In tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei requisiti previsti in ordine successivo dall’articolo 1755, secondo comma, c.c., questa deve essere quantificata dal giudice secondo equità, qualora le parti non ne abbiano stabilito la misura e non sia provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali.
Questo il principio di diritto indicato al termine della sentenza 31 luglio 2012, numero 13656, della Cassazione Civile. Percentuale accordata? La Corte di Appello di Bologna confermava il rigetto della domanda proposta da un uomo relativamente al pagamento da ricevere da una s.p.a, quale provvigione per l’assistenza fornitale nell’ambito della compravendita di un fabbricato urbano con terreno. Pur ritenendo raggiunta la prova che il professionista aveva svolto la mediazione, si confermava la statuizione sulla base che il ricorrente non aveva fornito la prova degli usi e consuetudini tipici del luogo, che gli sarebbero valsi una misura del 2% sulla cifra totale dell’importo della transazione. L’uomo si rivolgeva allora alla Suprema Corte. Gerarchia delle fonti. A norma dell’articolo 1755 c.c., la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti – in mancanza di patto, tariffe professionali o di usi – vanno determinate dal giudice secondo equità. L’articolo 6 della l. numero 39/1989, inoltre, dispone a sua volta che, in mancanza di accordo, la misura e la proporzione siano quantificate dalle giunte camerali, sentita la commissione provinciale. Gli usi restano quindi la terza fonte per andare a determinare la misura della provvigione. Jura novit curia, ma non sempre. Il principio non può essere qui invocato, dal momento che è onere della parte fornire la prova circa gli usi locali. Ove la consuetudine non sia nota al giudice, ricorda la Cassazione tra le molte sentenze, nnumero 2158/1956 795/1965 1823/1972 15014/2000 4853/2007 , avendo egli l’obbligo di conoscere la legge ma non anche gli usi, questi debbono essere dimostrati dalla parte che li allega. La Corte di merito avrebbe dovuto utilizzare il criterio dell’equità, come indicato dall’articolo 1755 c.c come ultimo parametro utile per la determinazione della provvigione. La norma è formulata con la previsione di più criteri sussidiari, indice della volontà del legislatore di procedere alla misurazione del diritto alla provvigione, qualora sorto e accertato. Il ricorso viene perciò accolto, con relativi cassazione e rinvio alla Corte di Appello.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 maggio – 31 luglio 2012, numero 13656 Presidente Massera – Relatore Armano Svolgimento del processo Con sentenza dell'8 aprile 2008 la Corte di appello di Bologna ha confermato il rigetto della domanda proposta da M.P.L. per il pagamento della somma di Euro 57.440,92,quale provvigione per la mediazione svolta in favore della s.p.a. Hera, per la compravendita di un fabbricato urbano con terreno. La Corte,pur ritenendo raggiunta la prova che il M. aveva svolto attività di mediazione in favore della società Hera, ha confermato il rigetto della domanda sul rilievo che il ricorrente non aveva fornito la prova dell'esistenza degli usi e consuetudini nella città di Bologna, invocati per la liquidazione dell'indennità di provvigione nella misura del 2% sull'importo della compravendita. Propone ricorso il M. con un motivo. Resiste con controricorso la società Hera e presenta memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell'articolo 1755, 2 c.c., dell'articolo 6, 2 Legge 39/89, nonché delle norme che disciplinano gli usi normativi coordinate con il principio iura novit curia ex articolo 360 numero 3 c.p.c. Sostiene il ricorrente che in relazione al compenso al mediatore l'articolo 1755 c.c. prevede una gerarchia delle fonti per cui,in ipotesi in cui non vi sia accordo fra le parti sul quantum,devono applicarsi i criteri sussidiari, fra cui gli usi locali che,in quanto usi normativi si collocano fra le fonti del diritto ex arti delle disposizioni delle preleggi in generale e devono essere conosciuti dal giudice senza che la parte debba provarne l'esistenza. Inoltre il giudice,negato il ricorso agli usi locali, avrebbe dovuto quantificare il compenso secondo l'equità in base al criterio sussidiario indicato in via residuale dall'articolo 1755 c.c 2. Il motivo è fondato nei sensi che seguono. A norma dell'articolo 1755 cpv. c.c., la misura della provvigione, e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità. Al riguardo, l'articolo 6 cpv. legge 3 febbraio 1989 numero 39,invocato dal ricorrente,recante modifiche ed integrazioni alla legge numero 253 del 1958 concernente la disciplina della professione di mediatore - dispone a sua volta che, in mancanza di patto, la misura e la proporzione predette sono determinate dalle giunte camerali, sentito il parere della commissione provinciale di cui all'articolo 7 e tenendo conto degli usi locali. Tale norma ha inteso non già sostituire il citato articolo 1755 cpv. ma solo integrarlo nella parte relativa alla determinazione, secondo le suindicate modalità, delle tariffe professionali, con la conseguenza che la gerarchia delle fonti, indicate nella norma codicistica, resta con detta integrazione sostanzialmente ferma. 3. In difetto di patto o di tariffe professionali gli usi per quanto indicati dal citato articolo 6 ai menzionati effetti delle delibere demandate alle giunte camerali, restano pur sempre, in difetto di queste e, prima ancora, della diversa volontà delle parti, la terza fonte, tuttora in vigore per la determinazione della misura della provvigione. 4. Gli usi, richiamati dal citato articolo 1755 cpv., hanno carattere normativo - come si desume dagli articolo 1 e 8 delle preleggi, ma trattandosi di usi locali, non può invocarsi il principio jura novit curia giacché essi possono essere applicati se noti, mentre, in caso contrario, è onere della parte darne la prova. Ove la consuetudine non sia nota al giudice, avendo questo l'obbligo di conoscere la legge, ma non anche gli usi, essi debbono essere dimostrati anche per ciò che concerne l'elemento - più specificamente in discussione - della opinio juris ac necessitatis dalla parte che li allega Cass. 18 giugno 1956 numero 2158 4 ottobre 1956 numero 3348 17 ottobre 1961 numero 2183 30 ottobre 1963 numero 2909 4 maggio 1965 numero 795 19 maggio 1965 numero 980 18 febbraio 1967 numero 406 17 aprile 1968 numero 1131 18 aprile 1969 numero 1229 9 giugno 1972 numero 1823 21 novembre 2000 numero 15014 numero 2829 del 2002 1-3-2007 numero 4853 5.La Corte di merito,una volta accertato che l'attività di mediazione era stata svolta positivamente dal M. e che l'affare si era concluso, ritenuto che le parti non si erano accordate sulla misura della provvigione,e che il mediatore non aveva provato gli usi locali invocati, ha errato nel rigettare la domanda, poiché doveva utilizzare il criterio dell'equità, indicato dall'articolo 1755 come ultimo criterio utile per la determinazione della provvigione. 6. La norma è formulata in modo tale, con la previsione di più criteri sussidiari, il cui ordine successivo è chiaramente disciplinato, con la prevalenza alla volontà delle parti e successivamente alle tariffe professionali ed agli usi e da ultimo all'equità,da indicare la volontà del legislatore che, una volta sorto il diritto alla provvigione, sia comunque possibile procedere alla determinazione della misura della stessa. 7.La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione e deciderà la causa alla stregua del seguente principio di diritto in tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei criteri previsti in ordine successivo dall'articolo 1755, secondo comma cod. civ., questa deve essere determinata dal giudice secondo equità, se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l'esistenza di tariffe professionali e di usi locali. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia,anche per le spese del giudizio di cassazione,alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.