E’ errato considerare atomisticamente il significato di ciascuno di essi, pur necessario presupposto della loro valutazione secondo un iniziale giudizio analitico, senza poi valutare la loro intima interconnessione e il loro nesso sistematico, in un giudizio sintetico e conclusivo, irrinunciabile, che verifichi se il significato di alcuni, per quanto dubbi, non possa spiegarsi invece alla luce di altri, di più certa e chiara pregnanza, in un inquadramento generale della vita dell’ente, che si cali nel contesto ambientale e tenga ben presenti le coordinate di tempo e di luogo che lo contraddistinguono e ciò alla luce dell' articolo 143 del T.U.E.L
Così si è espresso il Consiglio di Stato con la sentenza numero 196 depositata il 20 gennaio 2016. Il fatto. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva annullato il decreto del Prefetto di Palermo per lo scioglimento del Consiglio comunale di un Comune siciliano per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’articolo 143 del T.U.E.L. d.lgs. numero 267/2000 . Relativamente a tale questione, la sezione ha rilevato che il decreto di scioglimento non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, per l’emanazione del relativo provvedimento di scioglimento, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 3.11.2015, numero 5023 . Elementi sintomatici del condizionamento criminale. L’articolo 143, comma 1, nel testo novellato dall’articolo 2, comma 30, della l. numero 94/2009, richiede che detta situazione sia resa significativa da elementi «concreti, univoci e rilevanti», che assumano valenza tale da determinare «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali», aspetto, quest’ultimo, che riveste carattere essenziale per l’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica per univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale. Valutazione d’insieme delle vicende presupposto dello scioglimento del Consiglio comunale. In sostanza, la definizione di questi precisi parametri costituisce un vincolo con il quale il legislatore della l. numero 9/2009 non ha voluto elidere quella discrezionalità, ma controbilanciarla, ancorandola a fatti concreti e univoci, in funzione della necessità di commisurare l’intervento più penetrante dello Stato a contrasto del fenomeno mafioso con i più alti valori costituzionali alla base del nostro ordinamento, quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l’autonomia dei diversi livelli di Governo garantita dalla Costituzione Cons. St., sez. III, 19.10.2015, numero 4792 . Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, ha sottolineato la Sezione, devono essere però considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso. Assumono pertanto rilievo anche situazioni non traducibili in episodici addebiti personali, come invece aveva contestato il giudice di primo grado, ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione o di una pericolosa contiguità degli amministratori locali alla criminalità organizzata vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni , e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 28.9.2015, numero 4529 .
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 10 dicembre 2015 – 20 gennaio 2016, numero 196 Presidente Romeo – Estensore Noccelli Fatto e diritto 1. Gli odierni appellati, nelle loro rispettive qualità precedentemente rivestite di consiglieri comunali, di assessori e di Vicesindaco del Consiglio comunale di Altavilla Milicia PA ed attualmente reintegrati nelle proprie funzioni, hanno impugnato avanti al T.A.R. Lazio il decreto del Presidente della Repubblica dell’11.2.2014, con il quale è stato disposto lo scioglimento dell’organo consiliare dell’ente e l’affidamento temporaneo della gestione del Comune di Altavilla Milicia ad una Commissione straordinaria, ai sensi dell’articolo 143 del d. lgs. 267/2000 la relazione del Prefetto di Palermo del 22.11.2013 la relazione di accompagnamento dl Ministero dell’Interno del 30.1.2014 la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella seduta del 6.2.2014 il provvedimento prefettizio del 7.2.2014, prot. numero 236/N.comma 2014 Area O.S.P. 1bis, di sospensione, con effetto immediato, degli organi del Comune di Altavilla Milicia PA dalla carica ricoperta e da ogni altro incarico connesso il diniego all’istanza di accesso agli atti assunto l’11.3.2014 dalla Prefettura di Palermo nonché di ogni altri atto presupposto, connesso e consequenziale, chiedendone l’annullamento sulla base di due articolati motivi, rispettivamente fondati sulla lamentata violazione dell’articolo 143 del d. lgs. 167/2000 nonché sulla violazione e sulla falsa applicazione degli articolo 22 e ss. della l. 241/1990, della l. 124/2007 e del D.M. 415/1994. 1.1. Nel giudizio di primo grado si sono costituite le Amministrazioni intimate, per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione, mentre non si è costituito il Comune di Altavilla Milicia. 1.2. Con ordinanza numero 5446/2014 il T.A.R. Lazio ha accolto l’istanza istruttoria formulata dal ricorrente, disponendo il deposito, da parte della difesa erariale, della relazione del Prefetto di Palermo del 22.11.2013 in versione completa, e degli atti relativi alla sospensione, con effetto immediato, degli organi comunali. 1.3. Infine, con la sentenza numero 9683 del 17.7.2015, il T.A.R. Lazio ha accolto il gravame, annullando i provvedimenti impugnati. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Palermo, chiedendone, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado. 2.1. Il gravame si fonda su un unico articolato motivo, teso a censurare il vizio di fondo che affliggerebbe la sentenza qui impugnata, costituito dall’essersi il primo giudice limitato ad un parziale e non esaustivo esame dei vari profili che hanno indotto l’Amministrazione ad adottare il decreto di scioglimento, soffermandosi sui singoli episodi e tralasciando, invece, il quadro d’insieme che, alla luce di consolidati orientamenti giurisprudenziali, sarebbe l’unico profilo significativo che può giustificare il provvedimento di cui all’articolo 143 del d. lgs. 267/2000. 2.2. Si sono costituiti gli appellati, con articolata memoria di difesa, per resistere all’avversario gravame e chiederne la reiezione. 2.3. Nella camera di consiglio del 19.11.2015, fissata per l’esame della domanda cautelare, la causa è stata rinviata, per la sollecita definizione del merito, all’udienza pubblica del 10.12.2015. 2.4. Nell’udienza pubblica del 10.12.2015 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione. 3. L’appello è fondato e va accolto. 4. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di giudicato, per formazione del giudicato conseguente alla irricevibilità del gravame proposto dal Sindaco, Antonino Parisi, in separato giudizio contro la sentenza numero 9683/2015 del T.A.R. Lazio, eccezione sollevata dagli appellati nella propria memoria di costituzione pp. 4-6 . 4.1. Si eccepisce, infatti, che l’appello avverso tale sentenza sarebbe stato notificato dalle Amministrazioni il 16.10.2015, ben oltre il termine breve dimezzato di trenta giorni, ai sensi dall’articolo 119, comma 1, lett. e , c.p.a., decorrente dalla notifica della sentenza, avvenuta a mezzo di posta elettronica certificata il 22.7.2015, come la stessa difesa erariale avrebbe riconosciuto pacificamente a p. 2 dello stesso appello. 4.2. L’eccezione è infondata. 4.3. La notifica del 22.7.2015, infatti, è avvenuta presso l’indirizzo di posta elettronica roma@mailcert.avvocaturastato.it, che tuttavia non è l’indirizzo PEC prescritto per fini processuali, essendo quest’ultimo ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it. 4.4. Il primo, quello usato dal ricorrente nel giudizio R.G. numero 6706/2015 avanti al T.A.R. per la notifica della sentenza, è l’indirizzo PEC presente sull’indice delle p.a. e destinato alla corrispondenza amministrativa, mentre solo il secondo è valido per le notifiche processuali. 4.5. Ne segue che la notifica del 22.7.2015, quand’anche abbia messo l’Avvocatura Generale nelle condizioni di conoscere, de facto, la sentenza, non è valida a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, poiché tale notifica doveva essere ritualmente effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica dell’Avvocatura predisposto a fini processuali e, cioè, quello risultante al REGINDE, previsto dall’articolo 7 del D.M. 44/2011 e menzionato come registro valido ai fini delle notifiche PEC dall’articolo 16-ter del D.L. 179/2012. 4.6. Di qui la tempestività dell’appello proposto dalle Amministrazioni contro la sentenza “gemella” numero 9683/2015, per inidoneità della notifica effettuata il 22.7.2015 via PEC dal ricorrente vittorioso in quel giudizio, presso indirizzo non valido a fini processuali, a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. 5. È infondata anche la seconda eccezione preliminare, sollevata dagli appellati a p. 4 della loro memoria, relativa alla mancata impugnazione della sentenza qui gravata da parte della Presidenza della Repubblica, nonostante il provvedimento di scioglimento sia stato adottato l’11.2.2014 proprio con decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 51 del 3.3.2014, mancata impugnazione che condurrebbe alla formazione del giudicato. 5.1. L’eccezione è infondata, sul piano sostanziale, poiché lo scioglimento del consiglio comunale è un provvedimento solo formalmente presidenziale, in quanto adottato nella forma del decreto del Presidente della Repubblica, ma per la sua peculiare ratio, sulla quale in breve ci si soffermerà, sostanzialmente è una misura straordinaria adottata dal Governo e, in particolare, dal Ministero dell’Interno, sicché vera – per quanto non esclusiva – parte e più titolata ad agire è quest’ultima Amministrazione, non richiedendosi, pertanto, che al giudizio relativo alla legittimità del provvedimento debba prender parte necessariamente anche la Presidenza della Repubblica – che, del resto, non si era costituita nemmeno nel giudizio di primo grado – né che essa debba necessariamente impugnare la sentenza sfavorevole insieme con le altre Amministrazioni. 6. Con una terza eccezione preliminare pp. 6-7 della memoria , infine, gli odierni appellati reiterano l’eccezione di inammissibilità della ulteriore documentazione, depositata dalla difesa erariale avanti il 25.3.2015 al T.A.R. Lazio, in asserita violazione dell’articolo 37 c.p.a. 6.1. Secondo gli appellati l’Amministrazione non avrebbe fornito, nel corso del giudizio, alcun documento attestante la legittimità dello scioglimento poiché, da un lato, non avrebbe adempiuto l’ordinanza numero 5446 del 14.5.2014, che le aveva imposto di tutti i documenti a fondamento dello scioglimento, ivi inclusa la relazione prefettizia senza “omissis”, e dall’altro sarebbe stata autorizzata a produrre, in violazione dell’articolo 37 c.p.a., ulteriori documenti di cui era contestata l’ammissibilità per difetto della necessaria prova richiesta da tale disposizione. 6.2. Il motivo è infondato. 6.3. Poiché il provvedimento impugnato e gli atti del procedimento amministrativo relativo sono per definizione “indispensabili” al giudizio, la mancata produzione da parte dell’Amministrazione, in violazione dell’articolo 46, comma 2, c.p.a., non comporta decadenza, sussistendo il potere-dovere del giudice di acquisirli d’ufficio, ai sensi dell’articolo 64, comma 3, c.p.a. v., sul punto, Cons. St., sez. VI, 30.5.2014, numero 2820 . 6.4. Nel processo amministrativo, giova del resto ricordare, il termine previsto dall’articolo 46, comma 1, c.p.a., per la costituzione in giudizio delle parti intimate – e, in tal caso, delle Amministrazioni – ha natura ordinatoria, con la conseguenza che esse possono costituirsi in giudizio anche nell’udienza di merito svolgendo, in questa, solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e documenti. 6.5. Le parti, proprio per la natura ordinatoria dei termini per la costituzione, possono produrre nel costituirsi, anche oltre tali termini, documenti nel rispetto del termine previsto dall’articolo 73, comma 1, c.p.a. 6.6. Peraltro, ove tale costituzione comporti una lesione del diritto di difesa della controparte il giudice può disporre il rinvio dell’udienza a data fissa, nel termine che riterrà congruo rispetto alla rilevazioni sollevate in udienza per consentirne la valutazione a garanzia del contraddittorio sostanziale v., ex plurimis, Cons. St., Ad. plenumero , 23.2.2013, numero 5 Cons. St., sez. IV, 27.8.2014, numero 4367 . 6.7. Ora ciò risulta essere stato fatto nel giudizio di primo grado perché, a fronte della produzione documentale effettuata dall’Amministrazione il 24.3.2015 all. comma alla memoria degli odierni appellati , è stato disposto il rinvio alla pubblica udienza del 22.4.2015, ove la causa è stata poi introitata per la decisione dal T.A.R. Lazio. 6.8. Non pare, dunque, che vi sia stata nel caso di specie alcuna lesione del contraddittorio sostanziale, a danno degli odierni appellati nonché ricorrenti in prime cure, e non giova loro richiamare la violazione dell’articolo 37 c.p.a., che concerne la disciplina dell’errore scusabile, non invocata dalle stesse Amministrazioni. 