Parcella e parere dell'Ordine non bastano all'avvocato per ottenere il compenso dagli eredi del cliente

Materiale sufficiente per il decreto ingiuntivo, ma sono necessarie dimostrazioni concrete in merito all'attività legale svolta. Altrimenti l'avvocato resta a bocca asciutta.

di Attilio IevolellaCompensi a rischio. Se l'avvocato non provvede a dare dimostrazione concreta dell'attività professionale svolta a favore del cliente, con atti processuali a corredo. E, sia chiaro, la semplice 'allegazione' della parcella non è ritenuta sufficiente A dare questa indicazione ai legali di tutt'Italia è la Corte di Cassazione - con sentenza numero 19750/2011, Sezione Seconda Civile, depositata ieri -, affrontando la vicenda relativa a un contestato pagamento relativo alla difesa legale sostenuta da un avvocato in diversi procedimenti.Ecco la parcella La somma, ancora in moneta old style, ammonta a 12milioni e 500mila lire. Tanto chiede un avvocato agli eredi del cliente - deceduto - per cui aveva svolto opera professionale ad hoc. Per riuscire ad ottenere i soldi, come extrema ratio, scatta anche un decreto ingiuntivo, che, poi, dà il 'la' a un contenzioso che si trascina fino in Cassazione.L'avvocato presenta la parcella, corredata dal parere del Consiglio dell'Ordine, e ciò basta per ottenere il decreto ingiuntivo.Quale attività? Il riconoscimento economico viene accolto parzialmente dal Tribunale, mentre il decreto ingiuntivo viene revocato eppure, gli eredi del cliente chiedono comunque una ulteriore rivisitazione della vicenda.Di fronte alla Corte d'Appello, difatti, essi lamentano che il giudice di prime cure avesse fatto cattivo governo del criterio distributivo dell'onere probatorio per non avere la controparte dimostrato né il genere di attività svolta né il tempo in cui sarebbe stata posta in essere . Conseguenze? Nulla era dovuto all'avvocato. Perché dall'esame della documentazione prodotta, a dimostrazione dei crediti vantati dal legale per l'attività professionale svolta, non era dato rinvenire alcun atto processuale a fondamento dell'opera asseritamente prestata .Manca, quindi, la risposta alla domanda fondamentale qual è l'attività svolta dal difensore, alla base del presunto credito professionale?Dimostrazione non data. Più che una risposta, però, il legale propone una visione diversa della vicenda, scegliendo il ricorso in Cassazione e criticando la Corte d'Appello per avere erroneamente distribuito l'onere probatorio e per essere incorsa in palese contraddizione, dal momento che non aveva formato oggetto di contestazione lo svolgimento dell'attività professionale da parte del legale .A questo proposito, il legale ha riportato anche la parcella con cui aveva ottenuto il placet per il decreto ingiuntivo contro il cliente. Ma è un elemento assolutamente non sufficiente, chiariscono i giudici di piazza Cavour la sola parcella, corredata dal parere del Consiglio dell'Ordine non è ritenuta vincolante, perché il parere attesta la conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata, ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in essa indicate, né è vincolante per il giudice della cognizione in ordine alla liquidazione degli onorari . Di conseguenza, la presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella, riconosciuta conforme alla tariffa, non esclude né inverte l'onere probatorio che incombe sul professionista creditore, sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite che quanto alla misura degli importi richiesti .Alla luce di queste valutazioni, la decisione della Corte d'Appello è ritenuta pienamente legittima - con consequenziale rigetto del ricorso presentato dall'avvocato -, non solo in materia di onere probatorio, ma anche, anzi soprattutto, sulla valutazione delle prove fornite dall'avvocato sull'esistenza del credito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 giugno - 27 settembre 2011, numero 19750Presidente Schettino - Relatore FalaschiSvolgimento del processoCon atto di citazione notificato il 3 marzo 1997 M. C., B. S., F. S. e S. S. proponevano opposizione, dinanzi alla Pretura di Trapani, avverso al decreto ingiuntivo del 15 gennaio 1997 emesso dal medesimo pretore con il quale veniva loro ingiunto il pagamento della somma di £ 12.500.000, in favore dell'Avv.to V. O., quale compenso per l'opera professionale svolta dal legale su incarico di N. S., deceduto e dante causa degli opponenti. Gli opponenti contestavano l'esistenza del credito, deducendo che comunque il loro dante causa aveva adempiuto ad ogni obbligazione nei confronti del professionista, eccependo, in via gradata, le prescrizione del credito stesso a norma degli articolo 2956 e 2957 c.c., chiedendo, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza dell'opposto, il Tribunale adito già