Un contesto fatto di prevaricazione e angherie, che indicherebbero l’indole violenta dell’imputato, non risulta dimostrativo della futilità dei motivi dell’aggressione.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 41089/12, depositata il 22 ottobre. Il caso. Due giovani inseguono e aggrediscono un ragazzo già preso di mira qualche giorno prima questi ferisce uno degli aggressori con un coltello che porta con sé essendo stato impaurito dal primo pestaggio. Gli autori dell’aggressione vengono condannati in entrambi i gradi di merito, seppur con pena ridotta in appello. Avverso tale sentenza è proposto ricorso per cassazione. La ricostruzione del fatto. Sollecitata a pronunciarsi in ordine a diversi elementi, tra i quali la riconoscibilità di uno degli imputati in un filmato ripreso da una telecamera di una farmacia, la Suprema Corte sancisce che la ricostruzione del fatto e l’interpretazione delle prove operate dai giudici di appello sono inattaccabili dal punto di vista logico e giuridico la partecipazione degli imputati all’aggressione non può dunque essere contestata. Ma c’è davvero futile motivo? Gli Ermellini ritengono invece fondata la censura riguardante la presenza dei futili motivi secondo i giudici di merito questi sarebbero deducibili dal fatto che gli imputati operassero in un contesto ambientale fatto di prevaricazioni e angherie e pertanto facilmente avrebbero potuto commettere altri reati contro la persona. Questa motivazione, però, non dimostra in alcun modo la futilità dei motivi dell’aggressione. Di più. I giudici di appello, secondo la Cassazione, non hanno adeguatamente analizzato il fatto che il ragazzo attaccato abbia ferito con un coltello uno degli aggressori tale episodio va approfondito per individuare specificamente i motivi del reato e pertanto la S.C. annulla la sentenza con rinvio.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 giugno – 22 ottobre 2012, numero 41089 Presidente Chieffi – Relatore Caiazzo Ritenuto in fatto Con sentenza in data 7.6.2010 la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 13.11.2008 appellata da M.M. e P.A. , riduceva la pena a ciascuno dei predetti a dodici anni di reclusione, confermando la responsabilità per il delitto di tentato omicidio, aggravato dai motivi futili, in danno di R A. che, M. e P. in concorso con L.S. e R.E. , prima avevano inseguito e accerchiato poi percosso violentemente con cinture e un casco, cagionandogli multiple lacerazioni e contusioni cranio facciali, con affondamento del cranio e multiple ecchimosi in sede toracica in omissis . I giudici di merito ricostruivano il fatto attraverso i seguenti passaggi essenziali. Tre giorni prima del fatto, la sera del omissis , un ragazzo, andando velocemente in motorino sul marciapiede, sfiorava A.R. che era costretto a fare un salto per non essere investito alle proteste dell'A. , il suddetto ragazzo, aiutato da un compagno che anche lui andava con il motorino sul marciapiede, malmenava l'A. , il quale riportava un trauma cranico con ferita lacero contusa al sopracciglio e una contusione al torace. I due ragazzi in motorino, a seguito delle indagini, venivano identificati in L.S. e V.P. , e gli stessi risultavano far parte di un gruppo di ragazzi che voleva spadroneggiare nella zona di omissis . La sera del fatto A.R. , timoroso di poter essere preso di nuovo di mira dal suddetto gruppo di ragazzi, era uscito di casa armato di un coltello che aveva acquistato il giorno prima. In effetti, come risultava dalla videoregistrazione di un impianto installato in una farmacia sita in omissis , alle ore 22,17 l'A. , proveniente da omissis e diretto in omissis , era stato inseguito da tre ragazzi a piedi e uno in moto, i quali, due minuti dopo alle ore 22,19 erano stati ripresi dalla stessa telecamera mentre tornavano indietro a passo sostenuto. L'aggressione avveniva in omissis , dove pochi minuti dopo giungeva l'ambulanza che soccorreva l'A. , trovandolo a terra, immerso in grandi macchie di sangue e con sotto il corpo un coltello con recenti tracce di sangue, risultate appartenenti alla vittima A. , a M M. e a S L. , minorenne protagonista dell'episodio del omissis . Il L. , due giorni dopo omissis , veniva identificato dalla Polizia e nell'occasione aveva un gonfiore al volto e una vistosa cicatrice con cerotto vicino al labbro, lesioni sulle quali dava una versione non convincente, perché in contraddizione con quella riferita dal padre. La vittima, per il trauma subito, non era stata in grado di ricordare come si fosse svolto l'episodio della sera del omissis , neppure a distanza di tempo, quando era stata esaminata nel dibattimento davanti al Tribunale. Gli inquirenti - attraverso le immagini registrate, le intercettazioni