I provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdizione, che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell’articolo 317 – bis c.c., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione di essa oppure che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione sono privi dei caratteri della decisiorietà e definitività in senso sostanziale.
Il ricorso ex articolo 111, comma 7, Cost. neppure è esperibile quando ad essere lamentata è l’inosservanza delle norme che regolano il processo. Ciò in quanto tali domande, stante la loro natura strumentale, hanno la medesima natura dell’atto giurisdizionale di cui il processo è preordinato. La fattispecie. Pronunciata dal Tribunale dei Minorenni la decadenza dalla potestà genitoriale sui figli e disposta la collocazione i questi presso una struttura extrafamiliare, il padre propose reclamo alla Corte D’Appello avverso il provvedimento, denunciando la grave erroneità e l’incongruenza delle statuizioni del Tribunale rispetto, anche, all’affidamento condiviso pronunciato nella separazione personale dei coniugi, che avrebbero compromesso irrimediabilmente lo sviluppo dei minori. Vennero proposti ricorsi incidentali da parte della moglie e di una parente degli ex coniugi, tutti egualmente rigettati poiché la Corte di Merito ha ritenuto il provvedimento reclamato indispensabile ai fini del recupero terapeutico del figlio più giovane, oltre che revocabile in caso di auspicato recupero delle capacità genitoriali. La Corte D’Appello, pertanto, anticipava chiaramente anche la non impugnabilità del provvedimento reclamato in Cassazione, stante la sua incapacità ad acquistare forza di giudicato. Comunque il padre impugnava in Cassazione il provvedimento contestandone la definizione di natura non definitiva e facendo invece riferimento al pregiudizio irreparabile e, quindi, definitivo, che la decadenza della potestà avrebbe arrecato ai minori, oltre che alla revocabilità del medesimo solo ed esclusivamente per fatti nuovi sopravvenuti. Ciò nonostante la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso ribadendo l’orientamento già seguito dalla Corte, secondo il quale la cognizione sui provvedimenti di volontaria giurisdizione si esaurisce con la fase di reclamo, non essendo questi definitivi e pertanto non ricorribili in Cassazione anche se coinvolgenti diritti fondamentali dell’individuo. Conseguenze. «La non definitività in senso sostanziale dei provvedimenti di volontaria giurisdizione rende la pronuncia non impugnabile per Cassazione anche quando la lesione è relativa a questioni processuali». La Corte di legittimità è stata chiarissima nel ribadire che la revocabilità dei provvedimenti assunti in tema di potestà genitoriale comporta la non definitività della pronuncia che, in quanto tale, preclude la possibilità di un’impugnazione per Cassazione. Infatti, il provvedimento assunto in tema di potestà non è decisorio poiché non risolve un conflitto fra parti processuali in contesa per l’attribuzione di un bene della vita, ed essendo, inoltre, sempre revocabile e/o soggetto a revisione con il mutare delle condizioni legittimanti, anche a maggiore garanzia del minore, difetta di quel requisito di stabilità che è tipico del provvedimento giurisdizionale idoneo al giudicato e, in quanto tale, ricorribile in Cassazione. Mezzi ordinari unica via percorribile. Ne consegue che l’impugnazione di tali pronunce di volontaria giurisdizione deve avvenire secondo i mezzi ordinari previsti e propri della categoria giuridica a cui appartiene l’atto, determinata quest’ultima dal suo contenuto e dalla sua finalità e che, nella specie, si esaurisce con il reclamo in Corte D’appello. Stessa sorte segue anche l’eventuale lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quale espressione del diritto di azione, in quanto la pronuncia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere proposta, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato. Pertanto la natura strumentale della problematica processuale rende quest’ultima del tutto inidonea ad avere un’autonoma valenza di provvedimento decisorio, definitivo e ricorribile per Cassazione, ma può solo costituire oggetto di dibattito esclusivamente nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 aprile – 13 settembre 2012, numero 15341 Presidente Luccioli – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con decreto depositato in data 10 giugno 2011, il Tribunale per i minorenni di Trieste dichiarò la decadenza di V G. e P P. , coniugi separati, dalla potestà sui figli minori C. e F. , disponendo il collocamento degli stessi per C G. solo se in forma volontaria presso una struttura extrafamiliare, affidando il nucleo familiare ai servizi sociali per la individuazione di idonea famiglia affidataria e per la regolamentazione dei tempi e delle modalità di visita fra i genitori ed i figli. Il provvedimento fu oggetto di reclamo, depositato in data 22 giugno 2011, da parte del padre dei minori, il quale denunciò la grave erroneità e l'incongruenza delle statuizioni, che avrebbero, secondo il reclamante, compromesso lo sviluppo dei minori. La curatrice di questi ultimi, avv. R R. , si costituì, contestando le tesi esposte dal reclamante, chiedendo, in via incidentale, la parziale riforma del provvedimento in questione, con sostituzione della revoca ex articolo 330 cod.civ. con la sospensione della potestà genitoriale. Si costituì altresì P P. , chiedendo il rigetto del reclamo sul punto dell'allontanamento dei figli dal padre. Nel giudizio intervenne L B. , chiedendo il collocamento temporaneo presso di sé del nipote F G. per il periodo estivo del . 2. - Con decreto depositato il 26 agosto 2011, la Corte d'appello di Trieste, sezione per i minorenni, rigettò il reclamo di G.V. e quelli incidentali. Per quanto concerne particolarmente il reclamo principale, osservò la Corte territoriale che l'impianto critico di detto gravame si sostanziava nella contrapposizione ai risultati dell'esaustiva istruttoria di considerazioni e pareri di soggetti estranei al processo, per desumerne la necessità di una perizia psicologica finalizzata alla valutazione delle capacità genitoriali paterne. Le diverse relazioni richiamate nel decreto de quo offrivano, secondo il giudice di secondo grado, un quadro di inadeguatezza genitoriale di V G. , che aveva, tra l'altro, privato i figli di uno dei diritti fondamentali dell'individuo in fase di sviluppo, che è quello alla bigenitorialità, denigrando ai loro occhi la figura della madre, giudicata indegna per aver trascurato i propri doveri a causa di una relazione extraconiugale. Il provvedimento reclamato appariva, in particolare, alla Corte di merito indispensabile a fini di recupero terapeutico del figlio più giovane, a seguito del quale, in caso di auspicato recupero altresì delle capacità parentali di uno o di entrambi i genitori, si sarebbe potuto revocare il provvedimento di decadenza ovvero sostituirlo con misure meno afflittive. Per tale ragione, secondo la Corte triestina, il proprio decreto era inidoneo ad acquistare forza di giudicato, e, pertanto, non impugnabile per cassazione. 3. - Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost. V G. , che ha anche depositato memoria. Resistono con controricorso P P. e L B. . Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell'articolo 324 cod.proc.civ., contestandosi l'affermazione, contenuta nel decreto impugnato, secondo la quale lo stesso sarebbe inidoneo ad acquistare forza di giudicato e, come tale, non impugnabile per cassazione, laddove la idoneità di un provvedimento a costituire cosa giudicata formale dipenderebbe esclusivamente dal verificarsi delle condizioni di cui all'invocato articolo 324 cod.proc.civ., e non potrebbe essere negata dallo stesso provvedimento da sottoporre eventualmente al vaglio del giudice di legittimità. Nella specie, a prescindere dalla considerazione che la esplicita statuizione sulla impugnabilità attribuisce di per sé carattere decisorio al provvedimento che la contenga, non sarebbe revocabile in dubbio la natura definitiva ed il carattere decisorio del decreto della Corte d'appello di Trieste, il quale, ancorché asseritamente provvisorio, assumerebbe carattere di definitività in considerazione del trauma irreversibile che cagionerebbe ai minori l'allontanamento dal proprio habitat domestico ed il conseguente scadimento della propria vita affettiva, nonché la ulteriore devastazione dei rapporti tra i genitori determinata dalla eventuale fase esecutiva del provvedimento. La cui definitività emergerebbe, altresì, dalla revocabilità del medesimo solo per fatti sopravvenuti, trattandosi, pertanto, di un giudicato rebus sic stantibus . 