sarebbe poi ingiustificata la disparità di trattamento rispetto al caso nel quale il curatore sia stato nominato su istanza di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ipotesi nella quale, pur se non vi è stata accettazione dell’eredità e questa è risultata passiva, l’onorario del curatore è anticipato dall’erario. 1.1.– In punto di rilevanza delle questioni, il giudice a quo espone di dover provvedere sull’istanza di liquidazione del compenso presentata dal curatore di un’eredità giacente aperta d’ufficio, rivelatasi negativa e non accettata da alcuno. Il rimettente assume di non poter operare un’interpretazione adeguatrice, poiché la denunciata omissione normativa non si presterebbe ad essere colmata tramite l’applicazione estensiva degli articolo 49 e 146 del d.P.R. numero 115 del 2002 l’articolo 49 riconosce l’onorario a tutti gli ausiliari del magistrato, e «tuttavia nel caso in esame tale disposizione è in concreto inapplicabile, mancando una parte a carico della quale porre le spese» l’articolo 146, che per effetto della sentenza numero 174 del 2006 di questa Corte prevede l’anticipazione erariale dell’onorario al curatore del fallimento senza attivo, non potrebbe essere esteso al curatore dell’eredità giacente, poiché la Corte stessa, nell’ordinanza numero 446 del 2007, ha rimarcato la disomogeneità tra le fattispecie. 2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni manifestamente infondate. Richiamata l’ordinanza numero 446 del 2007, l’interveniente nega che all’onorario del curatore dell’eredità possa estendersi il regime del compenso del curatore fallimentare, attesa la maggiore complessità dell’attività propria di quest’ultimo, «innestata in un procedimento avente anche carattere contenzioso», rispetto all’attività svolta dal curatore dell’eredità «nel corso del relativo procedimento di volontaria giurisdizione». Secondo l’Avvocatura, mancando di prevedere in termini assoluti la spettanza di un onorario al curatore dell’eredità giacente, il legislatore avrebbe effettuato «un complessivo bilanciamento tra l’interesse economico del curatore all’ottenimento di un compenso per l’attività svolta, e la necessità di assicurare una corretta distribuzione delle limitate risorse statali, avendo cura di garantire, in via prioritaria, ai non abbienti la tutela dei propri diritti». D’altronde, essendo quello di curatore dell’eredità giacente un incarico non obbligatorio e meramente occasionale, l’eventualità, peraltro del tutto marginale, che esso resti senza compenso non determinerebbe alcun vulnus costituzionale, tantomeno in riferimento ai parametri concernenti il lavoro subordinato. In ogni caso, il curatore che non percepisce l’onorario per incapienza dell’eredità otterrebbe pur sempre una «remunerazione indiretta», connessa al prestigio professionale della collaborazione con l’autorità giudiziaria. Considerato in diritto 1.– Il Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 148 recte articolo 148, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, numero 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia Testo A », in riferimento agli articolo 3, 35 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, al comma 3, che il compenso del curatore dell’eredità giacente venga anticipato dallo Stato «quale soggetto finale nel cui interesse è svolto il procedimento», ove questo, attivato d’ufficio, si sia concluso senza eredi accettanti e con eredità incapiente. La mancanza di accettazione ereditaria e l’insufficienza del patrimonio relitto impedirebbero al curatore di percepire l’onorario pur essendo tali fattori indipendenti dalla sua opera, sicché l’omessa previsione dell’anticipazione erariale sarebbe intrinsecamente irragionevole, priverebbe di tutela una forma di lavoro e lederebbe il diritto alla giusta retribuzione. 1.1.– Sebbene le censure siano indirizzate dal rimettente all’articolo 148 del d.P.R. numero 115 del 2002 nella sua interezza, esse, poiché relative all’omessa previsione di un’anticipazione erariale, devono intendersi riferite specificamente al comma 3 della disposizione, che riguarda appunto le spese anticipate dall’erario nella procedura dell’eredità giacente attivata d’ufficio. 2.– La questione sollevata in riferimento agli articolo 35 e 36 Cost. non è fondata. Essa postula una sostanziale assimilazione dell’opera professionale dell’ausiliario del giudice al lavoro subordinato e il conseguente accostamento dell’onorario alla retribuzione, mentre, per costante giurisprudenza di questa Corte, la natura occasionale della prestazione dell’ausiliario del magistrato o del difensore d’ufficio impedisce di ricostruirne l’incidenza sulla formazione del reddito complessivo del singolo prestatore e quindi non consente neppure di impostare la valutazione del relativo compenso nei termini della retribuzione adeguata e sufficiente ex plurimis, sentenze numero 90 del 2019, numero 13 del 2016, numero 192 del 2015, numero 41 del 1996 e numero 88 del 1970 . 