Canali di scolo pieni di erbacce, strada invasa dall’acqua. Il neo dirigente della Provincia responsabile per l’incidente mortale

A suo carico l’omissione in materia di controllo sulla manutenzione della rete viaria, nonostante si fosse insediato da appena due mesi. Né la presenza in organico di cantonieri né i problemi dati dal passo carrabile ne alleggeriscono la posizione. Condanna a pagare una multa e a risarcire le parti civili.

Pioggia in abbondanza, deflusso bloccato a causa dei canali di scolo ostruiti, strada invasa dall’acqua l’automobilista, che arriva ad alta velocità, perde il controllo della vettura, invade la corsia opposta e si scontra frontalmente con un furgone blindato. Nefaste le conseguenze per l’uomo, che muore a causa delle gravissime lesioni subite. A doversi assumere la responsabilità è il dirigente della Provincia – condannato a pagare una multa e a risarcire le parti civili –, seppur in carica da appena due mesi, per le carenze nella manutenzione della strada Cassazione, sentenza numero 9175, Quarta sezione Penale, depositata oggi . Dramma. Ancora una volta, purtroppo, il sangue macchia la strada il drammatico incidente provoca la morte di un uomo. E la ricostruzione del terribile episodio permette di fare chiarezza evidente il concorso di colpa della vittima, che viaggiava ben oltre il limite di velocità, ma, allo stesso tempo, il carico prevalente di responsabilità viene addossato alla Provincia. Il nodo, da questo punto di vista, è rappresentato dai mancati controlli sulla strada, con particolare riferimento alla «pulizia dei fossi adiacenti la carreggiata». Omissione, questa, attentamente valutata sia in Tribunale che in Corte d’Appello secondo i giudici, difatti, era questo l’elemento che aveva innescato la catena di eventi che aveva portato alla morte dell’automobilista. Omissione. Fondamentali i rilievi effettuati con gli accertamenti tecnici, che avevano permesso di evidenziare che «sulla sede stradale si era accumulata acqua piovana, che non riusciva a fluire nei canali laterali a causa dell’ostruzione costituita da vegetazione non rimossa». Secondo logica, «il controllo dell’efficienza dei canali spettava alla Provincia quale proprietaria della strada» e, di conseguenza al dirigente responsabile del settore, che, seppur in carica da solo due mesi, avrebbe dovuto tenere una condotta adeguata, almeno, secondo i giudici, «per l’avvio di un controllo e monitoraggio delle strade e per la segnalazione di pericoli». Tale omissione, assieme alla «negligente condotta di guida della vittima», aveva portato, purtroppo, all’incidente mortale. Fattori esterni. Per alleggerire la propria posizione, però, il dirigente della Provincia, finito sul banco degli imputati, richiama all’attenzione dei giudici, in Cassazione, fattori esterni, che, a suo avviso, avrebbero avuto influenza forte sul tragico incidente. Per la precisione, il riferimento è a un passo carrabile autorizzato, collocato all’altezza del luogo dell’impatto secondo il ricorrente, «l’esondazione era dovuta alla manomissione» compiuta dal concessionario del passo carrabile, che aveva comportato un accumulo di detriti. Allo stesso tempo, poi, il dirigente declina la propria responsabilità, richiamando, invece, «la posizione di garanzia» del cantoniere e dei «preposti ai singoli tratti di strada». Ubi maior Ciò che risulta decisivo, per chiudere la vicenda giudiziaria, è, quindi, non solo la ricostruzione della dinamica dell’incidente stradale, ma anche, anzi soprattutto, l’individuazione della causa principale che ha permesso l’accumulo della pozzanghera fatale sulla strada. Ebbene, la presenza, lungo la strada, di un vecchio passo carrabile – di accesso a una proprietà privata – è considerata acclarata, così come è considerato acclarato il contributo dato nell’ostruzione dei canali laterali di scolo, però – e qui i giudici mostrano di condividere le valutazioni compiute in Appello – «la pozzanghera determinatasi sulla carreggiata era da ascrivere anche alla mancata manutenzione del corso del fossato di scolo, ostruito da vegetazione