2. - La seconda censura ha ad oggetto la violazione dell'articolo 116 cod.proc.civ., che si sarebbe concretizzata nell'avere la Corte di merito assunto la propria decisione esclusivamente sulla base delle affermazioni contenute nelle relazioni predisposte dagli operatori dei servizi sociali, recepite acriticamente dal giudice di secondo grado. 3. - Con la terza doglianza si denuncia il vulnus recato all'articolo 155 cod.civ. dal provvedimento in esame, che, nel rigettare il reclamo proposto dal G. , non si sarebbe attenuto al principio secondo il quale anche in caso di separazione tra i genitori il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, privando sostanzialmente di efficacia la pronuncia del giudice del procedimento di separazione personale tra i coniugi, che, in sede di emissione dei provvedimenti urgenti, aveva deciso per l'affidamento condiviso dei minori, indicando come genitore collocatario il padre, anche alla luce della espressa volontà della madre di non tenerli con sé. 4. - Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell'articolo 330 cod. civ., per essere stato assunto il decreto impugnato in assenza dei gravi motivi che, soli, a mente della invocata disposizione codicistica, giustificano il provvedimento di allontanamento del minore dal contesto familiare e di decadenza dell'attuale ricorrente dalla potestà genitoriale. 5.1. - Il ricorso è inammissibile. 5.2. - Nel solco del principio enunciato dalle S.U. con la sentenza numero 11026/2003, questa Corte, con sentenza numero 11756/2010, ha sostenuto che I provvedimenti, emessi in sede di volontaria giurisdizione, che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell'articolo 317-bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli articolo 330 e 332 cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell'articolo 333 cod. civ., o che dispongano l'affidamento contemplato dall'articolo 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, numero 184, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'articolo 111, settimo comma, Cost. neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione nella specie, la mancanza del parere del P.M. e la mancata audizione dei genitori , in quanto la pronunzia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all'esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell'atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito . 5.3. - Confermato dalla successiva pronuncia numero 21718/2010, che ha affermato che la cognizione sui provvedimenti in discorso si esaurisce nella fase del reclamo, non essendo essi ricorribili per cassazione pur coinvolgendo diritti fondamentali dell'individuo, il principio trova sicura applicazione nel caso di specie, avuto riguardo alla statuizione contenuta nel decreto impugnato in materia di decadenza della potestà genitoriale del ricorrente sui figli minori e, meritevole d'assoluta condivisione, viene in questa sede ribadito, non risultando idoneo a scalfirne la correttezza il rilievo, assunto a base dei dubbi espressi dalla dottrina, circa il carattere contenzioso attribuibile al procedimento che il decreto impugnato definisce, ulteriormente rafforzato dalla legge numero 149 del 2001 che ha previsto l'assistenza in questo tipo di procedimento del difensore per i genitori ed il minore. Il controllo sulla potestà affidato al giudice, orientato all'interesse preminente del minore, ha carattere assorbente e rende conto della revocabilità dei provvedimenti assunti, del resto prevista nel comma 2 dell'articolo 333 cod.civ., il cui inevitabile corollario ne comporta anzitutto la non definitività, preclusiva, in quanto tale, dell'impugnazione per cassazione a sensi dell'articolo 111 Cost 5.4. - Il quadro esegetico in tal senso ricostruito non riceve smentita dall'interpretazione adeguatrice al dettato costituzionale degli articolo 736, 737 e 741 c.p.c. e dell'articolo 336 c.c. fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 1 del 2002 che, pur ritenendo infondata la questione