Misura interdittiva applicata senza interrogatorio? Il Riesame può

Se l’indagato intende difendersi può comparire all’udienza fissata per la trattazione del gravame e chiedere di essere ammesso all’interrogatorio.

La fattispecie. In appello veniva disposta l’applicazione della misura interdittiva della sospensione dal servizio nei riguardi di un uomo che aveva, quale responsabile dell’ufficio tecnico comunale prima, e quale responsabile dell’area tecnica dello stesso comune dopo, omesso di disporre lo sgombero per ragioni di sicurezza pubblica degli immobili realizzati nella zona sovrastante la cd. «camera di scoppio» di una grotta, di cui era stato segnalato il pericolo di frane. L’indagato ricorre per cassazione deducendo che la misura interdittiva era stata disposta senza averlo preventivamente sottoposto ad interrogatorio. Interrogatorio durante le indagini preliminari. La S.C. precisa che il Gip deve procedere preventivamente all’interrogatorio dell’indagato articolo 289, comma 2, c.p.p. , nell’ipotesi in cui, «disattendendo la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, applichi invece la misura della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio». Al riesame l’indagato può far valere le proprie ragioni in udienza. Invece, «il Tribunale della libertà – si legge nella sentenza numero 25195/2012 depositata il 25 giugno – chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione proposta dal P.M. contro l’ordinanza reiettiva del Gip della misura della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, non è tenuto a procedere all’interrogatorio dell’indagato». Il motivo? Se l’indagato intende difendersi – continua il Collegio - «può comparire all’udienza fissata per la trattazione del gravame e chiedere di essere ammesso all’interrogatorio, non essendo tuttavia necessario che nell’avviso di udienza sia specificata tale possibilità» Cass., sez. VI, numero 20444/2009 . La regola del previo interrogatorio di garanzia viene meno nelle fasi successive a quella delle indagini preliminari. In sintesi, secondo gli Ermellini, non c’è motivo di ritenere tale interrogatorio «necessario anche quando l’indagato abbia avuto la possibilità di interloquire, partecipando ad una apposita udienza fissata dinanzi al tribunale dell’appello».

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 – 25 giugno 2012, numero 25195 Presidente Agrò – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Napoli, adito ai sensi dell'articolo 310 cod. proc. penumero , in parziale accoglimento dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale ed in riforma del provvedimento del 07/09/2011 con cui il locale Giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, disponeva l'applicazione della misura interdittiva della sospensione dal servizio nei riguardi di B.M. , in relazione al reato di cui all'articolo 328 cod. penumero per avere, quale responsabile dell'ufficio tecnico comunale di Bacoli prima, e quale responsabile dell'area tecnica dello stesso comune dopo, omesso di disporre, per ragioni di sicurezza pubblica, lo sgombero ovvero di ordinare che altri eseguissero lo sgombero coattivo degli immobili realizzati nella zona sovrastante la cd. camera di scoppio della Grotta di Coccelo di Bacoli, di cui era stato segnalato il rischio di frane e di crollo in galleria. Rilevava il Tribunale come gli atti trasmessi dimostrassero l'esistenza dei gravi indizi a carico del B. in relazione al delitto contestato e come sussistessero anche le esigenze cautelari connesse al concreto ed attuale rischio di recidiva, pericolo permanente nonostante l'indagato avesse beneficiato di un lungo periodo di assenza dall'ufficio per aspettativa o per congedo e, al suo rientro in servizio, fosse stato assegnato alle diverse funzioni di coordinatore dei settori tecnici del medesimo comune di Bacoli. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l'indagato, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti due motivi. 2.1. Violazione di legge processuale, in relazione all'articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero , per avere il Tribunale disposto l'applicazione della suddetta misura interdittiva senza aver preventivamente effettuato l'interrogatorio dell'indagato, così come previsto, a pena di nullità, dal citato articolo del codice di rito. 2.2. Vizio di motivazione, per mancanza o contraddittorietà, per avere il Tribunale riconosciuta l'esistenza dell'esigenza di cautela connessa al rischio di recidiva, nonostante risultasse dimostrato che il B. non rivestiva più il ruolo e le funzioni con riferimento al quale gli era stato mosso l'addebito, essendo stato assegnato ad altro posto nell'organigramma dell'amministrazione comunale. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato. 2. Il primo motivo del ricorso è infondato. La questione che è stata portata all'odierna attenzione di questo Collegio è se la disposizione dettata dall'articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero secondo la quale, qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione [ ] nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato con le modalità indicate dagli articoli 64 e 65 sia applicabile anche laddove tale misura sia disposta dal tribunale adito ex articolo 310 cod. proc. penumero con un appello del P.M. avverso l'ordinanza del primo giudice reiettiva della iniziale istanza cautelare del medesimo rappresentante della pubblica accusa. Al riguardo, bisogna registrare un contrasto di vedute nella giurisprudenza di legittimità. Ed infatti, si è sostenuto che il Tribunale del riesame che - in sede di appello, ex articolo 310 cod. proc. penumero , disattendendo la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari - applichi, invece, la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio ha l'obbligo di procedere al previo interrogatorio dell'indagato, ex articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero la violazione di detto obbligo - vulnerando il diritto di difesa - determina la nullità generale, ex articolo 178, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero così Sez. 5, numero 33338 del 12/07/2010, Caboni, Rv. 248154 conf. Sez. 5, numero 14967 del 19/10/2004, Meduri, Rv. 231623 Sez. 6, numero 2412 del 24/05/2000, Corea, Rv. 217318 Sez. 6, numero 2304 del 15/05/2000, De Prisco, Rv. 216236 Sez. 2, numero 5041 del 08/07/1998, Lo Burgio, Rv. 211308 . In pratica, secondo tale orientamento la previsione di cui all'articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero , costituisce una inderogabile norma speciale rispetto alla previsione generale di cui all'articolo 294, comma 1 bis, cod. proc. penumero . In tale filone interpretativo non si inserisce propriamente la pronuncia che riguarda il diverso caso in cui a disporre l'applicazione della misura interdittiva de qua sia lo stesso giudice chiamata a decidere sulla iniziale richiesta di applicazione di una misura coercitiva al riguardo si è detto che il G.i.p. deve procedere preventivamente ali1 interrogatorio dell'indagato ai sensi dell'articolo 289, comma secondo, cod. proc. penumero , nell'ipotesi in cui, disattendendo la richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, applichi invece la misura della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio Sez. 6, numero 16364 del 05/02/2008, Introcaso, Rv. 239728 . Secondo il contrario indirizzo giurisprudenziale, in tema di misure interdittive il tribunale della libertà, chiamato a pronunciarsi sull'impugnazione proposta dal P.M. contro l'ordinanza reiettiva del G.i.p. della misura della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, non è tenuto a procedere all'interrogatorio dell'indagato, richiesto dall'articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero , per l'applicazione della misura richiesta, in quanto, ove l'indagato intenda difendersi, può comparire all'udienza fissata per la trattazione del gravame e chiedere di essere ammesso all'interrogatorio, non essendo tuttavia necessario che nell'avviso di udienza sia specificata tale possibilità così Sez. 6, numero 20444 del 01/04/2009, Annunziata, Rv. 244185 Sez. 6, numero 16712 del 16/12/2008, Cosentino, Rv. 244386 . Anche in relazione a tale orientamento va rilevata una più generale tendenza a restringere la portata operativa della disposizione in argomento, essendo stato pure stabilito che il previo interrogatorio dell'indagato è richiesto soltanto quando le misure interdittive siano state specificamente richieste dal Pubblico Ministero, non quando, avendo il P.M. originariamente richiesto una misura coercitiva, il Tribunale del riesame abbia disatteso tale richiesta, applicando invece la misura interdittiva Sez. 6, numero 441 dei 05/12/2002, Di Giorgio, Rv. 223115 Sez. 6, numero 2416 del 24/05/2000, Scelso, Rv. 217083 . Questo Collegio ritiene di dover privilegiare la seconda delle indicate opzioni esegetiche, e ciò per tre ordini di ragioni. In primo luogo a tale conclusione conduce l'esito dell'interpretazione letterale della norma, la quale prevedendo che, nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato , lascia intendere che la regola sia riferibile esclusivamente al momento della prima decisione sulla richiesta cautelare della pubblica accusa. Se il legislatore avesse voluto estendere la portata di questa disposizione, lo avrebbe fatto esplicitamente ad esempio, con l'impiego