60 giorni di tempo per pagare il danneggiato

La violazione del termine per risarcire il danneggiato determina in capo all'assicuratore una responsabilità per mala gestio nei confronti dell'assicurato.

Il termine di adempimento di 60 giorni che la legge accorda all'assicurazione in caso di sinistro derivante dalla circolazione di veicoli per adempiere la propria obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato rileva anche nei rapporti tra assicuratore ed assicurato.La violazione del termine determina in capo all'assicuratore una responsabilità per mala gestio nei confronti dell'assicurato, se a causa del ritardo il risarcimento, capiente all'epoca del sinistro, sia divenuto incapiente.E se anzi ciò accade, l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato per l'intero risarcimento cui questi sia tenuto verso il danneggiato. Il caso. Un trentacinquenne muore a seguito delle lesioni riportate nello scontro tra il motociclo sul quale viaggia ed un autocarro che, nell'immettersi nella strada, invade la corsia opposta.Il tribunale, con pronuncia confermata in appello, condanna il conducente dell'autocarro e, ritenutolo esclusivamente responsabile dell'incidente, gli intima anche, insieme con il proprietario del mezzo, il risarcimento dei danni a favore della moglie del defunto e dei figli. La somma viene versata dalla società assicuratrice del mezzo.Nelle more, le Ferrovie dello Stato, di cui il motociclista era dipendente, costituiscono a favore dei congiunti una rendita vitalizia richiedendo alla società assicuratrice il pagamento in via surrogatoria di ulteriori somme.A fronte dell'inerzia dell'assicuratore, i congiunti agiscono giudizialmente innanzi al tribunale per l'insufficienza delle somme già percepite a titolo di risarcimento del danno e richiedendone la differenza. Il procedimento prosegue fino alla Cassazione.La Corte Suprema, con la sentenza numero 1083 del 18 gennaio, bacchetta l'assicuratore e ricostruisce, nel contesto normativo articolo 28, legge numero 990/1969, applicabile ratione temporis , il coordinamento, attraverso lo schema della surrogazione legale, tra il rapporto assicurativo tra danneggiato e assicuratore della responsabilità civile ed il rapporto previdenziale tra danneggiato ed ente di assicurazione sociale si coordinano.Rapporto assicurativo. Nel rapporto assicurativo, l'assicuratore deve chiedere al danneggiato se ha diritto a prestazioni in quello previdenziale. Se il danneggiato risponde affermativamente, l'assicuratore accantona la somma prevedibilmente corrispondente alla prestazione spettante al danneggiato-assistito nel rapporto previdenziale e chiede all'ente se vuole valersi del diritto di surrogarsi al danneggiato. L'ente deve rendere dichiarazione positiva nei successivi 45 giorni Rapporto previdenziale. Nel rapporto previdenziale, l'ente corrisponde la prestazione ed ha diritto di surrogarsi nei limiti della prestazione corrisposta con il pagamento nel rapporto previdenziale, l'ente è surrogato in quello assicurativo al danneggiato l'assicuratore della responsabilità civile può e deve solo pagare all'ente la somma che questo dichiara d'aver prestato nel rapporto previdenziale.Estinzione del diritto del danneggiato vs l'assicuratore nei limiti di quanto percepito dall'ente previdenziale. Al complesso di questi rapporti la disciplina normativa ricollega l'effetto di estinguere, nel rapporto assicurativo, il diritto del danneggiato verso l'assicuratore, nei limiti della somma che lo stesso danneggiato ha già percepito dall'ente nel rapporto previdenziale.Tuttavia la parte eccedente delle pretese resta a carico dell'assicuratore.Massimale divenuto incapiente nella mora dell'assicuratore. La Corte Suprema aggiunge poi che, se il massimale era capiente all'epoca del sinistro ma è divenuto insufficiente a coprire l'intero danno per effetto della svalutazione intanto intervenuta durante la mora dell'assicuratore, questi deve tenere indenne l'assicurato in misura pari all'intero danno subito dal danneggiato, quale che ne sia l'ammontare, configurandosi il colpevole ritardo col quale l'assicuratore abbia soddisfatto il credito del danneggiato come mala gestio in senso proprio, nei confronti dell'assicurato.60 giorni e scatta la mora dell'assicuratore. La Cassazione argomenta poi anche sui termini del ritardo colpevole dell'assicuratore.Scatta 60 giorni dopo la richiesta risarcitoria il momento nel quale la mora sussiste nei confronti del danneggiato ma lo stesso termine, secondo l'ultimo orientamento di legittimità, vale anche per il ritardo dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato nell'ambito del rapporto assicurativo.Pertanto, al di fuori dei casi di responsabilità dell'assicurato che abbia omesso di fornire all'assicuratore tutte le informazioni di cui disponga ed utili all'apprezzamento del fatto, va posto a carico dell'assicuratore il rischio della sopravvenuta incapienza del massimale per omesso risarcimento del danno entro 60 giorni dalla richiesta del danneggiato.In tale caso l'assicuratore è quindi tenuto a tenere indenne l'assicurato, nell'ambito del rapporto assicurativo, di tutto quanto questi debba direttamente corrispondere al danneggiato in eccedenza rispetto al massimale tardivamente versato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 novembre 2010 - 18 gennaio 2011, numero 1083Presidente Trifone - Relatore AmatucciSvolgimento del processo1.