di legittimità in ciascuno dei profili articolati dai giudici remittenti, ha qualificato i procedimenti ex articolo 330 e 333 cod.civ. bilaterali o plurilaterali , come tali soggetti all'articolo 739 cod.proc.civ., con le ovvie conseguenze in materia di notifica integrale anche ai genitori del decreto, da cui decorre il termine di dieci giorni per proporre reclamo, e, per quel che maggiormente interessa, in ordine all'obbligatorietà dell'audizione di entrambi i genitori, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 - che sul punto viene quindi ad integrare quanto disposto dall'impugnato articolo 336, comma 2, cod.civ. - e del minore ultradodicenne o anche di età inferiore se opportuno, ex articolo 12 della citata Convenzione, che prevede l'ascolto del fanciullo capace di discernimento , rappresentando il minore parte del procedimento, con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina di un curatore speciale ai sensi dell'articolo 78 c.p.c. anche con riferimento alla norma di cui all'articolo 37, comma 3, della Legge numero 149 del 2001, modificativa della L. numero 184/83, pur all'epoca non ancora entrata in vigore . Il profilo contenzioso dei procedimenti nonostante la natura camerale del rito, in cui viene all'esame del giudice l'interesse del minore, ribadito nella sentenza citata, non esaurisce in sé le condizioni postulate dall'ordinamento per la ricorribilità per cassazione dei decreti assunti in materia, dal momento che il regime delle impugnazioni opera in stretta correlazione con la specifica tipologia di ogni provvedimento assunto dall'autorità giudiziaria, e consente pertanto il controllo di legittimità solo se a quel provvedimento, seppur assunto secondo un modello procedimentale analogo quanto alle garanzie ad all'oggetto al giudizio contenzioso ordinario, sia attribuibile il carattere necessariamente congiunto ed imprenscindibile della decisorietà e della definitività. Seppur la misura in esame coinvolga un diritto di rango primario ed obblighi fondamentali collegati alla potestà dei genitori, il provvedimento che ne dispone l'adozione non è decisorio, in quanto non risolve un conflitto fra parti processuali in contesa per l'attribuzione di un bene della vita, e, come dianzi già rilevato, non è munito del carattere della definitività poiché, assunto allo stato , può successivamente essere soggetto a revisione col mutare delle condizioni legittimanti, e comunque attiene al controllo esterno esercitato dal giudice sulla potestà e difetta pertanto del requisito della stabilità che è tipica del provvedimento giurisdizionale idoneo al giudicato. La locuzione contenuta nell'articolo 709-ter cod.proc.civ., che prevede l'impugnazione con i mezzi ordinari, va interpretata per l'effetto nel senso che i mezzi ordinari sono solo quelli propri della categoria giuridica cui appartiene l'atto, determinata dal suo contenuto e dalla sua finalità e nella specie si esauriscono col reclamo alla Corte d'appello. 5.5. - Esigenze di completezza impongono di rilevare l'ontologica difformità dei provvedimenti de potestate di cui si discute da quelli assunti in materia di affidamento dei figli minori, siano essi legittimi o naturali, per i quali è sicuramente ammesso il ricorso per cassazione, tesi questi ultimi a risolvere un conflitto tra i genitori attinente all'esercizio della potestà, diversamente da quelli in discussione, diretti alla compressione della sua titolarità, rimessa al controllo esterno del giudice e, a prescindere dalla richieste dei genitori, assunti nell'interesse del solo minore. 5.6. - Mette conto, da ultimo, sottolineare che la non ricorribilità dei provvedimenti di cui si tratta si risolve, in definitiva, in una più ampia garanzia per il minore, ove si consideri che un diverso regime comporterebbe la impossibilità di adottare, nelle more del giudizio di cassazione, alcuna revisione della originaria statuizione, pur si resa necessaria dal mutamento delle condizioni che hanno dato luogo al provvedimento impugnato. 6. - Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle controricorrenti, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle controricorrenti liquidandole in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori di legge.