di Giulia Milizia
di Giulia Milizia *La sentenza del Tribunale di Prato numero 803 dello scorso 13 luglio esamina la natura del rapporto instauratosi tra due amici per il saldo di un debito e, risolvendone le ambiguità, lo definisce come prestito non oneroso.Il caso. Un uomo diventato amico di un facoltoso imprenditore toscano si trasferiva presso la sua abitazione. Negli anni riceveva numerosi regali ed elargizioni anche a favore di stretti congiunti. A conferma della familiarità tra i due, versava le sue provvigioni direttamente sul conto del convivente. A seguito della denuncia penale per l'inadempimento degli accordi di separazione con l'ex moglie, l'attore gli inviava un vaglia presso il suo domicilio nella sede del foro della causa dopo aver prelevato dal conto della sua ditta, con l'autorizzazione della sorella/socia, la somma necessaria all'estinzione del debito. Il beneficiario, però, salvo un modesto acconto, non restituiva la somma, dando origine alla lite. L'imprenditore sosteneva che era stata elargita quale mutuo, mentre il convenuto asseriva che era una donazione. Il G.I. ha accolto la prima tesi. Natura dell'erogazione obbligazione naturale, donazione o prestito non oneroso? È difficile darne una definizione è un tipico caso border line che presenta diverse ambiguità. Infatti, come evidenziato dal G.I. nel suo excursus, sotto questo generoso gesto potrebbero essere sussunte sia una donazione che un mutuo oneroso nelle sue varie accezioni. Sono, però, da escludere a priori difettano di uno specifico contratto e/o della forma scritta richiesta ex lege. Infine questo rapporto non può essere qualificato come obbligazione naturale, poiché manca l'elemento psicologico non ha adempiuto ad alcun dovere morale o sociale, malgrado il forte legame di amicizia e la loro convivenza, tanto più che non è stata fornita alcuna prova di ciò.Differenze tra prestito e donazione. Il G.I restringe la sua analisi a due procedure la donazione ed il mutuo gratuito. Infatti l'articolo 1813 c.c. prevede ipotesi sia onerose che gratuite. In questo caso può essere un atto unilaterale. Si perfeziona con la consegna dell'importo necessario alle esigenze del mutuatario e l'accettazione dello stesso. È sufficiente, quindi, il passaggio della somma da un conto all'altro. Nella fattispecie la tracciabilità del denaro è data e provata dal vaglia postale e dalla riscossione dello stesso. Nelle donazioni, come detto, non solo è necessaria la forma scritta ad substantiam, ma anche l'animus donandi che in questo caso difettano, come dimostrato dal G.I.Nesso causale gratuità o liberalità? Tali lemmi sono sinonimi solo in apparenza, in quanto, in realtà, sono dicotomici il primo presuppone pur sempre un interesse economico , l'altro lo esclude in toto . Il nostro ordinamento si basa sul principio di causalità, perciò ogni rapporto deve trovare la sua giustificazione. Nella gratuità essa è data, ex articolo 1321, 1325, 1418 e 1813 c.c., dal fine economico del prestito, nell'altro nella sua assenza. Inoltre per la donazione sono previsti, ai sensi degli articolo 769 e 783 cc, i sopra descritti requisiti formali. Invero con una forma c.d. forte [ ] s'intende surrogare alla c.d. causa debole, id est alla carenza di un interesse patrimoniale . L'atto pubblico è escluso solo se il valore della donazione è modico basta la mera consegna della somma. Infine altra differenza fondamentale consiste nel fatto che la gratuità del prestito si sostanzia nella rinuncia agli interessi legali e, quindi, il beneficiario è obbligato alla restituzione del solo capitale ricevuto, mentre nell'altro, essendo un gesto liberale fine a sé, non vi è alcun dovere di refusione.Condizioni economiche del donante. La recente e costante giurisprudenza sulle donazioni e sull'articolo 783 c.c. individua due criteri essenziali per qualificare la somma come di modico valore l'uno soggettivo relativo alle condizioni economiche del donante e l'altro oggettivo circa l'importo corrisposto. Se dall'analisi di questi limiti si desume che l'atto pubblico è antieconomico, viene meno la necessità di stipularlo secondo i descritti requisisti finali, perché, nello specifico, sarebbero contrari alla ratio stessa dell'istituto la donazione si perfeziona con la traditio brevi manu. Ciò rende più difficile distinguere i due istituti in esame.Decisione del G.I. ed esclusione della liberalità del prestito. Il giudice ha optato per il prestito non oneroso, escludendo categoricamente la donazione, per carenza di tutti i suoi requisiti. In conclusione, dalla documentazione e dalle testimonianze rese, è chiaro l'interesse patrimoniale sotteso all'elargizione, a nulla rilevando l'abituale generosità. Il convenuto non può invocare alcuna compensazione con le provvigioni versate sul conto del mutuante, poiché, essendo un protestato, era l'unico modo per poterle incassare. Perciò è stato condannato a pagare il debito oltre gli interessi e le spese legali.