- Il 23.7.1981 il trentacinquenne M. P. morì per le lesioni riportate nello scontro tra il motociclo sul quale viaggiava ed un autocarro che, nell'immettersi nella strada regolarmente percorsa dal P. , aveva invaso la corsia opposta.Con sentenza del 23.3.1983 il tribunale penale di Perugia condannò il conducente dell'autocarro A. B. alla pena di giustizia e, ritenutolo esclusivamente responsabile dell'incidente, lo condannò altresì, unitamente al responsabile civile G. C. A. , qualificato proprietario del mezzo, al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede in favore dei congiunti, costituitisi parte civile. Riconobbe a favore della moglie del defunto, L. R., e dei figli, P. A. e C. , una provvisionale di L. 25.000.000, versata dalla società assicuratrice del mezzo Alleanza Securitas Esperia, poi Allsecures, in seguito Axa il 18.8.1983 o il 23.9.1983 secondo altra indicazione della sentenza impugnata . La sentenza fu confermata dalla corte d'appello il 29.3.1985. Il giudicato si formò il 18.12.1985 a seguito della declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso per cassazione.Nelle more, l'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato in seguito FF.SS. di cui il P. era dipendente, costituì a favore dei predetti congiunti una rendita vitalizia del valore di L. 93.597.750 alla data dell'1.1.1982 e ne richiese il pagamento ad Axa in via surrogatoria. L'Axa versò alle FF.SS. L. 80.000.000 il 26.1.1984 e L. 44.925.840 il 26.7.1985, così esaurendo il massimale di polizza di L. 150.000.000.2.- Il 22.6.1988 la R. ed i figli P. agirono giudizialmente innanzi al tribunale di Perugia nei confronti del B., del G. e dell'Axa adducendo l'insufficienza delle somme già percepite a titolo di risarcimento del danno e richiedendone la differenza.Contumace il B., resistettero il G. e 1'Axa - il G. rappresentando che le FF.SS. avevano già giudizialmente domandato la condanna di tutti e tre i convenuti al pagamento della somma di L. 173.479.285, quale importo capitalizzato della rendita costituita in favore dei danneggiati, in surrogazione dei quali avevano agito e chiedendo inoltre che Axa, della quale addusse la mala gestio, fosse condannata a tenerlo indenne anche oltre i limiti del massimale - l'Axa adducendo che gli importi richiesti dagli attori erano eccessivi e negando la mala gestio per aver tempestivamente pagato.Con sentenza del 26.7.2001 il tribunale condannò il B. ed il G. al pagamento di L. 28.226.808 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre alla rivalutazione ed agli interessi compensativi. Ritenne che il danno patrimoniale fosse pari a quanto già erogato dalle FF.SS., che l'Axa aveva versato l'intero massimale e che dovesse escludersene la responsabilità per mala gestio.3.- La sentenza fu appellata autonomamente dagli attori e dal G. e, in via incidentale, dal B., che chiese il rigetto della domanda e di essere tenuto comunque indenne dall'Axa della somma di Euro 52.000 versata intanto agli attori.Axa resistette.Con sentenza numero 336 del 2005 la corte d'appello di Perugia ha confermato la sentenza di primo grado, solo riducendo il residuo credito degli attori per danno morale da L. 28.226.808 a L. 21.608.753 pari ad Euro 11.159,99 , affermando che anche Axa era tenuta alla rivalutazione ed agli interessi sulla somma di L. 25.000.000 e dichiarando cessata la materia del contendere tra gli attori stessi ed il B 4.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione la R. ed i P. sulla base di tre motivi e, con autonomo ricorso, B. A. , che si affida a due motivi.Al ricorso R. - P. resistono con distinti controricorsi l'Axa ed il G., che propone anche ricorso incidentale fondato su tre motivi, al quale resistono con controricorsi i ricorrenti principali ed Axa.Al ricorso del B. resistono con controricorsi l'Axa ed il G., che propone ricorso incidentale fondato su tre motivi, al quale resiste con controricorso l'Axa.I R. - P. , il G. ed il B. hanno depositato memorie illustrative.Motivi della decisioneI ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.IL RICORSO R. - P. R.G.numero 20196/06 .1.