3.– È invece fondata la questione sollevata in riferimento all’articolo 3 Cost. 4.– Distribuita tra il codice civile e il codice di procedura civile, la disciplina della figura del curatore ne delinea l’essenzialità per la procedura di giacenza ereditaria, quale sistema di amministrazione interinale ed eventuale liquidazione del patrimonio in successione. 4.1.– Il curatore dell’eredità giacente è nominato dal tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, «su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio», quando il chiamato non ha accettato l’eredità e non è nel possesso di beni ereditari articolo 528, primo comma, del codice civile . Già la previsione della nomina officiosa evidenzia che l’attività del curatore, lungi dall’esaurirsi nella dimensione privatistica del trapasso successorio, corrisponde all’interesse pubblico che questo si svolga in modo ordinato e senza dispersione di valore. In tale prospettiva, la nomina del curatore produce immediati effetti sostanziali, in particolare impedisce l’iscrizione di ipoteche giudiziali sui beni ereditari, quand’anche in base a sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore articolo 2830 cod. civ. . Gli obblighi del curatore dell’eredità giacente, elencati dall’articolo 529 cod. civ., descrivono un’attività molteplice, talora complessa, poiché egli deve procedere all’inventario dell’eredità, esercitarne e promuoverne le ragioni, rispondere alle istanze proposte contro la medesima, amministrarla, depositare presso le casse postali o un istituto di credito designato dal tribunale il denaro che si trova nell’eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, rendere il conto della propria amministrazione. Il curatore esercita altresì una funzione – seppur eventuale – di tipo liquidatorio, poiché egli può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del tribunale articolo 530, primo comma, cod. civ. , ma, se alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, deve provvedere alla liquidazione dell’eredità secondo le norme dell’eredità accettata col beneficio d’inventario articolo 530, secondo comma, cod. civ. . Il curatore amministra l’eredità «sotto la vigilanza del giudice» articolo 782, primo comma, del codice di procedura civile e deve vendere i beni mobili che ne fanno parte, nonché i beni immobili ove il tribunale autorizzi di questi ultimi l’alienazione nei casi di necessità o utilità evidente articolo 783 cod. proc. civ. . Ai sensi dell’articolo 193 del regio decreto 18 dicembre 1941, numero 1368 Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie , il curatore dell’eredità giacente, prima d’iniziare l’esercizio delle sue funzioni, deve prestare giuramento davanti al giudice di custodire e amministrare fedelmente i beni dell’eredità. Dell’amministrazione dei beni ereditari il curatore risponde in modo pieno, quindi anche per colpa lieve, poiché l’articolo 531 cod. civ. non gli estende la limitazione di responsabilità concessa dall’articolo 491 cod. civ. all’erede con beneficio d’inventario, che viceversa risponde solo per colpa grave. Sebbene possa chiudersi in tempi brevi in ragione della sopravvenienza dell’accettazione del chiamato – evento che determina la cessazione delle funzioni del curatore articolo 532 cod. civ. –, la curatela dell’eredità giacente può tuttavia implicare anche un’attività di lungo corso, fino a sfociare, in mancanza di altri successibili, nella successione necessaria dello Stato, a norma dell’articolo 586 cod. civ. Sempre in funzione dell’ordinato svolgimento della vicenda successoria, al curatore dell’eredità giacente l’articolo 28, comma 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, numero 346 Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni , attribuisce l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione, e il successivo articolo 36, comma 4, prevede che la sua nomina possa essere chiesta anche dall’ufficio del registro. 4.2.