L’esistenza di una società di fatto tra fratelli e l’accordo, non scritto, tra gli stessi per la costituzione di un edificio sul suolo formalmente intestato solo ad alcuni di questi, non impedisce l’applicazione dell’articolo 936 c.c., poiché, escluso il conferimento in società del suolo, per insussistenza dei requisiti di forma, non sussiste tra le parti alcun rapporto giuridico capace d’inficiare il diritto del soggetto, non intestatario del bene, ad ottenere il pagamento del prezzo dei materiali e della mano d’opera ovvero l’aumento di valore conseguito dal fondo, qualificandosi egli quale terzo rispetto al bene.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 4932/16, depositata il 14 marzo. L’interesse della pronuncia è legato alla interpretazione della nozione di terzo per l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 936 c.c. Opere fatte da un terzo con materiali propri . Il fatto. Un soggetto citava in giudizio i suoi due fratelli con i quali assumeva di aver costituito una società di fatto per l’esercizio della pesca costiera. Riferiva che con i proventi dell’attività i tre avessero acquistato un terreno su cui avevano edificato un immobile quest’ultimo, diviso tra i tre comproprietari da un punto di vista solo sostanziale, avendo ciascuno conseguito il godimento di una porzione del bene, restava tuttavia formalmente intestato solo ai germani. L’attore chiedeva che il Tribunale accertasse, in via principale, l’obbligo di conferimento del suolo e dell’immobile alla società ed in subordine condannasse i convenuti alla corresponsione di una somma pari ad un terzo del valore dell’edificio. I convenuti in via riconvenzionale domandavano la restituzione della porzione di edificio in possesso dell’attore. La domanda principale era accolta. Proposto gravame la Corte territoriale riformava la decisione stabilendo l’impossibilità di conferimento del terreno in società per difetto del requisito della forma scritta ex articolo 2251 e 1350 c.c., ed escludendo al contempo l’applicabilità dell’articolo 936 c.c Tale ultima decisione era motivata dal giudice di seconde cure in ragione del dichiarato rapporto societario esistente tra l’attore ed i convenuti, da cui era maturata la scelta dell’attore di contribuire economicamente alla realizzazione dell’edificio. In ogni caso restava fermo il diritto dell’appellato di vedersi rimborsare le spese di realizzazione dell’edificio a titolo di arricchimento senza causa. La parte soccombente impugnava così la pronuncia dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione dell’articolo 936 c.c Il rapporto di terzietà tra il realizzatore delle opere ed il proprietario del fondo. Prima di analizzare la decisione dell’Organo di legittimità appare opportuno ricordare come l’articolo 936 c.c. preveda che nel caso in cui il proprietario di un fondo decida di ritenere le opere sullo stesso realizzate da un terzo, debba pagare il valore dei materiali ed il prezzo della mano d’opera ovvero l’aumento di valore recato al fondo. E’ evidente come la norma richieda quale condizione essenziale per la sua effettiva applicazione l’esistenza di un rapporto di terzietà tra il proprietario del fondo ed il realizzatore delle opere. In tale quadro normativo il ricorrente sosteneva che la giurisprudenza qualificasse terzo il realizzatore delle opere privo di abilitazione a farlo. In virtù di tale principio e con riferimento al caso di specie era stata la stessa Corte di appello ad escludere l’esistenza di un rapporto valido ed esistente tra le parti, nella misura in cui aveva richiesto per la validità del conferimento del fondo in società un atto scritto. E’ così che il ricorrente sosteneva la propria terzietà e, dunque, l’applicazione alla sua vicenda dell’articolo 936 c.c La contraddittorietà della sentenza di secondo grado. La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso evidenziando l’equivoco di fondo in cui era incorsa la Corte di appello questa infatti, se da un lato aveva ritenuto rilevante l’esistenza di una società di fatto tra i fratelli e l’accordo per la costruzione dell’edificio, per giustificare la mancata applicazione dell’articolo 936 c.c., dall’altro aveva comunque negato l’esistenza del conferimento in società del terreno. Con tale decisione la Corte territoriale aveva violato la giurisprudenza di legittimità esistente in materia secondo cui, l’applicazione dell’articolo 936 c.c. richiederebbe la terzietà dell’autore delle opere considerandosi tale colui che ha eseguito l’opera senza essere vincolato al proprietario da alcun rapporto giuridico.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 dicembre 2015 – 14 marzo 2016, numero 4932 Presidente Nuzzo – Relatore Manna Svolgimento del processo P. G. