I bonifici dall'estero non giustificati sono indizio di ricavi in nero

Il Fisco può considerare ricavi in nero i bonifici dall'estero sul conto corrente bancario del contribuente. E’ il contribuente che deve giustificare l'elargizione ricevuta tramite bonifici esteri. Spetta a quest'ultimo giustificare l'elargizione in denaro ricevuta.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n 11810 del 6 maggio 2019. Vicenda. Un contribuente ha ricevuto bonifici dall'estero con la causale «investimenti». Il fisco ha contestato al predetto contribuente di aver conseguito redditi di capitale non dichiarati risultanti dalle movimentazioni bancarie ex articolo 32 d.P.R. numero 6000/1973. I giudici tributari di merito hanno sancito che spettava al Fisco dimostrare i ricavi in nero in particolare, la motivazione a base dell’accertamento era fondata su semplici congetture prive di riscontri oggettivi e pertanto della valenza di presunzioni gravi, precise e concordanti. Pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, nell’accogliere il ricorso in cassazione del Fisco, hanno precisato che «qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'amministrazione è soddisfatto, secondo il d.P.R. numero 600 del 1973, articolo 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente». Inoltre, la presunzione di cui all'articolo 32, d.P.R. numero 600/1973 ha natura legale e, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'articolo 2729 c.c., previsti, invece, per le presunzioni semplici. Nel caso di specie il Fisco, fornendo la prova che sul conto corrente del contribuente erano affluite ingenti somme per accreditamenti bancari dall'estero, con la causale dell'operazione «investimenti in beni e diritti immobiliari», aveva già dimostrato, in via presuntiva, la disponibilità in capo alla contribuente di maggiori redditi tassabili, per cui spettava a quest'ultimo, sulla base di una prova, non generica ma analitica per ogni versamento bancario, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non erano riferibili a operazioni imponibili e pertanto privi di rilevanza fiscale. Conclusioni. Qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’articolo 32 d.P.R. numero 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale Cass. nnumero 15857/2016, 4829/2015 ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’articolo 51, secondo comma, numero 2, d.P.R. numero 633/1972 Cass. sent. numero 21303/2013 . Al contempo, tuttavia, l’Ufficio deve esaminare le ragioni del contribuente e provare eventualmente l’inefficacia degli elementi giustificativi da questi addotti a sostegno delle proprie difese. Sbaglia inoltre il Giudice che non consideri, sulla base delle necessarie argomentazioni introdotte dalle parti, queste due fasi, ambedue necessarie a perfezionare l’accertamento. E’ ius receptum Corte di Cassazione, ordinanza 4 gennaio 2019, numero 104 che i risultati delle indagini finanziarie di cui all’articolo 32 d.P.R. numero 600/73 possano essere utilizzati anche per contestazioni a persone prive di partita iva. L’accertamento fondato sui movimenti bancari di un lavoratore dipendente deve considerarsi legittimo, in quanto si tratta di una presunzione di carattere generale che si applica anche ai soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi. L’articolo citato prevede infatti che le risultanze bancarie siano poste a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articolo 38, 39, 40 e 41. Quindi, andando ad interessare l’articolo 38, tali elementi potranno essere utilizzati per ricostruire redditi afferenti a tutte le categorie previste dall’articolo 6 del TUIR, secondo quanto prevede, appunto, il secondo comma dell’articolo 38, citato, del decreto sull’accertamento. Non vi è differenza alcuna tra privati e partite iva. Infatti “il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli articolo 32 d.P.R. numero 600 del 1973 e 51 d.P.R. numero 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili Cass. 3 maggio 2018, numero 10480 ”. Ciò “senza che assuma alcuna rilevanza la sua qualifica soggettiva di lavoratore dipendente, autonomo o imprenditore, dato che la presunzione legale relativa alla prima parte d.P.R. numero 600 del 1973, articolo 32, comma 1, numero 2 consistente nel fatto che i “dati” e gli “elementi” acquisiti attraverso le indagini bancarie possono essere posti a base degli accertamenti e rettifiche, di cui agli articolo 38-41 d.P.R. numero 600 del 1973, e agli articolo 54 e 55 d.P.R. 633 del 1972 per l’IVA, se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, o che essi non hanno rilevanza allo stesso fine , trova applicazione anche a soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi in virtù della portata generale del disposto normative Cass. 2 luglio 2014, numero 15050 ”. La presunzione legale relativa alla prima parte del d.P.R. numero 600 dei 1973, articolo 32, comma 1, numero 2, trova applicazione anche a soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi in virtù della portata generale del disposto normativo. In pratica, è consentito al Fisco nei confronti di tutti i cittadini, anche coloro che percepiscono redditi da lavoro dipendente, contestare ricavi in nero sulla base di indagini sui conti correnti a seguito della rilevazione di movimentazioni bancarie sospette e spetta al contribuente stesso l'onere di dimostrare la provenienza delle somme. Il contribuente ha l’onere di superare la presunzione di cui all’articolo 32 d.P.R. numero 600/1973 e all’articolo 51 d.P.R. numero 633/1972 dimostrando analiticamente l’estraneità di ciascuna operazione bancaria a fatti imponibili, Non ha alcuna rilevanza la qualifica soggettiva di lavoratore dipendente, autonomo o imprenditore. Tale assunto discende dal fatto che la presunzione legale relativa alla prima parte dell’articolo 32, comma 1, numero 2 del d.P.R. numero 600/1973 trova applicazione anche per i soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi. L’indagine dell’amministrazione finanziaria può riguardare qualsiasi rapporto intrattenuto tra il cliente e l’istituto di credito libretti di deposito, libretti postali, conto di gestione titoli, cassette di sicurezza, carte di credito e prepagate, prodotti finanziari e assicurativi, cambio di assegni, bonifici e versamenti. Tanto l’Agenzia delle Entrate quanto la Guardia di Finanza hanno poteri di indagine che non si fermano solo all’accesso nella filiale e al reperimento dei documenti le autorità possono conoscere i saldi e le movimentazioni bancarie bonifici, versamenti, apertura di conti e cassette, gestione titoli, ecc. .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 14 marzo – 6 maggio 2019, numero 11810 Presidente Iacobellis – Relatore La Torre Ritenuto che L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Toscana, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF anno 2008, con il quale veniva contestato alla contribuente di aver conseguito redditi di capitale non dichiarati, risultanti dalle movimentazioni bancarie – ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, ex articolo 32 - ha respinto l’appello dell’Ufficio. In particolare, secondo la CTR, la motivazione a base dell’accertamento era fondato su semplici congetture, per quanto sensate, prive di riscontri oggettivi e, pertanto, della valenza di presunzioni gravi, precise e concordanti , con conseguente mancato assolvimento dell’onere della prova della pretesa tributaria, gravante sull’Agenzia a prescindere dalla prova contraria fornita dal contribuente. Z.A. è rimasta intimata. Considerato che Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 32, comma 1, degli articolo 2729 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per avere la CTR affermato che l’onere della prova della rilevanza reddituale delle movimentazioni bancarie graverebbe solo sull’Amministrazione, e non sul contribuente, che non sarebbe neppure onerato della prova contraria. Il motivo è fondato. Va premesso che la presunzione di cui al D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 32, ha natura legale e, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 c.c., previsti, invece, per le presunzioni semplici Cass. 9078/2016 Cass. numero 6237/2015 . Costituisce altresì principio consolidato quello secondo cui qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente cfr. da ultimo Cass., 9 marzo 2018, numero 5758, che richiama Cass. numero 711/2017, numero 15857/2016 e numero 4829/2015 nonché Cass. 12 gennaio 2018, numero 623, e 6 dicembre 2017, numero 29261 . Ciò premesso, nel caso di specie, l’Agenzia, fornendo la prova che sul conto corrente di Z.A. erano affluite ingenti somme per accreditamenti bancari dall’estero, con la causale dell’operazione investimenti in beni e diritti immobiliari , aveva già dimostrato, in via presuntiva, la disponibilità in capo alla contribuente di maggiori redditi tassabili, per cui spettava a quest’ultima, sulla base di una prova, non generica ma analitica per ogni versamento bancario, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non erano riferibili ad operazioni imponibili e pertanto privi di rilevanza fiscale. La CTR non si è attenuta ai superiori principi, per cui la sentenza va cassata, con rinvio alla CTR della Toscana, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.