Il Ministero del Lavoro, con la circolare numero 32 del 27 dicembre 2012, offre tutte le indicazioni utili per i professionisti, chiarendo quando scatta la trasformazione del contratto aziendale della Partita IVA in collaborazione a progetto o assunzione a tempo indeterminato.
In sostanza, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare numero 32/2012, fornisce importanti chiarimenti sulla nuova disposizione di cui all’articolo 69 bis d.lgs. numero 276/2003 introdotto dalla c.d. Legge Fornero che prevede una “presunzione” circa l’esistenza di una collaborazione coordinata e continuativa a progetto in caso di impiego di lavoratori con partita IVA in “monocommittenza”. A questa circolare viene affiancato un decreto ministeriale del 20 dicembre 2012 che individua con precisione i professionisti esclusi dall’applicazione della norma. La circolare indica le condizioni che determinano l’obbligo di trasformazione del contratto della partita IVA in collaborazione a progetto o in lavoro a tempo indeterminato, ribadendo l’inversione dell’onere della prova. Quali sono le condizioni di trasformazione del contratto. Il Ministero precisa che, salvo prova contraria da parte del committente, sono da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano due delle circostanze elencate nella circolare. La prima riguarda la durata della collaborazione con il medesimo committente, che non deve essere superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi più precisamente si tratta di 241 giorni, anche se non continuativi. La seconda circostanza punta a scoraggiare situazioni di mono-committenza, ovvero nei casi in cui il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, «costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi». E, infine, che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una sede del committente, comprese quelle ad uso non esclusivo. Ma esistono anche delle condizioni che non fanno scattare la presunzione. D’altro canto non scatta la trasformazione del contratto nei casi di prestazione lavorativa connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività il “grado elevato” delle competenze e le rilevanti esperienze, chiarisce il Ministero, possono essere comprovate da titoli di studio, qualifiche o diplomi da apprendistato, qualifiche o specializzazioni attribuite da un datore di lavoro per almeno 10 anni. Oppure nei casi in cui l’attività è svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte un minimale annuo che per il 2012 è pari a 14mila 930 euro moltiplicato per 1,25, significa un reddito di 18mila 662 euro . Infine, non scatta la presunzione di subordinazione nemmeno nel caso di prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di professioni regolamentate da un ordine, collegio, albo. Ed è a tal proposito che il Ministero del Lavoro ha emanato uno specifico decreto 20 dicembre 2012 in cui elenca gli ordini professionali riconosciuti una trentina . Da partita IVA a contratto a progetto La norma prevede che la partita IVA che non abbia i requisiti richiesti per essere tale sia automaticamente da considerarsi un contratto a progetto. Qui però entra in gioco la definizione di contratto a progetto, su cui la Riforma del Lavoro introduce nuovi paletti il rapporto deve essere riconducibile a uno o più progetti specifici, rispettando una serie di requisiti. fino ad arrivare al contratto a tempo indeterminato. In conclusione se la “falsa” partita IVA non rispetta nemmeno i requisiti del contratto a progetto, il contratto di lavoro diventa automaticamente a tempo indeterminato. Un esempio di quale può essere un lavoro a cui non si può mai applicare il contratto a progetto è stato fatto proprio dal Ministero del Lavoro i call center. Invertito l’onere della prova. Una delle caratteristiche principali della nuova norma, dal punto di vista operativo, è l’inversione dell’onere della prova. Non è più il lavoratore a dover dimostrare che in realtà il rapporto di lavoro maschera un tempo indeterminato a un’altra forma contrattuale, è l’azienda che deve eventualmente dimostrare il contrario.
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