telefoniche disposte nei primi giorni del successivo ottobre e i risultati complessivi delle indagini svolte - identificavano i quattro aggressori in L.S. il ragazzo a bordo del motorino nel filmato R.E. con un casco in mano nel filmato , che ha ammesso di aver partecipato all'aggressione M.M. quello nel filmato vestito di scuro e P.A. quello nel filmato che indossava un pantalone pinocchietto di colore chiaro . Secondo i giudici di merito, M. e P. avevano partecipato all'aggressione - come si evinceva dal contenuto delle telefonate per il primo, e per P. dalla deposizione del teste F.F. nonché dalla fuga insieme a R. - nonostante gli stessi avessero sostenuto, indicando anche alcuni amici sentiti in qualità di testimoni in dibattimento, che quella sera una persona a loro sconosciuta aveva dato una coltellata al braccio di M. in omissis e che, subito dopo, il predetto M. era stato accompagnato da P. , con la sua macchina, all'Ospedale omissis , dove effettivamente erano giunto alle ore 22,41. La Corte d'appello, prendendo in esame la posizione del M. , ne ha confermato la responsabilità, considerando che vi era compatibilità tra la fisionomia di uno degli inseguitori e quella del M. che era decisivo il contenuto delle telefonate intercettate, da dove emergeva la sua paura che suo cugino L.S. , arrestato, avesse potuto chiamare in correità esso Mo. , Ma. R. o N. P. e che egli fosse considerato il promotore dell'operazione, per aver istigato gli altri ad ammazzare l'A. che vi era compatibilità tra l'orario dell'aggressione e quello dell'arrivo all'ospedale e non con la presunta aggressione subita dal M. e l'arrivo in Ospedale che presumibilmente l'A. , aggredito in OMISSIS dal M. , aveva involontariamente ferito quest'ultimo con il coltello nel tentativo di difendersi, ferita che però non aveva impedito al M. di proseguire l'inseguimento, dato che solo verso le ore 23,00, in ospedale, era iniziata l'emorragia con forte sanguinamento. Quanto alla posizione del P. , la Corte territoriale premetteva che l'annullamento da parte della Cassazione dell'ordinanza del Tribunale del riesame in data 19.1.2007 era dipeso solo da un difetto di motivazione, in quanto non erano state prese in considerazione le dichiarazioni della teste Au Vi. sul trasporto immediato in ospedale del M. e di Sp.Go. sulla assenza di reazioni dell'A. nei confronti dei suoi aggressori nonché quelle del chirurgo S. sul cospicuo sanguinamento della ferita del M. . Prendendo in esame dette risultanze, riteneva la deposizione della Vi. confusa e incoerente, avendo tra l'altro la teste dichiarato che l'accoltellamento era avvenuto ad opera di uno che sembrava un marocchino quella di Sp. non affidabile, in quanto il predetto non aveva confermato, perché non ricordava più lo svolgimento del fatto, che durante l'aggressione la vittima non aveva in alcun modo reagito riteneva che il chirurgo S. avesse chiarito in dibattimento che la gravità della ferita si era manifestata solo dopo le ore 23,00. La Corte d'appello affermava che la responsabilità penale del P. risultava chiaramente dalla testimonianza dell'infermiere F. - che aveva descritto la persona che aveva accompagnato M. in Ospedale, tra l'altro, con calzoni pinocchietto di colore chiaro - e dall'essere l'imputato fuggito nei pressi di xxxx con il R. , il quale aveva poi ammesso di avere partecipato all'aggressione. Le testimonianze di Sc. e Pa. - che avevano dichiarato di non aver mai visto il P. con calzoni a pinocchietto e con pizzetto - apparivano compiacenti, perché rese da amici dell'imputato. Riteneva superflua la perizia antropometrica richiesta dalla difesa, apparendo chiara la responsabilità degli imputati in base agli elementi raccolti. Riteneva, infine, che l'aggressione fosse stata posta in essere per motivi futili, in un contesto ambientale di prevaricazione e di angherie. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento, gli imputati M. personalmente e P. tramite i suoi difensori. M. ha innanzi tutto messo in evidenza che, come risultava anche dalla sentenza della Corte d'appello, non poteva essere riconosciuta la sua persona dal filmato ripreso dalla telecamera della farmacia di omissis . I giudici di merito avevano dato per scontata la sua presenza sul luogo dell'aggressione, senza tenere conto dell'incompatibilità di tale presenza con il suo ricovero in ospedale quella stessa sera per una ferita da coltello al braccio con lacerazione dell'arteria brachiale, incompatibilità che era stata riconosciuta dalla Cassazione, la quale aveva indicato come tema di approfondimento delle indagini solo un possibile ruolo istigativo del M. e del P. . Nel prosieguo non era intervenuto alcun elemento in grado di sostenere l'accusa di materiale partecipazione