Impugnabile in appello il diniego di confisca, al pari della revoca del sequestro

Può essere emanato atto di confisca senza previo provvedimento di sequestro dei beni oggetto di apprensione. Non è allora possibile negare l’impugnabilità in appello del provvedimento che la nega. La Cassazione supera l’opposto orientamento.

Così la Cassazione, con la sentenza numero 43794/15, depositata il 29 ottobre. Il fatto processuale. Viene mosso decreto di sequestro c.d. antimafia in via cautelare ed urgente, ex articolo 22 d.lgs. numero 159/2011, nei confronti dei beni di un indiziato anche per reati tributari. All’esito dei ricorsi, il Tribunale rigettava la richiesta di applicazione della confisca, mancando i presupposti per l’applicazione della misura preventiva patrimoniale. Il Procuratore Generale impugnava l’atto in Corte d’appello ai sensi dell’articolo 27 d.lgs. cit., che però prevede, per il tenore letterale della norma, la sola impugnabilità in appello dei provvedimenti di «revoca del sequestro» anziché di «diniego della confisca», impugnabile direttamente solo in Cassazione. Il vizio viene eccepito in Cassazione dai terzi interessati. I giudici propendono per una lettura sistematica ed estensiva della norma. Sequestro preventivo e confisca l’uno anticipa l’altra. Il sequestro è una misura cautelare eventuale che ha il fine di anticipare in via provvisoria l’apprensione dei beni dei soggetti indicati dall’articolo 16 d. lgs. cit., nelle more del procedimento di perfezionamento della misura ablatoria della confisca, al fine di evitare la dispersione dei beni. La confisca ex articolo 24 d.lgs. cit. agisce sui beni dei quali la persona sottoposta a verifica non possa giustificare la disponibilità e risultino sproporzionati in relazione alle sostanze economiche dichiarate ovvero conseguano ad attività illecite. La Cassazione ci può essere confisca senza previo sequestro. Impugnabile in appello anche il «diniego di confisca». I Giudici seguono la sottile linea evolutiva fornita dal nuovo codice antimafia – d.lgs. numero 159/2011 -, il quale, novando la disciplina previgente – la Cassazione spende più di una parola sul valore novativo e non meramente classificatorio delle norme già vigenti del d.lgs. numero 159 cit. –, prevede distinti termini di durata del procedimento applicativo della misura di prevenzione patrimoniale nei diversi gradi di giudizio del merito. In precedenza, l’assenza di siffatte soglie temporali, imponeva che la confisca fosse in ogni caso preceduta dal procedimento per il sequestro preventivo dei beni, la cui emanazione costituiva il dies a quo dal quale calcolare il termine perentorio per l’adozione della misura ablatoria. A far data dal nuovo decreto, invece, il sequestro non costituisce più l’inevitabile presupposto applicativo della confisca, con la conseguenza che il provvedimento che la nega non può che essere autonomamente assoggettabile ad ampia impugnazione nel merito in appello. La Cassazione segue ragioni anche di coerenza sistematica, risulterebbe disarmonico consentire l’appello nei confronti di un provvedimento interinale e provvisorio – la revoca del sequestro – e negarlo nei confronti di un provvedimento relato al procedimento principale. Valga tanto anche per la confisca c.d. allargata prevista per alcuni reati ai sensi dell’articolo 12 sexies l. numero 356/1992 la quale, per giurisprudenza conforme, non deve essere preceduta da sequestro in ogni caso di individuabilità dei beni oggetto di apprensione al momento dell’emissione della misura. Per concludere, può sussistere confisca senza previa emanazione di decreto di sequestro. Sarebbe irrazionale in tal caso negare il riesame nel merito del provvedimento che la nega, precludendo il ricorso in appello, sulla scorta dello scarno dato letterale ex articolo 27 d.lgs. cit La Cassazione opta invece per la soluzione più estensiva.