* Praticante avvocato e conciliatore iscritta alla camera diConciliazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Grosseto
Tribunale di Prato, sez. Unica Civile, sentenza 13 luglio 2011, numero 803Giudice BrogiSvolgimento del processoCon atto di citazione ritualmente notificato G. A. ha convenuto in giudizio A. R. per sentirlo condannare al pagamento di € 4131,65 a titolo di capitale residuo del mutuo erogatogli in data 15/12/1998, nonché al risarcimento dei danni da determinare in sede giudiziale in misura non superiore all'interesse legale maturato sulla somma capitale dalla data del prestito.L'attore ha esposto di aver erogato, in data 15/12/1998, la somma di £ 10.000.000 al convenuto, che era stato denunciato dalla moglie per non aver corrisposto l'assegno di mantenimento previsto in sede di separazione dal Tribunale di Palermo. Alla vigilia del processo il R. aveva quindi contattato il G., con il quale aveva instaurato un solido rapporto di amicizia, informandolo della situazione di difficoltà in cui si trovava. Al fine di evitare la condanna penale all'amico, il G. inviò la somma richiesta di £ 10.000.000 a mezzo di vaglia postale, prelevando i soldi dalla ditta di famiglia, con il consenso della sorella.Dopo aver avuto il prestito, il convenuto non restituì la somma erogata, all'infuori di £ 2.000.000, consegnati nel 2001 a seguito di espressa richiesta da parte dell'attore. A seguito di ulteriore richiesta, inoltrata a mezzo del legale di quest'ultimo, il R. rispose di non dovere nulla, dato che la somma era stata erogata a titolo di donazione.Si è costituito il R., il quale ha premesso che, a seguito del suo trasferimento in Toscana, si era effettivamente creata un'intensa amicizia con l'attore, al punto che era andato a convivere presso la sua abitazione. Si era instaurato così un clima di fiducia reciproca al punto che il R. versava le proprie provvigioni sul conto corrente del G., il quale provvedeva quotidianamente alle necessità di entrambi. In tale periodo l'attore era solito fare numerosi regali al convenuto, nonché alla madre ed al figlio, oltre che numerose donazioni monetarie fatte ad amici vari. In tale clima il R. confidò all'attore le difficoltà che stava attraversando, non solo a livello economico, ma anche in relazione al rapporto con la ex moglie. Dopo tale episodio si vide recapitare a Palermo a mezzo di vaglia postale la somma di £ 10.000.000, di cui non aveva chiesto il prestito. Sulla base di quanto premesso in fatto, il convenuto ha rilevato come la corretta qualificazione della fattispecie concreta non sia quella del contratto di mutuo, ma bensì quella della donazione di modico valore, che si perfeziona con la sola traditio.Il Rosone ha poi negato di aver restituito £ 2.000.000 all'attore, proprio perché riteneva che quanto ricevuto fosse stato disposto a titolo di donazione. Motivi della decisioneLa presente causa ha per oggetto la restituzione della somma di € 4131,65.Non è controversa la quaestio facti, posto che entrambe le parti confermano che nel 1998 l'attore mandò al convenuto a mezzo di vaglia postale la somma di £ 10.000.000.È invece estremamente controversa la giustificazione causale di tale trasferimento patrimoniale, posto che, secondo la parte attrice, si trattò di un prestito, finalizzato ad evitare al convenuto una condanna penale, mentre secondo il convenuto si trattò di animus donandi, con la conseguenza che nulla è dovuto in restituzione. A tal fine il R. fa leva su due elementi. Il primo attiene al clima di profonda fiducia instaurato a seguito della convivenza, al punto che le provvigioni del lavoro del R. venivano versate sul conto corrente del G. Il secondo elemento riguarda il fatto che, date le floride condizioni economiche dell'attore, l'erogazione della somma di £ 10.000.000 è da considerasi di modico valore, al punto che per