– Per diritto vivente, il curatore dell’eredità giacente è un ausiliario del giudice. Su incarico e sotto la vigilanza del giudice, egli persegue gli obiettivi tipici della procedura giudiziale, rientrando quindi nella «categoria aperta» degli ausiliari, riferita dall’articolo 68, primo comma, cod. proc. civ. ad ogni persona che assiste il giudice perché «idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo» Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 21 novembre 1997, numero 11619 . Anche dopo l’entrata in vigore del d.P.R. numero 115 del 2002 – che all’articolo 3, comma 1, lettera n , definisce l’ausiliario come «qualunque [] soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge» –, la giurisprudenza di legittimità annovera il curatore dell’eredità giacente tra gli ausiliari del giudice Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 2 settembre 2020, numero 18239, e sezione seconda civile, ordinanza 5 maggio 2009, numero 10328 . Ciò implica, tra l’altro, un più severo inquadramento penalistico dell’eventuale condotta distrattiva del curatore, in passato considerata reato comune di appropriazione indebita, e oggi invece qualificata, appunto perché tenuta da un ausiliario del giudice, come reato proprio di peculato Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 23 settembre 2010, numero 34335 , ovvero truffa aggravata dall’abuso di pubblica funzione Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 31 marzo 2015, numero 13800 . 5.– Premesso, al comma 1, che «[n]ella procedura dell’eredità giacente attivata d’ufficio alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall’erario», l’articolo 148 del d.P.R. numero 115 del 2002 non menziona l’onorario del curatore, né tra le prime, né tra le seconde, e anzi tace dell’onorario di qualunque ausiliario del magistrato. Per la procedura fallimentare, invece, con riguardo all’ipotesi in cui tra i beni del fallimento non vi sia denaro sufficiente, l’articolo 146, comma 3, lettera c , del d.P.R. numero 115 del 2002 stabilisce che l’onorario degli ausiliari del magistrato è anticipato dall’erario. 5.1.– Con la sentenza numero 174 del 2006, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 146, comma 3, del d.P.R. numero 115 del 2002, nella parte in cui non ricomprende tra le spese anticipate dall’erario le spese e l’onorario del curatore fallimentare. Precisato che il curatore, quale «organo normale e necessario del procedimento fallimentare», è un «ausiliare della giustizia», piuttosto che un «ausiliare del giudice», e tratta la conseguenza che l’anticipazione erariale prevista dall’articolo 146, comma 3, lettera c , del d.P.R. numero 115 del 2002 non potesse essere estesa per via interpretativa al curatore fallimentare, tale sentenza ha colto la violazione dell’articolo 3 Cost. nell’essere l’anticipazione dell’onorario esclusa per il solo curatore. Sono stati così superati i precedenti relativi all’articolo 91 del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa – medio tempore abrogato dall’articolo 299, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002 –, nei quali la mancata previsione dell’anticipazione erariale dell’onorario del curatore di un fallimento senza attivo era stata giustificata con gli argomenti della possibile gratuità dell’ufficio in ragione della sua volontarietà, dell’impossibilità di assimilare il curatore fallimentare a un lavoratore subordinato e del compenso indiretto che anche una curatela non retribuita pur sempre garantisce in termini di affinamento professionale sentenza numero 302 del 1985 ordinanze numero 368 del 1994 e numero 488 del 1993 . A tali argomenti la sentenza numero 174 del 2006, da un lato, ha opposto che «[l]a volontarietà e non obbligatorietà dell’incarico e la non assimilabilità della posizione del curatore a quella del lavoratore non escludono il diritto del curatore al compenso, né giustificano la non ricomprensione delle spese e degli onorari al curatore fra quelle che, come le spese e gli onorari agli ausiliari del giudice, sono anticipate dallo Stato, in caso di chiusura del fallimento per mancanza di attivo» dall’altro lato, circa la tesi della ricompensa indiretta della curatela dei fallimenti “negativi”, ha osservato che «l’affinamento professionale non giustifica la negazione del relativo compenso». 5.2.– Nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002, sollevata in riferimento agli articolo 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che, in caso di eredità giacente avviata su istanza dell’interessato e cessata per carenza di attivo, le spese e l’onorario del curatore siano posti a carico dell’istante, anziché dell’erario, questa Corte, con l’ordinanza numero 446 del 2007, ha ritenuto che la sentenza numero 174 del 2006 non potesse essere estesa a detta ulteriore questione, sia per la «disomogeneità» della posizione del curatore fallimentare rispetto a quella del curatore dell’eredità giacente, sia per la peculiarità della fattispecie concreta, nella quale la nomina del curatore dell’eredità giacente era avvenuta ad istanza di parte. 6.