Tra Svizzera e Unione Europea non c’è contrabbando ma omesso versamento IVA

In virtù di un accordo di libero scambio, trasfuso nel Regolamento CEE numero 1972/2840, tra la Confederazione Svizzera e gli Stati membri della Comunità Europea non sussiste alcun reato di contrabbando nell’importazione di merce poiché soppressi i dazi doganali. Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui la merce sia stata prodotta in altro Stato europeo, resta impregiudicata la facoltà di riscossione dell’Iva all’ingresso nel territorio degli Stati membri dell’UE.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, sez. Terza Penale, con la sentenza numero 45468 del 4 novembre 2014. Il Regolamento CEE numero 1972/2840. La Corte di Cassazione nella commentata sentenza affronta un caso di importazione di merci provenienti dall’estero. In particolare, si trattava di qualificare la vicenda secondo le disposizioni in materia di reati doganali e alla luce, tuttavia, dell’accordo tra la Confederazione Svizzera e la Comunità Europea trasfuso nel Regolamento CEE numero 2840 del 19 dicembre 1972. Tale accordo ha previsto la graduale soppressione dei dazi doganali tra Comunità Europea e Svizzera, con la conseguente abolizione del reato di contrabbando in tali ipotesi di importazione, e il divieto di introdurre nuove tasse con effetto equivalente a quello del dazio doganale. Il fatto rilevante nel caso di specie riguarda infatti l’importazione, in Italia attraverso la Svizzera, di merci prodotte tuttavia in altro Stato comunitario. È del tutto evidente l’applicazione dunque del Regolamento CEE de quo , non potendosi trattare pertanto di reato di contrabbando in virtù dell’accordo di libero scambio tra Comunità Europea e Confederazione Svizzera. Omesso versamento di IVA . Tuttavia, la stessa Corte di Cassazione in numerose sentenze ex multiis , numero 22555/2002, numero 17432/2005, numero 36198/2007 ha ribadito che l’accordo di libero scambio tra Confederazione Svizzera e Comunità Europea lascia impregiudicata la facoltà di riscossione dell’Iva all’atto di ingresso delle merci nel territorio degli Stati comunitari, poiché il presupposto dell’imposta è diverso dallo scopo cui sono preordinati i dazi doganali. Pertanto, se risulta insussistenze il reato di contrabbando, in virtù dell’accordo di libero scambio in questione, così non può dirsi in riferimento al reato di omesso versamento di Iva ex articolo 70, d.p.r. numero 633/1972. Quando una merce proveniente dalla Svizzera fa ingresso nel territorio comunitario, non è soggetta a dazi o ad altra tassa con effetto equivalente, ma ben può essere soggetta ad Iva al pari di qualsiasi altra merce ceduta nel territorio degli Stati membri dell’Unione Europea. E quando la merce è prodotta in altro Stato? Nel caso di specie la merce, pur importata dalla Svizzera, risultava prodotta in altro Stato comunitario. Anche in questo caso, i giudici di legittimità in precedenze sentenze hanno affermato la possibile sussistenza del reato ex articolo 70, d.p.r. numero 633/1972 ex multiis numero 17835/2005 . La nozione di importazione prevista dalla Direttiva numero 77/338 CEE vale certamente per i rapporti tra Stati membri ma non tra uno di essi e la Confederazione Svizzera, per la quale resta sempre valido l’accordo di libero scambio trasfuso nel Regolamento CEE numero 2840/1972. Di tal ché, una volta che la merce sia entrata in Svizzera, l’origine comunitaria della produzione della merce non ha più alcuna rilevanza, essendo la stessa oramai uscita dall’unione doganale europea, potendo ben dunque configurarsi l’ipotesi di omesso versamento di IVA.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 giugno – 4 novembre 2014, numero 45468 Presidente Mannino – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 24 febbraio 2014 il Tribunale di Como in funzione di Giudice del Riesame, accoglieva la richiesta di riesame avanzata da R.M. , soggetto indagato per il reato di cui all'articolo 70 D.P.R. 26.10.1972 numero 633 in relazione all'articolo 282 D.P.R. 43/73 e, per l'effetto, annullava il decreto di convalida del sequestro disposto in data 22 gennaio 2014 ed avente per oggetto alcuni preziosi ed una stampante che erano stati rinvenuti nell'autovettura condotta dal R. in sede di controllo doganale alla frontiera Italo-svizzera di omissis . 