pretore , accoglieva parzialmente l'opposizione e per l'effetto revocava il decreto ingiuntivo, con condanna degli opponenti a corrispondere al professionista la somma di £ 7.893.330, oltre ad IVA e CPA, ed al pagamento delle spese del giudizio nella misura di due terzi, compensandole per il restante terzo.In virtù di rituale appello interposto dalla C. e da F. e S. S., con il quale lamentavano che il giudice di prime cure avesse fatto cattivo governo del criterio distributivo dell'onere probatorio sancito dall'articolo 2697 c.c., per non avere controparte dimostrato né il genere di attività svolta né il tempo in cui sarebbe stata posta in essere, la Corte di Appello di Palermo, nella resistenza dell'appellato, che proponeva appello incidentale, accoglieva l'appello principale, respinto quello incidentale, e per l'effetto dichiarava che nulla era dovuto dagli opponenti - appellanti, con condanna del legale al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che dall'esame della documentazione prodotta dall'appellato a dimostrazione dei crediti dallo stesso vantati per l'attività professionale svolta in favore del dante causa degli appellanti non era dato rinvenire alcun atto processuale a fondamento dell'opera asseritamente prestata.Concludeva, quindi, che nulla era dovuto all'O. in relazione ai procedimenti instaurati dal S. nei confronti di T. - D.B., G., L., nonché al procedimento penale numero 1200/92.Aggiungeva, inoltre, quanto all'appello incidentale, che anche le doglianze ivi dedotte circa la mancata maturazione della prescrizione per i compensi relativi ai procedimenti contro M. V. e S. G., risultava sfornita di ogni dimostrazione la qualità e quantità dell'attività professionale dedotta.Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione l'O., che risulta articolato su due motivi, al quale hanno resistito M. C., F. e S. S., con controricorso inviato il gorno 27.12.2005 con racc. A/R per il deposito presso la cancelleria della Corte di Cassazione.Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative.Motivi della decisioneCome esposto in narrativa, i resistenti M. C., F. e S. S. con memoria, inviata per il deposito in Cancelleria con racc. A/R il 27 dicembre 2005, unitamente alla procura speciale rilasciata in calce al medesimo atto in favore dell'Avv.to G. M., con elezione di domicilio in Roma, nello studio dell'avv.to P. D.P., hanno dichiarato di voler resistere al ricorso, chiedendone il rigetto.Va anzitutto rilevato, trattandosi di questione pregiudiziale di rito rilevabile d'ufficio siccome attinente alla regolare instaurazione del rapporto processuale, che i C. - S. non hanno, con la memoria semplicemente depositata e non notificata nei termini previsti dall'articolo 370 c.p.c., in relazione all'articolo 365 dello stesso codice, e indipendentemente dal nomen juris attribuito all'atto, compiuto le formalità necessarie per resistere e contraddire ritualmente all'impugnazione v. Cass. S.U. 12.3.2003 numero 3602 Cass. 28.1.2005 numero 1737 Cass. 9.9.2008 numero 22928 Cass. 8.7.2010 numero 17688 . Il presupposto che abilita il difensore ad intervenire nella discussione è che l'atto cui accede la procura speciale, a prescindere dalla sua intitolazione, sia qualificabile come atto di contraddizione al ricorso avversario. A tal fine occorre che esso sia notificato alla parte ricorrente se invece esso è solo presentato alla Corte viene meno la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio. Infatti la conoscenza legale del controricorso può indurre la controparte a replicare, dando uno specifico contenuto alla memoria ex articolo 378 c.p.c Ne deriva che in questa sede gli intimati non hanno svolto valida attività difensiva e pertanto la loro costituzione deve considerarsi tamquam non esset, anche quanto alla memoria presentata ex articolo 378 c.p.c., configurandosi il vizio della notificazione del controricorso in termini di inesistenza, per cui l'articolo 291 c.p.c. è - secondo la giurisprudenza di questa Corte, che notoriamente esclude la sua applicazione in caso di inesistenza della notificazione - inapplicabile.Infatti la procura apposta in calce di tale atto non può essere autenticata dal difensore, dal momento che il suo potere di certificazione è limitato agli atti specificamente indicati nell'articolo 83, comma 3, c.p.c. e per l'effetto il difensore investito con siffatta procura non può neanche prendere parte alla discussione del ricorso.Passando all'esame del ricorso, con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c., nonché la nullità del procedimento di appello, in relazione agli articolo 102 e 331 c.p.c., per non avere il giudice del gravame disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi del defunto S. N., pur trattandosi di litisconsorti necessari, per avere