6.9. Il Collegio di prime cure pare invece, e più correttamente, avere applicato la disciplina dell’articolo 54 c.p.a., che consente di autorizzare, su richiesta di parte all. C alla memoria degli odierni appellati , la presentazione tardiva di documenti, risultata estremamente difficile per l’esistenza del segreto istruttorio, non seriamente contestabile atteso lo svolgimento di indagini penali all’epoca in corso, assicurando comunque, come nel caso di specie è stato fatto, il pieno rispetto del diritto dei ricorrenti in prime cure al contraddittorio su tali atti, contraddittorio che non è mancato, avendo essi esaminato e contestato il contenuto di tali documenti. 6.10. Ne segue, quindi, anche l’infondatezza della terza eccezione preliminare qui proposta. 7. La Sezione, ciò premesso, ritiene nel merito necessario ribadire, per un corretto inquadramento della specifica vicenda, quali siano, in estrema sintesi, i consolidati principi di diritto applicabili alla materia controversa. 7.1. Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’articolo 143 del T.U.E.L. d. lgs. 267/2000 , non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, per l’emanazione del relativo provvedimento di scioglimento, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 3.11.2015, numero 5023 . 7.2. L’articolo 143, comma 1, nel testo novellato dall’articolo 2, comma 30, della l. 94/2009, richiede che detta situazione sia resa significativa da elementi «concreti, univoci e rilevanti», che assumano valenza tale da determinare «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali», aspetto, quest’ultimo, che riveste carattere essenziale per l’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale. 7.3. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica per univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale. 7.4. La definizione di questi precisi parametri costituisce un vincolo con il quale il legislatore della l. 9/2009 non ha voluto elidere quella discrezionalità, ma controbilanciarla, ancorandola a fatti concreti e univoci, in funzione della necessità di commisurare l’intervento più penetrante dello Stato a contrasto del fenomeno mafioso con i più alti valori costituzionali alla base del nostro ordinamento, quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l’autonomia dei diversi livelli di Governo garantita dalla Costituzione Cons. St., sez. III, 19.10.2015, numero 4792 . 7.5. Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, devono essere però considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso. 7.6. Assumono pertanto rilievo anche situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione o di una pericolosa contiguità degli amministratori locali alla criminalità organizzata vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni , e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 28.9.2015, numero 4529 8. Così brevemente premessi e riassunti i principi ermeneutici, che devono guidare l’esame della complessa e delicata materia, si può ora alla luce di questi esaminare le vicende che hanno interessato l’amministrazione comunale di Altavilla Milicia PA . 8.1. La sentenza qui impugnata dall’Amministrazione ha ritenuto che non sia stata sufficientemente provata l’esistenza di elementi comprovanti il condizionamento e il collegamento dell’amministrazione comunale con la criminalità organizzata, poiché non emergerebbero dal contesto concrete azioni di interferenza amministrativa poste in essere da appartenenti a cosche operanti nel territorio, risultando affidata al solo rilievo delle irregolarità elencate che, sia per consistenza che specificità, rivelerebbero «disfunzionalità non dissimili da quelle che interessano molte amministrazioni locali», laddove, invece, le irregolarità amministrative rilevanti ai fini dell’articolo 143 del T.U.E.L. non possono consistere in meri giudizi negativi sull’attività degli amministratori locali o in elementi che non rappresentino un serio indice della presunta esistenza di fenomeni di infiltrazione e condizionamento da parte della mafia pp. 23-24 della sentenza impugnata . 8.2. A questa conclusione generale il T.A.R. Lazio è pervenuto sulla base di una analitica disamina p. 14 e ss. della sentenza impugnata dei singoli elementi esposti nella relazione prefettizia, passando in rassegna ciascuno di essi, nella sua specifica consistenza, e negando che essi potessero «dimostrare quella consistenza e unidirezionalità necessaria a permettere una fondata percezione della loro forte e decisa valenza rivelatrice dei collegamenti esistenti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata e dei conseguenti condizionamenti dell’attività amministrativa» pp. 15 della sentenza impugnata . 8.3. Ma è proprio questa affermata mancanza di consistenza e di unidirezionalità, nella sua imprescindibile valenza rivelatrice dei collegamenti tra l’ente e la mafia, a non apparire convincente, poiché essa, fondata sull’atomistica considerazione di ciascuno di essi, tralascia una doverosa interpretazione sistematica del loro valore complessivo, arguibile soltanto dalla storia dell’ente comunale e dall’esame del contesto ambientale, nel quale essi, singolarmente, si collocano. 8.4. Le circostanze di luogo e di tempo nel quale si cala, hic et nunc, la vicenda dell’infiltrazione mafiosa nell’ente comunale sono imprescindibili per valutare e illuminare il significato dei singoli episodi, molti dei quali assumono valenza rivelatrice del condizionamento solo se letti insieme e spiegati l’uno alla luce dell’altro, perché non spiegabili altrimenti e ragionevolmente, in un’ottica preventiva, se non con l’ipotesi del condizionamento o del collegamento mafioso. 8.5. I singoli elementi sintomatici del condizionamento o collegamento possono non avere tutti, ciascuno singolarmente considerato, le caratteristiche richieste dal novellato articolo 143 del T.U.E.L., nel senso sopra precisato della loro concretezza, univocità e rilevanza, ma sicuramente deve essere il loro complesso a denotare tale concretezza, univocità e rilevanza, sicché la prognosi sfavorevole al sano, limpido, fisiologico esplicarsi delle libertà democratiche nella vita dell’ente, per via dell’inquinamento mafioso, si deve fondare su un quadro indiziario fondato su presunzioni gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’articolo 2729 c.c. 8.6. Lo scioglimento del Consiglio comunale costituisce la sintesi e non la somma dei singoli elementi, sicché è errato considerare atomisticamente il significato di ciascuno di essi, pur necessario presupposto della loro valutazione secondo un iniziale giudizio analitico, senza poi valutare la loro intima interconnessione e il loro nesso sistematico, in un giudizio sintetico e conclusivo, irrinunciabile, che verifichi se il significato di alcuni, per quanto dubbi, non possa spiegarsi invece alla luce di altri, di più certa e chiara pregnanza, in un inquadramento generale della vita dell’ente, che si cali nel contesto ambientale e tenga ben presenti le coordinate di tempo e di luogo che lo contraddistinguono. 