il suo perfezionamento è sufficiente la semplice traditio.Tali questioni involgono in primis la distinzione tra gratuità e liberalità, fondata sul fatto che mentre la prima presuppone pur sempre un interesse patrimoniale, la seconda lo esclude in toto.Il nostro ordinamento giuridico è caratterizzato dal c.d. principio di causalità, per cui ogni trasferimento patrimoniale deve essere assistito, a pena di nullità, da una giustificazione causale, così come risulta dal combinato disposto degli articolo 1325 e 1418 c.c.A tal fine la disciplina della donazione è caratterizzata da rigidi requisiti formali è infatti richiesto a pena di nullità l'atto pubblico. La ratio di tale previsione, secondo una condivisibile opinione, risiede nel fatto che con la forma c.d. forte cioè quella dell'atto rogato a mezzo di pubblico ufficiale si intende surrogare alla c.d. causa debole mancanza di interesse patrimoniale, tipico del contratto ai sensi dell'articolo 1321 c.c. . Difatti con l'atto donativo un soggetto si spoglia di un proprio diritto, senza nulla ricevere in cambio, secondo la definizione data dall'articolo 769 c.c. per cui La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. La forma dell'atto pubblico serve pertanto a richiamare l'attenzione del donante sul significato dell'atto che si accinge a compiere ed alle sue conseguenze giuridiche, così come avviene in tutti i casi nei quali il legislatore impone un determinato onere formale nell'ambito di un sistema giuridico improntato al principio di libertà delle forme.Le norme che impongono determinati oneri formali al compimento di un atto assumono pertanto un evidente significato di ordine pubblico, con la conseguenza che le stesse, costituendo oltretutto regole generali, non possono essere derogate oltre i limiti espressamente stabiliti dalla legge. Nel caso in esame il convenuto richiama il disposto dell'articolo 783 c.c., in base al quale La donazione di modico valore che ha per oggetto bei mobili è valida anche se manca l'atto pubblico, purché vi sia stata la tradizione. La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante. Secondo un criterio di interpretazione letterale di modico valore deve essere la donazione. In altre parole il parametro di riferimento applicativo primario indicato dalla norma in esame è oggettivo e riguarda il donatum. Il capoverso della norma in esame richiama anche le condizioni economiche del donante, nel senso che, secondo un autorevole indirizzo seguito anche nella giurisprudenza, la donazione non deve essere tale da alterarne il patrimonio La donazione di modico valore articolo 783 cod. civ. per la quale non si richiede la forma scritta ad substantiam va accertata alla stregua di due criteri quello oggettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l'atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. Corte Cass., Sez. 1, Sentenza numero 11304 del 30/12/1994 .L'ambito di applicazione dell'articolo 783 c.c. è pertanto limitato alle ipotesi nelle quali, stante il valore limitato dell'oggetto della donazione, da valutare anche in relazione alle condizioni economiche del donante, diventa contraria ad un principio di economia dei mezzi giuridici la predisposizione di un atto pubblico. Solo nel caso in cui la dazione riguardi beni di basso valore nel senso appena indicato viene meno la necessità di condizionare l'effetto reale ad un atto con requisiti formali tali da richiamare l'attenzione del donante sul significato del negozio che sta compiendo.La ricostruzione del sistema è pertanto lineare nel senso che lo spirito di liberalità puro necessita della forma c.d. forte dell'atto pubblico per dare luogo ad uno spostamento patrimoniale giuridicamente valido, mentre solo in caso di beni di modico valore è sufficiente la sola traditio. Al di fuori di tali ipotesi lo spostamento patrimoniale deve trovare una giustificazione causale tale da realizzare un interesse patrimoniale del titolare del diritto trasferito, secondo lo schema che caratterizza le ipotesi di gratuità non coincidenti con lo schema della liberalità, o essere supportato dall'adempimento dei doveri morali o sociali di cui all'articolo 2034 c.c.Il punctum pruriens da sciogliere nel caso in esame è costituito dal fatto che, mentre l'attore invoca lo schema della gratuità, affermando di avere eseguito un prestito non oneroso, il convenuto afferma invece che la somma fu erogata quale