del ricorrente all'aggressione ed era stato mal interpretato il contenuto delle intercettazioni telefoniche, in quanto in esse il M. aveva mostrato solo preoccupazione di essere accusato per un crimine non commesso. La difesa del P. ha messo in evidenza che dallo stesso inseguimento ripreso dalla telecamera della farmacia doveva desumersi che il primo contatto fra A. e i suoi aggressori era avvenuto in omissis , cioè a circa 250 metri dal luogo in cui i fatti avevano trovato il loro epilogo. La Corte d'appello, avendo voluto ancora sostenere, come avevano ritenuto i giudici di primo grado, che due degli inseguitori ripresi nel filmato si dovessero identificare in M. e P. , era stata costretta a svalutare - senza alcuna ragione logica - la deposizione di Vi.Au. , la quale aveva descritto il ferimento di M. in omissis e l'immediato trasporto in ospedale del medesimo ad opera del P. , i quali, quindi, non potevano anche aver fatto parte del drappello degli inseguitori. Parimenti, per spostare il ferimento del M. da omissis a omissis , era stata costretta a non tenere conto della dichiarazione resa nel corso delle indagini preliminari da Sp.Go. , il quale aveva affermato che l'Al. aveva subito l'aggressione senza essersi mai difeso. Il P. , subito dopo l'accoltellamento di M. , aveva accompagnato con la sua macchina il predetto in ospedale, come risultava dalle dichiarazioni della teste Vi. e di L. , R. , V. e dello stesso M. . Un elemento di riscontro alla mancata presenza del M. , e quindi del P. , in Via xxxxxxx era costituito dalla mancanza di tracce di sangue del M. in Via xxxxxxx e lungo il percorso da Via xxxxxxxx a Via xxxxxxx. L'affermazione dei giudici di secondo grado che M. sarebbe stato ferito involontariamente dall'A. , mentre questi cadeva a terra, era fondata solo su una congettura e in contrasto con le prove acquisite al processo. Quanto alla deposizione dell'infermiere F. , nella sentenza impugnata non si era tenuto conto che non vi era stato alcun riconoscimento del P. che il teste aveva parlato di una persona con pizzetto e con calzoni a pinocchietto, mentre i testi Pa. e Sc. , immotivatamente screditati dai giudici di merito, avevano escluso che il P. avesse mai avuto il pizzetto o indossato pantaloni di quella foggia. Tra l'altro, nella conversazione tra R. e P. numero 89 del 4.10.2006 quest'ultimo aveva precisato di non aver partecipato all'aggressione, aggiungendo vaglielo a spiegare a loro che non c'entro nulla , espressione illogicamente svalutata dalla Corte d'appello, che aveva dato invece valore ai contenuti delle conversazioni intercettate, quando erano sfavorevoli agli imputati. Con altro motivo di ricorso si è contestata la sussistenza dell'aggravante dei motivi futili. L'accertata presenza di un coltello in mano all'A. era logicamente incompatibile con la pretesa futilità del movente sotteso all'aggressione. Con un ultimo motivo di ricorso si è denunciata la mancata assunzione di una prova decisiva, con riguardo alla richiesta perizia antropometrica. Sia M. che P. non avevano negato la presenza in omissis , ma la partecipazione all'aggressione in omissis . Dalla perizia antropometrica si sarebbe potuto rilevare l'incompatibilità della fisionomia di M. e P. anche in rapporto tra loro, essendo il P. più alto del M. con quella degli individui ripresi nel filmato, apparendo l'individuo che indossava i calzoni a pinocchietto più basso e tarchiato di quello ritenuto essere il Mo. . Considerato in diritto In merito alla partecipazione di M.M. e P.A. all'aggressione nei confronti di A.R. , la sentenza impugnata è giunta alla conclusione che anche gli stessi hanno partecipato al pestaggio della suddetta parte lesa in omissis , attraverso una ricostruzione del fatto e un'interpretazione delle prove raccolte che non presentano alcuna pecca dal punto di vista logico giuridico. Alcune parti della ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito non sono contestate dai ricorrenti. L'A. la sera del fatto era uscito di casa portando con sé un coltello acquistato il giorno prima, poiché temeva di poter essere preso di mira dai ragazzi L.S. e V.P. che l'avevano picchiato tre giorni prima. Vi era stato un primo scontro in omissis tra l'A. e alcuni ragazzi, tra i quali vi erano gli imputati. Nell'occasione, con tutta probabilità, il M. era stato ferito. Subito dopo questo scontro l'A. era fuggito, inseguito da tre ragazzi a piedi e uno in sella ad una moto. L'A. era stato raggiunto in omissis e qui era stato selvaggiamente picchiato e sopraffatto dal gruppo di ragazzi che l'avevano inseguito. I ricorrenti contestano che il M. e il P. , dopo lo scontro in omissis , abbiano inseguito la parte lesa, e quindi contestano che i predetti abbiano