8.7. L’astratta previsione dell’articolo 143 del T.U.E.L., in altri termini, deve misurarsi e fare i conti con la realtà del singolo ente comunale. 9. Ciò posto, dunque, e anche volendo seguire l’impostazione del T.A.R., che pure ha correttamente preso le mosse dall’esame dei singoli elementi posti a base della relazione prefettizia, non si può tuttavia condividerne il giudizio di sintesi, ad avviso del Collegio, parziale e incompleto e, dunque, erroneo. 9.1. Il primo giudice svaluta, in particolare, le risultanze delle investigazioni condotte nell’operazione polizia giudiziaria “Argo”, che ha condotto all’arresto di vertici ed affiliati della locale cosca mafiosa di Altavilla Milicia, e il contenuto delle intercettazioni, alle quali si fa riferimento nella relazione prefettizia, osservando che, al di là di formule generiche ed evocative più volte impiegate negli atti impugnati, gli elementi di prova in concreto richiamati quali indici della ritenuta influenza sui risultati elettorali sarebbero, in realtà, essenzialmente nei commenti di un mafioso sull’avvenuta sfiducia di un precedente Sindaco ad esso inviso senza che tuttavia da ciò potesse desumersi la paternità di un’operazione politica, laddove la sfiducia al precedente sindaco verosimilmente non era che la conseguenza di una perdurante inerzia ad amministrare, così come dimostrato dall’ampia messe di interrogazioni e lamentele provenienti tanto dai consiglieri quanto dai cittadini, ampiamente provate dagli atti p. 16 della sentenza impugnata . 9.2. Il T.A.R. ha anche ridimensionato la pericolosità e, comunque, la significatività locale del contesto mafioso, quale risultante dalle intercettazioni telefoniche disposte nel corso dell’operazione investigativa Argo, ed ha in particolare osservato che le espressioni utilizzate dal capo mandamento di Bagheria per sottolineare l’importante di un’azione estorsiva organizzata, capillare e penetrante – “Il Comune è tutto” – non si riferivano espressamente e dichiaratamente al Comune di Altavilla Milicia, qui considerato, né dal contesto in cui erano usate sembravano riferirsi necessariamente al suddetto Comune, poiché del resto, nell’ambito di tale operazione, come pure in altre, nessuna contestazione è stata sollevata al Sindaco di Altavilla Milicia o ad altri esponenti della Giunta Comunale o del Consiglio Comunale. 9.3. La circostanza che il sistema di controllo degli uffici pubblici riguardasse il Comune di Altavilla Milicia, dunque, non si evince dall’intercettazione, ma sarebbe rimasta «una deduzione della Prefettura, priva però di riscontri» p. 18 della sentenza impugnata . 10. La valutazione del primo giudice non è condivisibile. 10.1. La tesi della relazione prefettizia, secondo cui la sfiducia al precedente Sindaco, Francesco Camarda, e l’elezione del nuovo, Antonino Parisi, sarebbe stata condizionata dalla mafia non appare inverosimile né è esclusa, dal resto, dalla sussistenza di eventuali altre ragioni, alternative o concomitanti, più o meno consistenti, che potrebbero aver concorso in tale avvicendamento. 10.2. Il fatto che la precedente amministrazione comunale non riuscisse a governare con efficienza l’ente, quand’anche comprovato dall’esistenza di plurime interrogazioni e lamentele di cittadini e consiglieri, non esclude che alla sua caduta abbia dato un contributo, non secondario, anche la mafia locale. 10.3. Dalle intercettazioni telefoniche si apprende, infatti, che il locale boss, Francesco Lombardo, poi tratto in arresto, si era lamentato con il suo “picciotto” Umberto Gagliardo che il precedente sindaco avesse fatto togliere al figlio Andrea, titolare del bar “Bellevue”, situato nella piazza principale del paese e presso il belvedere, proprio dal belvedere stesso, aggiungendo che «Sarà morto il Sindaco» e asserendo che alla sera dello stesso giorno, precisamente dalle ore 18.50 del 26.9.2008, sarebbe cambiato tutto. 10.4. E proprio al 26.9.2008, data in cui fu approvata la mozione di sfiducia presentata dall’allora Presidente del Consiglio comunale e attuale Sindaco, Antonino Parisi, risale la conversazione telefonica intercettata, di cui dà conto la relazione prefettizia. 10.5. Gli appellati nella loro memoria p. 12 osservano che la mozione di sfiducia era stata presentata il 29.8.2011 e fu semplicemente discussa il 26.9.2011, sicché sarebbe falso quanto affermato nella relazione prefettizia e, cioè, che la telefonata avrebbe avuto luogo il giorno in cui la mozione di sfiducia fu presentata, mentre la telefonata si svolse il giorno in cui questa fu discussa, fatto noto, in paese, per essere stata la mozione presentata un mese prima, e ben noto quindi anche al mafioso, che dal tenore della conversazione, peraltro, pare si riferisca a tale evento come già verificatosi. 10.6. L’obiezione degli odierni appellati, per quanto condivisibile, nulla toglie però alla correttezza della valutazione prefettizia circa un fattivo contributo causale dato dalla mafia alla caduta della Giunta precedente, senza per questo giungere alla conclusione, affermata dagli appellati, della “paternità” mafiosa dell’operazione politica. 10.7. La circostanza che a influire sull’avvicendamento ai vertici dell’amministrazione comunale – insieme con altre concomitanti cause – vi fosse, se non esclusivamente, certamente anche la mafia è avvalorata dal contenuto di altre intercettazioni, rivelatrici nel loro complesso di un sicuro condizionamento della mafia, al di là delle vicende che condussero alla sfiducia verso la precedente amministrazione, sull’elezione della nuova. 10.8. Risulta indubbio e acclarato l’impegno profuso dal locale boss, Francesco Lombardo, a sostegno della cugina di primo grado, Carmela Lombardo, per quanto stimata nel contesto locale e incensurata, poi eletta addirittura Presidente del Consiglio Comunale. 10.9. In una intercettazione Francesco Lombardo raccomanda a Pietro Liga, anch’egli colpito da provvedimento cautelare e attualmente in carcere, di dare «una mano a questa mia cugina se non brutta figura faccio facciamo la figura di nessuno» e risulta dalle attività investigative, in effetti, che Franco Liga svolgesse un’intensa attività di propaganda elettorale in favore di Carmela Lombardo, sottolineando come la candidatura fosse sponsorizzata, non a caso, dal cugino “Franco” e, cioè, Francesco Lombardo. 