- Col primo motivo, deducendo violazione di norme di diritto e vizi della motivazione in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nnumero 3, 4 e 5, i ricorrenti si dolgono che la corte d'appello abbia ritenuto che gli attori avessero formulato una domanda nuova, come tale inammissibile, col richiedere all'udienza di precisazione delle conclusioni del 16.6.1998 la somma di L. 402.206.000 previa detrazione dell'importo di L. 25.000.000 per danno morale, invece originariamente indicato in L. 40.000.000, tra l'altro senza alcuna riserva di stile in ordine alla maggior somma che fosse per essere eventualmente risultata di giustizia.Affermano che la diversa quantificazione della pretesa integra una mera emendatici e non una mutatio libelli e citano a sostegno dell'assunto Cass., nnumero 4828/06, 1224/06, 26079/05 e 20683/05.1.1.- La censura è fondata.Costituisce principio consolidato quello secondo il quale la diversa quantificazione o specificazione della pretesa, fermi i suoi fatti costitutivi, non comporta prospettazione di una nuova causa petendi in aggiunta a quella dedotta in primo grado e, pertanto, non da luogo ad una domanda nuova. In tal senso si sono espresse, oltre alle sopraindicate sentenze citate dai ricorrenti, tra le altre, Cass. nnumero 9266/10, 17977/07, 14961/06, 6338/00, 7275/97, 2693/91, 1743/90. La seconda, pronunciata in materia di responsabilità extracontrattuale in fattispecie nella quale era stato chiesto in citazione il risarcimento del danno morale per la perdita di un congiunto per un importo determinato, poi maggiorato all'udienza di precisazione delle conclusioni, ha in particolare affermato - con enunciazione che va anche in quest'occasione ribadita - che le variazioni puramente quantitative del petitum sono consentite in quanto, se non alterano i termini sostanziali della controversia e non introducono nuovi temi di indagine, non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio nè menomazione del diritto di difesa dell'altra parte.Una volta escluso che l'incremento della somma richiesta c.d. petitum mediato integri una mutatio libelli, è del tutto irrilevante operare un raffronto - com'ha fatto la corte d'appello - tra quanto era stato orginariamente domandato al momento dell'atto di citazione e l'equivalente monetario alla data della precisazione delle conclusioni. Non questo è l'elemento determinante ciò che conta è che, domandando una somma maggiore, non si introducano nuovi temi di indagine, tali da menomare il diritto della difesa dell'altra parte. E tanto va senz'altro escluso se, per esempio, l'incremento nominalistico della pretesa creditoria per il risarcimento del danno non patrimoniale sia, in sede di precisazione delle conclusioni, collegato a nuove tabelle intanto elaborate. La natura della tabella, che in non altro consiste che in un parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno ex articolo 1226 c.c., non integra un fatto nuovo per gli effetti che si stanno considerando, ma piuttosto un dato che si iscrive tra quelli di comune esperienza, dunque una regola di giudizio alla quale il giudice potrebbe o dovrebbe fare comunque ricorso indipendentemente dalla sollecitazione della parte.La sentenza va dunque cassata non solo in riferimento alla operata diminuzione della somma liquidata a titolo di danno morale rispetto a quella riconosciuta dal tribunale in relazione ad operati raffronti comparativi con l'originaria espressione monetaria della voce di danno da parte degli attori, ma anche per aver ritenuto di non poter liquidare una somma maggiore, nei limiti del valore quale espresso in termini monetari alla data di precisazione delle conclusioni. Valore che - è il caso di chiarire in relazione alla natura dell'obbligazione risarcitoria - è suscettibile di essere a sua volta quantificato in una somma ancora maggiore alla data della sentenza, purchè non eccedente il valore corrispondente alla somma richiesta in sede di precisazione delle conclusioni. In termini ancora più chiari nei debiti di valore il giudice deve tener conto anche della svalutazione monetaria che intervenga tra la data di precisazione delle conclusioni e quella della pronuncia.2.- Col secondo motivo la sentenza è censurata per violazione di norme di diritto e vizi della motivazione in relazione alla errata conclusione che la corte d'appello aveva tratto dalla corretta premessa che, dopo le note sentenze della Corte costituzionale nnumero 319/89, 356/91 e 485/91 in materia di azione surrogatoria da parte degli enti gestori delle assicurazioni sociali e l'estensione al danno morale operatane dalla giurisprudenza di legittimità, il risarcimento del danno all'infortunato o ai suoi congiunti da parte degli enti citati non priva più i danneggiati del diritto di chiedere all'assicuratore del danneggiante per la responsabilità civile il risarcimento dei danni che non costituiscono oggetto delle assicurazioni sociali, e dunque di quello biologico e morale numero d.e. ora, a seguito delle coeve decisioni delle sezioni unite