Il medico delle Fs ha sbagliato la diagnosi, ma il macchinista non si è ammalato per causa di servizio

A fronte di tali conclusioni attestate dal ctu, il difetto di motivazione della sentenza che vi abbia aderito è denunciabile in Cassazione solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica o di omissione di accertamenti strumentali dai quali non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.

I ricorrenti, invece, non hanno fornito alcun elemento sulle cause che hanno determinato l’insorgere della malattia, limitandosi a sostenere il contrario delle argomentate conclusioni del ctu. Lo ha rilevato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 3816/13, depositata il 18 febbraio. Il caso. Un macchinista Fs, dopo essere stato sottoposto alla visita medica prevista dal CCNL nonché ad una RX torace, viene ritenuto idoneo al servizio. Dopo qualche mese, però, all’uomo viene diagnosticato un grave carcinoma polmonare in atto, che lo avrebbe in seguito condotto al decesso. I medici radiologi interpellati dai familiari sostengono che dalla radiografia effettuata in occasione della visita emergeva l’esistenza della patologia si difendono le Fs, chiamando altresì in causa la propria compagnia di assicurazioni, la cui polizza copre anche gli errori diagnostici in relazione alle visite generali periodiche dei dipendenti. Condannate le ferrovie. A seguito della ctu medico legale, il Tribunale rigetta le domande, ma il verdetto viene parzialmente ribaltato in appello, sulla base delle risultanze di una successiva ctu Rete Ferroviaria Italiana, succeduta a Fs S.p.A., viene pertanto condannata al risarcimento del danno biologico in favore degli eredi del ferroviere. La questione è sottoposta ai giudici di legittimità. La malattia è imputabile a causa di servizio? I familiari lamentano anzitutto il fatto che i giudici di merito, pur avendo riconosciuto l’errore diagnostico, non abbiano accolto la domanda tesa al riconoscimento della causa di servizio, che, in caso di esito positivo, avrebbe comportato l’assunzione di uno degli eredi del dipendente deceduto in sostanza, il carcinoma che aveva colpito il ferroviere sarebbe stato originato principalmente dal tabagismo e non dall’assorbimento delle fibre di amianto al quale egli era stato a lungo sottoposto. Non vi sono elementi a favore della tesi prospettata. A giudizio degli Ermellini, tuttavia, i ricorrenti non forniscono alcun elemento sull’etiopatogenesi dell’infermità, ma si limitano a sostenere il contrario delle argomentate conclusioni del ctu, il quale, come detto, aveva sì accertato l’errore diagnostico, ma non la dipendenza della malattia dal lavoro svolto. A tal proposito la S.C. ricorda che il difetto di motivazione della sentenza che abbia aderito alle conclusioni del ctu è denunciabile in Cassazione solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica o di omissione di accertamenti strumentali dai quali non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Non è provato il nesso causale con il lavoro svolto. Con un secondo motivo di ricorso, gli eredi del macchinista si dolgono che la Corte territoriale abbia ritenuto che l’errore diagnostico avrebbe provocato solo un’evoluzione più rapida della malattia, basandosi sul presupposto della sua irreversibilità inoltre non sarebbe stato considerato che il decesso del congiunto, oltre a comportare le predette conseguenze circa il diritto all’assunzione di uno dei figli, aveva anche causato un danno patrimoniale autonomamente risarcibile. La censura, però, nel denunciare una violazione di legge, prospetta in realtà un vizio di motivazione e come tale è inammissibile inoltre resta non provato il nesso causale tra la patologia in questione e il lavoro svolto. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 novembre 2012 – 15 febbraio 2013, numero 3816 Presidente Stile Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Paola, gli attuali ricorrenti, eredi di S.E.G.E. , convenivano dinanzi al Tribunale di Paola le Ferrovie dello Stato s.p.a., datore di lavoro del de cuius, al fine di ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della malattia che ne aveva causato il decesso, col conseguente riconoscimento del loro diritto all'equo indennizzo all'assunzione di uno di essi, ai sensi della L. numero 42 del 1979, presso le Ferrovie dello Stato s.p.a., ed infine per ottenere la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno per aver dolosamente nascosto al loro de cuius la lesione personale colposa da lavoro , già diagnosticabile e riconoscibile dalla radiografia eseguita in data omissis in occasione della visita generale periodica prevista dal C.C.N.L. , il cui referto era stato invece erroneamente negativo. Esponevano che il de cuius, macchinista delle Ferrovie dello Stato, venne sottoposto in tale occasione alla visita medica di “revisione