proposto appello i soli C., F. e S. S., pretermessa B. S., che pure aveva preso parte - costituendosi - al giudizio di primo grado.Va preliminarmente rilevato che il contraddittorio è correttamente instaurato benché il ricorso non sia stato notificato agli altri aventi causa di N. S., giacché non sussiste litisconsorzio necessario né tra condebitori solidali, cui si estendono gli effetti della sentenza favorevole non fondata su ragioni personali e non anche quelli della sentenza sfavorevole ex articolo 1306 c.c. , né tra coeredi, attesa l'autonomia dei rispettivi rapporti obbligatori ex articolo 754 c.c. v. Cass. 9.3.2006 numero 5100 .Né ricorreva la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di B. S. nel giudizio di appello non essendosi nello stesso verificata successione nel processo ex articolo 110 c.p.c. la C. ed il S., convenuti m senso sostanziale, hanno proposto opposizione avverso decreto ingiuntivo come eredi di N. S. e, in caso di successione mortis causa di più eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio, si determina - giova ribadirlo - un frazionamento pro quota dell'originario debito del de cuius tra i vari aventi causa, con la conseguenza che il rapporto che ne deriva non è unico ed inscindibile e, in ipotesi, come quella in esame, di giudizio instaurato per il pagamento, non si determina litisconsorzio necessario di tutti gli eredi del defunto debitore, né in primo grado, né nelle fasi di gravame, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause v. Cass. 27.1.1998 numero 785 Cass. 22.11.1984 numero 6040 .Il motivo è, quindi, privo di pregio.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione - a norma dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. - dell'articolo 2957 c.c. in riferimento all'articolo 2697 c.c., nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex articolo 360 numero 5 c.p.c , per avere la corte di merito erroneamente distribuito l'onere probatorio, oltre ad incorrere in palese contraddizione, dal momento che non aveva formato oggetto di contestazione da parte degli appellanti lo svolgimento dell'attività professionale da parte del legale. Il medesimo giudice del gravame, inoltre. ha decampato dai termini della contesa, equivocandone i contenuti anche con riferimento ai principi sottesi agli articolo 2956 e 2957 c.c., di cui al proposto appello incidentale.Il motivo è parimenti infondato e va, pertanto, disatteso.È infatti, noto che la sola parcella corredata dal parere del consiglio dell'ordine, sulla base della quale il professionista abbia ottenuto il decreto ingiuntivo contro il cliente, se è vincolante per il giudice nella fase monitoria, non lo è nel giudizio di opposizione poiché il parere attesta la conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in essa indicate, né è vincolante per il giudice della cognizione in ordine alla liquidazione degli onorari Cass. 13.4.1999 numero 3627 Cass. 17.3.2006 nnumero 5884 e 5885 Cass. 20.4.2006 numero 9254 , per cui la presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude né inverte l'onere probatorio che incombe sul professionista creditore - ed attore in senso sostanziale - sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite che quanto alla misura degli importi richiesti.Nel caso di specie la corte di merito ha correttamente posto a carico del professionista l'onere della prova circa l'esistenza del credito vantato ed all'uopo ha fatto riferimento alla documentazione prodotta, adeguatamente affermando quanto alla prova delle prestazioni effettuate dall'O., senza che la censura della sentenza sul punto offra una diversa visione della vicenda.Inoltre occorre rilevare che, per altro profilo, il motivo è da ritenere inammissibile.Infatti non rispetta il principio di autosufficienza il ricorso per cassazione che, denunciando l'omessa o contraddittoria motivazione da parte del giudice di secondo grado, sulle doglianze mosse in appello alle ragioni esposte davanti al Tribunale, non espone quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all'accoglimento del gravame, e così impedisce al giudice di legittimità una completa cognizione dell'oggetto né al principio di autosufficienza può ottemperarsi per relationem , mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio v. Cass. 13 dicembre 2006 numero 26693 .Il motivo, dunque, contrasta con la regola della necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, impone alla parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative v. ad es. per tutte Cass. 2.11.1998 numero 10913 Cass. 24.5.2006 numero 12362 .Al rigetto del ricorso non consegue nessun provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione, per non avere gli intimati svolto in questa sede valida attività difensiva.P.Q.M.La Corte, rigetta il ricorso.