Nelle azioni relative a diritti autodeterminati, come la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi della domanda si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Pertanto, i fatti o gli atti da cui dipende l’acquisto del diritto vantato, essendo ininfluenti ai fini dell’individuazione della causa petendi, hanno natura processuale di fatti secondari e sono dedotti esclusivamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Ne consegue che la deduzione da parte dell’attore di un fatto o di un atto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda non viola il divieto dello ius novorum in appello.
E’ quanto emerge nella sentenza numero 24400, della Corte di Cassazione, depositata il 17 novembre 2014. Il caso. I proprietari di un fondo agivano in confessoria servitutis, nei confronti dei titolari di particelle immobiliari vicine al loro fondo. Deducevano che la loro proprietà, per l’accesso alla via pubblica, era servita da uno stradone carraio, all’ingresso del quale era stato posto un cancello che bloccava il transito. Chiedevano quindi l’accertamento della servitù, l’allargamento del tracciato, al fine di consentire il passaggio anche a mezzi agricoli, in subordine la costituzione di servitù coattiva e, infine, il risarcimento dei danni. Giudici di merito deduzione tardiva e nuova. Il Tribunale e la Corte d’appello rigettavano la domanda. Secondo i Giudici di merito, la deduzione degli attori che la servitù si fondava su un titolo convenzionale era tardiva, ma soprattutto, integrava una causa petendi diversa da quella indicata nella citazione, nella quale gli attori avevano fatto riferimento all’acquisto della servitù per il prolungato esercizio dell’attività di transito sullo stradone carraio. Era nuova la domanda diretta all’accertamento positivo di un titolo convenzionale di servitù? Gli attori proponevano allora ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di norme di legge, oltreché il vizio di motivazione. Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale aveva sbagliato nell’esaminare e interpretare la domanda in relazione agli atti essenziali prodotti, non avendo ricostruito integralmente il senso dell’atto introduttivo, rispetto al quale non poteva considerarsi nuova la domanda diretta all’accertamento positivo di un titolo convenzionale della servitù. Da distinguere i diritti autodeterminati e eterodeterminati. La Cassazione nel decidere la questione in esame ricorda la distinzione, ormai ius receptum in sede di legittimità, tra diritti autodeterminati e eterodeterminati. «I primi sono quelli la cui individuazione prescinde dal titolo di acquisto allegato ed è motivata in relazione alla natura unica ed irripetibile della situazione sostanziale dedotta lì dove, invece, l’identificazione dei secondi è in funzione dello specifico fatto storico contrattualmente qualificato, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica attitudine a individuare il diritto fatto valere in giudizio» Cass., numero 7267/1997 . Diritti autodeterminati la causa petendi si identifica con i diritti stessi e il bene. Nell’azione relative ai diritti autodeterminanti, come la proprietà e i diritti di godimento, la causa petendi della domanda si identifica dunque con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. L’allegazione dei fatti o degli atti da cui dipende il diritto, essendo vana ai fini dell’individuazione della domanda, è necessaria solo per provare l’acquisto. Nessuna violazione dello ius novorum. Ne deriva, perciò, specifica la Corte Suprema, che non viola lo ius novorum in appello la deduzione da parte dell’attore di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio Cass., numero 24702/2006 . In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa l’impugnata sentenza, rinviando alla Corte d’appello che dovrà attenersi al seguente principio di diritto «nelle azioni relative a diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi della domanda si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Pertanto, i fatti o gli atti da cui dipende l’acquisto del diritto vantato, essendo ininfluenti ai fini dell’individuazione della causa petendi, hanno natura processuale di fatti secondari e sono dedotti esclusivamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Con l’ulteriore conseguenza che non viola il divieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell’attore di un fatto o di un atto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda»