partecipato al pestaggio avvenuto in omissis . Sostengono, invece, che il M. , subito dopo essere stato ferito in omissis dalla parte lesa, si sarebbe recato in ospedale, accompagnato dal P. . I giudici di merito hanno dedotto, con motivazione scevra da difetti logici, la partecipazione degli imputati prima all'inseguimento e poi al pestaggio della parte lesa dalla compatibilità delle loro caratteristiche somatiche con due degli inseguitori dal contenuto delle telefonate intercettate, nel corso delle quali il M. aveva mostrato il timore che suo cugino L.S. che aveva partecipato al pestaggio dell'A. del omissis svelasse agli inquirenti la partecipazione all'aggressione sia dello stesso M. che del P. dalla testimonianza dell'infermiere F. che aveva descritto la persona che aveva accompagnato il M. in ospedale quindi il P. , secondo la versione degli imputati come un giovane che indossava pantaloni a pinocchietto e uno dei giovani inseguitori ripresi dalla telecamera sita in omissis indossava pantaloni di quella foggia dal fatto che il P. si era allontanato da xxxxxx insieme a R.E. , il quale aveva confessato di aver partecipato all'aggressione del 9 settembre in danno dell'A. . Con i motivi di ricorso si è data una diversa lettura alle risultanze processuali, al fine di dimostrare che gli imputati non avevano partecipato all'inseguimento e al pestaggio della parte lesa, ma gli elementi dedotti dalla difesa sono stati presi in considerazione dalla Corte di merito che li ha ritenuti non attendibili. Con adeguata motivazione sono state ritenute non attendibili le dichiarazioni di amici degli imputati i quali hanno affermato che il M. , subito dopo essere stato ferito in omissis , era stato accompagnato dal P. in ospedale. Non decisivo è apparso il fatto che lungo il percorso dell'inseguimento non si siano trovate tracce di sangue del M. , in quanto la ferita aveva iniziato a sanguinare copiosamente solo in un secondo momento, quando l'imputato era già in ospedale. Non è stata ritenuta necessaria una perizia antropometrica, essendo stati ritenuti sufficienti per la ricostruzione del fatto gli elementi di prova già raccolti. L'orario in cui gli imputati sono giunti al pronto soccorso dell'ospedale ore 22,41 non è idoneo a provare né che gli imputati abbiano partecipato né che non abbiano partecipato al pestaggio, poiché questo è durato solo circa due minuti la telecamera ha registrato l'inseguimento alle ore 22,17 e il ritorno del gruppo alle ore 22,19 e questo breve periodo non consente di stabilire la partecipazione o meno degli imputati all'aggressione in omissis . I ricorsi, quindi, devono essere rigettati nella parte in cui è stata contestata la partecipazione degli imputati all'aggressione e al grave ferimento di A.R. . I ricorsi, invece, appaiono fondati nella parte in cui hanno criticato la sentenza di secondo grado per aver ritenuto che gli imputati abbiano agito per futili motivi. La Corte d'appello ha ritenuto che l'aggressione fosse avvenuta per motivi assolutamente futili, perché consumata in un contesto ambientale di prevaricazione e di angherie, risultando la stessa di per sé indicativa dell'indole assai violenta dei due prevenuti che facilmente potrebbero commettere ulteriori reati contro la persona. La suddetta motivazione però, oltre a non risultare dimostrativa della futilità dei motivi che avrebbero spinto gli imputati ad agire, sfugge a un tema probatorio del processo che non risulta adeguatamente trattato e approfondito nella motivazione della sentenza. Si afferma nella sentenza che .è quindi presumibile che l'A. spinto a terra mentre teneva in mano detto coltello abbia involontariamente cagionato una ferita al braccio al M. , ferita che peraltro non ha impedito al M. di proseguire nell'inseguimento e nell'aggressione, dato che solo molto più tardi verso le ore 23,00 era iniziata un'emorragia e un forte sanguinamelo . . Si deduce dal brano sopra riportato che la Corte di merito ha collocato il suddetto episodio in omissis , ma non si comprende in base a quali elementi i giudici di merito si siano convinti che l'A. abbia involontariamente ferito il M. , poiché questa versione non risulta che sia stata sostenuta né dall'A. né da alcuno dei testi presenti. Appare quindi necessario approfondire questo episodio, eventualmente sentendo di nuovo le persone presenti, al fine di individuare in maniera più specifica i motivi per i quali gli imputati hanno agito. Sul punto, pertanto, la sentenza deve essere annullata con rinvio alla Corte d'appello di Milano per nuovo esame alla luce delle considerazioni sopra esposte. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante prevista dall'articolo 61 numero 1 c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.