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 settembre – 29 ottobre 2015, numero 43794 Presidente Giordano – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 2 novembre 2011 il Presidente del Tribunale di Ferrara emetteva, in accoglimento della proposta del Questore, provvedimento di sequestro in via cautelare e urgente, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, d.lgs. numero 159 del 2011, dei beni riconducigli direttamente o indirettamente a B.B.A Il successivo 14 novembre, su richiesta del Procuratore della Repubblica, il Presidente del Tribunale di Ferrara estendeva il sequestro in via d'urgenza ad ulteriori beni. Il sequestro veniva motivato con la sproporzione tra le disponibilità patrimoniali immobili, quote societarie, beni mobili registrati , acquisite da B. e dai suoi familiari negli anni compresi tra il 2007 e il 2010, e i redditi dichiarati, sussistendo motivo di ritenere che i suddetti beni fossero il frutto di attività illecite, quanto meno del reato di evasione fiscale. 2. I provvedimenti di sequestro non venivano convalidati dal Tribunale di Ferrara, che non riteneva sussistenti sufficienti indizi in ordine alla configurabilità del reato di evasione fiscale, in quanto l'unico accertamento fiscale intervenuto a carico di B., relativo ai redditi dichiarati per il 2007, aveva consentito di accertare valori di imposte evase, sui redditi e sul valore aggiunto, inferiori alle soglie di punibilità. I provvedimenti di mancata convalida del sequestro non venivano impugnati. 3. Contestualmente, ai sensi dell'articolo 19, comma 5, d.lgs. numero 159 del 2011, il Tribunale disponeva ulteriori accertamenti al fine di stabilire tra l'altro se B. - pluripregiudicato per spaccio di sostanze stupefacenti ed altri reati, ritenuto affiliato alla criminalità organizzata di stampo mafioso e, successivamente, divenuto collaboratore di giustizia, sottoposto a programma di protezione fino al 2006 - avesse proseguito l'attività di collaborazione, avesse a tale titolo percepito compensi e avesse o meno usufruito, almeno in parte, dei proventi della vendita di un immobile, formalmente intestato alla sua ex convivente. All'esito di tali accertamenti il 24 gennaio 2013 il Tribunale di Ferrara respingeva la richiesta di applicazione della confisca, non ritenendo sussistenti i presupposti per l'adozione della misura di prevenzione patrimoniale. 4. Il provvedimento veniva impugnato, il 13 febbraio 2013, dalla Procura generale presso la Corte d'appello di Bologna ai sensi dell'articolo 27 d.lgs. numero 159 del 2011. 5. Il 16 luglio 2013 la Corte d'appello di Bologna, in parziale accoglimento della predetta impugnazione, disponeva nei confronti di B.B.A. la confisca di tre autovetture e di due motoveicoli, di alcuni beni immobili, di un terreno, di quote societarie, dei saldi attivi di alcuni conti correnti, di carte prepagate e di una cassetta di sicurezza, ritenendo sussistenti i presupposti soggettivi e oggettivi per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. 6. Avverso il citato provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione, tramiti i due comuni difensori di fiducia, B. e, quali terzi interessati, M.S., T.V., i quali formulano le seguenti censure. Lamentano l'erronea applicazione, al caso di specie, delle disposizioni contenute nel d.lgs numero 159 del 2011 in violazione di quanto disposto dall'articolo 117 del suddetto d.lgs. a mente del quale “le disposizioni contenute nel libro I non si applicano nei procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione. In tali casi si continuano ad applicare le norme previgenti”. I ricorrenti osservano al riguardo che il d.lgs. numero 159 del 2011 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 2011 ed è pertanto entrato in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione, ossia il 13 ottobre 2011. La proposta di applicazione in via d'urgenza della misura di prevenzione patrimoniale formulata dal Questore è datata 12 ottobre 2011 e menziona espressamente la l. numero 575 del 1965, come modificata dalla l. numero 125 del 2007 e dalla l. numero 94 del 2009. Irrilevante, ad avviso dei ricorrenti, è la circostanza che la successiva proposta del pubblico ministero sia datata 11 novembre 2011, atteso che il procedimento di prevenzione si era già instaurato con la proposta del Questore. Denunciano erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta appellabilità del provvedimento di diniego della confisca. In proposito