nnumero 26972 e ss. dell'11.11.2008, non patrimoniale tout court .La corte, infatti, dopo aver riconosciuto che, essendo il diritto ancora controverso, quelle sentenze erano applicabili nella specie e che, di conseguenza, i danneggiati avevano titolo per chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale alla società assicuratrice nonostante la surrogazione operata dalle FF.SS. ed i conseguenti pagamenti effettuati dall'Axa al surrogante e, in minima parte, alla Regione per spese ospedaliere , aveva erroneamente ritenuto di poter considerare quei versamenti liberatori per l'Axa ex articolo 1189 c.c., per avere la stessa pagato al creditore apparente, quale sembravano essere le FF.SS, essendo stata svelata - per così dire - la non corrispondenza tra realtà ed apparenza soltanto dalle successive sentenze della Corte costituzionale .2.1.- Anche questo motivo è fondato.Correttamente i ricorrenti mettono in luce come la corte d'appello abbia finito per vanificare il portato precettivo delle sentenze della Consulta, realizzando proprio quella situazione pregiudizievole per i danneggiati che le Corti costituzionale e di cassazione hanno bollato come contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento. La prima, chiarendolo ancora con sentenza numero 37/94, la seconda con sentenze nnumero 605/98 e 14638/00.La questione è stata risolta, in caso sostanzialmente identico, dalla prima delle due sentenze citate dal ricorrente cui adde, oltre a Cass. 14638/00, anche Cass. nnumero 15431/04 e 14601/05 , dalla quale è stato tratto il principio così sintetizzato nella relativa massima ufficiale tratta dalla pronuncia, che va anche in quest'occasione ribadito La sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 1989, numero 319 che ha dichiarato l'illegittimità della L. 24 dicembre 1969, numero 990, articolo 28, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali, sostituendosi nel diritto del danneggiato verso l'assicuratore della responsabilità civile, possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, ha fatto perdere efficacia alle norme dichiarate incostituzionali dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, mentre non spiega effetto rispetto ai rapporti esauriti. La circostanza che, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma, L'Inail abbia dichiarato all'assicuratore di volersi surrogare nei diritti del danneggiato e suo assistito, di per sè, non è un fatto giuridico capace di rilevare come causa di esaurimento del rapporto e, quindi, come limite agli effetti della sentenza della Corte costituzionale. Infatti sino a quando il diritto del danneggiato verso l'assicuratore non è prescritto o in ordine ad esso non si sia formato un giudicato negativo, il giudice richiesto di pronunziare sull'esistenza del diritto non può attribuire effetto estintivo di tale diritto alla surrogazione esercitata dall'Inail perchè ciò significherebbe applicare la norma dichiarata costituzionalmente illegittima .In motivazione sub 2.3. la citata sentenza chiarisce anche che il pagamento produce effetti in quanto è fatto al creditore, o a persona per lui legittimata riceverlo o a persona succedutagli nella titolarità del credito. Se il pagamento non è fatto al creditore, ma a persona che, secondo una norma di apparente legittimità, versa in una situazione che ne ha determinato la successione a lui nella titolarità del credito, l'effetto estintivo del credito cessa con la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che dava rilievo a quella situazione. Il creditore che non ha ricevuto la prestazione ha diritto di pretenderla e il debitore che ha pagato ha diritto di ripetere da chi lo ha ricevuto il pagamento divenuto indebito .Il che risolve anche il problema relativo alla identificazione del soggetto abilitato alla ripetizione dell'indebito, che potrà essere domandata dalla società assicuratrice per la responsabilità civile all'ente surrogatosi nei diritti del danneggiato.Va piuttosto dato conto dell'ulteriore affermazione della sentenza numero 605/98, laddove così prosegue Ciò sempre che il debitore non intenda sostenere che egli ha pagato a creditore apparente, che il proprio debito è rimasto estinto e spetta al creditore ripetere da chi lo ha ricevuto il pagamento da lui fatto articolo 1189 cod. civ. .La ricorrente non ha però sostenuto - nel giudizio di merito nè perciò nel ricorso - che, quando essa ha eseguito il pagamento all'Inail, in ragione del fatto dell'esistenza della norma poi dichiarata costituzionalmente illegittima, da un lato l'Inail appariva legittimato in base a circostanze univoche a ricevere il pagamento dall'altro essa lo aveva eseguito in buona fede .L'affermazione, che peraltro costituisce un obiter dictum, non è suscettibile di essere interpretata nel senso che il problema, se si fosse posto, si sarebbe potuto risolvere