– Intervenuto in giudizio per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha richiamato proprio l’ordinanza numero 446 del 2007 per sostenere la manifesta infondatezza delle odierne questioni. Tuttavia, il richiamato precedente non si attaglia alla fattispecie ora in esame, poiché questa riguarda la giacenza ereditaria attivata d’ufficio, mentre quello concerne la giacenza ereditaria attivata ad istanza di parte, differenza di ovvia rilevanza, giacché la presenza di un soggetto istante implica l’esistenza di un centro di imputazione degli oneri della procedura. 6.1.– Non è persuasivo neppure l’argomento dell’Avvocatura generale circa la maggiore complessità dell’attività del curatore fallimentare rispetto a quella del curatore dell’eredità giacente, di natura anche contenziosa l’una, solo di volontaria giurisdizione l’altra. Una maggiore complessità dell’attività del curatore fallimentare può ammettersi solo in via tendenziale, poiché la giacenza ereditaria cessa con l’accettazione del chiamato, e può in questo caso risolversi in un’attività gestoria di modesta portata. Tuttavia, specie in difetto di una sopravvenuta accettazione, l’opera del curatore dell’eredità giacente può avere anche una lunga durata, includere la liquidazione dei beni ereditari e la formazione dello stato di graduazione dei creditori e legatari, rispetto alla quale ultima possono anche darsi incidenti contenziosi. La «disomogeneità» tra curatore fallimentare e curatore dell’eredità giacente – sottolineata dall’ordinanza numero 446 del 2007 con richiamo alla giurisprudenza di legittimità, «la quale ha sempre ritenuto che le disposizioni dettate per la liquidazione del compenso al curatore del fallimento non sono applicabili, neppure per analogia, al curatore dell’eredità giacente» – può incidere dunque sul quantum del compenso, non anche sull’anumero E infatti, come emerge proprio dalla costante giurisprudenza di legittimità, l’onorario spetta anche al curatore dell’eredità giacente, sebbene alla relativa quantificazione il giudice debba provvedere senza poter ricorrere alla tariffa dei curatori fallimentari, «neppure a titolo orientativo, stante l’evidente disomogeneità delle prestazioni», ma «col suo prudente criterio» Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 28 novembre 1991, numero 12767 , cioè con una valutazione equitativa correlata alla professione prevalente spesa dal curatore nell’espletamento dell’incarico Corte di cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 25 agosto 2020, numero 17735 . 6.2.– Circa gli ulteriori argomenti dell’Avvocatura riferiti al carattere volontario dell’incarico di curatore dell’eredità giacente e ai vantaggi professionali che esso comporta pur in difetto della percezione di un onorario, vale ripetere quanto già osservato nella sentenza numero 174 del 2006, cioè che la non obbligatorietà dell’incarico non ne implica la gratuità e che il giovamento professionale indotto dallo svolgimento di un’opera non assorbe il diritto al compenso per averla resa. Né la destinazione prioritaria delle risorse statali alla tutela giurisdizionale dei non abbienti – enfatizzata dall’interveniente – è di per sé in grado di privare il curatore di un’eredità incapiente del diritto all’onorario per l’attività svolta nel pubblico interesse, come non è in grado di privare del medesimo diritto il curatore di un fallimento senza attivo. 7.– Ai sensi dell’articolo 49, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002, l’onorario spetta «[a]gli ausiliari del magistrato», insieme alle indennità di viaggio e di soggiorno, alle spese di viaggio e al rimborso delle spese sostenute per l’adempimento dell’incarico. Per la sua portata generale, questa disposizione concerne tutti gli ausiliari del magistrato, quindi anche il curatore dell’eredità giacente, che, come si è visto, per diritto vivente, fa parte di tale categoria. La questione si sposta, pertanto, dalla titolarità del diritto al compenso alle condizioni della sua effettività, atteso che – nella giacenza attivata d’ufficio, conclusasi senza accettazione del chiamato e con eredità insufficiente – il diritto del curatore all’onorario esiste attualmente solo in termini virtuali. 7.1.