11. Né si può sminuire il valore di questa conversazione, come pretendono gli appellati p. 13 della memoria , affermando che si tratterebbe di un dovere familiare, per ragioni di orgoglio personale legato al cognome, per sostenere la propria cugina Carmela Lombardo, stimata insegnante di scuola materna, la cui figura non viene sfiorata dalla relazione. 11.1. Il fatto che la cugina del boss fosse incensurata e stimata in paese nulla toglie al rapporto di parentela, che certo avrebbe potuto agevolare, ancor di più, l’influenza del boss, senza dimenticare che ella fu la seconda più votata tra gli eletti 334 voti nella lista, seconda solo al Vicesindaco, come ricorda la relazione prefettizia, verosimilmente anche a cagione dell’appoggio elettorale fornito dal cugino per ragioni di “orgoglio personale”, a nulla rilevando, come assumono gli appellati p. 14 della loro memoria , che non esistesse prova di un accordo elettorale tra Antonino Parisi e Francesco Lombardo, a ciò bastando, indubitabilmente, la presenza della cugina di quest’ultima nella stessa lista, verso la quale furono convogliati i voti raccolti dalla mafia. 12. Ulteriore conferma dell’interessamento della locale criminalità organizzata alle elezioni del nuovo Consiglio comunale e in favore della lista poi eletta si ha in una conversazione telefonica, intercettata dagli organi di polizia nel febbraio del 2012, nella quale il menzionato Umberto Guagliardo, uomo di fiducia del locale boss, e un suo amico che, in merito alle elezioni comunali, riferisce che avrebbe dovuto comunicare al figlio del capomafia di «andare a prendere i soldi come hai fatto quella volta», con velata ma comprensibile allusione alla pratica del “voto di scambio” – procacciamento di voti in cambio di denaro – al quale fare ricorso, evidentemente per una inveterata prassi rinnovatasi, purtroppo, pure in quel caso, in vista delle imminenti elezioni comunali. 12.1. Tali gravissime interferenze della mafia sulle elezioni dell’attuale Consiglio comunale, che ne viziano manifestamente e irrimediabilmente la legittimità, sono rese evidenti anche dal contenuto, non equivoco, di ulteriori intercettazioni. 12.2. In una conversazione, oggetto di intercettazione ambientale tra Giuseppe Lombardo e Sebastiano Lombardo, rispettivamente fratello e figlio del più volte citato Francesco Lombardo, e una loro amica, il primo svela i retroscena della candidatura al Consiglio comunale della cugina, «votata []solo da gente che gli ha detto lui [il boss numero d.r.] di votarla», ribadendo, inoltre, che per l’elezione della cugina il bacino di voti, di cui disponeva il fratello del boss, era stato indirizzato in favore della lista di Antonino Parisi, poi eletto Sindaco. 12.3. Elemento altrettanto significativo, ancora, in un’altra conversazione con un consigliere di maggioranza – Stefano Lo Coco – attualmente reintegrato nelle sue funzioni in forza della sentenza qui impugnata, le parole di Giuseppe Lombardo, fratello del boss, non lasciano dubbi sul condizionamento mafioso delle elezioni, con parole che suonano come un tronfio, ma in realtà mesto, epitaffio sul libero svolgimento di queste «quindi quello che è andato a sederlo sulla sedia [il Sindaco, numero d.r.] non sono stati i candidati []ma è stato []tutto il sistema che praticamente è stato coinvolto da mio fratello [il locale boss, numero d.r.]». 12.4. L’esistenza di questo penetrante e, comunque, condizionate sistema è corroborata non solo dal contenuto delle intercettazioni qui riportate, tutte costituenti elementi concreti, precisi, rilevanti, ma anche da quanto riferito dal personale del Comando Stazione Carabinieri di Altavilla Milicia, come ricorda la relazione prefettizia, in occasione della tornata del maggio 2010 e, cioè, che in quell’occasione Francesco Lombardo e i figli Sebastiano e Andrea venivano visti sostare, sia nei giorni destinati alle consultazioni elettorali che in quelli successivi dedicati allo scrutinio delle schede, all’ingresso degli edifici preposti alle consultazioni o, addirittura, introducendosi nei locali adibiti ai seggi. 12.5. Quanto sin qui riportato dimostra già di per sé solo a sufficienza, sulla base di elementi concreti, univoci e rilevanti e, quindi, sulla base di un giudizio prognostico di verosimiglianza fondato attendibilmente sulla logica del «più probabile che non» applicabile anche allo scioglimento del Consiglio comunale, che ha funzione anticipatoria e non sanzionatoria, che l’elezione dell’attuale Consiglio comunale di Altavilla Milicia PA sia stata geneticamente viziata dal condizionamento della locale criminalità mafiosa, con pesanti interferenze sulla libera espressione del voto popolare. 12.6. Tali interferenze, del resto, non hanno condizionato solo le elezioni del Consiglio comunale, essendo impensabile e inspiegabile, ovviamente, un disinteressamento della mafia dopo di esse, ma la successiva vita dell’amministrazione neoeletta, chiamata a pagare un pesante debito elettorale al “sistema” orchestrato dalla mafia per agevolarne l’ascesa politica al governo del Comune. 13. Né giova sostenere, come fanno gli odierni appellati pp. 58-59 della loro memoria , che l’amministrazione comunale avrebbe intrapreso numerose iniziative, più o meno convinte e convincenti, per contrastare la mafia, quasi ad ipotizzare che un’amministrazione comunale eletta con l’appoggio e/o con l’accordo, più o meno scoperto, della mafia vitiatur et non vitiat, uscendo “immacolata” da tale nefasta influenza nel corso del suo mandato e non dovendo, invece, pagare dopo le elezioni, nella gestione dell’ente, un pesante tributo al “sistema”, di cui la mafia si vale, con prepotenza e invadenza, in un contesto ad alta densità criminale. 13.1. Si tratta di un argomento errato, fondato su una logica meramente esteriore e falsante, e puntualmente smentito, come ora si accennerà in breve, dall’analisi di alcuni elementi sintomatici, valorizzati dalla relazione prefettizia e anch’essi non valutati in modo adeguato e completo dal primo giudice, dell’efficacia irrimediabilmente viziante del condizionamento mafioso sulle elezioni amministrative sulla gestione dell’ente. 14. Già nell’estate del 2012, a distanza di pochi mesi dalle elezioni svoltesi nel maggio del 2012, in una conversazione intercettata tra Francesco Lombardo e il Vicesindaco Giuseppe Petrancosta, concernente lo svolgimento di alcuni spettacoli nella piazza ove è ubicato il già citato bar “Bellevue”, il Vicesindaco gli raccomanda di rivolgersi alla cugina Carmela – «hai tua cugina che è Presidente del Consiglio» – e ottiene una risposta alquanto significativa, con la minaccia di bruciare qualche macchina, qualche magazzino, e l’eloquente e per nulla rassicurante epilogo «saltano le cose in aria». 