nel senso della liberazione della società assicuratrice per aver pagato, in buona fede, a chi appariva legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche ex articolo 1189 c.c., comma 1, con l'ulteriore conseguenza che in ripetizione dovrebbe allora agire, ai sensi del secondo comma, il vero creditore nella specie i congiunti danneggiati nei confronti di chi ha ricevuto il pagamento nella specie le surrogatesi FF.SS. .La ragione ne è che il riferimento del primo comma alle circostanze univoche che ingenerano una situazione di apparenza non può essere estesa alle norme di diritto dalla quale dipenda la qualificazione di un soggetto come creditore, giacchè tanto interferirebbe, frustrandole, con le regole che disciplinano gli effetti degli atti normativi, la cui puntuale applicazione costituisce un principio cardine dell'ordinamento.3.- Col terzo motivo sono dedotti violazione di legge e vizi della motivazione in riferimento alla avvenuta esclusione della sussistenza di un danno patrimoniale superiore alla capitalizzazione della rendita vitalizia liquidata dalle FF.SS Si sostiene l'erroneità storica e l'apoditticità razionale dell'affermazione della corte d'appello secondo la quale la natura di azienda autonoma dello Stato, propria all'epoca delle Ferrovie, induce a ritenere, in mancanza di elementi obiettivamente apprezzabili di segno contrario, che la costituzione della rendita sia avvenuta in conformità alla normativa in materia .3.1.- Si tratta di un apprezzamento di fatto, la cui prospettata erroneità non è sindacabile in questa sede in relazione all'adeguatezza della motivazione che lo sorregge, contrassegnata dall'ulteriore osservazione fu della corte d'appello che nè in primo grado nè in sede di appello erano stati offerti elementi di prova di un maggior danno così la sentenza impugnata a pag. 21, secondo capoverso .Il motivo è respinto.IL RICORSO INCIDENTALE G. R.G. 25879/06 .4.- Va preliminarmente rilevato che l'eccezione di inammissibilità del ricorso del G., per tardività, sollevata da Axa è infondata alla luce delle assorbenti enunciazioni di Cass., sezioni unite, 27.11.2007, numero 24762.È stato affermato che sulla base del principio dell'interesse all'impugnazione, l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall'impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale.L'unico termine da rispettare è quello di cui all'articolo 371 c.p.c E non si afferma che sia stato violato.5. - Col primo motivo il ricorrente si duole deducendo violazione di legge in relazione all'articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 4 - che la corte d'appello lo abbia ritenuto comproprietario dell'autocarro alla data 23.7.1981 dell'incidente mortale provocato dal suo conducente benchè l'automezzo fosse ricompreso nel ramo d'azienda conferito il 27.11.1980 nella società a responsabilità limitata Dinamica Umbra.5.1.- Il motivo è infondato in relazione al giudicato formatosi il 18.12.1985 sulla sentenza penale di condanna generica anche del G. al risarcimento, in qualità di responsabile civile.L'erroneo riferimento contenuto in sentenza alle norme del codice di procedura penale entrato in vigore successivamente alla data sopra indicata non infirmano la correttezza della decisione anche alla stregua delle norme previgenti articolo 27 c.p.p. del 1930 , sicchè va solo corretta la motivazione sul punto.6.- Col secondo motivo la sentenza è censurata per violazione di norme di diritto e per vizio della motivazione nella parte in cui ha escluso che fosse ravvisabile la mala gestio prospettata dal G., considerato che la compagnia, a fronte della dichiarazione di surroga delle Ferrovie dello Stato, non avrebbe potuto effettuare altri versamenti a favore di danneggiati così la sentenza impugnata, a pagina 24 .Il ricorrente G. sostiene che tale motivazione è erronea in diritto in quanto la dichiarazione di surrogazione delle FF.SS. non impediva all'assicuratrice Axa di considerare le ulteriori pretese dei danneggiati e si duole della apoditticità della risposta data ai motivi di appello con i quali egli aveva censurato la sentenza di primo grado laddove il tribunale aveva conferito rilievo, per escludere la responsabilità dell'assicuratore per mala gestio, al fatto che la penale responsabilità del B. era stata definitivamente acclarata solo il 29.3.1985 e che la compagnia, almeno sino al 18.10.1983, non poteva valutare il danno nel suo complesso a causa della mancata precisazione dell'ammontare della rivalsa da parte delle FF.SS. .Senonchè - si afferma in ricorso - la Corte di legittimità ha chiarito che una responsabilità contrattuale per inadempimento dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato è configurabile anche indipendentemente dalla definizione del giudizio penale che abbia coinvolto il danneggiante assicurato Cass. 5531/97 , essendo dovere