Presupposto normativo per l’applicazione del beneficio è la sua idoneità a rieducare il reo e ad assicurargli la prevenzione dal pericolo della recidiva.
Con la sentenza numero 489, depositata l’8 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che respingeva l’istanza. L’istanza di affidamento in prova. Agli arresti domiciliari da 2 anni. La pena ancora da scontare è di 3 anni, 7 mesi e 20 giorni. Chiede l’affidamento in prova ai servizi sociali. Istanza respinta. Il Tribunale di Sorveglianza giustifica la decisione perché il richiedente non ha «indicato alcuna possibilità di svolgere attività lavorativa risocializzante». Il volontariato è risocializzante? La Cassazione deve decidere sulla correttezza di tale ordinanza. Il ricorrente sostiene che la presenza di un lavoro non costituisce un presupposto tassativo per la concessione del beneficio. Sarebbe sufficiente «anche un’attività di volontariato che impegnasse il soggetto in modo da favorirne la risocializzazione». Essendo poi malato di AIDS e di diabete, l’affidamento «avrebbe potuto fornirgli una forza motivazionale idonea a meglio affrontare le gravi patologie» cui è affetto. Quando può essere negata la misura. La S.C. annulla l’ordinanza e rinvia al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. Per negare il beneficio dell’affidamento in prova, è necessario riscontrare gli elementi che si pongano in contrasto con il perseguimento delle finalità rieducative. Tali elementi possono essere connotazioni negative della persona, debiti verso la giustizia, persistente irregolarità comportamentale. La valutazione va fatta in concreto. Bisogna quindi verificare in concreto «e non in modo meramente ipotetico se siano ravvisabili sintomi di positiva evoluzione della personalità del condannato, tali da consentirne il reinserimento sociale attraverso le richieste misure alternative». L’attività di volontariato può adempiere a tale funzione. Il richiedente aveva proposto di svolgere un’attività presso un canile. Tale richiesta va quindi valutata alla luce delle indicazioni date dalla Corte.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 dicembre 2012 – 8 gennaio 2013, numero 489 Presidente Chieffi – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 24 novembre 2011 il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha respinto l'istanza con la quale C.F. , in atto in detenzione domiciliare, ha chiesto il beneficio dell'affidamento in prova al servizio sociale, in relazione ad una pena residua da scontare, pari ad anni 3, mesi 7 e giorni 20 di reclusione. 2.Il Tribunale ha rilevato che il richiedente non avesse indicato alcuna possibilità di svolgere attività lavorativa risocializzante, con conseguente impossibilità di poter beneficiare del chiesto istituto alternativo. 3.Avverso detto provvedimento C.F. propone personalmente ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge in quanto la presenza di un lavoro non costituiva un presupposto tassativo per la concessione del beneficio, essendo sufficiente anche un'attività di volontariato che impegnasse il soggetto in modo da favorirne la risocializzazione. 4.Con memoria depositata il 15 novembre 2012, C.F. ha ulteriormente sviluppato il motivo di ricorso di cui sopra, facendo presente la sua condizione di persona ammalata di AIDS conclamato e di diabete medito dipendente da insulina, da due anni in detenzione domiciliare, si che la concessione della chiesta misura dell'affidamento in prova avrebbe potuto fornirgli una forza motivazionale idonea a meglio affrontare le gravi patologie da cui era affetto. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da C.F. è fondato. 2.Presupposto normativo per la concessione dell'affidamento In prova al servizio sociale è l'idoneità della misura a rieducare il reo ed ad assicurargli la prevenzione dal pericolo della recidiva, si che, per negare detto beneficio, è necessario riscontrare elementi che si pongano in contrasto con il perseguimento di dette finalità ed al riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha elaborato una serie di elementi idonei a giustificare il diniego di detto beneficio, identificandoli, fra gli altri, in connotazioni negative della persona in eventuali debiti verso la giustizia in una persistente irregolarità comportamentale, tale da porsi in insanabile contrasto con le finalità rieducative proprie dei benefici penitenziari richiesti. 3.Occorre quindi da un lato tener conto della tipologia e della gravità dei reati commessi dall'altro far riferimento al comportamento ed alla situazione del soggetto dopo la commissione dei fatti per i quali gli è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare in concreto e non in modo meramente ipotetico se siano ravvisabili sintomi di positiva evoluzione della personalità del condannato, tali da consentirne il reinserimento sociale attraverso le richieste misure alternative e lo svolgimento di attività lavorativa, pur costituendo un notevole veicolo di reinserimento sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, una condizione ostativa alla concessione di detta misura alternativa, trattandosi pur sempre di parametro da apprezzare unitamente agli altri elementi, dei quali il giudice di merito deve tener conto cfr. Cass. 1, 11.3.97 numero 1970 Cass. 1, 4.3.99 numero 1812 Cass. Sez. 1 numero 5076 del 21/9/1999, Jankovic, Rv. 214424 Cass. 1, 9.7.09 numero 31809, rv. 244322 . 4.Nella specie il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha negato al ricorrente il beneficio dell'affidamento in prova al servizio sociale non per avere escluso una positiva evoluzione della sua personalità, tale da renderlo inidoneo al godimento del medesimo, ma unicamente per aver rilevato la mancanza di attività lavorativa risocializzante il che, per i motivi sopra illustrati, non appare condivisibile, anche perché il ricorrente, nel suo ricorso, ha fatto riferimento alla possibilità di svolgere un'attività di volontariato presso un canile di Sassari. 5.Da quanto sopra consegue l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con rinvio degli atti al Tribunale di sorveglianza di Sassari, affinché, in piena autonomia di giudizio, riesamini l'istanza proposta dal ricorrente, tenendo conto dei principi giurisprudenziali sopra riferiti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Sassari.