14.1. Il T.A.R. ha ritenuto, ancora una volta, tali elementi non convincenti e non idonei ed ha osservato che anche dall’esame dei documenti depositati dalla difesa erariale nel corso del giudizio si evincerebbe che il disposto scioglimento del Comune di Altavilla Milicia «si fonda sostanzialmente sulle mere dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dichiarazioni, oltretutto, prive di riscontri fattuali e rese, allo stato, nella sola fase delle indagini preliminari» p. 23 della sentenza impugnata . 14.2. Tale valutazione del compendio probatorio non è condivisibile. 14.3. Il grave quadro indiziario, sopra evidenziato, che ha condotto allo scioglimento del Consiglio comunale si fonda anzitutto sulle risultanze dell’operazione “Argo”, come ha ben messo in rilievo la relazione prefettizia, e sulla lettura delle intercettazioni, che rivelano un intreccio di conoscenze e di interessi tra gli esponenti della mafia locali e l’amministrazione comunale ben radicato. 14.4. Nemmeno pare che possa svalutarsi, come ha fatto il primo giudice, il valore delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia e, in particolare, di Vincenzo Gennaro, attualmente collaboratore di giustizia, che proprio la sentenza del Tribunale penale, che ha condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione molti dei soggetti arrestati nel corso dell’operazione “Argo”, ha rimarcato l’attendibilità delle dichiarazioni da lui rese, evidenziando che «la sua adesione a Cosa Nostra []non risulta avere alcuna componente familiare ovvero ideologica, ma appare motivata da fattori opportunistici e “tecnici” e cioè dalla esigenza di lavorare nel settore delle imprese e degli appalti, esigenza facilitata dalla adesione di fatto alla consorteria criminale, egemone nel territorio e grazie alla quale il Gennaro si è assicurato sostanzialmente per un certo periodo la gestione monopolistica degli appalti del Comune di Altavilla». 14.5. È questo – la gestione monopolistica degli appalti del Comune di Altavilla Milicia da parte di un soggetto affiliato alla mafia – un elemento di indubbia gravità, che toglie ogni residuo dubbio, laddove di fosse, sul condizionamento della mafia sull’ente. 14.6. Il T.A.R. ha definito “priva di riscontro probatorio” la circostanza, contestata nella relazione prefettizia, che l’amministrazione avrebbe imposto un affiliato della mafia – appunto il suddetto Vincenzo Gennaro, che falsamente aveva dichiarato di essere iscritto all’albo dei geometri – come ispettore di cantiere nell’impresa aggiudicataria per i lavori di riqualificazione della zona sudest di Altavilla Milicia affidati nel 2010 dalla precedente amministrazione, ritenendo non dimostrata «la conoscenza del sindaco Parisi dei tentativi da parte del soggetto in questione di ottenere incarichi per i lavori della specie» e, più in generale e in modo dirimente, ha osservato che «non risultano conferiti incarichi al suddetto soggetto dal Sindaco Parisi, che nemmeno consta l’interessamento del sindaco per il conferimento di incarico alcuno, che il soggetto in questione non risulta essere stato mai nominato ispettore di cantiere in lavori appaltati dal Comune di Altavilla Milicia nel periodo dell’Amministrazione del sindaco Parisi e che, d’altro canto, la nomina dell’ispettore di cantiere non era di competenza del sindaco ma della direzione lavori» p. 19 della sentenza impugnata . 14.7. Il primo giudice si è così limitato ad una valutazione atomistica di singoli elementi formali ed estrinseci, senza valorizzare nel complesso la sostanza dell’intero quadro indiziario, dal quale emergeva la presenza non solo non autorizzata, ma nemmeno controllata dallo stesso ente e, di fatto, indisturbata e incontrastata di un mafioso nella gestione delle commesse pubbliche, gestione da lui stesso confermata con dichiarazioni ritenute attendibili dal giudice penale. 15. Ad avvalorare il ruolo di Vincenzo Gennaro in questo sistema collaudato, nel quale il Comune stesso è la fonte diretta delle informazioni concernenti il lavori pubblici da affidare, sono le stesse lagnanze espresse dal capomafia Francesco Lombardo a Pietro Liga circa lo stesso Gennaro, giudicato in qualche caso poco solerte a “far conoscere” per tempo i lavori che venivano svolti ad Altavilla Milicia intercettazione ambientale del 15.6.2012 a carico di Pietro Liga . 15.1. Né giova replicare agli appellati, nella loro memoria p. 30 , che si tratta di conversazione risalente ad un momento nel quale i neoeletti organi politici non si erano ancora nemmeno insediati, poiché si tratta di affermazioni che astraggono dal tempo, ma presuppongo un ruolo “stabile” del Gennaro presso l’Amministrazione, ruolo la cui stabilità, come si vedrà, non è stata messa in discussione né efficacemente contrastata – per non dire almeno controllata – nemmeno dai neoeletti organi. 15.2. Le conversazioni telefoniche intercettate dagli organi di polizia hanno dimostrato, infatti, l’esistenza di un consolidato e capillare sistema di controllo, da parte della locale consorteria mafiosa, delle attività edilizie ed affini poste in essere dal Comune di Altavilla Milicia. 15.3. Particolarmente significative sono due vicende, relative l’una, rispettivamente, all’affidamento di alcuni lavori all’impresa del figlio del capo mandamento di Bagheria e, l’altra, ai lavori di riqualificazione della zona sudest del Comune. 15.4. Il T.A.R. ha ritenuto «priva di significatività» la circostanza che l’Amministrazione avrebbe fatto allestire a Vincenzo Gennaro, affiliato della mafia, un ponteggio per piccoli lavori di rifacimento del tetto del corpo scala all’interno dell’Ufficio tributi, trattandosi di atti meramente gestionali che non coinvolgono gli amministratori p. 19 della sentenza impugnata . 15.5. La rappresentazione dell’episodio e la valutazione del suo significato, tuttavia, sono riduttive, parziali ed erronee. 15.6. Trascura il primo giudice che, in questo modo, grazie all’intervento di Vincenzo Gennaro si è consentito alla Edilponteggi s.r.l., impresa di cui è titolare il figlio del boss bagherese Giuseppe Scaduto, capo indiscusso del mandamento mafioso di Bagheria ed attualmente ristretto in carcere, di realizzare un intervento occulto e non autorizzato, consistente nell’installazione di un ponteggio presso lo stabile dell’Ufficio Tributi per la risistemazione del tetto. 