osservano che il Tribunale di Ferrara si era pronunciato sul sequestro, non convalidando il provvedimento adottato in via d'urgenza dal Presidente del Tribunale stesso, l'1 febbraio 2011 e disponendo la restituzione dei beni. Tale decisione non era stata impugnata. Pertanto, oggetto del provvedimento in data 24 gennaio 2013, impugnato dal Procuratore generale, era soltanto il rigetto della proposta di confisca, non rientrante nella tipologia dei provvedimenti indicati dal combinato disposto degli articolo 27 e 10 d.lgs numero 169 del 2011. Deducono, inoltre, violazione di legge con riferimento all'adozione della confisca pur in assenza del necessario e prodromico atto di sequestro, come si desume dalla lettura logico-sistematica degli articolo 24 e 27 d.lgs. numero 159 del 2011 e dai principi espressi, sia pure con riferimento alla previgente disciplina, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Sez. U., numero 36 del 13 dicembre 2000 . Da ultimo lamentano violazione dell'articolo 1, comma 1, lett. b del d.lgs. numero 159 del 2011, richiamato dal combinato disposto degli articolo 4, comma 1, lett. c e 16, comma 1, lett. a , del d.lgs. numero 159 del 2011 per assenza dei presupposti soggettivi della confisca. La Corte d'appello, infatti, nel provvedimento impugnato richiama la sola lett. b dell'articolo 1 che si riferisce a coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, ma non illustra i dati obiettivi su cui si basa l'applicazione della norma. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Dall'interpretazione letterale dell'articolo 117 d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159 si evince che, circa l'ambito applicativo, la linea di discrimine tra vecchia e nuova disciplina è costituita dalla data di formulazione della proposta applicativa da cui è sorto il procedimento in quanto tale . Se la proposta di applicazione della misura di prevenzione è stata formulata prima del 13 ottobre 2011 data di entrata in vigore del d.lgs. numero 159 del 2011 troveranno applicazioni le disposizioni previgenti, mentre, in caso contrario, le nuove. Nel caso di specie, l'ordinanza impugnata è esente dal denunciato vizio di violazione di legge, laddove ha evidenziato che la proposta di misura di prevenzione del Questore di Ferrara, pur essendo datata 12 ottobre 2011, è stata depositata in cancelleria il 24 ottobre 2001 e, dunque, nella vigenza del d.lgs. numero 159 del 2011. Dall'interpretazione letterale e logico sistematica dell'articolo 7, comma 1, d.lgs. numero 159 del 2011 si evince che la formulazione della proposta che, ai sensi dell'articolo 117 d.lgs. numero 159/2011 rappresenta la linea di demarcazione ai fini dell'applicabilità della nuova disciplina, avviene con il deposito della stessa nella cancelleria del Tribunale ed è da tale data che decorrono i termini per provvedere. 2. L'applicabilità della nuova disciplina rende superfluo l'esame delle censure riguardanti l'insussistenza dei presupposti soggettivi per l'applicazione della confisca alla stregua della previgente normativa. 3. Il secondo e il terzo motivo di ricorso non sono fondati. Il suo esame impone una premessa metodologica. Con la l. 13 agosto 2010, numero 136 Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia , il Parlamento ha voluto fornire una risposta all'esigenza di dare un quadro unitario e coerente alle vari leggi succedutesi in materia di criminalità organizzata con particolare riferimento alle misure di prevenzione. L'articolo 1 della predetta legge conferiva delega al Governo al fine di adottare, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e della misure di prevenzione . Ciò doveva avvenire realizzando a una completa ricognizione della materia penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi compresa quella già contenuta nei codici di diritto penale sostanziale e processuale b l'armonizzazione della normativa di cui al precedente punto a c il coordinamento della normativa di cui alla lett. a con le ulteriori disposizioni di cui alla stessa l. numero 136 del 2010 e con la normativa in materia di istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata d l'adeguamento della normativa