1.2 Rilevava il Tribunale, premessa la tempestività della richiesta del riesame, l'insussistenza del fumus criminis ipotizzato dall'Accusa in particolare il Tribunale osservava che in base all'accordo doganale tra la Confederazione Elvetica e la C.E. del 19 dicembre 1972, il reato di contrabbando doganale ipotizzato, nella specie, a carico del R. non era configurabile laddove si fosse trattato di merci importate dalla Svizzera nel territorio nazionale ciò in quanto, in forza di tale accordo, i dazi doganali all'importazione negli scambi commerciali tra la Confederazione Svizzera e la Comunità dovevano ritenersi soppressi. 1.3 In aggiunta a tali considerazioni in diritto, in punto di fatto il Tribunale riteneva corretta la tesi dell'imputato secondo la quale essendo stati i gioielli da lui acquistati dalla casa produttrice avente sede in Italia Alessandria , essi non erano in realtà mai usciti definitivamente dal territorio nazionale in quanto, esportati in Svizzera, avevano poi fatto rientro in Italia. 1.4 Propone ricorso avverso il detto provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como, deducendo, anzitutto, l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e, comunque, la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione come corpo di reato delle cose sequestrate. In particolare il ricorrente censura come errata in diritto l'affermazione del Tribunale secondo la quale i gioielli sequestrati non sarebbero assoggettati ad IVA perché mai usciti dal territorio dello Stato, rilevando come dalla documentazione in atti emergeva che detti beni erano stati venduti dalla società DOTTA s.r.l. fino a poco tempo prima controllata dal R. alla società svizzera FABER & amp HERVÈ SAGL della quale il R. risulta socio , sicché la merce era effettivamente uscita dal territorio statale ed essendo poi stata introdotta in Italia, doveva essere assoggettata ad IVA, contrariamente a quanto asserito dal Tribunale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Va doverosamente ricordato, in punto di fatto ed ai fini di una corretta comprensione della vicenda in esame, che il R. risulta indagato per il reato di cui all'articolo 70 del D.P.R. 633/72 punito dall'articolo 282 del D.P.R. 43/73 contrabbando doganale . Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale, il R. , in data 21 gennaio 2014, proveniente dal territorio elvetico e diretto in Italia a bordo della propria auto, veniva sottoposto a controllo dai militari doganali in servizio presso la Dogana di omissis nella circostanza, dopo la sua risposta negativa alla domanda rivolta a conoscere se avesse merce da dichiarare, la sua autovettura veniva sottoposta ad ispezione e all'interno del portabagagli veniva rinvenuta una valigia contenete gioielli etichettati Faber & amp Hervè ed una stampante che - in relazione all'ipotizzabile reato di cui all'articolo 282 D.P.R. 43/73 - venivano sottoposti a sequestro poi convalidato dal P.M. 3. Tanto precisato, muovendo dal concetto di importazione come precisato dall'articolo 67 del D.P.R. 633/72 che si riferisce ad un concetto ampio di importazione non circoscritto, cioè, alla semplice introduzione di merci provenienti dall'estero nel territorio statale , il reato astrattamente ascrivibile al R. è quello previsto dal combinato disposto dell'articolo 70 del medesimo D.P.R. e dell'articolo 282 del D.P.R. 43/73, quale norma di tipo sanzionatorio specifico. In particolare l'articolo 70 citato, al comma 1, prevede che, nella ipotesi di irregolarità dell'importazione, trovano applicazioni le sanzioni previste dalle leggi doganali, così richiamando espressamente l'articolo 282 comma 1 del menzionato D.P.R. 43/73 T.U. in materia doganale che prevede una multa proporzionale all'imposta evasa multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti di confine dovuti per chiunque effettui l'importazione di merci nel senso precisato dall'articolo 67 del D.P.R. 633/73 impedendo così l'applicazione dell'I.V.A 3.1 Secondo la sentenza impugnata, la condotta posta in essere dal R. non sarebbe punibile penalmente rientrando essa nello schema dell'accordo stipulato tra la Confederazione svizzera e la Comunità Europea nel 1972 e trasfuso nel Regolamento C.E.E. numero 2840 del 19 dicembre 1972 secondo il quale nessun reato di contrabbando doganale sarebbe ipotizzabile. Ma, come prospettato dal Pubblico Ministero ricorrente, la fattispecie in cui va inquadrata la condotta non è quella del contrabbando doganale, pacificamente escluso dal detto accordo, ma dell'evasione di IVA all'importazione di merci estere che continua a rimanere penalmente rilevante. 