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 settembre – 17 novembre 2014, numero 24400 Presidente Piccialli – Relatore Manna Svolgimento del processo I coniugi I.A. e M.D. , proprietari di un fondo in omissis , agivano in confessoria servitutis, innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di L.P. e L. , R.G. , T.A. , D. e V. , La.Ca. , P.M. e Iu.Ma.Im. , titolari di particelle immobiliari vicine. A sostegno, deducevano che per l'accesso alla via pubblica la loro proprietà era servita da uno stradone carraio un tempo costituito da una mulattiera , all'ingresso del quale era stato posto un cancello ostativo il transito. Oltre all'accertamento della servitù, domandavano l'allargamento del tracciato, al fine di consentire il passaggio anche di mezzi agricoli, e in subordine la costituzione di una servitù coattiva. Il tutto, oltre al risarcimento dei danni. Costituiti L.L. e P. e Iu.Ma.Im. , che resistevano alla domanda, contumaci gli altri convenuti, il Tribunale rigettava la domanda e regolava le spese di conseguenza. Adita dagli I. -M. , la Corte d'appello di Napoli accoglieva l'impugnazione limitatamente al regolamento delle spese di lite, che compensava per intero, confermando nel resto la sentenza di primo grado. Riteneva la Corte territoriale che fosse infondato il motivo d'appello col quale gli appellanti avevano lamentato l'erroneità della sentenza del Tribunale, lì dove questa aveva giudicato inammissibile, perché tardiva, la deduzione degli attori che la servitù si fondava su di un titolo convenzionale. Osservava la Corte partenopea, condividendo il giudizio espresso dal Tribunale, che tale deduzione integrava una causa petendi diversa da quella indicata nella citazione, ove gli attori avevano fatto riferimento all'acquisto della servitù per il prolungato esercizio dell'attività di transito sulla mulattiera. Nel merito, rilevava che la pretesa di allargamento non poteva essere accolta non essendo stato dimostrato il passaggio preesistente. Il c.t.u., infatti, non aveva potuto acquisire sul piano oggettivo elementi univoci circa l'esistenza della mulattiera, il che rendeva inconcludente la prova del possesso del passo su quest'ultima, possesso peraltro di assai disagevole praticabilità e quindi inverosimile, se non in condizioni forzate e per esigenze eccezionali. Quanto alla domanda subordinata di costituzione coattiva della servitù, osservava che a prescindere dal fatto che stando agli atti di causa anche topografici il fondo degli attori non può dirsi intercluso in senso assoluto rispetto alla via pubblica ed, infatti, è ius receptum che solo nel caso di interclusione assoluta si rende inoperante l'esenzione dalla servitù coattiva riguardante case, cortili, giardini e aie ad essi attinenti , non essendo stato dimostrato il preesistente diritto di passaggio questo non può neppure formare oggetto di pretesa di allargamento sicché, dovendosi come rettamente stabilito dal primo giudice, aver riguardo alla situazione attuale dei luoghi al momento della domanda giudiziale questi che appunto si presentavano in conformazione di luoghi abitati escludono, a norma dell'articolo 1051 ult. co. c.c., sia dell'ipotesi di allargamento di un inesistente percorso sia dell'ipotesi dell'imposizione coattiva del passaggio così, testualmente, a pag. 3 della sentenza impugnata . La cassazione di quest'ultima sentenza è richiesta da I.A. e M.D. , in base a tre motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso L.L. e P. e Iu.Ma.Im. . R.G. , T.D. , A. e A. , P.M. e L.C. sono rimasti intimati. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo di ricorso, assistito come i successivi da quesito di diritto ex articolo 366-bis c.p.c. applicabile ratione temporis , è dedotta la violazione e falsa applicazione degli articolo 99, 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e degli articolo 949, 1079 e 1052 c.c., nonché il vizio d'omessa e insufficiente motivazione, cui accede il momento di sintesi, in relazione ai nnumero 3, 4 e 5 dell'articolo 360 c.p.c La Corte d'appello non ha né correttamente esaminato ed interpretato la domanda in relazione agli atti essenziali prodotti, che pure concorrono a individuare il contenuto sostanziale della pretesa azionata, né ha ricostruito integralmente il senso dell'atto introduttivo, rispetto al quale non può considerarsi nuova la domanda diretta all'accertamento positivo di un titolo convenzionale delle servitù. In materia di diritti reali, infatti, non è precluso al giudice di merito, ove sia stata dedotta l'usucapione della servitù, di accertare l'esistenza del diritto in base ad un contratto, e ciò anche in grado d'appello. Contratto che nella specie si identifica nel titolo d'acquisto della proprietà degli attori atto notaio Borrelli del 27.8.1990 , e che è stato dedotto sin dall'atto di citazione di primo grado. Quanto al vizio ex articolo 360, numero 5 c.p.c., si deduce che non è chiaro se la sentenza impugnata abbia omesso la propria motivazione ovvero recepito implicitamente quella della sentenza di primo grado, con la quale non è stata accolta la pretesa, sulla base della qualificata domanda di usucapione, perché non sarebbe stata coltivata l'istanza di ammissione della prova orale. 2. - Il secondo motivo espone la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1051 c.c. e degli articolo da 112 a 115 c.p.c., nonché il vizio di omessa ed insufficiente motivazione, in relazione ai nnumero 3 e 5 dell'articolo 360 c.p.c La sentenza impugnata nell'escludere l'interclusione del fondo degli attori ha fatto riferimento ad atti non identificabili e non controllabili, disattendendo, per contro, elementi di prova validi ed efficaci, ed ha affermato ricorrere condizioni, come quelle dell'articolo 1033 c.c., ostative all'applicazione dell'articolo 1051 c.c. pur senza eccezione di parte. 