Respinta, in appello, la richiesta di rinnovazione del dibattimento, richiesta avanzata dal legale dell’uomo. Non accettabile, però, la risposta data dai giudici di secondo grado, i quali, pur a fronte di documentazione medica, hanno parlato di semplice stato di ubriachezza abituale.
Reato bestiale violenza sessuale. Condanna inevitabile. L’uomo ritenuto responsabile degli abusi, difatti, dovrà scontare quasi sei anni di reclusione. Tutto lineare, anzi no A rimettere in discussione la pena, difatti, è il presunto vizio di mente che affligge l’uomo, e causato dall’abuso cronico di sostanze alcoliche. Nodo decisivo da sciogliere, e per questo motivo è necessario un accertamento ad hoc sulla imputabilità dell’uomo. Cassazione, sentenza numero 37850, terza sez. Penale, depositata oggi . In galera. Come detto, è acclarata la responsabilità dell’uomo per il reato di violenza sessuale a lui contestato. Consequenziale la condanna, con pena ridotta, in appello, a «cinque anni e otto mesi di reclusione». Nel contesto della Cassazione, però, il legale dell’uomo contesta la decisione, ribadendo la necessità di una «rinnovazione del dibattimento per l’espletamento di una perizia psichiatrica» sul suo cliente, finalizzata a valutarne la «capacità di intendere e di volere». Su questo punto, difatti, il legale ricorda come «dall’istruttoria dibattimentale fossero emersi gravi, fondati e rilevanti indizi di infermità psichiatrica, verosimilmente riconducibili ad una situazione di intossicazione cronica da sostanze alcoliche». A sostegno di questa visione, poi, vengono richiamate anche le parole della vittima, che «aveva più volte fatto riferimento alla condizione di instabilità» dell’uomo, provocata dalla «smodata quantità di alcol quotidianamente ingerita per molti anni». E, in aggiunta, vengono messe sul tavolo, da un lato, una consulenza psichiatrica, datata agosto 2014, che «concludeva per la seminfermità di mente, a ragione dello stato di intossicazione da alcol» dell’uomo, e, dall’altro, la decisione del Tribunale con cui, in merito al reato di evasione dagli arresti domiciliari, all’uomo questa veniva riconosciuta. Abuso di alcol. A fronte di questo quadro, però, in Appello i giudici hanno respinto la richiesta di rinnovazione del dibattimento, sostenendo, anche alla luce delle parole della vittima della violenza, che «l’uomo versasse in una situazione di ubriachezza abituale», non tale, però, da «coniugare un disturbo psichiatrico o della personalità». Tale risposta viene ritenuta risibile dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo le obiezioni mosse dal legale, riaffidano la vicenda alla Corte d’appello, per un approfondimento sulla imputabilità dell’uomo, tenendo presente, innanzitutto, la consulenza medica da cui risulta riscontrata una «sindrome cerebrale organica per intossicazione cronica da alcol e diabete mellito cronico» che pare abbiano «determinato un danno al sistema nervoso centrale» dell’uomo.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 maggio – 18 settembre 2015, numero 37850 Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. N.N. ricorre per cassazione impugnando la sentenza con la quale la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa dal tribunale della stessa città, ha ridotto, esclusa la recidiva contestata, la pena inflitta al ricorrente ad anni cinque e mesi otto di reclusione per il reato di violenza sessuale. 2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza il ricorrente, tramite il difensore, solleva un unico motivo, qui enunciato, ai sensi dell'articolo 173 disposizione di attuazione codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con esso deduce la violazione di legge per la mancata assunzione di una prova decisiva nonché per la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione del dibattimento per l'espletamento della perizia psichiatrica dell'imputato nonché la carenza assoluta di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione dei dibattimento per l'acquisizione della documentazione prodotta dalla difesa. Assume che, con specifico motivo di impugnazione, la difesa aveva chiesto la rinnovazione del dibattimento al fine di disporre perizia psichiatrica volta ad accertare la capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento dei fatto. A sostegno di tale richiesta il ricorrente aveva evidenziato come dall'istruttoria dibattimentale fossero emersi gravi, fondati e rilevanti indizi di infermità psichiatrica verosimilmente riconducibili ad una situazione di intossicazione cronica da sostanze alcoliche. La persona offesa, ad avviso dei ricorrente, in sede di esame aveva più volte fatto riferimento alla condizione di instabilità in cui egli versava a causa della smodata quantità di alcol quotidianamente ingerita per molti anni. Ad ulteriore sostegno della tesi, in sede di udienza dinanzi alla Corte di appello, la difesa chiedeva l'acquisizione, ancora previa riapertura del dibattimento, di due documenti la consulenza psichiatrica a firma del dottor Antonio C., datata 28 agosto 2014, che concludeva per la seminfermità di mente a ragione dello stato di intossicazione da alcol di cui era affetto il N. nonché la sentenza del tribunale di Roma del 2 ottobre 2014 con la quale allo stesso, in relazione al reato di evasione dagli arresti domiciliari commesso in data 25 aprile 2014, era stata riconosciuta la diminuente di cui all'articolo 89 codice penale sulla base delle conclusioni del consulente tecnico di parte. Sul punto la Corte di appello acquisiva in visione i documenti prodotti riservando la decisione sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento congiuntamente al merito e rigettava la richiesta con l'argomentazione, secondo il ricorrente, priva di pregio e platealmente incongrua in misura tale da integrare il denunziato vizio di illogicità avendo la Corte territoriale apoditticamente affermato che, come emergerebbe dal racconto della persona offesa, il ricorrente versasse in una situazione di ubriachezza abituale non tale da coniugare un disturbo psichiatrico o della personalità . Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 2. Questa Corte ha affermato che l'accertamento della capacità di intendere e di volere dell'imputato non necessita della richiesta di parte, ma può essere compiuto anche d'ufficio dal giudice del merito allorché vi siano elementi per dubitare dell'imputabilità Sez. 3, numero 19733 del 08/04/2010, Vìnci, Rv. 247191 . Il ricorrente, come si evince dalla natura della doglianza in precedenza esposta, ha esibito documentazione dalla quale emergeva, secondo il suo assunto, la necessità dell'accertamento richiesto e che poteva, come si è precisato, essere disposto anche d'ufficio . La sentenza impugnata ha motivato il diniego all'ingresso dell'accertamento prescindendo del tutto dalla documentazione prodotta ed allegata al ricorso tra cui una consulenza medica dalla quale risultava che il ricorrente risulterebbe affetto da sindrome cerebrale organica per intossicazione cronica da alcol e diabete mellito cronico, che certamente hanno determinato un danno al suo sistema nervoso centrale e quindi senza alcuna motivazione in proposito, incorrendo pertanto nel vizio di motivazione denunciato. 3. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame limitatamente alla imputabilità dei ricorrente. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, limitatamente alla imputabilità del N. N