dell'assicuratore attivarsi entro 60 giorni per acquisire i dati dai quali desumere la responsabilità dell'assicurato e la congruità delle pretese del danneggiato, per soddisfarne senza ritardi il diritto al risarcimento. Nella specie, la responsabilità del B. risultava evidente dal rapporto e dalla sentenza di primo grado impugnata solo in punto di attenuanti generiche e le FF.SS. avevano sin dall'8.9.1982 documento 8 del fascicolo di parte invitato l'assicuratore a versare L. 103.072.125 a tacitazione di ogni loro pretesa sicchè, se la compagnia assicuratrice avesse concluso una transazione che senz'altro presentava i caratteri della ragionevolezza, avrebbe avuto a disposizione ulteriori L. 47.000.000 rispetto al massimale, sufficienti a soddisfare allora le pretese dei danneggiati, e non avrebbe esposto l'assicurato G. al rischio di dover affrontare in proprio le conseguenze economiche del dilatorio comportamento dell'assicuratore per il danno eccedente il massimale Cass., numero 2276/05 .Del resto, il colpevole ritardo della compagnia era stato ravvisato dalla corte d'appello in ordine al pagamento della provvisionale proprio in ragione della evidenza della responsabilità del B., quale chiaramente risultava sin dall'inizio della vicenda.6.1.- Obietta tra l'altro Axa che, anche a voler ammettere che l'impugnazione del B. avverso la sentenza penale di primo grado riguardasse solo le attenuanti, rimaneva pur sempre operante la diffida delle FF.SS. che aveva esercitato la surroga ex articolo 1916 c.c., ponendo così un ostacolo insormontabile alla definizione delle pretese risarcitorie degli eredi P. . Un accordo transattivo coi P. - afferma - sarebbe stato inopponibile alle FF.SS., con conseguente obbligo dell'Axa di pagare alle Ferrovie quanto le stesse avevano anticipato ai P. .6.2.- Il motivo è fondato.Secondo la L. numero 990 del 1969, articolo 28 applicabile ratione temporis , il rapporto assicurativo tra danneggiato e assicuratore della responsabilità civile ed il rapporto previdenziale tra danneggiato ed ente di assicurazione sociale si coordinano attraverso lo schema della surrogazione legale articolo 1203 cod. civ., numero 5 e nel concorso dei seguenti atti nel rapporto assicurativo, l'assicuratore deve chiedere al danneggiato se ha diritto a prestazioni in quello previdenziale. Se il danneggiato risponde affermativamente, l'assicuratore accantona la somma prevedibilmente corrispondente alla prestazione spettante al danneggiato-assistito nel rapporto previdenziale e chiede all'ente se vuole valersi del diritto di surrogarsi al danneggiato. L'ente deve rendere dichiarazione positiva nei successivi 45 giorni - nel rapporto previdenziale, l'ente corrisponde la prestazione ed ha diritto di surrogarsi nei limiti della prestazione corrisposta in questi limiti, con il pagamento nel rapporto previdenziale, l'ente è surrogato in quello assicurativo al danneggiato l'assicuratore della responsabilità civile può e deve solo pagare all'ente la somma che questo dichiara d'aver prestato nel rapporto previdenziale.Al complesso di atti appena descritto la L. numero 990 del 1969, articolo 28, ricollega l'effetto di estinguere, nel rapporto assicurativo, il diritto del danneggiato verso l'assicuratore, nei limiti della somma che lo stesso danneggiato ha già percepito dall'ente nel rapporto previdenziale.Non è dunque corretta in diritto l'affermazione della corte d'appello che l'assicuratore, a fronte della dichiarazione di surroga delle Ferrovie dello Stato, non avrebbe potuto effettuare altri versamenti a favore di danneggiati . Il versamento sarebbe stato invece possibile per la parte eccedente la richiesta delle FF.SS., segnatamente alla luce del rilievo che la costituzione della rendita da parte delle Ferrovie afferiva esclusivamente al danno patrimoniale e che queste, nel 1982, avevano richiesto ad Axa un versamento di circa L. 102 milioni a tacitazione delle proprie pretese in via surrogatoria, sicchè sarebbero risultati ulteriori L. 43 milioni immediatamente disponibili rispetto al massimale di L. 150 milioni.Non è stato dalla corte d'appello apprezzato - ed in tal senso la motivazione della sentenza impugnata è certamente carente anche alla stregua del finora consolidato orientamento sul punto - se, già a quella data, o quantomeno a quella successiva del 23.3.1983, non sussistessero i presupposti per una completa valutazione da parte di Axa della responsabilità esclusiva del B.e del danno subito dai superstiti, e per la conseguente soddisfazione delle aspettative risarcitorie dei danneggiati.