3. - Il terzo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 112, 113, 115, 116 e 194 c.p.c. e dell'articolo 2697 c.c., relativamente alla valutazione della consulenza tecnica, della prova testimoniale e di quella documentale offerta in appello. 4 - Il primo motivo è fondato nei termini che seguono. 4.1. - Costituisce ius reception nella giurisprudenza di questa Corte Suprema la distinzione fra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati. I primi sono quelli la cui individuazione prescinde dal titolo d'acquisto allegato ed è motivata in relazione alla natura unica ed irripetibile della situazione sostanziale dedotta lì dove, invece, l'identificazione dei secondi è in funzione dello specifico fatto storico contrattualmente qualificato, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quel fatto specifico che è affermato ed allegato come costitutivo, e che perciò possiede una specifica attitudine a individuare il diritto fatto valere in giudizio cfr. per tutte, Cass. numero 7267/97 . Elaborata allo scopo di fissare i limiti entro cui la domanda può essere modificata senza incorrere nel divieto della mutatio libelli, detta distinzione scioglie una risalente antitesi fra titolazione e sostanziazione della causa petendi. La deduzione dei diritti autodeterminati dipende, infatti, da un puro meccanismo di designazione legale titolazione, appunto , che consente di collegare la pretesa alla norma invocata senza la mediazione dei fatti storici su cui si fonda l'acquisto del diritto fatti, al contrario, da cui i diritti eterodeterminati traggono senso e contenuto sostanziazione, appunto perché solo attraverso essi prende corpo il rapporto giuridico che ne è all'origine. Nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi della domanda si identifica, dunque, con i diritti stessi e con il bene che ne forma l'oggetto. Essendo vana ai fini dell'individuazione della domanda, l'allegazione dei fatti o degli atti da cui dipende il diritto vantato è necessaria soltanto per provarne l'acquisto. Il cui modo sia esso un fatto o un atto integra a livello processuale un fatto secondario che in quanto tale è dedotto unicamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Se dedotto già nell'atto introduttivo, il modo d'acquisto non per questo assume valenza di fatto principale, giacché quest'ultimo si identifica con il diritto autodeterminato e non con altro. Se ne deriva la conseguenza, pertanto, che non viola il divieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell'attore di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio cfr ex pluribus, Cass. nnumero 24702/06, 3192/03, 11521/99,9851/97,4460/97, 7033/95 e 2621/82 . 4.1.1. - Nel caso che qui ne occupa, è irrilevante procedere all'interpretazione dell'atto di citazione per stabilire se a specifico fondamento della domanda giudiziale fosse stato dedotto anche il titolo contrattuale d'acquisto della proprietà attorea, ovvero se quest'ultimo fosse stato indicato solo per legittimare gli attori all'azione confessoria. Nell'un caso come nell'altro, infatti, il giudice d'appello era onerato della relativa valutazione, non potendo esaurire l'accertamento dell'esistenza della servitù a stregua della sola ipotesi che questa fosse stata acquistata per usucapione. E dunque erroneamente la Corte partenopea ha ritenuto che l'invocazione di un titolo contrattuale costituisse una nuova, e come tale inammissibile, causa petendi della domanda. 5. - L'accoglimento del primo motivo assorbe l'esame dei restanti mezzi d'annullamento proposti e delle connesse questioni di ammissibilità. 6. - Va da sé che resta totalmente impregiudicata l'interpretazione e la valutazione del titolo contrattuale dedotto dagli attori. Pertanto il giudice di rinvio provvedere, senza alcun vincolo di risultato, ad apprezzarne l'idoneità o meno a costituire la servitù di cui si discute in causa. 7. - In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che nel decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto nelle azioni relative a diritti autodetenninati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi della domanda si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l'oggetto. Pertanto, i fatti o gli atti da cui dipende l'acquisto del diritto vantato, essendo ininfluenti ai fini dell'individuazione della causa petendi, hanno natura processuale di fatti secondari e sono dedotti esclusivamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio. Con l'ulteriore conseguenza che non viola il divieto dello ius novorum in appello la deduzione da parte dell'attore di un fatto o di un atto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda . 8. - Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, il cui regolamento gli è rimesso ai sensi dell'articolo 385, 3 comma c.p.c P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese di cassazione.