liberalità e non ne può essere pertanto richiesta la restituzione. Le difficoltà inerenti alla distinzione tra gratuità e liberalità sono accentuate dal fatto che nel caso della donazione manuale non viene in rilievo l'aspetto formale inerente alla presenza dell'atto pubblico prescritto a pena di nullità, che costituirebbe un elemento essenziale, la cui mancanza determinerebbe automaticamente un'ipotesi di nullità. La donazione manuale ed il contratto di mutuo gratuito sono entrambi contratti reali, che possono essere bene caratterizzati dalla consegna della medesima res, dato che l'articolo 783 c.c. parla di cosa mobile , mentre l'articolo 1813 c.c. indica come possibile oggetto del contratto il denaro o altra cosa fungibile . Il profilo causale diventa pertanto dirimente per stabilire se ricorra uno schema piuttosto che un altro. L'animus donandi non è tuttavia invocabile in via presuntiva, solo perché il donante si trova in condizioni economiche buone ed è solito elargire atti di generosità nei confronti degli amici. Tanto più che nel caso in esame le prove testimoniali hanno evidenziato che l'attore aveva regalato al convenuto dei fiori ed una radio, ma non hanno evidenziato una elargizioni di denaro del tipo di quella di cui viene chiesta la restituzione nel presente giudizio. Tanto più che il convenuto risulta aver svolto all'epoca della dazione del denaro una propria attività lavorativa e, soprattutto, che l'attore inviò £ 10.000.000 in una situazione di emergenza costituita dal procedimento penale instaurato a seguito del mancato pagamento degli alimenti alla moglie separata del convenuto.In tale contesto le prove testimoniali sia della sorella G. G. M. e dell'amica Fr. N. confermano che non si trattò di un atto di liberalità. In particolare, la seconda ha confermato che il R. disse che non avrebbe restituito i soldi, in quanto si trattava di somma irrisoria rispetto alle condizioni economiche del G È tuttavia bene precisare che il riferimento fatto dall'articolo 783 c.c. alle condizioni economiche del donante in relazione al modico valore del donatum non è per instaurare una presunzione iuris tantum di liberalità, ma bensì per escludere il requisito formale dell'atto pubblico con la traditio, secondo il già richiamato principio di economia dei mezzi giuridici. Lo spirito di liberalità non può essere nemmeno presunto sulla base dei rapporto di amicizia o di convivenza tra il donante ed il donatario.Semmai è l'articolo 2034 c.c. il parametro normativo correttamente invocabile per le ipotesi di prestazioni spontaneamente fatte nei casi di convivenza come quella che ricorre nel caso in esame, escludendone la ripetizione. Tale norma, richiamando l'adempimento di doveri morali e sociali pur sempre distinti comunque dalla liberalità che caratterizza la donazione , applicabile anche alle ipotesi di convivenza, evoca, tuttavia, la presenza di fatti costitutivi che non sono stati neppure allegati nel caso concreto. Difatti la parte convenuta ha sostenuto la presenza dello spirito di liberalità in capo all'attore, benché abbia su tale punto fatto un'evidente commistione tra il piano della liberalità con quello della gratuità, che, a differenza della prima, non esclude la restituzione nel caso dei contratti di prestito.Neppure può ritenersi che vi sia una compensazione tra le provvigioni versate dal convenuto nel conto corrente dell'attore, posto che le prove testimoniali hanno dimostrato che quest'ultimo incassava gli assegni per conto del R., in relazione alla sua condizione di protestato. La domanda attrice, in quanto fondata, deve essere pertanto accolta, con la condanna del convenuto alla restituzione della somma di € 4131,65, sulla quale devono essere applicati, come richiesto, gli interessi legali a decorrere dal 15-12-1998, pervenendo al totale di € 5475,70.In base al principio di soccombenza il convenuto deve essere poi condannato a pagare alla parte attrice le spese legali del presente giudizio.P.Q.M.Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunziando, ogni altra domanda ed eccezione respinta,condanna R. A. a pagare ad A. G. € 5475,70, a titolo di restituzione della residua somma mutuata, comprensiva degli interessi calcolati dal 15/12/1998 condanna R. A. a pagare ad A. G.i le spese del presente giudizio che si liquidano in € 1000,00 per diritti ed € 1200,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge.