Se nel preliminare è prevista la facoltà di recesso unilaterale, non si può chiedere al giudice la conclusione del definitivo

Esclusa la possibilità di ricorrere all'articolo 2932 c.c. se nel preliminare le parti si riconoscono la possibilità di cambiare idea.

Non è possibile ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto se la mancata stipula del definitivo deriva da una legittima facoltà di recesso, che le parti hanno consensualmente inserito nel preliminare. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20303 del 4 ottobre. La fattispecie. Con un contratto preliminare, due parti si erano accordate per la vendita di un immobile, convenendo che il pagamento fosse suddiviso tra una parte da versare in anticipo, e il resto al momento della stipula del definitivo. Il promittente venditore, però, si rifiutava di concludere il definitivo e l'acquirente si rivolgeva al Tribunale per ottenere una pronuncia ex articolo 2932 c.c. In primo grado veniva disposto il trasferimento della proprietà dell'immobile, ma la Corte d'Appello riformava la sentenza e l'acquirente proponeva, infine, ricorso per cassazione. L'accertamento della volontà delle parti è riservato alla fase di merito. La ricorrente lamenta l'errata interpretazione che la Corte territoriale ha dato del contratto preliminare, ma la S.C. deve limitarsi a ribadire che l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio costituisce un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile solo nell'ipotesi di motivazione inadeguata. Ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Nel preliminare c'è una clausola che prevede il recesso unilaterale. La S.C. infatti condivide le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, giudicandole congrue, logiche ed immuni da vizi. I giudici di merito hanno ritenuto che nel preliminare in oggetto vi fosse una clausola con la quale le parti si erano reciprocamente concesse la facoltà di recesso unilaterale. E che la somma versata in anticipo non fosse una caparra confirmatoria, ma semplicemente una garanzia. Con la conseguenza che, in caso di recesso, la parte cui è imputabile la mancata stipula del definitivo è tenuta a restituire solo tale somma, maggiorata di interessi, e non il doppio, come sarebbe stato in caso di caparra. Il recesso era consentito anche dopo il versamento dell'anticipo. L'indagine dei giudici di merito si è spinta ad analizzare i termini entro i quali poteva essere esercitato il diritto di recesso. Anche in questo caso, il Collegio condivide le conclusioni contenute nella sentenza impugnata il pagamento dell'anticipo costituiva, nell'intenzione delle parti, il punto di partenza dell'esercizio della facoltà di recesso e non, come sostiene il ricorrente, un principio di esecuzione del contratto preliminare dal quale nascerebbe l'obbligo di stipulare il definitivo. Non avrebbe alcun senso, altrimenti, la previsione convenzionale di cui supra, con la quale le parti hanno voluto regolare la sorte dell'importo versato a titolo di anticipo, proprio nell'ipotesi di recesso. Il promittente venditore ha esercitato il suo legittimo diritto di recesso. Per questi motivi, la Corte d'Appello ha correttamente ritenuto che non fosse possibile pronunciare sentenza ex articolo 2932, in quanto la mancata stipula del definitivo da parte del venditore costituiva una sua legittima facoltà, in base ad una ragionevole interpretazione del contenuto del preliminare.