di una formula del tipo o anche successivamente . E se è vero che, nell'ipotesi di presentazione da parte del P.M. di un appello avverso l'ordinanza di rigetto dell'iniziale richiesta, il tribunale adito ai sensi dell'articolo 310 cod. proc. penumero decide, nei limiti del devolutum, con gli stessi poteri del primo giudice, è anche vero che tale organo collegiale provvede sull'impugnazione più che, propriamente, sulla richiesta del P.M Di rilevante significato è, poi, il riferimento cronologico - contenuto nell'inciso iniziale della norma in questione - alla fase delle indagini preliminari nel corso delle indagini , nella quale non si è ancora instaurato un rapporto processuale dinanzi ad un giudice il G.i.p. è, infatti, giudice ad acta e non del procedimento e vige, di regola, la segretezza degli atti. L'impiego di quella formula impone una interpretazione “a cavallo” tra lettera e la ratio della norma. La regola del previo interrogatorio di garanzia di cui al considerato articolo 289, comma 2, cod. proc. penumero , viene meno, infatti, nelle fasi successive a quella delle indagini preliminari, nelle quali l'instaurazione del rapporto processuale, con la conseguente possibilità per le parti di interloquire direttamente con il giudice, dinanzi al quale far valere le proprie ragioni, porta ad escludere la necessità di quell'eccezionale forma di anticipazione del contraddittorio, per finalità cautelari, in tutti i casi in cui sia stato integrata la possibilità di un confronto sulla regiudicanda. Ed allora, se pure l'intervento del tribunale dell'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero può indifferentemente esplicarsi nel corso delle indagini preliminari come nelle fasi successive, l'instaurazione del procedimento incidentale di impugnazione integra un contraddittorio delle parti sulla tematica de libertate, sicché viene meno quel bisogno di anticipazione della facoltà di interlocuzione che ispira la disposizione de qua. Alle medesime conclusioni interpretative porta l'analisi dei lavori preparatori relativi alla novella che introdusse la previsione codicistica de qua. La norma in esame, come noto, venne modificata dall'articolo 2, comma 1, legge 16 luglio 1997, numero 234, approvata al termine di un iter parlamentare che aveva avuto come suo punto di partenza, tra l'altro, il disegno di legge numero 910, presentato presso il Senato della Repubblica il 9 luglio 1996, nella cui relazione di presentazione si legge che l'introduzione dell'obbligo per il pubblico ministero, che durante le indagini preliminari chieda al giudice la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, di procedere all'interrogatorio dell'indagato, avrebbe avuto lo scopo di evitare il clamore e i disagi, anche per l'utenza, da una sospensione disposta inaudita altera parte, rispetto alla quale l'interrogatorio del giudice delle indagini preliminari nei dieci giorni dall'esecuzione appare comunque tardivo. Se il pubblico ufficiale indagato, relativamente al quale non sussistono quelle stringenti ragioni di cautela processuale che impongono il regime inaudita altera parte per l'applicazione delle misure coercitive, é in grado, presentandosi al pubblico ministero, di fornire una ricostruzione dei fatti che renda superflua la misura, si sarà realizzata al tempo stesso economia di atti processuali, tutela del prestigio della pubblica amministrazione e funzionalità della medesima . La disposizione - in seguito più opportunamente “tradotta” nella previsione dell'obbligo del previo interrogatorio da parte del giudice anziché, come quel disegno di legge aveva inizialmente prospettato, da parte del P.M. - aveva, dunque, lo scopo di consentire all'indagato, potenziale destinatario di un provvedimento applicativo di una misura interdittiva sospensiva del tipo innanzi considerato, di far valere le proprie ragioni prima che la misura fosse disposta, potendo quelle spiegazioni evitare e Vendere superflua una iniziativa che potrebbe mettere in discussione il prestigio e la funzionalità della pubblica amministrazione. Tale funzione è stata successivamente riaffermata dalla Corte costituzionale la quale, nel dichiarare la manifesta infondatezza di alcune questioni di legittimità che erano state sollevate con riferimento alla disposizione in parola, ha puntualizzato che la stessa amplia la sfera delle garanzie - con particolare riguardo al diritto di difesa - dei soggetti in favore dei quali opera e che la sua “ratio” è rinvenibile nell'esigenza, la cui attuazione rientra nelle scelte discrezionali del legislatore, di verificare anticipatamente che la sospensione dall'ufficio o dal servizio non rechi, senza effettiva necessità, pregiudizio alla