– L’articolo 8, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002 stabilisce che «[c]iascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede» salvi gli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, cui fa riferimento il comma 2 . Con specifico riguardo all’eredità giacente attivata d’ufficio, l’articolo 148, comma 4, del d.P.R. numero 115 del 2002 dispone che «[i]l magistrato pone le spese della procedura a carico dell’erede, in caso di accettazione successiva a carico del curatore, nella qualità, se la procedura si conclude senza che intervenga accettazione». Nella giacenza attivata su istanza di parte, quindi, come nella fattispecie di cui all’ordinanza numero 446 del 2007, l’onorario del curatore grava sul soggetto istante in base all’articolo 8, comma 1, del d.P.R. numero 115 del 2002 salvi gli effetti dell’eventuale ammissione dell’istante al patrocinio a spese dello Stato . Nell’eredità giacente attivata d’ufficio e cessata per sopravvenuta accettazione, l’onorario del curatore grava sull’erede accettante, a norma dell’articolo 148, comma 4, primo periodo, del d.P.R. numero 115 del 2002, e in aderenza alla retroattività dell’accettazione ereditaria articolo 459 cod. civ. . In quella, infine, attivata d’ufficio e cessata per devoluzione allo Stato di un’eredità capiente, l’onorario del curatore grava sullo Stato stesso quale erede ultimo ovvero – come recita l’articolo 148, comma 4, secondo periodo, del d.P.R. numero 115 del 2002 – resta «a carico del curatore, nella qualità», e ciò perché la capienza dell’asse tiene salvo il principio per cui lo Stato, quale erede necessario, «non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati» articolo 586, secondo comma, cod. civ. . Nella fattispecie oggetto della questione in scrutinio, viceversa, il diritto al compenso, poiché non assistito dal meccanismo dell’anticipazione erariale, resta privo di effettività. Trattandosi, infatti, di eredità giacente attivata d’ufficio, non accettata dal chiamato e rivelatasi incapiente, l’onorario del curatore non può essere imputato ad alcuno. Quando la giacenza attivata d’ufficio si conclude con la devoluzione allo Stato di un’eredità incapiente, l’anticipazione erariale dell’onorario corrisponde all’esigenza di garantire l’effettività del diritto al compenso spettante al curatore al pari di ogni altro ausiliario del giudice in disparte se possa predicarsene la qualità di «ausiliare della giustizia», riferita al curatore fallimentare dalla sentenza numero 174 del 2006 l’impegno erariale riflette, d’altro canto, l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento della vicenda successoria, che trascende l’interesse patrimoniale dello Stato-erede e costituisce la ratio stessa della nomina officiosa del curatore dell’eredità giacente. Nell’ipotesi data, quindi, l’omessa previsione dell’anticipazione erariale determina un’irragionevole disparità di trattamento in danno del curatore dell’eredità giacente ed evidenzia un’irragionevolezza intrinseca della norma in rapporto alla sua stessa finalità tutto ciò integra una lesione del parametro di cui all’articolo 3 Cost. 7.2.– Attesa la distinzione tra «prenotazione a debito» e «anticipazione» sancita dalle lettere s e t del comma 1 dell’articolo 3 del d.P.R. numero 115 del 2002, l’una definita come «l’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero», l’altra come «il pagamento di una voce di spesa che, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, è recuperabile», lo strumento necessario a garantire l’effettività del diritto all’onorario del curatore dell’eredità incapiente va individuato nell’anticipazione erariale, al pari di quanto deciso con la sentenza numero 174 del 2006 per il curatore del fallimento senza attivo. Invero, come pure sottolineato nella sentenza numero 217 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per irragionevolezza dell’articolo 131, comma 3, del d.P.R. numero 115 del 2002, riguardo alla prenotazione a debito dell’onorario dell’ausiliario del magistrato in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’anticipazione erariale assicura l’effettività del pagamento del compenso, sottraendolo all’alea dell’annotazione a futura memoria, condizionata all’eventualità del recupero della somma. 8.– Per tutto quanto esposto, deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’articolo 148, comma 3, del d.P.R. numero 115 del 2002, per violazione dell’articolo 3 Cost., nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall’erario» l’onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario. Per questi motivi la Corte Costituzionale 1 dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, numero 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia Testo A », nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall’erario» l’onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario 2 dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 148, comma 3, del d.P.R. numero 115 del 2002, sollevata, in riferimento agli articolo 35 e 36 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
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