italiana alle disposizioni adottate dall'Unione Europea. In attuazione della delega il Governo predisponeva il d.lgs. 6 settembre 2011 numero 159, intitolato “codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articolo 1 e 2 della I. 13 agosto 2010, numero 136”. Il suddetto d.lgs. numero 159 del 2011 ha organizzato e ripartito tematicamente le diverse materie libri da I a IV e, all'articolo 120, ha esplicitato, con i canoni dell'abrogazione espressa, le disposizioni eliminate dall'ordinamento. L'intervento normativo non si è esaurito con l'emanazione del d.lgs. numero 159 del 2011, ma è destinato ad essere integrato ed arricchito, come di evince dall'articolo 1, comma 5, del d.lgs. numero 159 del 2011, il quale prevede che “entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto delle procedure e dei principi e dei criteri direttivi stabiliti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo”. A prescindere dalla intitolazione quale “codice”, si tratta di stabilire se la natura giuridica del testo sia quella di codice, contraddistinto da un maggior tasso di originalità e completezza, o quella di testo unico, in cui le predette due connotazioni sfumano. I profili che sembrano innovativi e degni di essere indicati quali punti qualificanti del codice antimafia appaiono i seguenti a la richiesta di celebrazione dell'udienza pubblica nell'ambito del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione articolo 7, comma 1, d.lgs. numero 159 del 2011 b la previsione di termini di efficacia della misura di prevenzione patrimoniale se il procedimento non viene definito nel rispetto dei termini perentori previsti dalla legge per il giudizio di primo e secondo grado articolo 24, comma 2, 27, comma 6, d. Igs. numero 159 del 2011 c la revocazione della confisca articolo 28 d. Igs. numero 159 del 2011 solo in casi eccezionali difetto originario dei presupposti, falsità delle prove d l'applicazione delle norme in materia di prevenzione per l'amministrazione e la gestione dei beni che siano contemporaneamente oggetto di sequestro penale e di sequestro di prevenzione. Significative novità rispetto alla disciplina previgente possono essere, altresì, colte nel rapporto tra procedura di prevenzione e procedura concorsuale articolo 63 e ss. d.lgs. numero 159 del 2011 , nel regime fiscale dei beni confiscati articolo 51 d.lgs. numero 159 del 2011 , nella tutela del terzo creditore. Tutti i profili sinora menzionati connotano di significato la scelta legislativa di qualificare il nuovo testo normativo come codice, piuttosto che come testo unico, volto unicamente alla razionalizzazione del materiale normativo esistente. 4. L'interpretazione dell'articolo 27 d.lgs. numero 159 del 2011, che disciplina le impugnazioni in tema di misure di prevenzione patrimoniali, deve essere, quindi, effettuata tenendo presente la natura del suddetto d.lgs. che, come detto, rappresenta un vero e proprio codice e non una mera ricognizione della normativa previgente. L'articolo 27, collocato nel capo II Le impugnazioni del Titolo II dedicato alle misure di prevenzione patrimoniali, indica, al primo comma, le seguenti tipologie di provvedimenti destinati ad essere comunicati ai soggetti procuratore generale presso la corte d'appello, procuratore della repubblica presso il tribunale, terzi interessati legittimati ad impugnarli a i provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati b la revoca del sequestro c la restituzione della cauzione d la liberazione delle garanzie e la confisca della cauzione f l'esecuzione dei beni costituiti in garanzia. Il secondo comma dell'articolo 27 stabilisce, a sua volta, che ai “detti provvedimenti” si applichino le disposizioni dettate per le misure di prevenzione personali dall'articolo 10 d.lgs. numero 159 del 2011, il quale delinea un doppio grado di impugnazioni avverso le decisioni del tribunale il ricorso alla corte d'appello, “anche per il merito” articolo 10, comma 1 il ricorso per cassazione “per violazione di legge” avverso il decreto della corte d'appello articolo 10, comma 3 . Il rinvio espresso, ai fini della proponibilità dell'impugnazione, contenuto nel secondo comma dell'articolo 