È stato, infatti, più volte chiarito che se il massimale era capiente all'epoca del sinistro ma è divenuto insufficiente a coprire l'intero danno per effetto della svalutazione intanto intervenuta durante la mora dell'assicuratore, questi dovrà tenere indenne l'assicurato in misura pari all'intero danno subito dal danneggiato, quale che ne sia l'ammontare, configurandosi come mala gestio in senso proprio, nei confronti dell'assicurato, il colpevole ritardo col quale l'assicuratore abbia soddisfatto il credito del danneggiato. Nell'ambito del rapporto assicurativo, tale colpevole ritardo da parte dell'assicuratore - superato il più risalente orientamento secondo il quale esso era configurabile solo una volta che fosse stata giudizialmente o negozialmente accertata la responsabilità dell'assicurato, nonchè quantificato l'ammontare delle somme dovute al terzo danneggiato Cass., nnumero 4240/96, 7330/95, 3503/91, 1193/89, 4518/85, 1440/80 - è allo stato fatto coincidere col momento nel quale la società assicuratrice sia stata posta in grado di valutare, usando l'ordinaria diligenza, la fondatezza della richiesta risarcitoria del danneggiato ed abbia tuttavia omesso, in violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell'adempimento del contratto di assicurazione verso l'assicurato, di mettere a disposizione il massimale o la parte di esso sufficiente a risarcire il danno, o di concludere favorevoli accordi transattivi con il danneggiato cfr., ex multis, Cass., nnumero 6461/96, 4867/98, 10696/99, 7557/01, 1885/02, 2195/04, 11597/04, 24747/07 .Già alla stregua di tale consolidato indirizzo, come s'è appena osservato, la sentenza è censurabile per non avere accertato se Axa non fosse stata posta in grado di apprezzare la fondatezza delle pretese risarcitorie dei danneggiati quando ancora il massimale sarebbe stato sufficiente a risarcirli in tale ottica, la corte territoriale avrebbe anche dovuto considerare che, quando l'inadempimento dell'assicuratore sia addotto dall'assicurato e consista nel ritardo col quale questi abbia risarcito il danneggiato, la prova della non imputabilità del ritardo grava ex articolo 1218 c.c. sull'assicuratore, tenuto a dimostrare la propria correttezza e buona fede articolo 1175 e 1375 c.c. nell'esecuzione del contratto di assicurazione.6.3.- Ma il collegio ritiene di dover fare talune considerazioni ulteriori, volte ad elidere la possibile discrasia fra il momento, certo, nel quale la mora sussiste nei confronti del danneggiato 60 giorni dopo la richiesta risarcitoria avanzata nelle forme previste dalla legge nel rapporto indennitario e quello - che sulla base dell'attuale orientamento è del tutto incerto in relazione al variegato atteggiarsi dei singoli casi - nel quale un colpevole ritardo dell'assicuratore è ravvisabile nei confronti dell'assicurato nell'ambito del rapporto assicurativo.Il fatto stesso che, nel rapporto indennitario, la legge conceda 60 giorni all'assicuratore per determinarsi in ordine al risarcimento da corrispondere al danneggiato è sintomatico della tipizzazione del tempo considerato necessario perchè siano compiuti gli accertamenti del caso o, comunque, del lasso temporale al di là del quale le conseguenze negative dell'omesso risarcimento vengono poste a carico dell'assicuratore.Ora, se la cautela con la quale l'assicuratore gestisca la pratica evitando di erogare somme che in ipotesi possano poi risultare non dovute ai danneggiati, trova la sua ovvia spiegazione nel timore di non riuscire poi a recuperarle, tanto non può ridondare a carico del responsabile/assicurato che venga assumendo un'esposizione diretta progressivamente più grave man mano che, per il decorrere del tempo senza che i danneggiati siano stati risarciti, il massimale di polizza o di legge vada perdendo la sua capacità satisfattiva delle pretese di chi ha diritto al risarcimento. Si creerebbe altrimenti, segnatamente nei casi di eventi molto gravi che abbiano causato danni di entità prossima al massimale, un possibile incentivo/economico per l'assicuratore a ritardare il risarcimento, alimentato dalla consapevolezza del limite della propria responsabilità entro il massimale e di quella esclusiva dell'assicurato per l'eccedenza.L'assicurato si determina d'altronde al contratto al di là dell'obbligo di dotarsi di una copertura assicurativa nei limiti del massimale di legge allo specifico scopo di trasferire sull'assicuratore il rischio delle conseguenze patrimoniali del fatto produttivo di danno di cui debba rispondere mentre l'eventualità che la menzionata cautela dell'assicuratore mira ad evitare costituisce, in realtà, un rischio d'impresa, compensato dal premio che l'assicurato paga senza alcuna possibilità di incidere sulle scelte dell'assicuratore al quale abbia correttamente fornito i necessari elementi valutativi sulle modalità e sulle conseguenze del sinistro.Va conseguentemente enunciato il seguente principio di diritto al di fuori dei casi di responsabilità dell'assicurato che abbia omesso di fornire all'assicuratore tutte le informazioni di cui disponga ed utili all'apprezzamento del fatto, va posto a carico dell'assicuratore