generale” presso l'Unità Sanitaria Territoriale delle Ferrovie dello Stato di Reggio Calabria, dove, oltre agli esami di routine, veniva sottoposto a RX torace standard e la diagnosi del citato referto era di non lesioni pleuro polmonari in atto . Di conseguenza, il defunto S. veniva ritenuto idoneo al lavoro e sottoposto ad un maggior aggravio lavorativo, atteso che aveva avuto inizio il periodo di ferie estive del personale dipendente delle FF.SS., compresi gli straordinari. Finita l'estate, ad ottobre il de cuius si assentava dal lavoro per una presunta bronchite, mentre, invece, era in atto un grave carcinoma polmonare che lo aveva condotto al decesso. I familiari, non appena avuta notizia della gravissima diagnosi, richiedevano all'Unità Sanitaria Territoriale delle Ferrovie dello Stato di Reggio Calabria la radiografia del 13.05.1998, al fine di accertare se, a quell'epoca, la grave malattia fosse già in atto e, quindi, se la diagnosi dei medici delle FF.SS. fosse stata corretta o meno. Ottenuta la radiografia, i ricorrenti si rivolgevano a diversi e qualificati medici radiologi che concordarono sul fatto che la radiografia eseguita il 13.05.1998 evidenziava l'esistenza del carcinoma polmonare, poi diagnosticato, dopo oltre 5 mesi, dall'Ospedale Civile omissis , dove lo S. era poi deceduto. Si costituiva la Ferrovie dello Stato s.p.a., contestando in toto l'avverso ricorso, chiedendo ed ottenendo di chiamare in garanzia la Assicurazioni Genarali s.p.a., la cui polizza garantiva anche i danni derivanti dagli errori diagnostici in relazione alle visite generali, periodiche dei suoi dipendenti, previste dal c.c.numero l. di categoria. Quest'ultima si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso, sostenendo altresì la tardività della denuncia di sinistro avanzata dalle Ferrovie, presentata dopo oltre un anno dall'avvenimento del sinistro. Nel corso del giudizio veniva espletata c.t.u. medico legale, che tuttavia negava qualsiasi responsabilità dell'Unità Sanitaria Territoriale F.S. di Reggio Calabria. Il Tribunale di Paola, pertanto, con sentenza del 30 settembre 2002, rigettava le domande e compensava le spese. Proponevano appello i ricorrenti, censurando la decisione per avere acriticamente condiviso le conclusioni del c.t.u., chiedendone il rinnovo e l'accoglimento delle originarie domande. Si costituiva la Rete Ferroviaria s.p.a., succeduta alle Ferrovie dello Stato s.p.a., resistendo al gravame e chiedendone la reiezione. Si costituiva anche la Assicurazioni Generali s.p.a., resistendo al gravame e chiedendone la reiezione, o in caso di accoglimento, il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti in qualità di garante. La Corte di Appello di Catanzaro disponeva il rinnovo della c.t.u., quindi con sentenza del 30 dicembre 2008, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. al risarcimento del danno biologico, in favore degli appellanti, liquidato in Euro.100.00,00, oltre rivalutazione monetaria dal omissis , ed agli interessi sulla somma annualmente rivalutata, compensando per metà le spese di lite. Per la cassazione propongono ricorso gli originari ricorrenti, affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Resiste la Rete Ferroviaria Italiana con controricorso. La Assicurazioni Generali s.p.a. è rimasta intimata. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. per omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio con riferimento all'errore diagnostico commesso dagli organi sanitari della datrice di lavoro, riverberantesi anche sulla domanda di cui alla L. numero 42/79, prevedente l'assunzione da parte delle Ferrovie dello Stato, di uno degli eredi del dipendente, deceduto per causa di servizio. Lamentano i ricorrenti che la Corte calabrese dopo aver richiamato la seconda relazione peritale, riformando per l'effetto parzialmente la sentenza di primo grado, non aveva tuttavia accolto la domanda intesa a conseguire la causa di servizio, limitandosi al fatto che il carcinoma che aveva colpito il de cuius, era dovuto principalmente al tabagismo, e non all'assorbimento delle fibre di amianto, pur riconoscendo che lo S. ne era stato sottoposto per lungo tempo. Lamentano in sostanza i ricorrenti che i giudici di appello valutarono il pur riconosciuto errore diagnostico da parte degli organi sanitari dell'allora Ferrovie dello Stato, unicamente quanto al risarcimento del danno e non quanto alla pur richiesta causa di servizio, che doveva ritenersi sussistente essendo stata la malattia accertata durante il servizio e potendo essa, come ritenuto dalla Corte di merito, se prontamente diagnosticata condurre quanto meno ad un allentamento significativo dell'evoluzione della malattia . Si dolgono che la concentrazione di fibre di amianto di 100 f/l, non poteva considerarsi limite significativo, sicché doveva ritenersi che