27, che richiama le tipologie di provvedimenti elencati nel primo comma “ .per le impugnazioni contro detti provvedimenti” , impone di ricostruire, con riferimento alla specifica fattispecie sottoposta all'esame del Collegio, l'esatto significato della dizione “revoca del sequestro”. Si tratta, in particolare, di stabilire se detta espressione si riferisca esclusivamente ai casi in cui sopravvengono le cause di invalidità della misura precedentemente adottata, alternativamente indicate dall'articolo 26, comma 2, d.lgs. numero 159 del 2011 reiezione della proposta di applicazione della misura di prevenzione legittima provenienza dei beni oggetto della misura stessa mancanza di disponibilità di retta o indiretta dei beni da parte della persona indiziata oppure abbia una portata più ampia. Il Collegio ritiene che con la dizione “revoca del sequestro” l'articolo 27, commi 1 e 2, non si riferisca soltanto ai casi regolati dall'articolo 26, comma 2, d.lgs. numero 159 del 2011, ma comprenda anche le ipotesi di reiezione della proposta di confisca che non sia stata preceduta dal sequestro. Il mero dato letterale, tendenzialmente da privilegiare rispetto agli altri nell'esegesi della legge articolo 12 preleggi , può, in questo caso, determinare gravi irrazionalità che l'interprete è tenuto a scongiurare, dovendo privilegiare, tra le possibili letture, quelle che consentano la piena conformità della norma ai principi costituzionali. 5. Nel caso di specie, l'interpretazione letterale della dizione “revoca del sequestro” e la conseguente proponibilità dell'appello da parte del pubblico ministero solo avverso questo tipo di provvedimento e non anche avverso il diniego della confisca sarebbe fonte di un'intrinseca irragionevolezza complessiva del sistema che riserverebbe un trattamento difforme rispetto a situazioni analoghe che si traducono entrambe nella mancata ablazione di beni ritenuti di provenienza illecita. Il diniego della confisca sarebbe, infatti, ricorribile esclusivamente per cassazione articolo 111 Cost. articolo 23, comma 1, 7, comma 4, d.lgs. vo numero 159 del 20111, 666, comma 6, c.p.p. , con conseguente deducibilità di censure attinenti alla sola violazione di legge articolo 111 Cost., 23, comma 1, e 10, comma 3, d.lgs. numero 159 del 2011 , mentre la revoca del sequestro sarebbe suscettibile di ricorso in appello anche per il merito articolo 27, comma 2, e 10, comma 1, d.lgs. numero 159 del 2011 . Tale asimmetria non è assistita da alcuna ragionevole giustificazione, che valga a renderla compatibile con le esigenze di tutela di altri valori di rango costituzionale. Con specifico riferimento al ruolo e ai poteri del pubblico ministero, organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi, l'interpretazione meramente letterale della nozione di “revoca del sequestro” comporterebbe l'esercizio di facoltà diseguali rispetto a situazioni sostanzialmente assimilabili, quali la revoca del sequestro e il diniego della confisca, implicanti entrambe la mancata ablazione del bene di asserita provenienza illecita. Nell'un caso, infatti, il pubblico ministero potrebbe proporre appello, mentre nell'altro solo ricorso per cassazione. Tale disparità non troverebbe un'adeguata ratio giustificatrice in esigenze di funzionale e corretta esplicazione della giustizia penale e mal si concilierebbe con il completo sviluppo di finalità, esse pure costituzionalmente rilevanti, insite nel sistema delle misure di prevenzione patrimoniali. Considerato che la disciplina delle impugnazioni costituisce un capitolo della complessiva regolamentazione del procedimento applicativo delle misure di prevenzione patrimoniali, senza alcuna limitazione a determinati momenti o aspetti dell' iter procedimentale, eventuali menomazioni del potere di impugnazione del pubblico ministero debbono rappresentare soluzioni normative sorrette da una ragionevole giustificazione nei termini di adeguatezza e proporzionalità. In tale ottica, è contrario ad ogni razionalità ritenere che il pubblico ministero abbia il potere di proporre appello e di formulare doglianze di merito avverso il provvedimento di revoca del sequestro che lo veda totalmente