L’assenza di frenata sull’asfalto dimostra la negligenza e l’imprudenza dell’automobilista

Le tracce di frenata non sono prova dell’impossibilità di avvistare il pedone su una strada non illuminata, anzi dimostrano l’estrema imprudenza e negligenza dell’automobilista.

A chiarirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 43809, depositata il 12 novembre 2012. La fattispecie. Il fatto non costituisce reato. Con questa formula il Giudice di pace di Viterbo aveva assolto un 40enne accusato di aver cagionato lesioni gravi ai danni di un pedone. Il fatto era accaduto lungo una strada a scorrimento veloce, di notte e senza illuminazioni artificiali, dove l’imputato, alla guida della propria autovettura, travolgeva il pedone, fermo in abiti scuri nei pressi della banchina sul margine destro della carreggiata, insomma, impossibile da avvistare secondo il giudice. L’appello proposto dal PG, trattandosi di proscioglimento del Giudice di pace, veniva convertito in ricorso per cassazione. L’automobilista era impossibilitato dall’avvistare il pedone? La S.C. sottolinea che l’affermazione della colpa esclusiva del pedone per le lesioni subite in caso d’investimento presuppone che il conducente dell’auto si sia trovato «nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti» e, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento dell’automobilista. Mancano le tracce di frenata. In più, la Cassazione ritiene illogica la motivazione del Gdp in merito all’assenza di tracce di frenata. Secondo gli Ermellini, infatti, tale circostanza dimostrerebbe l’estrema imprudenza e negligenza della condotta di guida dell’imputato e non, al contrario, l’impossibilità per l’automobilista di attuare la manovra d’emergenza per evitare l’ostacolo ed arrestare il veicolo. Il Gdp dovrà, visto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, riesaminare il caso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 settembre – 12 novembre 2012, numero 43809 Presidente Marzano – Relatore Esposito Ritenuto in fatto Con sentenza in data 25.05.2011 il Giudice di Pace di Viterbo assolveva ai sensi dell'articolo 530 comma 2 c.p.p. M.G. dal reato di cui all'articolo 590 comma I e II c.p. con la formula perché il fatto non costituisce reato . Il fatto, come ricostruito nella materialità degli accadi menti dal giudice del merito, era consistito nell'investimento del pedone G T. da parte dell'imputato, il quale in ora notturna procedeva lungo la omissis strada a scorrimento veloce priva nel tratto interessato di illuminazione artificiale e con limite massimo di velocità di 90 km orari alla guida della propria autovettura Polo tg. . Dall'incidente erano derivate al T. gravi lesioni personali. Il giudice di pace giungeva all'assoluzione dell'imputato sulla scorta del rilievo che nell'occasione costui non era stato nelle condizioni di avvistare il pedone, il quale era fermo in abiti scuri nei pressi della banchina sul margine destro della carreggiata. La richiamata sentenza è stata impugnata con appello dal Procuratore Generale della Repubblica presso la medesima Corte territoriale. Rileva il P.G. che la stessa ricostruzione dell'evento operata dal giudicante ha messo in evidenza una condotta sicuramente colposa da parte dell'imputato, sia sotto il profilo generico che specifico . Osserva, in particolare, che la decisione stravolge il significato del dato oggettivo, emergente dagli atti, dell'assenza di ogni traccia di frenata, dal quale non può che desumersi l'estrema imprudenza e negligenza della condotta di guida dell'imputato. Considerato in diritto L'articolo 36 d.lgs. 28 agosto 2000 numero 274 prevede che il Pubblico Ministero non possa proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento del giudice di pace, le quali sono ricorri bili per cassazione-Opera, tuttavia, il principio di conservazione dell'impugnazione articolo 568 quinto comma c.p.c. l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta. Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente , espressione di quello generale di conservazione degli atti giuridici, in forza del quale i vizi meramente formali degli atti non devono incidere sulla loro idoneità a raggiungere lo scopo cui sono destinati. Spetta al giudice che riceve l'impugnazione l'esatta qualificazione del mezzo e, all'esito, l'eventuale trasmissione degli atti al giudice competente. Nel caso in cui, come nella specie, competente sia il giudice di legittimità, è compito della Corte di Cassazione verificare che i motivi formulati rientrino tra quelli tassativamente consentiti dall'articolo 606 c.p.p Con riguardo all'impugnazione in esame, la Corte rileva che le doglianze formulate con l'appello sono riconducibili all'ipotesi dell'articolo 606 lett. E c.p.p I rilievi secondo cui la stessa ricostruzione dell'evento operata dal giudicante ha messo in evidenza una condotta sicuramente colposa da parte dell'imputato, sia sotto il profilo generico che specifico e, ancora, secondo cui la decisione del Giudice di Pace giunge a stravolgere clamorosamente un dato oggettivo emergente dagli atti, relativo all'assenza di ogni traccia di frenata . significativo della assoluta imprudenza e negligenza della condotta di guida da parte dell'imputato . e non come si legge in sentenza della impossibilità di eseguire una manovra d'emergenza diretta ad evitare l'ostacolo ed arrestare il veicolo si risolvono, invero, nella denuncia di vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione suscettibili di esame in questa sede. Passando all'esame delle censure, rileva la Corte che le stesse colgono nel segno. Emerge, infatti, l'incoerenza tra premesse e conseguenze nel ragionamento del giudice che, dopo aver enunciato, in conformità della giurisprudenza citata a sostegno della decisione Cass. 20027/2008 , che l'affermazione della colpa esclusiva del pedone per le lesioni subite in caso d'investimento presuppone che il conducente dell'autoveicolo si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido e inatteso e, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento dello stesso conducente , giunge ad escludere qualsiasi profilo di responsabilità in capo all'imputato senza indicare quali comportamenti gravemente colposi, in termini d'iniziative improvvise e imprevedibili secondo quanto in astratto enunciato, siano attribuibili al pedone. Si è in presenza, pertanto, di un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione. Illogica si rivela, altresì, la motivazione attinente alle conseguenze evincibili dalla mancanza di tracce di frenata, non risultando in alcun modo spiegato perché, in mancanza di una condotta colposa della vittima nei termini prima indicati, tale elemento di prova sia stato ritenuto dimostrativo dell'impossibilità per l'automobilista di attuare una manovra d'emergenza diretta a evitare l'ostacolo e arrestare il veicolo, piuttosto che significativo di estrema imprudenza e negligenza della condotta di guida del medesimo. Ne discende che il concreto comportamento tenuto nell'occorso dall'imputato non è stato apprezzato congruamente dal Giudice di Pace. Dalle svolte argomentazioni deriva la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lett. E c.p.p A fronte dei vizi constatati, la sentenza va annullata con rinvio al Giudice di Pace di Viterbo, nella persona di altro magistrato, che provvederà a una nuova valutazione dei dati probatori acquisiti. Il Giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese tra le parti. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Viterbo.