il rapporto tra tabagismo ed esposizione ultraventennale all'amianto doveva indurre a considerare quest'ultimo quale effetto concausale della grave malattia che colpì il de cuius e dunque causa di servizio. Il motivo è infondato. I ricorrenti lamentano in sostanza che la Corte di merito avrebbe errato nel riconoscere il danno biologico patito dal de cuius, senza tuttavia riconoscere la dipendenza da causa di servizio. Essendo tuttavia queste le argomentate conclusioni del c.t.u., cui i giudici di appello hanno prestato motivata adesione essendo stato accertato un errore nella diagnosi della patologia ma non la dipendenza di essa dal lavoro svolto , i ricorrenti si limitano a sostenere il contrario, deducendo che la malattia era stata accertata durante il servizio, senza tuttavia fornire elementi sufficienti circa l'etiopatogenesi dell'infermità, deducendo soltanto che il limite previsto dalla legge circa la concentrazione di fibre di amianto, escluso dal c.t.u., non poteva condividersi. Di tal guisa i ricorrenti non solo sottopongono una questione più volte decisa in senso contrario da questa Corte circa la necessità della predetta esposizione qualificata alla inalazione di fibre di amianto, peraltro ai fini dei benefici di cui all'articolo 13 comma 8 della legge numero 257 del 1992, Cass. nnumero 16119, 16118, 8718/2005, nnumero 21862 e 2849/2004, etc. , ma finiscono per sottoporre alla Corte un mero dissenso diagnostico rispetto alle conclusioni del c.t.u., che la Corte di merito ha motivatamente condiviso. Deve al riguardo richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte ex plurimis, Cass. ord. 8 novembre 2010 numero 22707 Cass. 15 luglio 2003 numero 11054 , secondo cui nel giudizio in materia di accertamenti sanitari, qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, affinché sia denunciabile in cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte . Più in particolare questa Corte ha chiarito che il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice , Cass. 29 aprile 2009 numero 9988. Nella specie i ricorrenti, che neppure producono, o indicano la sua esatta ubicazione all'interno dei fascicoli inerenti la pregressa fase di merito, la c.t.u. Cass. sez. unumero 3 novembre 2011 numero 22726 Cass. ord. 30 luglio 2010 numero 17915 , finiscono per contrapporre alle considerazioni dell'ausiliare un mero dissenso sulla valutazione delle patologie. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. in relazione all'articolo 2059 c.c. Contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio in relazione al risarcimento del danno . Lamentano che la Corte territoriale ritenne che Terrore diagnostico del datore di lavoro avrebbe provocato solo una più celere evoluzione della malattia, basandosi sulla verosimile irreversibilità di questa, che neppure il c.t.u. aveva escluso come operabile e reversibile, senza considerare che il decesso dello S. , oltre alle conseguenze di cui alla L. numero 42/79 circa il diritto di uno dei figli di essere assunto dalla datrice di lavoro, provocò anche un danno non patrimoniale danno da perdita di rapporto parentale , autonomamente risarcibile. Formulava al riguardo il seguente quesito di diritto Il danno conseguente al decesso può essere limitato al solo danno biologico? Può essere ipotizzata, ai fini della quantificazione del danno, la durata della vita di una persona, sia pur affetta da un tumore? La liquidazione in via equitativa poteva essere calcolata soltanto considerando il periodo temporale ancora non maturato dal de cuius per la pensione, senza considerare la lesione al bene della vita e quello conseguentemente subito dalla moglie e dai figli? . Il motivo è in parte inammissibile, e per il resto infondato. Inammissibile innanzitutto per denunciare una violazione di legge, dolendosi in realtà di un vizio di motivazione. Inammissibile anche il quesito di diritto, posto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, Il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di cm diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge , Cass. 17 luglio 2008 numero 19769, Cass. ord. numero 19892 del 25 settembre 2007 ovvero richieda alla Corte un inammissibile riesame del fatto Cass. 28 settembre 2007 numero 20360 . Infondato per l'accertata insussistenza di prova circa il nesso causale tra la malattia in questione ed il lavoro svolto, senza considerare l'assenza di specifiche allegazioni idonee a fornire una prova anche presuntiva del danno non patrimoniale, come richiesto da questa Corte a sezioni unite sentenza 24 marzo 2006 numero 6572 e successiva giurisprudenza, Cass. numero 15915 del 2009, Cass. numero 29832 del 2008, Cass. numero 13877 del 2007, Cass. numero 19965 del 2006 . 3. Il ricorso va pertanto rigettato. Le alterne vicende del giudizio giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.