soccombente, negando la realizzazione della pretesa punitiva fatta valere con l'azione intrapresa, mentre possa ricorrere soltanto per cassazione contro il diniego della confisca che respinge quella stessa pretesa, non preceduta da alcuna misura cautelare e interinale. Non può neppure ritenersi che l'eliminazione del potere di appello del pubblico ministero sia compensato dall'ampliamento dei motivi di ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e , c.p.p., così come modificato dall'articolo 8 della l. numero 46 del 2006, in quanto, a prescindere dall'effettiva portata dei nuovi e più ampi casi di ricorso, il rimedio non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito dall'appello. D'altra parte, la previsione di un secondo grado di giurisdizione di merito trova la sua giustificazione proprio nell'opportunità di una verifica piena della correttezza delle valutazioni del giudice di primo grado, che non si possono presupporre esatte, perché ciò equivarrebbe a negare la ragione stessa dell'istituto dell'appello. Se il doppio grado mira a rafforzare un giudizio di maggiore certezza, l'iniziativa del pubblico ministero volta alla verifica dei possibili errori commessi dal tribunale nel negare la confisca ha come scopo istituzionale quello di assicurare la corretta applicazione della legge penale nel caso concreto e, tramite quest'ultima, l'effettiva attuazione dei principi di legalità e di eguaglianza, nella prospettiva della tutela dei molteplici interessi, connessi anche a diritti fondamentali, a cui presidio sono poste le disposizioni in tema di misure di prevenzione patrimoniale. Non può neppure sostenersi che l'appellabilità del provvedimento di diniego di confisca potrebbe incidere negativamente sui tempi di definizione del procedimento di prevenzione. La ragionevole durata del procedimento stesso è, infatti, già stabilita dalla legge articolo 24, comma 2, e 27, comma 6, d.lgs. numero 159 del 2011 e, in ogni caso, deve essere contemperata con il complesso delle altre garanzie costituzionali e non può essere perseguita, attraverso la soppressione di rilevanti facoltà processuali di una delle parti Corte Cost. sent. numero 27 del 2007 numero 219 del 2004 ordinanze numero 420 e numero 418 del 2004, numero 251 del 2003, numero 458 e numero 519 del 2002 . 6. La revoca del sequestro e il diniego della confisca sono provvedimenti sostanzialmente assimilabili dal punto di vista del contenuto e degli effetti. In entrambe le ipotesi, infatti, non si verifica l'apprensione dei beni nella disponibilità dei soggetti elencati dall'articolo 16 d.lgs. numero 159 del 2011. Nel caso di revoca del sequestro ciò avviene qualora sia respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione della confisca oppure quando risulta che esso ad oggetto beni di provenienza legittima ovvero, infine, beni di cui l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente articolo 20, comma 2, d.lgs. numero 159 del 2011 . La confisca viene negata quando la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento possa giustificare la legittima provenienza dei beni di cui, anche per interposta fisica o giuridica, risulti essere titolare e avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore proporzionato al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica, ovvero quando non risulti che i beni costituiscano il frutto di attività illecite o il reimpiego degli utili acquisiti grazie alle stesse articolo 24, comma 1, d.lgs. numero 159 del 2011 . La lettura logico-sistematica degli articolo 24, 20 e 22 d.lgs. numero 159 del 2011 rende evidente che il sequestro è una misura cautelare eventuale, suscettibile di adozione al fine di anticipare in via provvisoria, per il tempo necessario alla conclusione del procedimento applicativo della misura ablatoria della confisca, l'apprensione di beni nella disponibilità di uno dei soggetti indicati dall'articolo 16 per garantire, nell'interesse pubblico, la praticabilità e l'efficacia della misura di prevenzione reale. La sua adozione risponde, quindi, ove ne sussistano i presupposti, all'esigenza di impedire al proposto di occultare o disperdere i beni per sottrarli alla definitiva