e detriti che non lasciavano fluire in modo normale le acque accumulatesi, che, pertanto, si riversavano anche sulla sede stradale». Tale «manchevolezza» è ritenuta preponderante, e in evidente «nesso causale» con l’incidente, e di essa deve rispondere, evidenziano i giudici, il dirigente – ora imputato – perché «sulla Provincia gravava l’obbligo della manutenzione della strada». Ciò nonostante l’aver appena preso possesso del proprio ruolo a prescindere dal tempo, egli aveva l’obbligo di «controllare la manutenzione della strada e che situazioni di dissesto non fossero causa di pericolo», obbligo che non può essere ‘alleggerito’ dalla «presenza in organico di cantonieri» e che porta i giudici a confermare la pronuncia di condanna emessa in Appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 novembre 2011 – 8 marzo 2012, numero 9175 Presidente Marzano – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16/4/2009 il Tribunale di Latina condannava D.M.M. alla pena di mesi 4 di reclusione pena estinta per indulto per il delitto di omicidio colposo in danno di P.M. acc. in Cisterna di Latina il 30/12/2003 . L’imputato veniva inoltre condannato al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidare in separato giudizio, riconoscendo un concorso di colpa della vittima del 40%, inoltre liquidando una provvisionale di € 20.000 = per ciascuna parte civile. All’imputato veniva addebitato che, in qualità di dirigente responsabile della Amministrazione Provinciale di Latina, non aveva esercitata i dovuti controlli sull’arteria stradale provinciale Velletri-Anzio, in particolare sulla pulizia dei fossi adiacenti la carreggiata. Tale omissione determinava l’accumulo di acqua piovana, fuoriuscita dai fossi, sulla sede stradale che determinava lo sbandamento dell’auto Chrysler condotta dal P. che invadeva la corsia di marcia opposta, andando a collidere contro un furgone blindato proveniente in senso inverso. Nel sinistro il P. perdeva la vita a causa delle gravi lesioni patite. 2. Con sentenza del 6\10\2010 la Corte di Appello di Roma confermava la pronuncia di condanna, convertendo la pena detentiva nella multa di € 4.560 = e riconoscendo i benefici di legge. Osservava la Corte che - l’incidente era avvenuto alle ore 13.30 del 30\12\2003 sulla strada provinciale Nettuno-Velletri, in un tratto rettilineo - dagli accertamenti tecnici svolti era emerso che sulla sede stradale si era accumulata acqua piovana che non riusciva a fluire nei canali laterali a causa dell’ostruzione costituita da vegetazione non rimossa - il controllo dell’efficienza dei canali spettava alla Provincia quale proprietaria della strada e per essa all’imputato, responsabile del settore - benché il D.M. avesse assunto la carica solo due mesi prima il 8\10\2003 , la condotta alternativa lecita era esigibile, quantomeno per l’avvio di un controllo e monitoraggio delle strade e la segnalazione di pericoli - data la posizione di garanzia dell’imputato, la sua omissione era stata causa dell’incidente unitamente alla negligente condotta di guida della vittima, che al momento del sinistro circolava ad una velocità prossima ai 117 km\h e quindi superiore di circa 30 km\h al limite consentito in zona. 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando 3.1. la violazione di legge ed il difetto di motivazione, in quanto la corte di merito, riproponendo la motivazione del Tribunale, non aveva risposto a specifiche censure mosse con l’atto di appello. In particolare non aveva tenuto conto che l’esondazione era dovuta alla manomissione del sistema idraulico effettuato dal concessionario del passo carrabile e sotto al quale si erano accumulati i detriti inoltre la posizione di garanzia spettava al cantoniere di zona ed ai preposti ai singoli tratti di strada 3.2. la violazione di legge per avere la corte di merito concesso la sospensione condizionale della pena, anche dopo avere convertito la pena, mentre disposizione più favorevole sarebbe stato l’indulto. Considerato in diritto 3. I motivi dii censura sono infondati e pertanto il ricorso deve essere rigettato. 