16. La conduzione della vicenda, quale emersa dalle investigazioni penali, è alquanto oscura e inquietante e getta più di un’ombra sulla presunta impermeabilità dell’amministrazione comunale alle influenze mafiose. 16.1. Gli odierni appellati, nella loro memoria p. 31 , sminuiscono l’episodio, asserendo che si trattava di un semplice “trabattello”, leggera impalcatura usata per piccoli lavori di restauro di pareti interne, del cui montaggio né il Sindaco né il Vicesindaco seppero qualcosa. 16.2. Il Sindaco Parisi, al quale i Carabinieri hanno chiesto di esibire i documenti relativi al ponteggio, ha affermato che per i suddetti lavori il ponteggio era stato “prestato” dal Vicesindaco Petrancosta – che, come si rammenterà, è stato intercettato in alcune conversazioni, seppur relativa ad altra vicenda quella del bar “Bellevue” , con Francesco Lombardo – imprenditore edile che, unitamente al tecnico responsabile del procedimento geom. Canale, ha confermato tale versione. 16.3. Ma tali dichiarazioni sono state smentite dalla versione dei fatti fornita dagli operai comunali, incaricati di eseguire i lavori, i quali hanno affermato che il ponteggio era stato fornito, per interessamento di Vincenzo Gennaro, dalla ditta Scaduto, aggiungendo di aver notato nel luogo di esecuzione dei lavori – l’Ufficio Tributi del Comune, è bene non dimenticarlo, per quanto situato in una zona periferica lontana dal palazzo comunale, che è nella via principale del paese – la presenza dello stesso Gennaro. 16.4. In seguito, a parziale rettifica della propria versione, il geom. Canale ha dichiarato di avere richiesto al Vicesindaco Pietrancosta la fornitura, a titolo gratuito, del ponteggio e che questi, solo successivamente, gli aveva spiegato di essersi rivolto a Vincenzo Gennaro che, a sua volta, aveva contattato la ditta intestata al figlio del boss Giuseppe Scaduto. 16.5. Il geom. Canale, in particolare, ha confermato di aver visto Vincenzo Gennaro presso il cantiere, senza sapersene spiegare il motivo, poiché questi non aveva alcun incarico, e ha affermato di non poter escludere che fosse stato lo stesso Gennaro a far montare quel ponteggio, «ma su incarico di Petrancosta, visto che Gennaro Vincenzo sono svariati anni che presenzia su diversi cantieri, sia come contabilità, coordinatore di sicurezza, ecc. » sommarie informazioni rese il 13.6.2013 dal dipendente comunale Canale ai Carabinieri di Altavilla Milicia . 16.6. Insomma Vincenzo Gennaro, pur in assenza di formale incarico e senza averne alcun titolo anche professionale, di fatto era presente, quale uomo di fiducia della mafia, per l’espletamento – occulto – di lavori pubblici presso gli uffici stessi del Comune, scegliendo persino i subappaltatori. 16.7. Ne emerge un quadro inquietante – al di là della circostanza, del tutto ininfluente e, del resto, non necessaria, che il Sindaco e Vincenzo Gennaro si conoscessero o meno personalmente – di cui gli stessi amministratori non hanno saputo dare alcuna credibile spiegazione, fornendo dichiarazioni insufficienti, contraddittorie e comunque rivelatrici di un clima poco limpido, per non dire omertoso, circa la gestione dei lavori da svolgersi addirittura presso gli uffici comunali, dove compariva come coordinatore e “direttore dei lavori”, così qualificatosi e da tutti conosciuto, un soggetto affiliato alla mafia. 16.8. Non pare francamente verosimile che gli organi di vertice del Comune nulla sapessero di tale grave e illecita situazione, evidente e consolidatasi nel tempo, ed anzi che essi ne fossero a conoscenza è confermato proprio che fu il Vicesindaco Pietrancosta a rivolgersi a Vincenzo Gennaro per la questione dei ponteggi. 17. Ma, quando pure si volesse ammettere, per mera ipotesi, la loro assoluta ignoranza dei fatti, nondimeno appare grave ed indicativo dell’infiltrazione mafiosa il fatto che da parte dell’amministrazione comunale nel suo complesso, per ignoranza, per inerzia, per convenienza o connivenza la ragione poco rileva , si sia lasciata gestire la questione del ponteggio – o “trabattello” che dir si voglia – ad un soggetto organico alla mafia, che agiva quale direttore dei lavori inerenti ad un edificio comunale. 18. E tanto è confermato anche da una conversazione intercettata tra il Sindaco e un altro imprenditore, conversazione nel quale Antonino Parisi definisce Vincenzo Gennaro, significativamente, “direttore dei lavori”. 18.1. Nemmeno si può trascurare, del resto, il ruolo di Vincenzo Gennaro quanto ai lavori di riqualificazione urbana della zona sud-est del Comune, aggiudicati alla GE.CO. s.r.l. di Michele Genualdi per un importo di € 688.224,65. 18.2. Dalle risultanze investigative e dall’esame delle intercettazioni risulta che garante dell’operazione fu, ancora una volta, Vincenzo Gennaro che, per l’appalto in questione, aveva il compito di “ispettore di cantiere”, incarico grazie al quale egli riusciva ad imporsi, senza alcun titolo, su proposta del Sindaco, così come è stato riferito dal direttore dei lavori nel corso degli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria. 18.3. La circostanza, affermata dal T.A.R., che il Sindaco non conoscesse il ruolo del Gennaro e il suo tentativo di infiltrarsi anche nell’esecuzione di questi lavori, oltre che inverosimile poiché tra l’altro, lo si ricorda, agli atti del Comune è stata rinvenuta la determina di conferimento dell’incarico al predetto Vincenzo Gennaro, mancante di protocollo e data, firmata dal R.U.P., geom. Canale , è del tutto ininfluente circa la sicura influenza della mafia, tramite il suddetto Gennaro, nell’esecuzione di tale commessa, come dimostrano i contatti avuti dallo stesso Vincenzo Gennaro, sul “pizzo” da riscuotere su tali lavori dalla ditta del Genualdi, con il neoreggente della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, Rosario La Mantia, succeduto a Francesco Lombardo dopo il suo arresto. 18.4. Ne emerge un quadro, ancora una volta, di sicuro condizionamento della mafia sulle commesse pubbliche e sulla gestione amministrativa dell’ente, al di là del diretto coinvolgimento del Sindaco nelle singole vicende, coinvolgimento, comunque, non decisivo ai fini che qui interessano, conoscendo e avendo la mafia molteplici modi, anche non dichiarati, per insinuarsi nei gangli dell’amministrazione. 