continuità della pubblica funzione o del servizio pubblico Corte cost. numero 229 del 2000 v. anche Corte cost., numero 174 del 1999 . Seguendo tale impostazione ermeneutica appare, perciò, corretto escludere la necessità dell'espletamento di un previo interrogatorio di garanzia nei riguardi dell'indagato che, avvisato della fissazione di una udienza dinanzi al tribunale adito ex articolo 310 cod. proc. penumero , in conseguenza della presentazione da parte del P.M. di un appello avverso l'originario provvedimento di rigetto di una richiesta cautelare, può esaminare tutti gli atti trasmessi dal rappresentante della pubblica accusa e presentarsi dinanzi a quell'organo collegiale per far valere le proprie ragioni. E ciò vale, invero, sia se con l'ordinanza, oggetto dell'appello, il primo Giudice aveva rigettato una richiesta del P.M. di diretta applicazione della misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio di cui all'articolo 289 cod. proc. penumero , sia se con quella ordinanza era stata disattesa una richiesta di applicazione di una misura cautelare più gravosa, ad esempio di una misura coercitiva essendo pacifico che il giudice della cautela non può disporre l'applicazione di una misura più rigorosa di quella indicata dal P.M., ma può senz'altro applicare una misura gradatamente meno onerosa per l'indagato rispetto a quella oggetto della richiesta della pubblica accusa. Da ultimo, sotto un punto di vista sistematico, non può neppure essere trascurato come il legislatore codicistico colleghi l'obbligo dell'espletamento, da parte del giudice, dell'interrogatorio di garanzia del soggetto al quale sia stata applicata una misura cautelare personale, e perciò l'obbligo di verificare la permeanza delle condizioni legittimanti l'adozione di quella misura, per un verso alla circostanza obiettiva del carattere a sorpresa del provvedimento applicativo della misura emesso inaudita altera parte, per altro verso al fatto che non vi sia stata ancora una presa di contatto tra l'indagato o l'imputato ed il giudice tant'è che, a mente dell'articolo 294 cod. proc. penumero , fermo restando il carattere a sorpresa del provvedimento cautelare, il giudice non è tenuto ad effettuare l'interrogatorio di garanzia laddove gli atti del procedimento siano stati trasmessi al giudice del dibattimento e vi sia già stata l'apertura del dibattimento. Ed allora se, in generale, l'interrogatorio di garanzia post applicazione di una misura cautelare personale non è più prescritto, a pena di perdita di efficacia della misura medesima, laddove l'imputato abbia già preso contatto con il proprio giudice ed abbia già avuto la possibilità di far valere le proprie ragioni nel contraddittorio delle parti, non si vede perché l'interrogatorio di garanzia ante applicazione della misura interdittiva sospensiva de qua debba continuare ad essere necessario anche quando l'indagato abbia avuto la possibilità di interloquire, partecipando ad una apposita udienza fissata dinanzi al tribunale dell'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero , sulla richiesta del P.M., facendo valere le proprie ragioni di difesa. 3. Il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato. Il Tribunale di Napoli ha fatto corretta applicazione dell'articolo 274, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero , desumendo l'esistenza dell'esigenza cautelare connessa al rischio di recidiva dal fatto che l'indagato avesse tenuto un comportamento gravemente omissivo per un lunghissimo arco temporale, manifestando una eccezionale superficialità nel non procedere allo sgombero coattivo dei proprietari di abitazioni site in edifici a rischio di crollo elementi fattuali dai quali legittimamente è stata ricavata la sussistenza di un concreto ed ancora attuale pericolo che l'indagato potesse tornare a commettere reati della stessa specie di quello, di omissione di atti di ufficio, per il quale di procedeva. Con adeguate e congrue argomentazioni, esenti da vizi di logicità, il provvedimento del Tribunale applicativo della misura interdittiva ha negato rilevanza alla circostanza che il B. , rientrando in servizio dopo un lungo periodo di aspettativa e di congedo, avesse avuto in assegnazione i compiti di coordinatore dei servizi tecnici del comune di Bacoli, in quanto quel collegio ha convincentemente spiegato che si era trattata di una modifica solamente formale dell'incarico precedente affidatogli di responsabile dell'ufficio tecnico di quel medesimo municipio, di cui aveva sostanzialmente conservato le funzioni. 4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell'erario delle spese del presente procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.