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Marsala i propri germani F. e V. G., con i quali aveva costituito una società di fatto esercente l'attività di pesca costiera. Deduceva, quindi, che con i paritari proventi della società i tre fratelli avevano acquistato un terreno in Mazzara del Vallo, c. da Tonnarella, provvedendo alla relativa edificazione. Precisava che detto terreno risultava, però, intestato ai soli F. e V. e che, costruito il fabbricato, tutti e tre i fratelli lo avevano diviso in via di puro fatto in ragione di 1/3 per ciascuno, sicché egli era divenuto proprietario esclusivo dell'intero primo piano e di due dei magazzini-garage siti al piano terra. Pertanto, poiché F. e V. G. si erano opposti alla regolarizzazione della situazione proprietaria, proponeva domanda affinché fosse accertato, nei loro confronti, l'obbligo di conferimento del terreno in società e l'appartenenza del fabbricato alla società stessa. In subordine, domandava la condanna dei convenuti a corrispondergli una somma pari ad un terzo del valore dell'edificio. Resistendo i convenuti, i quali domandavano in via riconvenzionale la condanna di P. G. al rilascio dei fondi in suo possesso, il Tribunale accoglieva la domanda di tesi dell'attore e rigettava la domanda riconvenzionale. In seguito all'impugnazione proposta dal solo F. G. tale sentenza era ribaltata dalla Corte d'appello di Palermo. Escluso che il terreno potesse essere stato conferito in società e poi diviso, a causa del difetto del requisito di forma scritta stabilito dagli articolo 2251 e 1350, nnumero 9 e 11 c.c., la Corte distrettuale escludeva anche l'applicabilità dell'articolo 936 c.c. Detta norma, infatti, operava sul presupposto che l'autore delle opere realizzate sul suolo altrui fosse terzo, e tale doveva considerarsi chiunque non avesse con il proprietario del fondo alcun preesistente rapporto. Nello specifico, invece, lo stesso P. G. aveva affermato di aver contribuito alla realizzazione del fabbricato sul terreno dei fratelli a seguito recte, a causa numero d.r. dell'esistenza di un rapporto societario con loro. Il che escludeva applicazione dell'articolo 936 c.c., fermo restando, comunque, il diritto di P. di vedersi rimborsate le spese di realizzazione dell'edificio a titolo i arricchimento senza causa. Per la cassazione di tale sentenza P. G. propone ricorso affidato un solo motivo. Resiste con controricorso F. G Entrambe le suddette parti hanno depositato memoria. V. G., nei cui confronti il ricorrente ha sua sponte rinnovato la notifica del ricorso, è rimasto intimato. Motivi della decisione 1. - Con l'unico motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'articolo 936 c.c. sostiene parte ricorrente che erroneamente la Corte territoriale ha escluso il requisito di terzietà previsto dalla norma, argomentando dall'esistenza di un apporto societario fra le parti. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, terzo ai fini del riconoscimento del diritto di credito previsto all'articolo 936 c.c. nei confronti del proprietario del suolo che eserciti la facoltà i ritenzione delle opere, è colui il quale avendo eseguito le accessioni risulti privo del titolo che lo avesse abilitato a farle, il che si verifica non solo quando il titolo sia stato dichiarato nullo, ma anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto da cui l'esecutore delle opere aveva derivato l'ius aedificandi. Nel caso specifico, riguardo al terreno la società di fatto tra i tre fratelli non era titolare di alcun rapporto giuridico non solo valido ma neppure esistente, poiché, come statuito dalla stessa Corte territoriale, il conferimento in società del fondo avrebbe richiesto un atto scritto ad substantiam. Dunque, non potendosi ipotizzare alcun preesistente diritto della società di costruire sul terreno, P. G. va ritenuto terzo ai fini applicativi dell'articolo 936 c.c., e quindi avente diritto ad un'indennità pari al costo dei materiali e della mano d'opera ovvero all'incremento di valore dell'immobile. 2. - Il motivo è fondato. Occorre premettere che con statuizione non oggetto di censura in questa sede di legittimità, la Corte distrettuale ha accertato che il conferimento in società del terreno è nullo per difetto di forma v. pag. 5 sentenza impugnata . Sulla base di tale affermazione, la conclusione cui è pervenuta la Corte palermitana contrasta con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la normativa dell'articolo 936 c.c. postula, per la sua applicabilità, che autore delle opere realizzate sul suolo altrui sia un terzo, dovendo considerarsi tale colui che ha eseguito l'opera senza essere vincolato al proprietario del suolo da alcun rapporto giuridico, ovvero in base a contratto che sia venuto meno per invalidità o per risoluzione con effetto retroattivo inter partes della relativa pronuncia Cass. nnumero 6207/93, 956/95, 895/97, 12703/99, 2998/01 e 4623/01 . A maggior ragione la decisione impugnata contrasta anche con l'orientamento che ritiene terzo anche chi abbia costruito un manufatto su fondo altrui in base alla promessa verbale del proprietario del suolo di trasferirgli in corrispettivo di lavori eseguiti la proprietà dello stesso manufatto atteso che la promessa di trasferimento, avendo ad oggetto un immobile, deve ritenersi nulla - e quindi tamquam non esset - per mancanza della forma scritta Cass. numero 6380/88 . 2.1. - La contraria soluzione cui è pervenuta la Corte territoriale nasce dal duplice equivoco di ritenere comunque rilevante, al fine di escludere l'applicabilità alla fattispecie dell'articolo 936 c.c., l'esistenza della società di fatto tra i fratelli e l'accordo, ancorché non scritto, tra di loro per la costruzione del fabbricato. Soluzione, questa, intrinsecamente contraddittoria rispetto alla premessa negazione che il terreno su cui è stato eretto l'edificio potesse ritenersi conferito in società. Escluso il conferimento, non è dato di comprendere che rilevanza la società di fatto potesse rivestire ai fini della configurazione tra le parti di un rapporto giuridico avente ad oggetto il terreno stesso. 3. - Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo, che nel decidere il merito si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, provvedendo, altresì, sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo, che provvederà anche sulle spese di cassazione.