18.5. Ciò che appare al di là di ogni dubbio chiaro e certo è l’assoluta permeabilità dell’amministrazione comunale al condizionamento della mafia, come ha correttamente posto in rilievo la relazione prefettizia. 19. Non meno significativa del condizionamento mafioso, del resto, appare la vicenda dell’impresa di Leonardo Granà e del suo ruolo nell’imposizione di forniture al Comune. 19.1. Si tratta di impresa fortemente sospetta di essere contigua alla mafia, poiché appartenente e intestata a Leonardo Granà, figlio di Pietro, sodale della famiglia mafiosa di Altavilla e destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere a seguito dell’operazione di polizia “Reset” del giugno 2014. 19.2. Il T.A.R. ha svalutato la significatività della vicenda inerente all’acquisto del compattatore per asfalto ad un prezzo esorbitante, ritenendo che, nella specie, si trattasse di un acquisto, di modico valore e a prezzo di mercato, di un bene indispensabile per la corretta e duratura riparazione del manto stradale, per il quale il Sindaco aveva sostenuto la proposta d’acquisto fatta dal responsabile del procedimento, geom. Antonino Bucaro p. 19 della sentenza impugnata . 19.3. Trascura però il T.A.R. di considerare che, se anche tale motivazione tecnica fosse stata corretta, non per questo si sarebbe dovuto affidare la commessa a tale impresa, soprattutto ove si consideri il favore mostrato dal Sindaco al fine di farle ottenere forniture dal Comune, ben dimostrato dalle informazioni testimoniali rese il 13.6.2013 ai Carabinieri dal già citato geom. Canale, ove si riferisce che «appena insediatosi il Sindaco disse a tutti, nel corso di una riunione, che il materiale per il Comune doveva essere acquistato presso il deposito di Leonardo Granà». 19.4. Dichiarazioni, queste, piuttosto eloquenti, che non è possibile liquidare semplicisticamente, come fanno gli odierni appellati, affermando che il geom. Canale sarebbe inattendibile e «forse, era distratto, ed ha capito quello che voleva capire» p. 39 della memoria , poiché tali dichiarazioni non paiono, intrinsecamente, né mendaci né scarsamente credibili, ove si tengano presenti i rapporti di frequentazione e di collaborazione tra il Sindaco e il Granà, rapporti non sempre chiari, emergenti dall’intercettazione ambientale del 13.2.2013, rilevata mentre il Sindaco e Leonardo Granà si trovavano a bordo dell’autovettura in uso a quest’ultimo, rapporti che, comunque, sembrano andare ben al di là di una semplice “forma di cordialità istituzionale”, come paiono intenderli gli appellati p. 42 della loro memoria . 20. Gli elementi sin qui tutti esposti ed evidenziati dimostrano, con ogni evidenza e, comunque, verosimiglianza, l’esistenza di collegamenti, diretti o indiretti, della locale amministrazione con la criminalità di tipo mafioso, tali da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’ente nonché il regolare funzionamento dei servizi affidatigli, pienamente giustificando il provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale ai sensi dell’articolo 143, comma 1, del T.U.E.L. 20.1. Ritiene il Collegio che l’esame di tali elementi, già in sé ampiamente sufficienti, perché concreti, univoci e rilevanti, renda ultroneo e ininfluente, ai fini del decidere, l’esame degli ulteriori elementi, pure esposti nella relazione prefettizia, elementi, peraltro, in sé non irrilevanti, riguardando i numerosi rapporti di parentela, di amicizia e/o di frequentazione di taluni amministratori con gli ambienti della mafia – di alcuni si è, peraltro, già accennato – o la vicenda poco limpida del bar “Bellevue”, di cui è titolare il figlio del boss Francesco Lombardo. 20.2. La sufficienza di tutti gli elementi sin qui esposti, per le ragioni in fatto e in diritto già chiarite, esime il Collegio dall’ulteriore esame, dunque, di tali elementi, pure comunque significativi. 20.3. Il complessivo quadro emergente dalla relazione prefettizia e dagli atti istruttori, al di là di specifiche inesattezze o imprecisioni, che però non sono in grado di incidere sul complessivo significato dello stesso, mostra tutta la gravità della situazione nella quale versa l’amministrazione comunale di Altavilla Milicia PA , caratterizzata da entrambe le situazioni tipiche descritte dall’articolo 143 del T.U.E.L. e, cioè, sia da notevoli collegamenti diretti e indiretti con la criminalità organizzata sia da forme di condizionamento degli stessi amministratori, tali da determinare, anche prescindendo dalla responsabilità e/o dal coinvolgimento di tutti o alcuni di loro, un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale stessa. 20.4. Ritiene il Collegio, perciò, di condividere le conclusioni alle quali è pervenuta la relazione prefettizia, a p. 18, laddove ha sottolineato che «la pervasiva influenza dell’organizzazione mafiosa, emersa chiaramente dagli accertamenti esperiti dall’Arma dei Carabinieri, evidenzia un quadro di palese alterazione della libera elezione degli organi elettivi del Comune di Altavilla, con conseguente capacità di compromettere il buon andamento della cosa pubblica, il regolare funzionamento dei servizi ed il libero esercizio dei diritti civili, minando così il sereno svolgimento dell’attività dell’intero apparato amministrativo e determinando pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica», poiché lo scenario investigativo ha evidenziato, di per sé, la capacità pervasiva della “cosca” mafiosa di Altavilla Milicia, nell’amministrazione del Comune, mettendo in luce elementi sintomatici del condizionamento mafioso, così evidenti da far ritenere al Prefetto inessenziale lo svolgimento di un accesso ispettivo. 21. In conclusione, per tutti i motivi esposti, l’appello delle Amministrazioni deve essere accolto e la sentenza impugnata merita riforma, con conseguente reiezione del ricorso proposto dagli odierni appellati, meglio in epigrafe indicati, ricorrenti in primo grado. 22. Alla accertata legittimità dei provvedimenti, erroneamente annullati in primo grado, conseguirà l’immediato reinsediamento della Commissione straordinaria per la gestione dell’ente sino alla ricostituzione degli organi ordinari a norma di legge. 23. Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la complessità sia del quadro fattuale esaminato che delle ragioni giuridiche sin qui esposte, possono essere interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Palermo, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado da Alfio Giuseppe Bucaro, Lorenzo Canale, Maria Cristina Lo Cascio, Vincenzo Lo Bosco, Carmela Lombardo, Ferdinando Parisi, Giuseppe Petrancosta e Giovanni Principato. Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.