il rischio della sopravvenuta incapienza del massimale per omesso risarcimento del danno entro 60 giorni dalla richiesta del danneggiato. In tale caso l'assicuratore è quindi tenuto a tenere indenne l'assicurato, nell'ambito del rapporto assicurativo, di tutto quanto questi debba direttamente corrispondere al danneggiato in eccedenza rispetto al massimale tardivamente versato .7. - Col terzo motivo il ricorrente incidentale G. - deducendo violazione di norme di diritto e vizio della motivazione - svolge censure analoghe a quelle formulate col secondo motivo del ricorso principale R. - P. e si duole inoltre che la corte d'appello abbia escluso il vincolo di solidarietà dell'assicuratore con gli altri responsabili B. e G. in ordine a quanto dovuto ai danneggiati, oltre i limiti del massimale per interessi e rivalutazione, sull'ammontare dell'intero danno e non già soltanto sul minor importo di L. 25.000.000.7.1.- Il primo profilo della censura è fondato per le stesse ragioni esposte sopra sub 2.1.Il secondo lo è alla luce del consolidato principio secondo il quale il ritardo dell'assicuratore nei confronti del danneggiato comporta, in caso di incapienza originaria o sopravvenuta del massimale, che dalla data di costituzione in mora o da quella in cui il massimale sia diventato insufficiente siano comunque dovuti al danneggiato interessi e maggior danno da svalutazione ex articolo 1224 c.c., commi 1 e 2 sulla somma costituente il limite dell'obbligazione di valuta dell'assicuratore nei suoi confronti.IL RICORSO B. R.G.numero 25644.06 8.- In relazione all'eccezione di inammissibilità di Axa, va ribadito che il ricorso è ammissibile per le stesse ragioni sopra indicate sub 4.9.- Col primo motivo la sentenza è censurata per le stesse ragioni di cui sopra, sub 2.1. ed è per le medesime ragioni fondato.Resta impregiudicata nel giudizio di rinvio la subordinata domanda del B.di essere tenuto indenne di quanto versato a titolo transattivo ai R. - P. Euro 52.000 .Va detto che infondatamente si sostiene in memoria a pagina 9, in fine che la corte d'appello avrebbe dichiarato la responsabilità solidale del sig. B. per le pretese e le causali dedotte dagli attori in giudizio, nonostante l'intervenuta transazione . La corte d'appello s'è infatti limitata a dichiarare cessata la materia del contendere tra i R. - P. ed il B E lo ha fatto come si legge alla sesta riga di pagina 24 della sentenza in conformità alla richiesta delle stesse parti .10.- Col secondo motivo il ricorrente si duole - deducendo violazione a falsa applicazione degli articolo 2049 e 2054 c.c., e vizio della motivazione - che la corte d'appello abbia considerato irrilevante il titolo della responsabilità del G. che andava invece individuato in relazione all'articolo 2049 c.c., con conseguente responsabilità del G. nei suoi confronti per non avere, stipulando un'assicurazione per la r.c.a. con massimale di sole L. 150.000.000, adeguatamente tutelato il proprio dipendente in ordine al rischio di responsabilità per danni arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività di conducente dell'autocarro.10.1.- La censura è infondata, non essendo dal ricorrente affermato che egli avesse svolto una domanda di tal tipo nei confronti del G., sicchè la corte d'appello non era investita della questione relativa all'individuazione del titolo della responsabilità del G. nel rapporto processuale non instauratosi B.- G., ma solo della sussistenza della responsabilità del G. nel rapporto tra gli attori ed il medesimo ed a quei fini il titolo era del tutto irrilevante in relazione al giudicato formatosi in punto di responsabilità, come rivelato sopra, sub 5.1.L'ALTRO RICORSO INCIDENTALE G. R.G.numero 25880/06 11.- Il ricorso, identico a quello recante il numero 25879/06, deve essere dichiarato inammissibile in virtù del principio di consumazione dell'impugnazione.Conclusioni12.- Vanno conclusivamente accolti i primi due motivi del ricorso R. - P. , il secondo ed terzo motivo del primo ricorso G. ed il primo motivo del ricorso B Tutti gli altri motivi sono respinti. Il secondo ricorso G. è, come detto, inammissibile.La sentenza è cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla stessa corte d'appello in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.P.Q.M.La Corte di Cassazioneriunisce i ricorsi accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso di L. R., A. P.e C. P. e rigetta il terzo accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso numero 25579/06 di C. A. G. e rigetta il primo dichiara inammissibile il ricorso numero 25580/06 del medesimo G. accoglie il primo motivo del ricorso di A.B. e rigetta il secondo cassa in relazione alle o censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla corte d'appello di Perugia in diversa composizione.Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011