acquisizione al patrimonio dello Stato da parte dei pubblici poteri. Se la funzione delle varie forme di sequestro previste, rispettivamente, dagli articolo 20, comma 1, 22, commi 1 e 2, 24, ultimo comma, d.lgs. numero 159 del 2011, è quella di anticipare gli effetti della confisca e la loro eventuale adozione è meramente eventuale e, in ogni caso, strumentale ad assicurare le finalità dalla stessa perseguite, è evidente che ritenere ammissibile l'appello soltanto riguardo alla revoca del sequestro e non al diniego della confisca provocherebbe una grave disarmonia sistematica, riservando illogicamente una disamina più approfondita nel merito unicamente ad un provvedimento interinale e provvisorio piuttosto che a quello principale cui esso accede. 7. Alla luce delle significative innovazioni introdotte dal d.lgs. numero 159 del 2011 in tema di durata del procedimento in primo grado e in appello e delle sanzioni di inefficacia conseguenti all'omesso rispetto dei suddetti termini articolo 24, comma 2, e 27, d.lgs. numero 159 del 2011 i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U., numero 36 del 13 dicembre 2000 , con riferimento all'individuazione del termine ultimo entro il quale sottoporre a confisca di prevenzione beni di indiziati mafiosi in un procedimento autonomo e successivo all'applicazione di una misura personale, assumono una valenza specifica rispetto al disposto dell'articolo 2-ter, comma 6, della previgente l. numero 575 del 1965. Per il resto essi rappresentano, in coerenza con le indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale sentenza numero 465 del 1993 , una significativa anticipazione della riforma introdotta con il d.lgs. numero 159 del 2011, laddove, mediante la correlazione tra sequestro e confisca, hanno sottolineato la necessità del rispetto dei termini perentori stabiliti dai commi 3 e 6 del suddetto articolo 2-ter l. numero 575 del 1965 per assicurare le garanzie di difesa e garantire la ragionevole durata del procedimento di prevenzione. In tale prospettiva, l'affermazione che la confisca deve necessariamente essere preceduta dal sequestro, la cui emanazione segna il dies a quo dal quale calcolare il termine perentorio per l'adozione della misura ablatoria, era funzionale a scongiurare situazioni d'incertezza sulla destinazione dei cespiti interessati dal procedimento di prevenzione in pregiudizio della sfera giuridica della persona, dei suoi diritti di iniziativa economica e di proprietà e degli interessi degli eventuali terzi coinvolti. Il legislatore ha posto un rimedio agli aspetti critici messi in luce dalla citata decisione delle Sezioni Unite mediante la espressa previsione di termini di durata del procedimento applicativo della misura di prevenzione patrimoniale nei diversi gradi del giudizio di merito, con conseguenti sanzioni di inefficacia della misura, e garanzie di effettività del contraddittorio articolo 23 e 7 d.lgs. numero 159 del 2011 per tutte le parti interessate. Se, dunque, il sequestro non costituisce né un presupposto applicativo né un momento procedimentale ineludibile rispetto alla confisca è evidente, sotto un profilo logico-sistematico, che la nozione di “revoca del sequestro” comprende anche i casi di diniego della confisca, suscettibili anch'essi di appello da parte del pubblico ministero Sez. 5, numero 494 dell'I ottobre 2014 . 8. Un tale approdo ermeneutico trova, ad avviso del Collegio, ulteriore avallo nell'evoluzione giurisprudenziale in tema di confisca ex. articolo 12-sexies I. 7 agosto 1992, numero 356. Al riguardo si è affermato che la confisca disposta ai sensi dell'articolo 12-sexies non presuppone necessariamente il sequestro né deve immancabilmente esser preceduta da detto provvedimento cautelare ogni volta in cui i beni sono altrimenti individuabili al momento in cui il provvedimento deve essere eseguito Sez. 2, numero 6383 del 29 gennaio 2008 Sez. 3, numero 7079 del 23 gennaio 2013 . Si è, altresì, argomentato che l'omissione del previo provvedimento di sequestro non viola l'articolo Ili Cost. sotto il profilo dell'obbligo di informare l'interessato, nel più breve tempo possibile, circa la natura e i motivi dell'iniziativa assunta suo carico, considerato che detto obbligo è soddisfatto mediante la celebrazione dell'udienza camerale e l'instaurazione del contraddittorio in tale sede con le parti interessate. 