3.2 In effetti questa S.C. ha di recente ribadito il principio che il mancato pagamento dell'imposta configura il reato di evasione dell'IVA all'importazione di cui al D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 70, che è punita a norma della legge doganale. 3.3. Vero è che l'accordo tra Stati prevede all'articolo 3 la graduale soppressione ormai completata dei dazi doganali all'importazione negli scambi tra la Svizzera e la Comunità, ed ancora, all'articolo 6, che il divieto di introdurre una nuova tassa di effetto equivalente a dei dazi doganali all'importazione negli scambi tra la Comunità Europea e la Svizzera , precisando poi all'articolo 4 che le disposizioni riguardanti la graduale soppressione dei dazi doganali all'importazione sono applicabili anche ai dazi doganali a carattere fiscale e che le parti contraenti possono sostituire con tassa interna un dazio doganale a carattere fiscale o l'elemento fiscale di un dazio doganale. 3.4 Ma, muovendo da tali premesse, questa S.C. ha più volte ribadito il principio già in precedenza affermato con decisioni che questo Giudice ritiene di ribadire, che l'Accordo in parola lascia impregiudicata la facoltà di riscossione dell'Iva all'atto dell'ingresso delle merci nel territorio degli Stati aderenti alla Comunità, trattandosi di imposta il cui presupposto finanziario è diverso da quello dei dazi doganali così Sez. 3^ 10.6.2002 numero 22555, Panseri, Rv 221884 idem 22.3.2005 numero 17432, P.M. in proc. Visconti Frasca, Rv. 231613 idem 4.7.2007 numero 36198. P.M. in proc. Di Fulvio, Rv. 237552 la quale ha riaffermato che il reato di cui all'articolo 70 D.P.R. numero 633 del 1972 non è escluso dall'Accordo tra la Confederazione Elvetica e la Comunità perché l'IVA rappresenta un tributo interno che, secondo i principi del Trattato CE, è dovuto allo Stato al momento dell'ingresso delle merci, a meno che non si provi che il tributo sia stato assolto anteriormente, sia pure al momento dell'esportazione dallo Stato di provenienza . 3.5 Tali regole interpretative sono state ancor più recentemente rimarcate da altra decisione di questa sezione Sez. 3^ 17.3.2010 numero 16860, P.M. in proc. Sirtori, Rv. 246990 , secondo la quale l'Accordo tra Confederazione Elvetica e Comunità impedisce di ritenere ancora sussistente il reato di contrabbando, mentre di contro ammette la sussistenza dell'ipotesi di evasione dell'Iva all'importazione, con l'unico limite del divieto di doppia imposizione. 3.6 In aggiunta a tali rilevi di ordine generale non può non farsi cenno di altra significativa decisione di questa stessa Sezione secondo la quale il reato previsto dall'articolo 70 D.P.R. 633/1972 cit. ricorre anche nella ipotesi in cui come nella specie la merce proveniente dalla Svizzera ed introdotta in Italia senza pagamento dell'IVA sia stata prodotta in uno Stato comunitario Sez. 3^ 3.3.2005 numero 17835, Santoro, Rv. 231836 ciò perché - prosegue la decisione in esame - la nozione di importazione definita dalla sesta direttiva numero 77/338 CEE articolo 7 vale per gli Stati membri ma non per i rapporti tra essi e la Confederazione Elvetica, avendo l'Accordo tra lo stato Elvetico e la C.E.E. del 19 dicembre 1972 abolito i dazi doganali e le restrizioni quantitative negli scambi tra la Comunità e la Svizzera, ma non incluso quest'ultima nel territorio doganale della Comunità. 3.7 Può in definitiva affermarsi che quando una merce che risulti provenire dalla Svizzera faccia ingresso nel territorio doganale comunitario nel caso di specie, italiano , si è in presenza di una importazione della merce ai sensi del Regolamento CEE 2840/72, con la conseguenza che la stessa merce, per effetto dell'accordo di libero scambio, non è gravata da dazio doganale o altra tassa di effetto equivalente, ma è comunque assoggettata al pagamento dell'IVA salvo che non assolto in precedenza al pari di qualsiasi altra merce ceduta nei territori degli Stati membri. 4. Secondo la tesi esposta nella decisione impugnata la soluzione adottata derivava anche dal fatto che la merce, prima di essere immessa in Svizzera, era stata prodotta in uno Stato comunitario ma anche in questo caso questa S.C. ha avuto modo di precisare che una volta che la merce, prodotta nello Stato Comunitario, sia entrata in Svizzera, l'origine comunitaria del bene non ha più alcuna rilevanza in quanto quel bene è pur sempre uscito dall'unione doganale Europea Sez. 3^ 17835/05 cit. . Peraltro le violazioni in materia di IVA all'importazione comportano la confisca obbligatoria della merce introdotta in Italia ai sensi dell'articolo 301 del D.P.R. numero 43 del 1973, anch'esso richiamato dal citato articolo 70 D.P.R. numero 633 del 1972, il quale dispone per l'evasione dell'IVA l'applicazione di tutte le sanzioni - da intendersi in senso ampio, comprensive, cioè, di misure di sicurezza patrimoniale come la confisca - i cui effetti ablativi si risolvono in una sanzione pecuniaria. 4.1 Sulla base di tali considerazioni di carattere generale va quindi verificato se il Tribunale abbia fatto - pur nei limitati confini della indagine diretta all'esame del fumus criminis - corretto uso della norma penale. 4.2 Ricordato che laddove si verta in materia di misure cautelari reali il vizio deducibile in sede di legittimità è unicamente quello della violazione di legge violazione di legge che - relativamente alla motivazione - si traduce o nel suo difetto assoluto, ovvero in una motivazione apparente e, come tale, tamquam non esset , non trovando invece ingresso il vizio correlato ad una motivazione insufficiente e/o non puntuale in termini Cass. Sez. 1^ 31.1.2012 numero 6821, Chiesi, Rv. 252430 Cass. Sez. 3^ Ord. 6.10.2011 numero 45343, P.M. in proc. Moccaldi ed altro, Rv. 251616 , nella specie la decisione del Tribunale ha escluso - sia pure ai fini del fumus criminis - un reato, errando nella qualificazione della fattispecie astratta peraltro esattamente indicata dal P.M., sicché, allo stato delle indagini, il reato ipotizzabile era quello di cui all'articolo 282 del D.P.R. 43/73 in relazione all'articolo 70 del D.P.R. 633/72, sulla base di una condotta esattamente ricostruita in punto di fatto dal Tribunale e tale da consentire, ai fini cautelari, il sequestro dei beni. 4.3 Sempre in tema di adozione di misure cautelari reali va ricordato che il controllo del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma deve esser limitato alla verifica della corrispondenza della fattispecie astratta di reato ipotizzata dall'accusa al fatto per cui si procede, esulando da tale controllo la possibilità del concreto accertamento delle circostanze di fatto su cui la stessa è fondata, ed a maggior ragione delle circostanze di fatto che alle prime, eventualmente, si sovrappongano, rendendo giustificata la condotta dell'indagato circostanze che sono attribuite alla cognizione del giudice del merito Cass. Sez. 3^ 12.5.1999 numero 1821, Petix, Rv. 214218 . 4.4 Resta, ovviamente, inteso che l'attività di controllo del giudice del riesame non va disancorata dall'analisi delle deduzioni difensive offerte dalle parti, essendo preciso obbligo del giudice, quello di dare conto anche delle ragioni per le quali per le quali il fatto integra il reato contestato, posto che quest'ultimo è antecedente logico e necessario del provvedimento cautelare in questo senso Cass. Sez. 2^ 23.3.2006 numero 19523, P.M. in proc. c. Cappello, Rv. 234197 Cass. Sez. 3^ 20.5.2010 numero 27715, Barbano, Rv. 248134 . E poiché rientra nei compiti del giudice quello di esaminare il fumus criminis in tutte le componenti relative alla fattispecie contestata, ivi compreso l'elemento soggettivo, solo laddove questo risulti ad evidenza insussistente, potrà essere rilevata l'infondatezza del fumus commissi delicti in questo senso Cass. Sez. 4^ 21.5.2008 numero 23944, P.M. in proc. Di Fulvio, Rv. 240521 Cass. Sez. 3^ 11.3.2010, D'Orazio, Rv. 247103 . Corollario di tale proposizione è che nella sola ipotesi della ritenuta insussistenza del fumus commissi delicti in tutti le sue componenti, il sequestro oggetto di riesame potrà rectius dovrà essere revocato. 5. Tanto detto, nel caso in esame - ferma restando la condotta in concreto posta in essere dal R. - il fumus delicti , sulla base della stessa ipotesi accusatoria formulata dall'Accusa, andava individuato nella fattispecie esattamente delineata dal Pubblico Ministero ricorrente, alla luce dei principi di diritto più volte affermati da questa Corte ed ignorati, o, comunque, erroneamente disapplicati dal Tribunale, essendo rimasto accertato che il R. , proveniente dalla Svizzera, aveva re introdotto in Italia prodotti che, pur realizzati in Italia, erano però usciti dal territorio nazionale attraverso la vendita a società svizzera, con conseguente obbligo di assoggettamento al pagamento dell'IVA per prodotti di importazione. In caso di re ingresso in Italia. 6. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Como che, in tale sede, dovrà uniformarsi ai principi sopra richiamati valutando se - alla stregua di essi - sia ravvisabile nel caso di specie il fumus del delitto ipotizzato dalla Pubblica Accusa. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Como.