3.1. In ordine alla affermata penale responsabilità dell’imputato, va rilevato che il giudice di merito ha chiarito che effettivamente in prossimità del luogo del sinistro era presente un passo carraio di accesso ad una proprietà privata e che sotto tale passo era presente un tubo che doveva consentire la continuazione del deflusso delle acque piovane lungo il canale di scolo sul margine della carreggiata. Tale deflusso era però ostruito da vegetazione incolta che si era accumulata. La costruzione di tale passo carraio era stata autorizzata il 2\2\1975 dalla Provincia di Latina. Nella autorizzazione era stato previsto un diametro del tubo di passaggio dell’acqua di 60 cm. In realtà nel corso degli accertamenti era emerso che in sede di costruzione il diametro effettivo era stato ridotto a cm. 40. Ha osservato il giudice di merito però che la pozzanghera determinatasi sulla carreggiata non era da ascrivere esclusivamente alla ostruzione del tubo, ma anche dalla mancata manutenzione del corso del fossato di scolo che ben prima del ponticello risultava ostruito da vegetazione e detriti che non lasciavano fluire in modo normale le acque accumulatesi, che, pertanto, si riversavano anche sulla sede stradale. Ne ha dedotto il giudice di merito, con coerente e logica motivazione, che di tale manchevolezza, in chiaro nesso causale con il sinistro verificatosi, doveva rispondere l’imputato, in ragione della sua qualità, considerato che gravava sulla Provincia di Latina l’obbligo della manutenzione della strada. Va ricordato che questa Corte di legittimità ha statuito che “Nel caso in cui un incidente stradale sia stato causato dalla insufficiente od omessa manutenzione della sede viaria da parte dell’ente pubblico a ciò preposto, il soggetto incaricato del relativo servizio risponde penalmente delle lesioni colpose conseguite al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto la responsabilità dell’addetto alla manutenzione può essere esclusa solamente quando la condotta dell’utente della strada si configuri come evento eccezionale e abnorme, non altrimenti prevedibile nè evitabile” Cass. Sez. 4, Sentenza numero 21040 dei 01/04/2008 Ud. dep. 27/05/2008 , Rv. 240218 . Nel caso di specie a carico dell’imputato, quale dirigente responsabile del settore della Provincia di Latina, gravava l’obbligo di controllare la manutenzione della strada e che situazioni di dissesto non fossero causa di pericolo. La negligente condotta omissiva del D.M., pertanto, coerentemente è stata ritenuta in nesso di causalità con l’evento verificatosi, unitamente alla imprudente condotta di guida della vittima. Né può dirsi che la presenza in organico di cantonieri escluda la responsabilità del dirigente, in quanto su quest’ultimo gravava un obbligo di controllo che radicava in suo capo una posizione di garanzia. Per quanto detto, i motivi di censura sono infondati. 3.2. Quanto alla lamentata violazione di legge, per avere la Corte distrettuale sostituito all’indulto la sospensione condizionale della pena dopo avere convertito in multa la pena pecuniaria , va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato di recente che “Con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo” Cass. Sez. U, Sentenza numero 36837 del 15/07/2010 Ud. dep. 15/10/2010 Rv. 247940 Cass. Sez. 6, Sentenza numero 21454 del 19/02/2008 Ud. dep. 28/05/2008 , Rv. 23988.2 . Inoltre, nel riconoscere i doppi benefici, la corte di merito ha accolto uno specifico motivo di appello formulato dal difensore dell’imputato con l’atto di impugnazione dei 12\10\2009, in cui esplicitamente è stata invocata, con motivi subordinati, la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, nonché la sospensione condizionale e la non menzione. Pertanto anche tale censura è infondata. Al rigetto segue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Le spese in favore delle parti civili si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio che complessivamente liquida in € 2.600,00 =, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nelle misure di legge.