9. Sotto i profili sinora illustrati non pare condivisibile l'opposto orientamento interpretativo Sez. 6, numero 46478 del 17 ottobre 2013 Sez. 6, numero 26842 del 3 giugno 2015 che valorizza il dato letterale dell'articolo 27, commi 1 e 2, d.lgs. numero 159 del 2011 e, con riguardo alla ratio della disposizione in esame, ritiene che la scelta di limitare l'appellabilità alla revoca del sequestro trova una sua logica giustificativa nel possibile maggiore approfondimento nel merito dei temi legati alla denegata confisca, approfondimento non confacente all'interesse della collettività, laddove neppure nella valutazione sommaria che accompagna la concessione del provvedimento anticipatorio siano stati riscontrati i presupposti utili alla adozione del provvedimento ablativo. 3. Anche le ulteriori censure non sono fondate. La Corte d'appello di Bologna, con motivazione immune da vizi giuridici, ha ritenuto sussistenti i presupposti soggettivi per l'applicazione della confisca ai sensi del combinato disposto degli articolo 16, comma 1 lett. a , 4, comma 1 lett. c , 1, comma 1 lett. b , d.lgs. numero 159 del 2011. A tale proposito, contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, ha richiamato un complesso di elementi di fatto che valutati sia singolarmente che nella loro complessiva valenza dimostrativa, sono stati ritenuti espressivi della circostanza che B. viva, almeno in parte, dei proventi di plurime attività delittuose nel settore dei reati contro il patrimonio e dei reati tributari dichiarazione fraudolenta, omessa dichiarazione di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili . A tale riguardo il giudice d'appello ha valorizzato, con iter argomentativo completo e correttamente argomentato anche mediante la puntuale esplicitazione delle diverse conclusioni cui era pervenuto il Tribunale e le ragioni per le quali le stesse non erano condivisibili, il passato criminale di B., la successiva scelta collaborativa, l'interruzione della stessa, le modalità di acquisizione e gestione delle attività imprenditoriali nel settore delle case di cura, l'esercizio di indebite pressioni in danno di prestatori d'opera incaricati di determinati servizi in favore delle stesse, l'emissione diretta attraverso le proprie imprese e indiretta tramite i prestatori d'opera di fatture per operazioni inesistenti, la sistematica attività di evasione fiscale, ampiamente superiore alle soglie di punibilità previste dal d.lgs. numero 74 del 2000 negli anni 2008, 2009, 2010, le attività di distruzione e occultamento di documenti al fine di rendere più difficoltosa la ricostruzione dei redditi e il volume degli affari. A fronte di una motivazione correttamente sviluppata, il Collegio osserva, in via conclusiva, che, in tema di misure di prevenzione Corte Costituzionale, sentenze numero 321 del 2004, numero 106 , non è deducibile il vizio di manifesta illogicità della motivazione, ma solo quello di mancanza di motivazione. Alla mancanza di motivazione è, peraltro, equiparata l'ipotesi in cui la motivazione risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente, o sia assolutamente inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. E, quindi, da escludere, in materia di misure di prevenzione, la deducibilità del vizio di motivazione, a meno che quest'ultima sia del tutto carente o presenti difetti tali da renderla meramente apparente, e cioè sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, o assolutamente inidonea a rendere comprensibile la ratio decidendi. Benché nei motivi di ricorso la difesa non abbia mai fatto riferimento al vizio di manifesta illogicità della motivazione di cui all'articolo 606, comma 1, lettera e , c.p.p., la maggior parte delle censure mosse contro il provvedimento impugnato attiene, in realtà, alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione impugnata e all'adeguatezza logica del ragionamento seguito dalla Corte d'appello. 4. Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.